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Mostre ed eventi // Pagina 216 di 230
30.07.2006 # 314
Torino | Joseph Kosuth | Fino al 30 luglio 2006

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Torino | Joseph Kosuth | Fino al 30 luglio 2006

Fino al 30 luglio 2006

La rassegna Concetto, Corpo e Sogno presenta opere di artisti "classici" dell'arte concettuale come Joseph Kosuth e Lawrence Weiner, artisti come Dan Graham che hanno sviluppato in direzioni diverse un'analisi concettuale della percezione e dell'esperienza, ed altri, non tradizionalmente definiti come "concettuali", che hanno invece agito nell'ambito della performance, dell'installazione e dell'esplorazione del lato misterioso e meno razionale della mente, come Joan Jonas e Susan Hiller. La mostra si articola in cinque personali presentate in successive scadenze da Carolyn Christov-Bakargiev: Lawrence Weiner (28 marzo - 30 luglio), Susan Hiller (11 aprile - 30 luglio), Dan Graham (29 aprile - 30 luglio), Joseph Kosuth (16 maggio - 30 luglio), Joan Jonas (30 maggio - 30 luglio). Ogni personale presenta opere storiche accanto a progetti piu' recenti o inediti dell'artista. Grazie a Fondazione CRT Progetto Arte Moderna e Contemporanea, sette delle opere presentate entrano nella collezione permanente del Castello di Rivoli.
Joseph Kosuth (Toledo, Ohio, 1945) è tra i primi artisti dell'arte concettuale. Reagendo sia all'espressionismo della pittura informale, sia all'accentuazione della fisicita' dell'oggetto artistico e alla forte rappresentazione iconica nella Pop Art, Kosuth prende dalla meta' degli anni Sessanta una posizione radicale: operare nell'ambito dell'arte ma al contempo spostando l'oggetto del lavoro artistico in una dimensione strettamente mentale e sottolineando l'aspetto linguistico dell'opera.

Al Castello di Rivoli vengono presentate, oltre all'opera storica Seeing Reading [Cobalt Blue] (Vedere Leggere [blu cobalto]), 1979, il progetto in-situ Seeing Knowing (Vedere Conoscere), 2004, allestito all'interno del Museo e sul tetto della Manica Lunga. Entrambe entrano a far parte della collezione del Castello di Rivoli. Sono inoltre esposte No Number #376 (+216 After Augustinès Confessions) (Senza numero #376 [+216 dopo le confessioni di Agostino]), 1989 e One and Three Chairs [It.] (Una e tre sedie [Ita.]), 1965.

03.09.2006 # 309
Torino | Joseph Kosuth | Fino al 30 luglio 2006

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Milano | Life. I grandi fotografi | Fino al 3 settembre 2006

Fino al 3 settembre 2006

Per tutto il XX secolo i fotografi della rivista Life hanno raccontato con le loro immagini ogni aspetto della vita umana.
Vedere la vita, vedere il mondo era il motto impresso sul primo numero di Life e veramente, con il loro stile inconfondibile, i fotografi di questa rivista hanno impresso una svolta nella maniera di comprendere l'attualità, di vederla e di raccontarla attraverso le immagini.
La mostra, che sarà presentata a Forma dal 20 aprile al 3 Settembre 2006, raccoglie il meglio della fotografia di Life. In una produzione inedita, messa a punto proprio per questa occasione, un insieme di circa 140 fotografie tra le più celebri realizzate dai fotografi di Life racconteranno la nascita, l'evoluzione e lo stabilizzarsi di una visione che è diventata decisiva per tutto il Novecento: il mondo alla maniera di Life.
In esposizione, le immagini migliori dei fotografi di staff e di alcuni altri celebri collaboratori della rivista: da Eisenstaedt a Bourke-White, da Mydans a Parks, da W. Eugene Smith a Robert Capa. La testimonianza del talento, della creatività e del coraggio di questi autori è racchiusa in questa mostra.

All'esposizione antologica viene associata anche una più concentrata, ma preziosissima, selezione di stampe d'epoca di Life, che sarà inaugurata lo stesso giorno (ma che avrà una durata ridotta rispetto all'antologica) nella sala bianca di Forma.
Used in LIFE, con questo timbro venivano contrassegnate, sul retro, le stampe che erano state effettivamente usate per la pubblicazione sulla rivista e sotto questo titolo sono raccolte qui una serie di stampe vintage, utilizzate dagli anni 30 agli anni 50 per la pubblicazione della rivista e scelte per Forma da Howard Greenberg, tra i galleristi più noti e affermati di New York e grande conoscitore di LIFE.

27.08.2006 # 326
Torino | Joseph Kosuth | Fino al 30 luglio 2006

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Roma | Raffaello - Da Firenze a Roma | Fino al 27 agosto 2006

Fino al 27 agosto 2006

Cinquanta capolavori di Raffaello alla Galleria Borghese.


La Galleria Borghese inaugura, con la monografica dedicata a Raffaello,
la prima delle dieci mostre del programma espositivo messo a punto da Claudio Strinati,
Soprintendente Speciale al Polo Museale Romano e da Anna Coliva, direttrice della Galleria.

È la prima mostra che Roma dedica a Raffaello con oltre cinquanta opere per un valore complessivo superiore al miliardo di euro.
La mostra della Galleria Borghese vuole indagare la produzione pittorica di Raffaello Sanzio negli anni
tra il 1505 e il 1508, in cui l'artista, prossimo a stabilirsi a Roma, dipinge la Deposizione, tuttora
conservata nel Museo Borghese e getta le basi per quel rivoluzionario passaggio dalla struttura
compositiva tradizionale alla concezione dinamica dello spazio che si compirà con la realizzazione
degli affreschi delle Stanze Vaticane.
È la prima grande mostra di taglio monografico che Roma dedica all'artista, anche se questo può
sembrare paradossale, essendo Raffaello il pittore 'romano' per eccellenza. E' Raffaello infatti che,
giunto a Roma, con geniale sintesi formale, stabilisce una volta per sempre l'immagine stessa della
dottrina, traduce i contenuti religiosi in immagini di tale forza che da allora l'intera civiltà occidentale si confronterà o si scontrerà con essi. È una iconografia che non è più mutata sino ai giorni nostri.
Lo scopo della mostra è proprio quello di indagare come, da un punto di vista formale, stilistico,
compositivo, spaziale, questa visione universale prenda forma e come l'artista, da ottimo pittore umbro
e poi fiorentino, divenga il Raffaello 'romano', il grande pittore di storia.

23.07.2006 # 308
Torino | Joseph Kosuth | Fino al 30 luglio 2006

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Ravenna | Turner Monet Pollock | Fino al 23 luglio 2006

Fino al 23 luglio 2006

dal Romanticismo all'Informale, Omaggio a Francesco Arcangeli.



La mostra dal titolo Turner Monet Pollock. Dal Romanticismo all'Informale, omaggio a Francesco Arcangeli che il Comune di Ravenna, Assessorato alla Cultura, Museo d'Arte della città promuovono e realizzano negli spazi della rinascimentale Loggetta Lombardesca, dal 18 marzo al 23 luglio 2006, prosegue il percorso di ricerca volto a far luce su grandi temi e figure centrali della critica e della storia dell'arte moderna e contemporanea.
Il percorso espositivo è già alluso nei nomi dei tre protagonisti che, a vedere di Arcangeli, costituiscono delle pietre miliari di una linea romantica della storia dell'arte contemporanea, che va, appunto, "Dal Romanticismo all'Informale", secondo il titolo scelto per i due volumi pubblicati da Giulio Einaudi nel 1977, a tre anni dalla prematura scomparsa, e che raccoglievano buona parte degli scritti più significativi. L'esposizione prenderà dunque avvio dai romantici inglesi, ai quali il critico dedicò le sue acutissime letture, davvero rivelatrici e non solo in Italia: in particolare Turner e Constable, senza trascurare le premesse di Reynolds e Gainsborough. Seguiranno alcune figure prime della pittura francese, Corot e soprattutto Courbet, ritenuto una pietra miliare nell'Ottocento per un nuovo pensiero della 'natura' che Arcangeli ha analizzato nei suoi sviluppi moderni, e che trova nell'impressionismo - nel pur diverso ruolo svolto da Cézanne, Renoir, Sisley e Monet -, un passaggio decisivo. Ed è soprattutto a Monet che lo studioso ha dedicato scritti fondamentali, recuperandone pienamente l'ultima stagione anche in tempi in cui la quasi totalità dei critici avanzava forti riserve o ne offriva una lettura riduttiva. L'Ottocento italiano sarà rappresentato da alcuni nomi di primo piano, dai prodromi romantici di Fontanesi ai macchiaioli Fattori e Lega, a Segantini, un altro pittore che deve ad Arcangeli una sostanziale rivalutazione. Anche per la prima metà del Novecento la mostra insisterà su alcuni artisti cari al critico, in particolare Klee, Soutine, Permeke, gli italiani Carrà, De Pisis e soprattutto Morandi, per il quale scrisse una straordinaria monografia, il testo di gran lunga più denso e illuminante che sia uscito sul pittore, e che per primo istituiva connessioni con la situazione contestuale europea. L'informale, che ha caratterizzato la scena artistica internazionale dal secondo dopoguerra agli anni cinquanta, rappresentò per Arcangeli la condizione in cui arte ed esistenza risultavano inscindibili: protagonisti furono, in primo luogo, Wols, Fautrier, Dubuffet, de Staël, De Kooning, Kline e, soprattutto, Pollock - vero culmine del lavoro critico di Arcangeli lungo il filo rosso di un percorso modernamente romantico - oltre agli italiani Burri, Leoncillo e agli 'ultimi naturalisti' Morlotti, Mandelli, Moreni, Vacchi, Bendini, Romiti, per citare i più vicini al grande studioso.

16.07.2006 # 345
Torino | Joseph Kosuth | Fino al 30 luglio 2006

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COMO | RENÉ MAGRITTE | Fino al 16 luglio 2006

Fino al 16 luglio 2006

L'impero delle luci



A Villa Olmo, ottanta opere del genio surrealista belga.

L'esposizione, che presenta alcune delle opere più conosciute del maestro belga, come L'impero delle Luci, La buona fede o La fata ignorante, muove i propri passi dall'asserto magrittiano, secondo cui "La pittura è soltanto un mezzo che mi permette di portare alla luce un pensiero grazie all'utilizzo di elementi presi al mondo visibile".
Magritte, infatti, riteneva, come Leonardo, che la pittura fosse una 'cosa mentale', una proposta di riflessione o un'idea che deve prendere forma attraverso di essa, mantenendosi entro i limiti della riproduzione del mondo visibile. Ciò che rende diversa la sua pittura è la rappresentazione circoscritta ad ambienti quotidiani, riprodotti con la massima fedeltà, con lo scopo di provocare una riflessione che metta in discussione ciò che si dà per scontato. Inoltre pretende, in questo modo, di rendere visibile la poesia e di trasformare il mondo comune in un universo poetico.
Nella sua iconografia, seppur molto varia ed ampia, è facile riscontrare tali "cose visibili": i nuvolosi cieli del nord - che fecero coniare a Max Ernst il motto "Fa un tempo Magritte" - il mare e l'aperta campagna; gli alberi e il bosco, i notturni, i sobborghi; un certo stereotipo di borghesia dell'epoca, belle e languide dame e l'uomo vestito di nero con bombetta; uccelli e colombi; fiori e oggetti comuni come case, sonagli, balconi, sfere, mele.



15.07.2006 # 318
Torino | Joseph Kosuth | Fino al 30 luglio 2006

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Milano | Fernando Botero | Fino al 15 luglio 2006

Fino al 15 luglio 2006

È stata inaugurata il 9 maggio alla Galleria Tega, con il patrocinio del Comune di Milano, un'importante mostra di Fernando Botero comprendente oli, sculture, acquarelli e disegni. Si tratta di circa venticinque opere degli ultimi anni che caratterizzano l'universo pittorico del maestro colombiano in questa sua personale a lungo attesa in uno spazio privato milanese.
Il suo universo pittorico comprende innanzitutto quelle figure, in particolare femminili, caratterizzate dalle forme abbondanti che costituiscono una sua peculiarità. E che hanno talora suscitato valutazioni superficiali, legate all'apparenza. Invece il discorso è ben più profondo, come sottolinea lo stesso Botero: "Credo molto nel volume, in questa sensualità che nella pittura suscita piacere allo sguardo". E aggiunge: "Un quadro è un ritmo di volumi colorati dove l'immagine assume il ruolo di pretesto".
Indubbiamente questo suo approccio formale è anche suggerito da quel clima favolistico in cui egli ama collocare i suoi personaggi, un clima che favorisce l'esagerazione, l'esuberanza del racconto. È un clima che si assapora non solo in Colombia ma in tutta l'America del Sud e che trova riscontri letterari in autori come Gabriel García Márquez.
La mostra offre ampi campionari di questa realtà filtrata dalla fantasia e da un desiderio nostalgico di un mondo in via di smarrimento che cattura l'attenzione e il cuore della gente. Sotto tale ottica vanno considerati i ritratti di finta austerità, i nudi privati di ogni malizia e quelle scene accompagnate da un caratteristico paesaggio che non va considerato come puro contorno ma come l'essenza stessa dei protagonisti del dipinto che talora guardano pensosi fuori del quadro come per interrogarci.
Un altro terreno ampiamente frequentato da Botero è quello della natura morta dove il citato concetto dell'abbondanza entra relativamente in gioco ma dove viene esaltata piuttosto la dolcezza delle forme, dei volumi per cui è l'armonia a sedurre la dilatazione di uno sguardo che si adagia e si compiace di fronte alla calda seduzione quasi tattile di due arance o di fronte alla frugalità di un tavolo imbandito sotto una finestra spalancata contro un cielo che promette dolci fughe del pensiero.

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