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26.09.2013 # 3276
Quando si dice un suono rotondo!

Daria La Ragione //

Quando si dice un suono rotondo!

la prima Mobile Concert Hall

La scena è la seguente: siete nel nord Giappone, nelle aree fortemente colpite da eventi sismici. State ascoltando un concerto, siete rilassati sulla vostra poltroncina quando all'improvviso la terra comincia a tremare. Voi, che siete italiani, vi agitate e guardate gli altri, provate a chiedere a qualcuno ma siccome non parlate giapponese non ricevete una risposta comprensibile. Il signore di fianco però, nel pronunciare quelle parole incomprensibili sorride, è pacato e  ritrasmette serenità, per cui voi, considerato che non si sta diffondendo il panico concludete che non c'è alcun terremoto.

E vi sbagliate.

Ma siete a Matsushima, al Lucerne Festival Ark Nova e il motivo per cui tutti sono tranquilli è che vi trovate nella prima Mobile Concert Hall, aka la prima sala da concerto gonfiabile.

L'hanno disegnata l'artista angloindiano Anish Kapoor e l'architetto giapponese Arata Isozaki e verrà sgonfiata, spostata e rigonfiata in diverse località.

È stata progettata per quelle zone, sismicamente attive, funziona come un paracadute gonfiabile ed è interamente in poliestere.

E nell'opinione di chi scrive è veramente bella!

28.10.2013 # 3327
Quando si dice un suono rotondo!

Daria La Ragione //

Lei non sa chi sono io!

Blog di Daria La Ragione

L'enciclopedia Treccani, alla voce avatāra, recita: «Nel brahmanesimo e nell’induismo, la «discesa» di una divinità sulla Terra. Particolarmente sono oggetto di fede gli avatara o incarnazioni del dio Viṣṇu, riconosciute per lo più in numero di dieci e rivolte tutte al bene del mondo e delle creature
Da questa parola sanscrita viene il più noto (a noi) avatar, che indica l'immagine con cui vogliamo essere visti sul web.
Insomma, la nostra disincarnazione, il nostro volto virtuale.

Il Post dà notizia di un'infografica, pubblicata da Fastcompany, e realizzata da Doogie Horner, che consiste in una sorta di profilo di personalità tracciato in base al nostro avatar di Facebook.
Si tratta di un lavoro complesso, che si dipana attraverso le tante possibilità, dalla foto sexy nella vasca, a quella di gruppo, da quella della prima comunione (10 chili in meno di pancia e 10 cmq di capelli in più), da quella frontale che mostra tutto il viso, che suggerirebbe che siamo estroversi e aperti, ma forse anche abili manipolatori, a quella che include solo occhi e fronte, tipica degli intellettuali, osservatori e forse grassi.

Da qualche anno io vedo in giro foto di persone che nascondono parti del viso con le mani, per rendersi più interessanti forse, per nascondere difetti, perché non ce la fanno a vedersi interi, non so. Ma non è una cosa che mi stupisce: pochissimi di noi sono soliti mostrarsi per intero, virtualmente o no.



Ma è innegabile che ciascuno sia irresistibilmente attratto da se stesso. Non a caso furono proprio le carte de visite, piccoli ritratti economici inventati dal Disderi alla metà del XIX secolo, e uno dei primi oggetti seriali della società di massa, a rendere la fotografia tanto popolare anche negli strati più umili della società.
Da allora a oggi la tecnologia ha fatto balzi che non potevano essere neanche immaginati, ma la nostra vanità? È rimasta la stessa o questa civiltà di avatar in cui viviamo l'ha amplificata? E che ruolo ha nel macchina della nuova economia 2.0, dal momento che già da anni esistono servizi online per crearsi un'identità visiva e sempre più si parla si parla di reputation, estendendo il concetto di immagine e di identità (e quindi di avatar/incarnazone) ben oltre una fotografia?

Per citare una tale del secolo scorso «lo scopriremo solo vivendo». Intanto Wikipedia ci fa sapere che «Gli adoratori di Vishnu quale divinità suprema, i vaishnava, credono che Dio si incarni ogni qualvolta avviene un declino dell'etica e della giustizia, unitamente all'insorgere delle forze demoniache che operano in senso opposto al dharma, la legge cosmica.»
A giudicare da quanti avatar ci sono in giro si direbbe che Vishnu stia facendo gli straordinari, traete voi le conseguenze sull'etica e la giustizia.

03.10.2013 # 3289
Quando si dice un suono rotondo!

Daria La Ragione //

L'era glaciale dei ricordi

Blog di Daria La Ragione

Il 1888 fu l'anno in cui ebbe inizio una rivoluzione lenta e inarrestabile, fu l'anno in cui persone comuni potevano catturare i propri ricordi con carta e luce e argento. Fu l'anno in cui George Eastman lanciò la No.1, la prima Kodak e ci vuole poco a spigare cosa aveva di diverso, basta il pay off che l'azienda usò fin da allora e che non ha mai abbandonato: Voi premete il pulsante, noi facciamo il resto.


Fu così che l'uomo della strada, quello che aveva abbastanza soldi, poté fare quello che prima era stato concesso solo a chi ne sapeva abbastanza di chimica da maneggiare i reagenti necessari. 
Il National Media Museum ha dedicato una pagina su Flickr alle immagini scattate ormai più di cento anni fa con questo primo modello.

Kodak No.1

Come potrete facilmente notare le immagini sono tutte rotonde e una spiegazione c'è: la vecchia cara No.1 aveva un piccolissimo difetto, non aveva mirino, non c'era modo di sapere cosa si stava inquadrando e non era possibile quindi allinearsi all'orizzonte. Per non avere tutte fotografie che sembrassero scattate da un ubriaco, si decise allora di dar loro una forma rotonda, di modo che mancasse qualsiasi riferimento ottico che le facesse sembrare disallineate.
Solo vent'anni fa le azioni della Kodak erano una garanzia, l'azienda era il leader di mercato, ed era stata la prima a sviluppare una fotocamera digitale, ma poi non aveva creduto nella nuova tecnologia e l'aveva abbandonata (un po' come Tom Selleck che rifiuta il ruolo di Indiana Jones, o il Beatles sconosciuto che ha lasciato il gruppo del successo).

Nel frattempo...

... una nuova era glaciale si è abbattuta su questo dinosauro tecnologico che ha rischiato seriamente il fallimento nel 2012 e oggi cerca di guadagnarsi uno spazio nella settore della stampa delle foto digitali.
Tutti noi abbiamo i nostri ricordi fossili nei cassetti, anche se rettangolari, spesso disallineati con l'orizzonte, sfocati o magari perfetti.
In molti non ricordano più l'odore del barattolino in cui venivano chiusi i rullini da sviluppare e sempre meno sono le fotografie che vengono stampate.
Una sola cosa sembra non cambiare mai, l'entusiasmo con cui le persone continuano premere il pulsante.

27.09.2013 # 3286
Quando si dice un suono rotondo!

Daria La Ragione //

Ti presento i miei

blog di Daria La Ragione

Il 7 novembre tutti i dipendenti di LinkedIn, il social network  dedicato al mondo del lavoro, dovranno recarsi al lavoro accompagnati dai genitori.
Non si tratta di un provvedimento disciplinare, ma di un'iniziativa che coniuga in modo interessante due aspetti fondamentali per ogni azienda: la comunicazione interna e quella esterna.

Per dare risalto a questa iniziativa, il social network ha diffuso oggi i risultati di una ricerca da cui emerge un realtà ben nota a chiunque si occupi di web e a chi svolge una delle cosiddette 'nuove professioni': mamma e papà non hanno idea di che lavoro faccia il figlio. O meglio, sanno descrivere senza difficoltà di cosa si occupa un insegnate, ma quando si tratta di un social media manager o di user interface designer brancolano a dir poco nel buio.

E allora l'azienda ha deciso di indire una giornata in cui portare al lavoro i genitori per mostrare loro di cosa ci si occupa e dove, chi sono i colleghi e qual è l'ambiente. «Quando è stata l'ultima volta in cui hai chiesto ai tuoi genitori un consiglio sulla tua carriera, su come ottenere un aumento o su come tenere una prestazione?»
In altre parole: i genitori potrebbe avere molto da dire, ma non lo sanno e non lo sanno i figli, perché il mondo è cambiato a una tale rapidità che è difficile rimanere aggiornati.

A LinkedIn assicurano che fa bene agli affari e invitano altre aziende a fare lo stesso, basta andare sul sito dedicato Bring In Your Parents Day e  seguire le istruzioni.

A me sembra una strategia molto interessante: We are social, recita il pay off aziendale, e con questa iniziativa dimostra di esserlo non solo virtualmente, ma anche e più degli altri concretamente. Nel frattempo i risultati della ricerca sono stati pubblicati dalle maggiori testate, contribuendo alla brand awarness e portando un flusso di contatti sicuramente significativo al social network.

Però...

Sarei davvero curiosa il 7 novembre di registrare i livelli di vergogna dei dipendenti, perché diciamocelo: va bene l'esperienza, va bene la famiglia, ma nessuno sa metterti in imbarazzo davanti al capo e ai colleghi come la tua mamma!

 

26.09.2013 # 3284
Quando si dice un suono rotondo!

Daria La Ragione //

Emmy awards

il vincitore della categoria Oustanding Commercial

Qualche giorno fa sono stati assegnati gli Emmy Awards, vale a dire gli Oscar della Tv o se preferite i Telegatti made in USA.

Tra le categorie in concorso Outstanding Commercial, che premia il miglior film pubblicitario, che quest'anno ha visto infrangersi lo strapotere di W+K che si era aggiudicata il premio negli ultimi quattro anni e che era in short list con 'Jogger' un film per Nike, insieme a BBH che partecipava con un film per Google 'Jess Time',  Crispin Porter Bogusky con un film per la mostarda Grey Poupon's, 'The case', ma soprattutto la Gre'y di NY che si aggiudicato l'Emmy con un commercial di altissimo livello per Canon da titolo Inspired.

In rete il parere non è unanime, anche perché sono tutti di alto livello, perciò la cosa migliore è che ognuno si faccia un'idea propria:


Inspired




Jogger




Jess Time




The Chase


26.09.2013 # 3277
Quando si dice un suono rotondo!

Daria La Ragione //

#IL54 - Ingovernabile

IL Magazine del sole 24 ore

In edicola da oggi IL Magazine del Sole 24 ore con un numero sul mondo che è diventato ingovernabile: «I poteri sono deboli. I leader si nascondono. Le istituzioni sono obsolete. L'impossibilità di decidere è diventata cronica e si è diffusa anche a livello nazionale. Il paradosso è che tutto ciò nasce dalla diffusione del benessere e della libertà.» In copertina le 280 parole che hanno fatto la storia


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