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Mostre ed eventi // Pagina 22 di 230
11.05.2016 # 4536

Daria La Ragione //

La Città Utopica

a Trento fino al 25 settembre 2016

Nell’ambito delle celebrazioni nate intorno ai 500 anni dalla pubblicazione di Utopia di Tommaso Moro, il Mart presenta una mostra che, nella sua seconda sede, la Casa d’Arte Futurista Depero, raccoglie preziosi materiali d’archivio.


Vengono presentati disegni, progetti e documenti provenienti dalle collezioni del Mart; dal Museo Civico Ala Ponzone di Cremona; dall’Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori di Bologna; dall’Archivio Luigi Saccenti e dall’Archivio Quirino De Giorgio di Vigonza. Si tratta di disegni di artisti e architetti che, nelle prime decadi del XX secolo, hanno rappresentato il tema della città come luogo privilegiato della modernità, del futuro, della velocità e del movimento. 

Il paesaggio urbano da statico diventa mobile, cresce contemporaneamente alla nuova ideologia della macchina. Ma se la metropoli immaginata da Antonio Sant’Elia è un sogno solo progettuale, Angiolo Mazzoni e Adalberto Libera – due pilastri della progettazione architettonica razionalista – cercano di renderlo possibile. Entrambi infatti si sono cimentati con programmi utopici, il primo con alcuni edifici presenti nelle città nuove dell’Agro Pontino e il secondo nella grande realizzazione dell’EUR42, per l’Esposizione Universale. Tullio Crali e Quirino De Giorgio sviluppano invece tematiche e intuizioni futuriste grazie a tavole scenotecniche con punti di vista plurimi suggeriti dal manifesto dell’aeropittura futurista. 


Accompagnano l’esposizione alcuni frammenti di Metropolis di Fritz Lang (1927), primo film inserito nel progetto dell’UNESCO Memoria del mondo.

06.05.2016 # 4522

Daria La Ragione //

WHITE. Il bianco nella moda

a Carpi fino al 12 giugno 2016

1960 – 2010: DA PIERRE CARDIN A PRADA


Una mostra racconta attraverso trenta capi iconici come i più importanti stilisti italiani e internazionali hanno affrontato il colore bianco, in un periodo che va dagli anni del Boom Economico al Nuovo Millennio. In mostra grandi classici, come la storica camicia di Gianfranco Ferré, ma anche il corsetto punk di Vivienne Westwood, insieme alle creazioni di Armani, Cardin, Galliano, Prada, Versace.


Dal 15 aprile al 12 giugno 2016 la città di Carpi (Modena) ospita nelle sale dei Musei di Palazzo dei Pio la mostra WHITE. Il bianco nella moda. Trenta capi iconici di grandi stilisti italiani e internazionali – da Giorgio Armani a Vivienne Westwood, passando per firme quali Pierre Cardin, Gianfranco Ferré, John Galliano, Miuccia Prada, Gianni Versace – raccontano come i maggiori fashion designer del mondo abbiano affrontato la tinta simbolo di purezza per antonomasia.


L’esposizione, a cura di Manuela Rossi, è ideata e prodotta dal Comune di Carpi – Musei di Palazzo dei Pio in collaborazione con Carpi Fashion System e si collega in modo diretto alla vocazione manifatturiera di Carpi, città capofila di un distretto del tessile capace in provincia di Modena di coinvolgere circa 2.600 aziende, con un fatturato annuo stimato attorno ai 3 miliardi di euro, di cui circa il 30% ottenuto dalle esportazioni.


L’allestimento riproduce lungo le logge di Palazzo dei Pio una passerella da sfilata, trasformandola in una ideale time-line sulla quale passano in rassegna i modelli in prestito dagli Archivi di Ricerca Mazzini di Massalombarda (RA), che con i suoi oltre 250mila abiti e accessori è una delle più complete raccolte italiane dedicate alla storia della moda. Il percorso si snoda così lungo la parentesi cronologica che va dal 1960 – in coincidenza del Boom Economico, che ha significato per Carpi l’affermazione dell’industria tessile – fino al 2010, assunto come anno simbolico delle nuove sfide che il comparto della moda è chiamato ad affrontare.


La mostra si apre con una sezione che, grazie a riviste d’epoca e a strumenti multim
ediali degli archivi del Labirinto della Moda di Carpi, introduce il pubblico al vocabolario tipico della moda, ai concetti base che regolano l’attività creativa dei fashion designer, offrendo quindi gli strumenti necessari ad avvicinarsi agli abiti esposti in modo critico.

Il primo periodo affrontato riguarda gli Anni Sessanta e Settanta, interpretati come momento di forte contestazione delle regole e delle tradizioni: si trovano qui esposti i modelli no logo in uso nella Swinging London – con la scelta da parte degli stilisti di non “brandizzare” le proprie creazioni in polemica con il sistema consumistico – ma anche gli ormai leggendari corsetti punk di Vivienne Westwood, fino ad arrivare alle fantasiose sperimentazioni della giapponese Rei Kawakubo, che ideando sul finire degli Anni Settanta il marchio Comme des Garçons getta un inedito ponte tra la sensibilità orientale e lo stile occidentale.


La sezione dedicata agli Anni Ottanta e Novanta presenta senza soluzione di continuità tutti i maestri dell’Età dell’Oro del made in Italy: Armani, Prada, Versace e soprattutto Gianfranco Ferré, vero e proprio filosofo della camicia bianca, che trasformò da capo apparentemente semplice e umile in autentico feticcio, tela candida sulla quale trasferire le proprie straordinarie intuizioni. Accanto a modelli di grande successo anche progetti più arditi e curiosi, forse poco incisivi in termini di fortuna commerciale ma a loro modo storici: come le creazioni surreali del misconosciuto Bobo Kaminsky, firma collettiva del gruppo di stilisti veneti da cui sarebbe emerso Renzo Rosso.
L’ultima sezione guarda al Nuovo Millennio, alle evoluzioni dello stile e all’introduzione di materiali inediti – l’analisi dei tessuti, dai più immediati a quelli sperimentali, è uno tra i fili conduttori dell’intera mostra – passando dalle creazioni di John Galliano ai più recenti prodotti griffati Prada.


Carpi (MO) – Musei di Palazzo dei Pio
Piazza dei Martiri, 68
Info: tel 059/649955 - 360

06.05.2016 # 4521

Daria La Ragione //

MARCEL DUCHAMP Dada e Neodada

ad Ascona fino al 26 giugno

Nel 2016, la Svizzera festeggia il 100° anniversario del movimento Dada, fondato a Zurigo nell’ormai leggendario Cabaret Voltaire. Nel 1916, reagendo agli eventi della prima guerra mondiale, i dadaisti attaccarono i falsi valori del progresso borghese, le certezze e i sistemi costituiti, rompendo con ogni schema razionale. Anche in campo artistico, si adoperarono a demolire i canoni vigenti, sovvertendo le norme gerarchiche e le barriere fino ad allora esistenti tra letteratura, teatro, musica e belle arti.


Per celebrare il centenario, il Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona ospita, dal 27 marzo al 26 giugno 2016, la mostra Marcel Duchamp – Dada e Neodada, organizzata in collaborazione con lo Staatliches Museum di Schwerin che, per l’occasione, ha deciso di concedere in prestito le opere della sua prestigiosa collezione.
La rassegna presenta una selezione dei più importanti o emblematici lavori di Marcel Duchamp, personalità che ha avuto una grande influenza sulle avanguardie sviluppatesi tra le due guerre, fino a diventare il nuovo “Michelangelo dell’arte moderna”, precursore e ispiratore di gran parte dei movimenti che sono giunti fino ai nostri giorni: dalla Pop art all’arte concettuale, da Fluxus, alla Net e Mail art.


Il percorso espositivo ruoterà attorno alla famosa manipolazione della Gioconda di Leonardo da Vinci con barba e baffi - tra i ready-made più divertenti e dissacratori della produzione di Duchamp - trasformata in un ritratto dadaista. A essa si aggiungono altre creazioni altrettanto significative, dalla celebre Boîte-en-valise (1941) al Nu descendant un escalier (1911/1937), dai primi ready-made come Il pettine (1916/1964), a quelli più tardi come i Tabliers de la blanchisseuse (Grembiuli della lavandaia) del 1959.
Accanto a queste opere si alternano le opere degli artisti di Fluxus, un movimento neodadaista (o meglio un flusso, un gruppo aperto di personalità che radicalizza in modo diretto o indiretto le premesse dei dadaisti storici), costituitosi nel 1962 ma già operante sul finire degli anni 1950, anche grazie all’intermediazione di Duchamp. La mostra riunisce 11 adepti del gruppo, dal suo promotore George Maciunas, qui rappresentato con la serigrafia Stomac Anatomy Apron, a Nam June Paik, Ben Patterson, Dick Higgins, Philip Corner, Daniel Spoerri, Ben Vautier, e altri.


Come già per Duchamp, anche per gli esponenti di Fluxus il senso dell’umorismo e il gioco diventano strategie imprescindibili per intaccare schemi visivi e di pensiero consolidati dalla cultura e dal luogo comune: i loro lavori sconfinano in campi diversi dell’operare artistico, contaminandosi grazie all’eclettica fusione di più codici artistici. Caratteristiche che si manifestano in modo particolarmente evidente in Al Hansen (pioniere della performance e dell’happening art), nella sua nota serie di collage ispirati all’immagine di Venere, come la Streichholz Venus del 1992, composta da fiammiferi, o la Zoo Venus del 1995, realizzata con un assemblaggio di animaletti in plastica. Così il Fluxus Altar di Geoffrey Hendricks associa alle sue immagini di cielo, apparentemente romantiche, oggetti e mobili installati nello spazio circostante. Anche le famose boîtes di Duchamp sono riprese in nuove varianti, nell’assemblaggio collettivo della Fluxus Virus Box (1992), nella scatola Autoritratto (1986) di Emmett Williams e nelle Optimistic Box di Robert Filliou, a indicare quanto il pensiero e l’agire di Duchamp siano ancora vivi e attuali.

Ascona, gennaio 2016


MARCEL DUCHAMP – DADA E NEO-DADA
Ascona (Svizzera), Museo Comunale d’Arte Moderna (via Borgo 34)
25 marzo – 26 giugno 2016

21.04.2016 # 4518

Daria La Ragione //

Alphonse Mucha

a Roma fino al 11 settembre 2016

Uno dei più significativi interpreti dell’Art Nouveau, diveuto ben presto il promotore di un nuovo linguaggio comunicativo, di un’arte visiva innovativa e potente

Alphonse Mucha (Ivančice, Repubblica Ceca, 1860 - Praga, 1939) è uno degli artisti più celebri dell'Europa, a cavallo tra '800 e '900: a lui si deve la nascita di un nuovo genere di arte visiva fiorito nella Parigi della Belle Époque.

La mostra si compone di oltre 200 opere tra dipinti (come Self-portrait del 1899 e France Embraces Bohemia del 1918), manifesti (Poster for 'Gismonda' del 1894 e Sarah Bernhardt as La Princesse Lointaine del 1896), disegni (tra cui gli studi per 'By force towards freedom, with love towards unity!' del 1910-1911 e per 'The Age of Wisdom' del 1936-1938) e gioielli (quelli dell'Esposizione universale del 1900 come Ornamental chain with pendants e 'Peacock ring' entrambi del 1900) e ed è divisa in sei sezioni: Un boemo a Parigi; L'artefice dello Stile Mucha; Un cosmopolita; Il mistico; Il patriota e L'artista-filosofo.

Sotto l'egida dell'Istituto per la Storia del Risorgimento italiano e con il patrocinio dellaRegione Lazio, la mostra è organizzata e prodotta da Arthemisia Group in collaborazione con la Fondazione Mucha e curata da Tomoko Sato.


21.04.2016 # 4517

Daria La Ragione //

HELMUT NEWTON FOTOGRAFIE

a Venezia fino al 7 agosto 2016

La Casa dei Tre Oci, un progetto di Fondazione di Venezia, condotto in partnership con Civita Tre Venezie, con questa mostra conferma il proprio ruolo nel panorama della cultura artistica e della fotografia in particolare, con i propri spazi esclusivamente dedicati alla fotografia.

Dal 7 aprile al 7 agosto 2016, la mostra Helmut Newton. Fotografie. White Women / Sleepless Nights / Big Nudes presenta, per la prima volta a Venezia, oltre 200 immagini di Helmut Newton, uno dei fotografi più importanti e celebrati del Novecento.

L’esposizione, curata da Matthias Harder e Denis Curti, organizzata da Civita Tre Venezie in collaborazione con la Helmut Newton Foundation, è frutto di un progetto, nato nel 2011 per volontà di June Newton, vedova del grande fotografo.

La rassegna raccoglie le immagini di White Women, Sleepless Nights e Big Nudes, i primi tre libri di Newton pubblicati alla fine degli anni ‘70, volumi oggi considerati leggendari e gli unici curati dallo stesso Newton.

Nel selezionare le fotografie, Newton mette in sequenza, l’uno accanto all’altro, gli scatti compiuti per committenza con quelli realizzati liberamente per se stesso, costruendo una narrazione in cui la ricerca dello stile, la scoperta del gesto elegante sottendono l’esistenza di una realtà ulteriore, di una vicenda che sta allo spettatore interpretare.


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