Daria La Ragione //
Giorgio De Chirico. Mistero e Poesia
a Otranto (Le) fino al 29 settembre 2013
Partito dall’Italia con la sua Metafisica, Giorgio de Chirico (Volos, 10 luglio 1888 – Roma, 20 novembre 1978) ha conquistato la scena internazionale fin dalla prima metà del secolo scorso, travalicando i confini dell’arte per influenzare con il suo universo artistico non solo la generazione successiva di pittori, ma anche letterati, filosofi, architetti e la psicanalisi.
Attraverso una selezione di opere – dieci dipinti a olio, oltre trenta tra disegni, acquarelli e grafiche, in prestito dalla Galleria d’Arte Maggiore di Bologna – la mostra proposta al Castello di Otranto si pone come obiettivo quello di dimostrare come Giorgio de Chirico abbia disseminato con la pittura quantità di argomenti nelle più varie zone culturali e di rinnovare l’accostamento critico di un autore che in modo tanto completo rappresenta la nostra epoca.
L’esposizione monografica su Giorgio de Chirico illustrerà il percorso della sua opera all’insegna della Metafisica – intesa dal maestro come qualità eletta della pittura e non come caratteristica dei soggetti – che scorre lungo le diverse fasi stilistiche del suo lavoro: recupero della tradizione classica, suscitazioni surreali e riavvicinamenti alla realtà si intrecciano in un universo di mondi, linguaggi e codici differenti.
Inventore di città allucinate e assurde, le sue “Piazze d’Italia” si offrono come luoghi incerti e instabili da cui l’occhio è attratto per le sue architetture classiche, racchiuse nella gabbia di una rassicurante prospettiva rinascimentale, ma da cui la mente divaga per l’accostamento con elementi stranianti che trasformano i luoghi familiari da cui prende ispirazione (come Monaco di Baviera, Firenze, Roma, Torino, Parigi, Ferrara e New York) in realtà analoghe, diverse, sospese in un’atemporalità assoluta. Si tratta di una imagerie fatta di interruzioni e dissonanze che per citare Italo Calvino danno vita a “città del pensiero” a cui gli architetti del dopoguerra si ispireranno per la realizzazione di nuovi edifici e progetti urbanistici.
La figura umana è quasi inesistente in questo universo, sostituita da calchi in gesso di statue antiche o dai suoi tipici manichini. Si tratta di quelle famose “Muse inquietanti” che popolano il suo universo nell’enigmaticità e nel silenzio, vivendo come guardiani tra ciò che è stato e quello che sarà in un eterno presente, in un continuo ritorno, in una ripetizione differente. Le sue figure senza volto, prive di connotati fisici e quindi anche di etnia, cultura o religione, sorvegliano imperscrutabili la sua dialettica sospesa tra rievocazione e invenzione, tra ricordo e rinnovamento, occupando la superficie con la loro presenza immutabile che immerge in un mondo classico, un’angoscia del tutto moderna.