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Mostre ed eventi // Pagina 109 di 230
18.12.2012 # 2820
Paola Pivi. Tulkus 1880 to 2018

Daria La Ragione //

Paola Pivi. Tulkus 1880 to 2018

a Rivoli fino al 6 gennaio 2013

Tulkus 1880 to 2018 è un progetto che consiste nella progressiva raccolta dei ritratti fotografici di tutti i tulku, dagli esordi della fotografia sino ad oggi.
 
Nel Buddismo tibetano, un tulku è la reincarnazione riconosciuta di un maestro Buddista precedente che, avendo raggiunto un alto livello di realizzazione (ad esempio Sua Santità Il Dalai Lama, o Sua Santità Karmapa), è in grado di scegliere i modi della propria reincarnazione e, spesso, di comunicare attraverso degli indizi criptati, il luogo della propria rinascita.
 
Il Castello di Rivoli Museo di Arte Contemporanea ospita la prima mostra di questo progetto esponendo più di 1000 fotografie. L’intero progetto, un work in progress, aspira a raccogliere almeno 1500 ritratti ai fini di creare una collezione quanto più completa se non esaustiva di immagini raffiguranti i tulku, appartenenti alle diverse scuole Buddiste e Bonpo, in tutte le diverse aree del mondo dove è praticato il Buddismo Tibetano. Un unico archivio fotografico di questa portata non era mai stato realizzato in precedenza.
I ritratti esposti sono del tipo comunemente diffuso nella cultura tibetana: ritratti del singolo tulku sul trono in abiti formali oppure ritratti del volto del tulku. Si ritiene che ci siano oggi più di 2000 tulku.
 
Queste fotografie hanno valore spirituale e sono sacre per i Buddisti poiché si crede che la fotografia di un tulku abbia lo stesso potere del tulku ritratto.


18.12.2012 # 2819
Paola Pivi. Tulkus 1880 to 2018

Daria La Ragione //

New India Designscape

a Milano fino al 24 Febbraio 2013

Triennale Design Museum porta avanti il ciclo dedicato al nuovo design internazionale negli spazi del MINI&Triennale CreativeSet proponendo una inedita selezione dei più interessanti lavori dei designer indiani contemporanei, a cura di Simona Romano con la collaborazione di Avnish Mehta.
New India Designscape presenta la complessità di un contesto, di un paesaggio, in cui prevalgono le interrelazioni e le continue interrogazioni sul progetto più che la fissità di identità nazionali e di figure in sé concluse, come i maestri delle generazioni passate.
I giovani designer selezionati, permeati dalla matrice culturale dell’India ma fortemente contaminati da altri contesti, per lo più occidentali, attraverso il loro contributi progettuali propongono progetti che vivono in un delicato equilibrio tra l’innovazione e la tradizione.
Spesso sono proprio i contenuti mitici a essere riproposti, con una certa ironia, in oggetti comuni (per esempio in Mr Prick di Sandip Paul, nei Lotus pieces di Sahil and Sartak, nella Cheerharan Toilet Paper di Divya Thakur, in Cut.ok.Paste di Mira Malhotra, nella Hanuman T-shirt di Lokesh Karekar, negli abiti di Manish Arora, nelle Varanasi Cows di Kangan Arora) a dimostrazione che l’antico e il contemporaneo, il sacro e il profano, si mischiano in un tutto non immediatamente decodificabile (per i non indiani) portando nel quotidiano contenuti profondi con risvolti, nell’era globale, quasi terapeutici.
Altri oggetti partono dalla cultura materiale autoctona (ardua sfida dal momento che gli oggetti più comuni e tradizionali dell’India hanno un coefficiente di modernità, funzionalità, ed estetico difficilmente superabile) o la reinterpretano innovando alcune tipologie (come nella Disposable Mug di Paul) o utilizzando alcuni oggetti comuni come dei semilavorati per crearne altri (la Choori Lamp di Sahil and Sartak, gli abiti di Aneeth Arora, i lettering di Hanif Kureshi, i gioielli di Shilpa Chevan).
Negli oggetti in mostra vengono riproposti anche alcuni immaginari di un’India meno mediatica, che espone a un confronto tra diverse realtà sociali, a cui si guarda con un’accettazione, non rassegnazione, che prende forma, più o meno inconscia, in altri oggetti quasi surreali come il Bori Cycle Throne di Gunjan Gupta; e tra questi confronti non poteva mancare una riattualizzazione post-coloniale del rapporto India-Inghilterra (il lettering Englishes di Geetika Alok).
Le esigenze concrete della vita dei villaggi di cui è fatta la maggior parte dell’India non urbana ispira invece il cosiddetto barefoot design in cui una lavatrice a pedali (Reyma Josè) e la struttura in bamboo per il carico e il trasporto di pesi sulle spalle (Vikram Dinubhai Panchal), fanno la differenza in termini di qualità di una vita di per sé difficile. Ma il design si pone spesso in dialogo anche con le raffinatissime tecniche artigianali rurali per ridisegnare gli oggetti tradizionali (il furniture design in bamboo di Sandeep Sangaru e Andrea Norohda, i progetti di Garima Aggarwal Roy, il Flying bird e le Singing Leaves di Rajiv Jassal, i Natural dishes di Sanders e Kandula, la bicicletta in bamboo di design anonimo) e incentivare le piccole economie locali (i Bamboo Cubes di M.P. Ranjan, i Chitku works di Priyanka Tolia)
L’India urbana invece, quella tecnologica, che si caratterizza più per lo sviluppo di processi e semilavorati che per il design, quasi trova un alter ego artistico nei lavori di Padmaja Krishnan (Excess mobile e Wood Pc) e di Ranjit Makkuni (progettista di sofisticate installazioni interattive che ci connettono con il sacro).
L’India, anche nel design, si rivela così, difficilmente organizzabile, classificabile, sistematizzabile, decifrabile. Convivono progettisti che vi rimangono con l’intento di cambiare le cose (in mancanza delle aziende sono molte le produzioni self-made in piccole serie), che vi tornano dopo lunghi periodi di formazione e attività all’estero, o che lavorano lontano dalla grande madre senza mai dimenticarla nei loro progetti.
Un paesaggio, il designscape indiano, ricco, che attraverso le diverse articolazioni del dialogo tra modernità e tradizione, potrà produrre nuovi contenuti per una società globale sempre in continuo divenire, e, proprio per questo, sempre alla ricerca delle proprie ancestrali radici.


18.12.2012 # 2818
Paola Pivi. Tulkus 1880 to 2018

Daria La Ragione //

KAMA. Sesso e Design

a Milano fino al 10 marzo 2013

Triennale Design Museum presenta KAMA. Sesso e Design, una grande mostra che analizza il rapporto tra eros e progetto. Fin dal titolo, che rievoca il dio indiano del piacere sessuale, dell'amore carnale e del desiderio, KAMA prova a fare i conti con uno dei fantasmi più esasperati, ma al contempo più rimossi, della contemporaneità.
Sono così indagati modi, forme e strategie con cui la sessualità si incorpora nelle cose e ne fa strumento di conoscenza. Per chi le progetta, ma anche per chi le usa.
Cuore della mostra è una rassegna, a cura di Silvana Annicchiarico, che rintraccia radici storiche, mitiche e antropologiche per arrivare fino ai giorni nostri, con oltre 200 fra reperti archeologici, disegni, fotografie, oggetti d’uso e opere di artisti e designer internazionali. Una selezione ampia e sfaccettata che vuole andare oltre la stereotipizzazione delle luci rosse, della pruderie o dei facili scandali: dai vasi a figure rosse etruschi agli amuleti fallici di epoca romana, dai disegni di Piero Fornasetti alle fotografie di Carlo Mollino e di Ettore Sottsass, dal divano Mae West di Salvador Dalí fino al sorprendente e provocatorio The Great Wall of Vagina di Jamie McCartney, formato dai calchi dei genitali di 400 donne.
In parallelo, per ampliare i punti di vista e restituire un racconto corale e collettivo, otto progettisti internazionali - Andrea Branzi, Nacho Carbonell, Nigel Coates, Matali Crasset, Lapo Lani, Nendo, Italo Rota e Betony Vernon - si confrontano con questo tema e ne presentano la propria personale interpretazione attraverso inedite installazioni site-specific.

18.12.2012 # 2817
Paola Pivi. Tulkus 1880 to 2018

Daria La Ragione //

Michelangelo Perghem Gelmi (1911 - 1992)

a Rovereto fino al 13 gennaio 2013

Ingegnere per professione, Michelangelo Perghem Gelmi è stato anche pittore, grafico, designer. La mostra prende vita dai materiali conservati nel fondo documentario, donato generosamente al museo dalla famiglia: 120 progetti di architettura e di urbanistica, arricchiti da studi, foto, riviste d’epoca e modelli.
 
La mostra si tiene nel foyer dell’Archivio del ‘900, dove ha sede anche l’ADAC, centro di documentazione degli artisti trentini contemporanei. La selezione di progetti esposti dialoga con un corpus di quattordici opere pittoriche, provenienti da collezioni private, incentrate sui temi del paesaggio, naturale e urbano – da In Piazza Italia, Neve in città, 1957, alla Piana di Pergine, 1961 - e dello studio d’artista, raffigurato in dipinti come l’Omaggio a Guido Polo, del 1988, ritratto di gruppo che ci offre uno spaccato su una stagione trentina fatta di dibattiti e partecipazione.

Formatosi a Torino negli anni Trenta, dopo la seconda guerra mondiale Perghem Gelmi emigra in Argentina dove inizia una carriera professionale e didattica, realizzando anche progetti in campo grafico, pubblicitario e di design. A dieci anni dalla fine del conflitto rientra in Trentino, diviene consulente dell’Assessorato ai Lavori Pubblici, e negli anni Sessanta, in pieno “boom edilizio”, svolge una intensa attività di libero professionista.

Tra i progetti donati dagli eredi troviamo disegni, lucidi, schizzi, stime, calcoli, note per le imprese, materiali utili alla comprensione di quel secondo Novecento che ha dato forma alle istituzioni, al territorio e al paesaggio. Fra i progetti esposti, le prime realizzazioni per Trento – Palazzina per il Circolo del tennis, 1940 – i lavori torinesi e argentini - Progetto per Casa multipla e Negozio Goldstein a San Juan, entrambi del 1950 – e le opere realizzate dopo il rientro in Italia, quando Perghem si cimenta in numerosi progetti edilizi, dalle terme (Levico, 1957, Merano, 1960) alle scuole (Materna per il quartiere di Pie di castello, Centro per la formazione professionale della donna al Torrione, 1960), dalle chiese (Parrocchiale S. Paolo Apostolo di Pavillo, 1964) alle architetture turistiche, fino agli studi di scala urbana.

Il catalogo della mostra è pubblicato grazie al contributo dell’Ordine degli Ingegneri Trentini e della Fondazione Luigi Negrelli.


18.12.2012 # 2816
Paola Pivi. Tulkus 1880 to 2018

Daria La Ragione //

La magnifica ossessione

a Rovereto fino al 6 ottobre 2013

"La magnifica ossessione sono 2.784 oggetti, un chilometro di cammino, 275 artisti, 418 dipinti, 144 disegni, 100 incisioni, 70 sculture, 11 film e video, 6 installazioni, 6 arazzi, 103 manifesti, 328 fotografie, 217 documenti, 1074 mail art, 64 libri d'artista, 20 modelli d'architettura, 78 multipli..."
Il Mart celebra i suoi primi dieci anni di vita attraverso una mostra che ridisegna la relazione delle sue collezioni con il pubblico, riflette sul proprio patrimonio e intraprende un modo inedito di osservarlo.

Progetto senza precedenti per il Mart, “La magnifica ossessione” è stata definita dal direttore, Cristiana Collu, con un accumulo di aggettivi: “Autodidatta, rabdomante, auto da fé di opere. Succube o protagonista, collezione ricomposta, perturbante e conturbante, maniacale e feticista. Oscuro oggetto del desiderio. Segreto, condivisione, ebbrezza, festa. Vertigine della mescolanza”. Le quasi 3000 opere raccolte in mostra permettono di esplorare il patrimonio del Mart nella sua integrità ed eterogeneità, secondo un’esperienza che avrà un impatto sul pubblico di inedita e inaspettata potenza.
 
"La magnifica ossessione" rivendica una visione radicalmente libera dei piani temporali; le opere sono accostate secondo un criterio che si potrebbe definire “anticipazione del presente”, o “archeologia del futuro”. Per questo motivo il visitatore incontrerà un percorso che è sì cronologico, ma che procede in realtà per forti slittamenti tematici. Le opere sono disposte senza gerarchie visive, mischiando le collezioni ed esaltando le differenze tra le categorie.
 
Una rievocazione, in un certo senso, dello spirito dei salons ottocenteschi, esposizioni che rappresentavano un diverso modo di osservare le opere d’arte. “La magnifica ossessione” propone una sensibilità prossima ai criteri del collezionismo e alle condizioni visive della realtà, piuttosto che alla presunta neutralità ed asetticità delle sale espositive moderne e contemporanee.

Per costruire “La magnifica ossessione” il Mart è ricorso in toto alle proprie professionalità interne, affidandosi ad un vero lavoro di squadra. I curatori e conservatori coinvolti sono Nicoletta Boschiero con Veronica Caciolli, Margherita de Pilati, Duccio Dogheria, Daniela Ferrari, Mariarosa Mariech, Paola Pettenella, Alessandra Tiddia, Denis Viva, Federico Zanoner.
 
“La magnifica ossessione” ospita anche lavori pensati e realizzati da artisti contemporanei, che intervengono offrendo il loro sguardo alla successione storica delle opere: dalla residenza di Paco Cao agli special guest Emilio Isgrò, Liliana Moro, Christian Fogarolli e Paolo Meoni e, a partire dal 2013, Emanuele Becheri, Giuseppe Caccavale e Michele Spanghero.

18.12.2012 # 2815
Paola Pivi. Tulkus 1880 to 2018

Daria La Ragione //

Gianluca Vassallo - DentroInside

a Rovereto fino al 13 gennaio 2013

Il progetto di Vassallo va ricondotto alla nuova mission del Mart, che a partire dalla mostra dedicata a Fausto Melotti e ancor più con “La magnifica ossessione”, intende valorizzare il patrimonio del Museo, mettendone in risalto, allo stesso tempo, le risorse e le professionalità interne. Per questo motivo, l’obiettivo fotografico di Gianluca Vassallo si è addentrato nelle pieghe del Mart, riemergendo con l’immagine, normalmente non visibile, di tutte le singole individualità che vi lavorano: dai curatori, agli operai, ai collaboratori, ai dirigenti.Ne risulta una doppia esposizione, o meglio una mostra con un doppio registro, declinato in due spazi espositivi distinti, il Museo e il suo sito web.

Nelle sale del Mart si vedranno 90 fotografie in cui le persone che lavorano al Museo si sono offerte allo sguardo dell’artista con una parola appuntata su un taccuino. Stampati con un rigoroso bianco e nero su carta da manifesti, anziché sulla classica carta fotografica, questi scatti rivelano una grande concentrazione formale, puntata esclusivamente sulle persone. Queste, e le parole che hanno scelto, descrivono una visione intima ed estremamente personale del Museo; dietro a ognuno di loro si svela una “biografia” individuale e istituzionale, lasciando dialogare la sfera pubblica con quella privata. Un “manifestarsi” di volti e messaggi, secondo l’artista, che giustifica la scelta del manifesto come materiale di supporto per la stampa.

Una seconda versione del progetto, intitolata “DentroInside. Note di produzione”, sempre curata da Veronica Caciolli, ha come “sede espositiva” la Project Zone del nuovo sito del Mart, uno spazio espositivo reale del quale il Museo rivendica piena rilevanza curatoriale. Per il lancio di questa Project Zone, il Mart ha chiesto a Gianluca Vassallo di “scavare dentro” al Museo, con uno sguardo d’insieme; il risultato è un registro che integra soggetto, luce e architettura e rumore di fondo.



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