Un'accurata selezione di trentaquattro opere, che abbraccia il periodo dal 2000 al 2013, ripercorre la produzione più recente di Alfonso Borghi, artista oramai annoverato tra i protagonisti dell'informale italiano contemporaneo. Opere di dimensioni ridotte convivono, nel catalogo e nella mostra, accanto a dipinti monumentali, che esaltano l'impatto emozionale con l'occhio dell'osservatore.
Scrive di lui Giovanni Faccenda curatore della mostra e del catalogo: Borghi è ciò che dipinge. Racconta di se nei floridi impasti e nelle affascinanti stesure, servendosi di cromie irrobustite dal tumultuoso avvento della materia.
La sua pittura, innervata da molteplici effervescenze, risalta per alcune peculiarità evidenti: sebbene essa affondi le proprie origini in quella febbrile stagione di ricerche che sancì la consacrazione dell’Informale e dell’Espressionismo Astratto nell’immediato secondo dopoguerra, per merito soprattutto di Fautrier, Dubuffet, Pollock e de Kooning, quanto davvero la contraddistingue è un pathos di natura mediterranea, più precisamente originato da mutevoli suggestioni di ordine psichico.
Nell’opulenta corporeità delle singole composizioni, Borghi, infatti, trasmette la verità e il senso di suoi stati d’animo, momentanei o più duraturi nel tempo: il colore echeggia, remoto, idilli e oscure trepidazioni, languidi abbandoni mattutini o al volgere della sera, memorie segnate dal buio dei sentimenti. L’esercizio pittorico, per un così ispirato artefice, risulta persino terapeutico: ove il gesto rabbrividisce, favorendo sedimentazioni pregiate e tutt’altro che casuali, lì – è certo – risiede qualche risposta trovata da Borghi a talune intime sollecitazioni.