Daria La Ragione //
GIACOMETTI E L'ARCAICO
a Nuoro fino al 25 gennaio 2015
Curata da Pietro Bellasi e Chiara Gatti, la mostra, ricca di una settantina di pezzi, svelerà al pubblico il grande fascino che la statuaria antica (egizia, etrusca, greca, celtica o africana), esercitò agli occhi del maestro del Novecento celebre per le sue figure in cammino, le donne immote e silenziose come idoli del passato.
«Tutta l'arte del passato, di tutte le epoche, di tutte le civiltà, apparve davanti a me. Tutto era simultaneo, come se lo spazio avesse preso il posto del tempo». Da questa intensa confessione nasce l'idea di restituire ai capolavori di Alberto Giacometti (1901-1966) la loro dimensione d'eternità, avvicinando alle sue sculture sottili e longilinee, scavate nella materia come reperti archeologici, una selezione preziosa di reperti usciti da alcuni tra i più importanti musei italiani d'arte antica.
I prestiti delle opere di Giacometti, concessi da importanti collezioni svizzere oltre che dalla Kuntshaus di Zurigo e dalla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, saranno accostati per la prima volta alle opere arcaiche del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, del Museo Civico Archeologico di Bologna, del Museo Civico di Palazzo Farnese a Piacenza e del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.
I lavori di Giacometti e quelli dei suoi antenati animeranno un percorso avvincente, sviluppato per temi e iconografie, basato su un gioco di rimandi, di sguardi incrociati fra capolavori, sottratti alla dimensione del tempo e ricollocati nello spazio della contemporaneità.
Dagli studi condotti negli anni sui punti di contatto fra l'opera di Giacometti e la statuaria d'epoca antica – dall'arte egizia a quella sumera, dai manufatti dell'età del bronzo all'arte greca fino alla scultura africana – è emersa infatti la possibilità di costruire una mappa delle iconografie del passato e delle culture più amate dall'artista, prese a modello per la sua riflessione contemporanea, tesa alla ricerca di forme espressive ancestrali, capaci di rappresentare l'uomo moderno in una visione eterna, in un recupero delle origini e della nostra storia.