Daria La Ragione //
Il segno - La grafica come arte da Picasso a Morandi
Tino Gipponi
Un omaggio alla grafica, espressione artistica che vanta un proprio linguaggio autonomo dopo l'uscita dal cono d'ombra di una critica che la considerava forma semplificata e ancillare della pittura.
"È una raccolta di ampio respiro testimoniante la presenza dei più significativi esponenti dell'arte incisoria che unisce nomi di assoluta rilevanza internazionale (Picasso, Braque, Chagall, Kandinsky, Sutherland, Poliakoff, Miró, Dalí, Moore, Bacon, Hartung, Tápies, Fontana) con il contorno di altri, magari di apparente minor risonanza, ma altrettanto validi, unitamente ai maggiori rappresentanti del panorama italiano con le ultime mie scoperte di Gian Carlo Vitali e della sua vitalistica vena espressionista, del silenzioso panismo di Livio Ceschin, delle zoomate di puntasecca di Andrea Boyer e della rievocazione di un mondo perduto in Girolamo Battista Tregambe (però artisticamente bisognerebbe aggiungergliene una). Continuando con i grandi nomi, come non osservare le allucinazioni di Max Ernst, la bambola feticcia metamorfica di Hans Bellmer, il surrealismo visionario, non solo di Sutherland, ma di Masson, di Matta e di Lam, il purismo astratto di Ben Nicholson di contro all'architettura astrattista di Poliakoff, la white writing di Tobey, il "paesaggio del volto" del siriano-berlinese Marwan, fortunata conoscenza alla terza "Triennale dell'Incisione" alla Permanente di Milano nel 1975, insieme al rovinismo spiazzante delle costruzioni di Peter Ackermann, all'espressionismo surreale di Horst Janssen e a Peter Sorge. Ancora: il virtuosismo di Friedländer, il blot di Victor Pasmore e, rientrando in casa nostra, la triade dei nostri più grandi: l'intreccio ordinato di Morandi, la rapinosità fluente di Bartolini, lo stupore nei "fiori dell'anima" di Giuseppe Viviani che più lo si approfondisce più lo si innalza, cui occorre aggiungere i soffi tremuli di luce e di aria di Leonardo Castellani, l'insistito lenticolare puntinismo di Ferroni amico di un tempo passato, il segno incisivo e graffiante di Giuseppe Guerreschi negligentemente ora in un cono d'ombra.
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