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Mostre ed eventi // Pagina 43 di 230
13.01.2015 # 3999
GIACOMETTI E L'ARCAICO

Daria La Ragione //

GIACOMETTI E L'ARCAICO

a Nuoro fino al 25 gennaio 2015

Curata da Pietro Bellasi e Chiara Gatti, la mostra, ricca di una settantina di pezzi, svelerà al pubblico il grande fascino che la statuaria antica (egizia, etrusca, greca, celtica o africana), esercitò agli occhi del maestro del Novecento celebre per le sue figure in cammino, le donne immote e silenziose come idoli del passato.
«Tutta l'arte del passato, di tutte le epoche, di tutte le civiltà, apparve davanti a me. Tutto era simultaneo, come se lo spazio avesse preso il posto del tempo». Da questa intensa confessione nasce l'idea di restituire ai capolavori di Alberto Giacometti (1901-1966) la loro dimensione d'eternità, avvicinando alle sue sculture sottili e longilinee, scavate nella materia come reperti archeologici, una selezione preziosa di reperti usciti da alcuni tra i più importanti musei italiani d'arte antica.
I prestiti delle opere di Giacometti, concessi da importanti collezioni svizzere oltre che dalla Kuntshaus di Zurigo e dalla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, saranno accostati per la prima volta alle opere arcaiche del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, del Museo Civico Archeologico di Bologna, del Museo Civico di Palazzo Farnese a Piacenza e del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.
I lavori di Giacometti e quelli dei suoi antenati animeranno un percorso avvincente, sviluppato per temi e iconografie, basato su un gioco di rimandi, di sguardi incrociati fra capolavori, sottratti alla dimensione del tempo e ricollocati nello spazio della contemporaneità.
Dagli studi condotti negli anni sui punti di contatto fra l'opera di Giacometti e la statuaria d'epoca antica – dall'arte egizia a quella sumera, dai manufatti dell'età del bronzo all'arte greca fino alla scultura africana – è emersa infatti la possibilità di costruire una mappa delle iconografie del passato e delle culture più amate dall'artista, prese a modello per la sua riflessione contemporanea, tesa alla ricerca di forme espressive ancestrali, capaci di rappresentare l'uomo moderno in una visione eterna, in un recupero delle origini e della nostra storia.

13.01.2015 # 4001
GIACOMETTI E L'ARCAICO

Daria La Ragione //

TRAME DEL '900

Ad Agrigento fino al 1 marzo 2015

Agrigento, 25 novembre 2014 – Oltre sessanta opere della collezione Galvagno ripercorrono il secolo breve ad Agrigento dal 29 novembre e fino al 1° marzo 2015 negli spazi delle Fabbriche Chiaramontane.
Titolo della mostra “Trame del ‘900. Opere della collezione Galvagno”, la cura è di Sergio Troisi, critico e storico d’arte che, fra le oltre ottanta opere riunite nella prestigiosa collezione – avviata dal padre Nino, imprenditore palermitano, fondatore di Elenka scomparso nel 2009, e proseguita dal figlio Francesco – ne ha scelte una sessantina “con l’obiettivo – spiega Troisi – di porre in rilievo il carattere plurale delle arti visive durante il secolo scorso, evidenziando il processo di scomposizione e riaggregazione di ricerche, linguaggi e tendenze”.
Dal Futurismo siciliano al Fronte Nuovo delle Arti, dall’Astrazione promossa dagli artisti del Gruppo Forma 1, dall’Informale alla ricerche optical e cinetiche sino al Concettuale e alla Transavanguardia, le opere costituiscono una occasione di rilettura dell’arte del Novecento nonché della sua ricezione attraverso le vicende e le scelte del collezionismo. Quasi sessanta gli artisti rappresentati, molti dei quali con lavori di rilevanza storica: tra gli altri, Balla, Guttuso, Pirandello, Savinio, Soldati, Magnelli, Accardi, Dorazio, Consagra, Sanfilippo, Turcato, Perilli, Vedova, Corpora, Santomaso, Angeli, Festa, Uncini, Griffa, Isgrò, Chia e, tra le presenze internazionali, Hartung, Mathieu, Oppenheim, Christo.


13.01.2015 # 4000
GIACOMETTI E L'ARCAICO

Daria La Ragione //

DONATO BRAMANTE E L'ARTE DELLA PROGETTAZIONE

a Vicenza fino al 8 febbraio 2015

Per Palladio e Vasari, Donato Bramante (1444-1514) fu l’eroe della riscoperta della grande architettura classica: non solo rivoluzionò il concetto di spazio, ma reinventò l'immagine della chiesa e del palazzo rinascimentali. Ma come concepiva e progettava i suoi edifici, e come comunicava le sue idee a committenti e muratori?
Il Palladio Museum, dal 9 novembre 2014 all’8 febbraio 2015, lo racconta in occasione del 5° centenario della morte dell’architetto e artista, realizzando una mostra in collaborazione con la Bibliotheca Hertziana, il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi e la Fondazione Piero Portaluppi di Milano.
Al centro della mostra sarà il leggendario progetto autografo di Bramante per la basilica di San Pietro, noto come Uffizi 20 A.
“E' un semplice foglio di carta, ma pesa come una montagna” - afferma il presidente del Consiglio Scientifico, Howard Burns - “E’ considerato il disegno più importante per l'architettura del mondo occidentale, che dopo di esso non è stata più la stessa”.
“Siamo intorno al 1506 e nel concepire la più grande basilica della Cristianità per il Papa Giulio II, Bramante mette a punto un nuovo concetto di spazio architettonico ispirato a quello dei grandi edifici della Roma antica” – commenta il direttore del Palladio Museum Guido Beltramini – “E' un processo per gradi, che Bramante registra sul foglio Uffizi 20 A mano a mano che esce dal suo cervello: il disegno è quindi una sorta di palinsesto, un diario di viaggio alla scoperta di quella che sarà l'architettura del Rinascimento”.
Il disegno è presente in mostra grazie ad un eccezionale prestito dal Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, ed è "spiegato" al pubblico da un apparato multimediale concepito per l'occasione.
Accanto al disegno Uffizi 20 A di Bramante, sono esposti altri disegni d'architettura cinquecenteschi, come quelli con cui Andrea Palladio studia opere bramantesche, oltre a trattati d'architettura nelle preziose edizioni originali, e disegni e modelli architettonici contemporanei di ricostruzione dei procedimenti mentali di Bramante.

13.01.2015 # 3998
GIACOMETTI E L'ARCAICO

Daria La Ragione //

LA NASCITA DI MAGNUM

a Cremona fino all’8 febbraio

“La nascita di MAGNUM. Robert Capa Henri Cartier-Bresson George Rodger David Seymour” esplora la nascita della più celebre agenzia fotografica del mondo, la Magnum Photos. E lo fa, al nuovo Museo del Violino a Cremona (dal 31 ottobre 2014 all’8 febbraio 2015), attraverso le immagini di coloro che di quella nuova, grande avventura furono i primi protagonisti. Un percorso ospitato all’interno di questa nuova struttura museale che rimarca il legame antico e indissolubile fra Cremona e la liuteria.

Il 22 maggio del 1947, dopo alcune riunioni presso il ristorante del Museum of Modern Art di New York, viene iscritta al registro delle attività americane la “Magnum Photos Inc”, nome che prendeva spunto dalla celebre bottiglia di champagne. A firmare erano Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, George Rodger, David Seymour e William Vandivert. Nasceva così una realtà che era concretizzazione di una lunga riflessione avviata da Robert Capa durante la guerra civile spagnola e che, negli anni, era stata estesa anche ai fotografi che frequentava.
Un progetto che si fondava sulla tutela del lavoro del fotografo e sul rispetto degli associati diritti fotografici. Attraverso la formula della cooperativa, i fotografi diventavano proprietari del loro lavoro, prendevano decisioni collettivamente, proponevano autonomamente alle testate i propri lavori per non rimanere assoggettati alle esigenze editoriali delle riviste, e rimanevano proprietari dei negativi, garantendo così un pieno controllo sulla diffusione delle immagini. Un controllo che si estendeva anche ad un minuzioso controllo dei testi delle didascalie associate alle foto e al perentorio divieto di manipolare le immagini. Con questi presupposti, e con la qualità del lavoro dei suoi soci, Magnum diventa ben presto un riferimento nel mondo del fotogiornalismo.

Magnum rappresentava così una diretta conseguenza del grande sviluppo nella stampa illustrata e delle agenzie fotogiornalistiche che era avvenuto durante i due conflitti mondiali.
Fin dai suoi esordi viene prevista, per ogni fotografo, una suddivisione geografica dove operare: Henri Cartier-Bresson in Oriente, David Seymour l’Europa, William Vandivert l’America, George Rodger il Medio Oriente e l’Africa e Robert Capa piena libertà d’azione nel mondo.

L’avventura di Magnum, o meglio gli esordi di essa, viene raccontata al Museo del Violino da un corpus di ben centodieci fotografie che rappresentano una vera eccezionalità: per la prima volta infatti i primi reportage dei fondatori di Magnum vengono raccolti assieme permettendo di costruire uno straordinario spaccato sull’avvio di questa agenzia. Inoltre è occasione per avviare una riflessione sul ruolo del fotogiornalismo e sulle trasformazione che Magnum innescò in questo settore.

29.12.2014 # 3988
GIACOMETTI E L'ARCAICO

Daria La Ragione //

Cavalieri, mamelucchi e samurai

a Torino fino all’8 febbraio 2015

Magnifiche armature italiane, tedesche, indiane, giapponesi e della tradizione islamica risalenti ad un lungo periodo che spazia dal Cinquecento all’Ottocento, presentate come “opere d’arte” che mettono a confronto usi, costumi e valori di società distanti e diverse: quella europea, quella medio-orientale e quella altrettanto raffinata dei samurai giapponesi.
La preziosa mostra sui Guerrieri d’Oriente e d’Occidente consente di scoprire e capire le differenze tra il “mondo” del guerriero europeo (rigido entro la sua armatura modellata in modo statuario), del combattente mediorientale (rivestito di maglie metalliche rinforzate con piastre d’acciaio nei soli punti vitali per meglio muoversi in combattimento), e dello stesso samurai giapponese (che privilegiava nel suo armamento difensivo una figurazione fantastica dai profili quasi geometrici). Le numerose opere esposte (oltre un centinaio) documentano inoltre la costante ricerca e l’impegno degli artigiani e degli artisti dell’epoca nell’inventare e fabbricare nuove armi ed oggetti bellici con forme e decorazioni sempre diversi rispondenti ad esigenze e mode che variavano di continuo.

Il percorso illustra una sorta di storia del costume “civile” e “guerresco", offrendo al pubblico degli adulti e delle scolaresche un’occasione per osservare il passato di popoli così distanti geograficamente tra loro attraverso una prospettiva inusuale ed allo stesso tempo spettacolare.


29.12.2014 # 3987
GIACOMETTI E L'ARCAICO

Daria La Ragione //

Numeri. Tutto quel che conta, da zero a infinito

a Roma fino al 15 febbraio 2015

I numeri, i calcoli e le misurazioni fanno parte del mondo che ci circonda.
Nonostante molti cerchino di tenersene alla larga e conservino ricordi non piacevoli dell’incontro con questi temi ai tempi della scuola (o forse proprio per questo), il contare rimane una componente inevitabile della cultura umana e il mondo dei numeri sembra affascinare come non mai. I libri sulla matematica sono in cima alle classifiche di vendita, i giochi matematici non conoscono flessioni, i festival e gli eventi dedicati fanno il pieno di pubblico.
Questa mostra dedicata ai numeri, nella più vasta accezione del termine, è pensata per un visitatore generico, senza conoscenze pregresse, ma ha diversi livelli di lettura che potranno essere apprezzati anche da chi ne sa di più. L’idea di fondo è semplice: mostrare i numeri nella loro duplice, sconcertante e affascinante essenza. Da una parte sono oggetti naturali, che il cervello umano è predisposto a trattare senza problemi, e utili, perché la società ha bisogno di quantificare e misurare; ma sono anche oggetti artificiali e sociali, raffinate costruzioni matematiche e portati culturali carichi di fascino e bellezza. Fin dai tempi più antichi e nelle più diverse culture, i numeri racchiudono in sé bellezza e mistero e rappresentano lo specchio in cui si riflette, enigmaticamente, l’armonia del cosmo. Non solo forniscono il linguaggio di base di ogni discorso scientifico volto a esplorare e comprendere i fenomeni naturali, ma esercitano un fascino profondo e sottile sul pensiero filosofico e teologico, sull’arte, sull’architettura, sulla musica.
Con un argomento potenzialmente ostico come questo, il modello comunicativo è fondamentale. Abbiamo cercato di evitare al visitatore la frustrante sensazione del «devo capire a tutti i costi» e allo stesso tempo il paternalismo della posizione secondo cui «la matematica è facile e divertente». A seconda del livello di preparazione – e dell’umore del momento – i visitatori porteranno a casa diversi frammenti di conoscenza, curiosità, stimoli, consapevolezze nuove, dubbi, magari voglia di saperne di più, e avranno goduto degli exhibit più ludici e leggeri.


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