Il mondo era il suo teatro, la sua personale riserva di caccia. Un cantore, un menestrello, un amante di stornelli piuttosto che di canzoni sofisticate. Questo grande fotografo francese, nato a Gentilly, nord di Parigi, nel 1912, si appostava negli angoli più remoti delle strade di Parigi, per cogliere un momento in cui cercava “ di mostrare un mondo in cui la gente è gentile, in cui si trova la tenerezza che vorrei ricevere. Le mie foto sono la prova che un mondo cos’ può esistere”. Un passato di lavoro alla Renault( esperienza che, a suo dire, decretò anche la fine della sua gioventù), azienda lasciata per intraprendere il mestiere di fotografo presso l’agenzia Rapho, con cu cominciò i suoi primi reportage. Vissuto in un periodo in cui ebbe la fortuna di conoscere Prévert, Man Ray, Rolleiflex e il poeta Robert Giraud, con cui girò la Parigi notturna del jazz, i café esistenzialisti di Sartre e Cocteau, lavorò per Vogue e per Life. Nel 1960 la rivista Fortune lo incaricò di raccontare per immagini la vita di una città tutta nuova, particolare, “nata come un fiore sgargiante nel deserto della California”: Palm Springs. Doisneau la raccontò in maniera ammirevole, significativa, attraverso la sabbia del deserto, le palme, il cielo blu cobalto, gli abiti chiassosi dei suoi abitanti, i cocktail e i campi da golf, componendo il suo personale puzzle dell’american dream, non stemperato dal bianco e nero ma reso vivido dai colori, pieni, quasi pittorici, ma reali come mai. La mostra è presente per la prima volta in Italia, con l’album dedicato a Palm Spring e non solo. Scatti del periodo parigino, durante la guerra, scatti di momenti catturati durante la sua “caccia personale”. Amico e collaboratore di Daniel Pennac e di Mario Capanna, ne condivise la sensibilità e la filosofia di vita. Uno che voleva affrontare il lavoro un po’ come fanno gli artisti di strada, cogliendone l’immediatezza, la poesia, la prosaicità, la verità e l’umanità nascosta. Di sé, infine, diceva di “affrontare il lavoro come fosse l’unico antidoto all’angoscia di non essere”. La mostra è nata dalla collaborazione con la famiglia Doisneau e la Fondation Cartier-Bresson di Parigi: Dal mestiere all’opera e Palm Springs 1960.