Il museo MARCA di Catanzaro, ospita un’ampia retrospettiva dedicata ad Alessandro Mendini, tra i più celebri designer e architetti internazionali. Le opere esposte, circa 70 comprendono dipinti, sculture, mobili, oggetti, schizzi e progetti inediti che mettono in luce un’attività poco conosciuta nel nostro paese, proseguita per più di quarant’anni, in cui la componente sperimentale è fondamentale. Si evidenziano, nella mostra, anche le collaborazioni tra Mendini e gli altri protagonisti del mondo dell’arte, in particolare Mimmo Paladino, Francesco Clemente, Bruno Munari, Luigi Veronesi, Bob Wilson e Peter Halley, con omaggi ad amici e colleghi come i ritratti realizzati da Paladino, Mimmo Rotella, Michele De Lucchi e dall’artista giapponese Tiger Tateishi. Per la retrospettiva, oltre a numerose collezioni pubbliche e private italiane, hanno collaborato la Fondation Cartier pour l’art contemporain di Parigi, il Vitra Design Museum di Weil am Rhein, il Museo del Design della Triennale di Milano e gli Archivi dell’Università di Parma. Tra i prestatori anche le aziende con cui Mendini ha collaborato tra cui Alessi, Bisazza, Cassina, Cappellini, Venini e Zanotta. Mendini, nel 2009 ha realizzato, inoltre, per il MARCA, i nuovi ambienti come lo spazio d’ingresso, il bookshop e la sala lettura. La mostra è divida in 4 sezioni che partono dagli anni settanta, anni della contestazione di Mendini contro il funzionalismo, che lo portano a fondare nel ’73 la Global Tools, scuola di architettura e design controcorrente avvicinabile all’esperienza dell’arte povera. Sono, appunto, gli anni del Controdesign. Nel 1978 l’artista entra nello studio Alchimia da cui sviluppa le esperienze che lo porteranno, dalla poltrona Proust al divano Kandinsky verso il Mobile Infinito del 1981, cui parteciperanno 21 artisti. In mostra anche il tavolo realizzato con Mimmo Paladino, Francesco Clemente, Bruno Munari e Luigi Veronesi. Seguendo la sua frase: “L’oggetto deve produrre primariamente un pensiero ancor prima di una funzione in una progressiva ipotesi utopica destinata al raggiungimento di una sintesi possibile”, Mendini esprime nell’ultima sezione della mostra dedicata alle Nuove Utopie il concetto di trasformazione permanente delle cose. Infine, con Vision arcaique egli supera la metafora del design approdando all’immagine arcaica, al totem che richiama la visionarietà e il mistero, sempre sotto il segno linguistico della trasformazione.