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Mostre ed eventi // Pagina 25 di 230
11.01.2016 # 4437
Daniel Buren

Daria La Ragione //

Daniel Buren

a Napoli fino al 29 febbraio 2016

Il museo Madre presenta il primo dei progetti che, nel corso del 2015, saranno appositamente commissionati all’artista francese Daniel Buren (Boulogne-Villancourt, 1938) per celebrare la relazione fra il museo e il suo pubblico, tra l’istituzione e la sua comunità, in occasione dei primi dieci anni di attività del Madre. Uno dei massimi artisti contemporanei, Daniel Buren è autore di un’opera in cui la valenza visiva è sempre associata a quella teorica e il cui elemento emblematico potrebbe essere riassunto nella sua comprensione e utilizzo della nozione di in situ: espressione con cui l’artista stesso indica la stringente interrelazione fra i suoi interventi e i luoghi espositivi (ma anche urbani) in cui essi sono realizzati. Il progetto di Daniel Buren per il Madre è strutturato in più capitoli, fra loro connessi: da aprile ad agosto 2015 l’artista interverrà nella sala Re_PUBBLICA Madre con la grande installazione in situ intitolata Come un gioco da bambini (2014-2015, in collaborazione con Musée d’Art Moderne et Contemporain, Strasburgo).


Con questo primo intervento Buren accoglie i visitatori nella grande sala al piano terra del museo, trasformata in uno spazio ludico, un vero e proprio gioco di costruzioni a grandezza reale, o un kindergarten (“giardino d’infanzia”) a dimensione ambientale, ottenuto grazie all’assemblaggio di un centinaio di moduli di forme geometriche e colori diversi ispirati ai solidi del pedagogo tedesco Friedrich Wilhelm August Fröbel (sfere, cubi, cilindri in legno che, esaltando le potenzialità conoscitive del gioco rispetto al linguaggio, inducono il bambino alla scoperta partecipata e comunitaria della realtà e delle proprie capacità espressive stimolando facoltà quali percezione, esercizio tattile, costruzione e decostruzione).



Il visitatore, inoltrandosi nell’installazione, si ritrova di fronte a una realtà in potenza, che gli permette di ricostruire il mondo intorno a sé con un rinnovato stupore e un’infantile meraviglia. L’opera – risultato della collaborazione fra l’artista e l’architetto Patrick Bouchain – si propone in questo modo come un sottile dialogo interiore con l’architettura, che diventa quasi viva, performativa: i visitatori hanno la possibilità di passeggiare all’interno di una città fatta di cerchi ipnotici (su cui appaiono le righe di 8,7 cm che sono il segno ricorrente e distintivo delle opere di Buren), archi colorati, torri cilindriche, basamenti quadrati, timpani triangolari, collocati simmetricamente fra loro, quasi fossero parte dell’architettura stessa del museo, dotandola infine di una sua ipotetica ed alternativa potenzialità ricostruttiva. Quello che appare di fronte all’osservatore è infatti un paesaggio composito, la riproduzione di una vera e propria città in miniatura, che mette in relazione la città reale (che viene come incorporata, nelle sue forme archetipiche, all’interno del museo) con la città immaginifica che si innalza di fronte ai nostri occhi: quasi una città metafisica che si articola gradualmente come una passeggiata nel colore che procede dal bianco puro iniziale a un caleidoscopio di colori, e che si può attraversare con l’occhio seguendo una ritmica, quanto vertiginosa, prospettiva.



11.01.2016 # 4441
Daniel Buren

Daria La Ragione //

Barbie - The Icon

a Milano fino al 13 marzo 2016

Definirla una bambola sarebbe riduttivo. Barbie è un’icona globale, che in 56 anni di vita è riuscita ad abbattere ogni frontiera linguistica, culturale, sociale, antropologica.


Il suo vero nome è Barbara Millicent Robert, ma per tutti è solo Barbie. Definirla una bambola sarebbe riduttivo. Barbie è un’icona globale, che in 56 anni di vita è riuscita ad abbattere ogni frontiera linguistica, culturale, sociale, antropologica. Per questo motivo il Museo delle Culture di Milano le dedica una mostra, curata da Massimiliano Capella, dal titolo Barbie. The Icon, prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e promossa dal Comune di Milano-Cultura e da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE in collaborazione con Mattel.

La mostra racconterà l’incredibile vita di questa bambola che si è fatta interprete delle trasformazioni estetiche e culturali della società lungo oltre mezzo secolo di storia, ma - a differenza di altre, o di altri miti della contemporaneità che sono rimasti stritolati dallo scorrere del tempo - ha avuto il privilegio di resistere allo scorrere degli anni e attraversare epoche e terre lontane, rappresentando ben 50 diverse nazionalità, e rafforzando così la sua identità di specchio dell’immaginario globale.


11.01.2016 # 4440
Daniel Buren

Daria La Ragione //

Alfons Mucha e le atmosfere Art Nouveau

a Milano fino al 20 marzo 2016

Con oltre 220 opere la mostra “Alfons Mucha e le atmosfere art nouveau” propone al pubblico un percorso originale capace di ricostruire il gusto elegante, prezioso e sensuale dell’epoca attraverso le creazioni di Alfons Mucha, gli arredi e le opere d’arte decorativa di artisti e manifatture europei attivi nello stesso periodo storico. 

La mostra è promossa dal Comune di Milano|Cultura, prodotta e organizzata da Palazzo Reale di Milano, Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura di Genova e da 24 ORE Cultura - Gruppo 24 Ore, in collaborazione con la Richard Fuxa Foundation e il Centro di Ricerca Rossana Bossaglia, Dipartimento Culture e Civiltà, Università di Verona. Si avvale altresì del patrocinio della città di Praga. 


“Alfons Mucha e le atmosfere art nouveau”, è curata da Karel SRP, già curatore della grande mostra monografica sull’artista tenutasi a Praga nel 2013, per la parte relativa alle opere di Mucha, e da Stefania Cretella, studiosa di arti decorative, per la parte dedicata alle arti decorative del periodo art nouveau. 

Innovativa è la formula della curatela: le competenze scientifiche e i materiali di studio forniti per la realizzazione della mostra verranno valorizzati attraverso un significativo contributo per il cofinanziamento di assegni di ricerca e borse di studio per giovani studiosi e per le attività scientifiche del Centro di ricerca “Rossana Bossaglia”, diretto da Valerio Terraroli e fondato nel 2015 presso l'Università di Verona, Dipartimento Culture e Civiltà, in ricordo di una grande studiosa di Liberty, Déco e Novecento. Si tratta di un virtuoso esempio di fattiva e organica collaborazione tra soggetti pubblici e privati promotori di cultura e un centro universitario di ricerca, avente come obiettivo comune la formazione specialistica e la professionalizzazione di giovani storici dell'arte, con una particolare attenzione alla storia del gusto e delle arti decorative. 


“La mostra si inserisce nel percorso che Palazzo Reale intraprenderà nel 2016, teso ad approfondire, attraverso i grandi movimenti artistici e i loro protagonisti, quel periodo di transizione e di importanti trasformazioni che si colloca tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento: una riflessione che culminerà nella grande mostra sul Simbolismo, in apertura a febbraio 2016, e nell’importante progetto dedicato a Boccioni durante la prossima primavera”, ha dichiarato l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno

Dopo Milano, la mostra si sposterà a Palazzo Ducale di Genova, dove sarà visitabile da fine aprile a tutto settembre 2016. 


Il nucleo principale della mostra è costituito da 120 opere tra affiches e pannelli decorativi di Alfons Mucha (1860‐1939), provenienti dalla Richard Fuxa Foundation. L’artista ceco è stato uno dei più significativi interpreti dell’Art Nouveau, divenendo ben presto il "promotore" di un nuovo linguaggio comunicativo, di un'arte visiva innovativa e potente: le immagini femminili dei suoi manifesti erano molto diffuse e popolari in tutti i campi della società del suo tempo e ancora oggi si può facilmente individuare la sua inconfondibile cifra stilistica, che lo ha reso eterno simbolo dell’Art Nouveau. Lo “Stile Mucha”, unico e riconoscibile, si è dimostrato adatto per essere applicato ad una grande varietà di contesti: poster, decorazione d’interni, pubblicità per qualsiasi tipo di prodotto, illustrazioni e addirittura produzioni teatrali, design di gioielli e opere architettoniche. 


Mantenendo come perno centrale la figura di Mucha, le opere dell’artista sono affiancate in mostra da una serie di ceramiche, mobili, ferri battuti, vetri, sculture e disegni di artisti e manifatture europei affini a quella medesima sensibilità squisitamente floreale e sinuosa che caratterizzava un certo filone del modernismo internazionale, tipico soprattutto dell’area francese, belga e, almeno in parte, italiana. Scopo della mostra è dunque quello di restituire appieno l’idea di un’epoca ricca e sfaccettata, facendo dialogare le invenzioni di Mucha con gli ambienti e le decorazioni contemporanee così da ricostruire il clima magico e sfavillante della Belle Époque. 



11.01.2016 # 4439
Daniel Buren

Daria La Ragione //

IMPRESSIONISTI E MODERNI.

A Roma fino al 14 febbraio 2016

La mostra dal titolo “Impressionisti e moderni. Capolavori dalla Phillips Collection di Washington” presentasessantadue dipinti provenienti dal primo museo americano di arte moderna.

Nelle intenzioni del fondatore Duncan Phillips, la prestigiosa istituzione, inaugurata a Washington D.C. nel 1921, avrebbe dovuto diventare "un museo intimo e raccolto, ma anche sede di sperimentazioni" in cui presentare l’arte contemporanea accanto a capolavori più noti. Oggi la Phillips Collection è una raccolta di opere d’arte moderna e contemporanea apprezzata in tutto il mondo. Nell’imminenza del suo centesimo anniversario, il museo ha organizzato un’importante mostra itinerante nel corso della quale il pubblico romano avrà per la prima volta l’occasione di ammirare una parte della sua ricca collezione.


Questa straordinaria mostra dedicata alla pittura europea e americana è organizzata cronologicamente, riflettendo in forma di macro-sezioni le grandi correnti culturali che hanno attraversato l'Ottocento e il Novecento fino al secondo dopoguerra.

Si esordisce con le opere dei grandi artisti che all'inizio del XIX secolo hanno rivoluzionato la pittura europea da Goya a Ingres, da Delacroix a Courbet e Manet, messe in dialogo con quelle dei maestri dell’impressionismo francese come Cézanne, Degas, Van Gogh, Monet e Sisley. Un posto di spicco spetta ai maestri moderni che hanno plasmato la visione artistica del Novecento, tra cui Bonnard, Braque, Gris, Kandinskij, Kokoschka, Matisse, Modigliani, Picasso, Soutine e Vuillard, accanto agli americani Arthur Dove e Georgia O'Keeffe. Scoprire le opere fondamentali di grandi artisti americani ed europei del secondo dopoguerra come De Staël, Diebenkorn, Gottlieb, Guston e Rothko sarà per il visitatore un'esperienza intensa e completamente nuova.


La Phillips Collection è sostanzialmente diversa da altre istituzioni nate tra le due guerre poiché il suo fondatore, molto interessato al rapporto tra l'arte del passato e del presente, intendeva sostenere giovani artisti di vari orientamenti estetici e acquistò le opere giudicandone il merito, non perché illustravano scuole di pensiero, o erano alla moda o per il nome dei loro autori. Nel 1954, rivolgendosi alle nuove generazioni, Phillips scrisse: "Nelle nostre sale si mescolano epoche e nazionalità diverse, dipinti antichi e moderni che, accostati, acquistano senso e rilevanza in nuovi contesti, per contrasto o per analogia".


11.01.2016 # 4438
Daniel Buren

Daria La Ragione //

UNA DOLCE VITA? DAL LIBERTY AL DESIGN ITALIANO. 1900-1940

a Roma fino al 17 gennaio 2016

Nell'Italia di inizio Novecento, le arti decorative, già eredi di un'importante tradizione artigianale e artistica, si fanno interpreti del desiderio di progresso di una Nazione che ha da poco conosciuto l'unità. Ebanisti, ceramisti e maestri vetrai lavorano spesso in collaborazione con i maggiori artisti del tempo, dando vita a un vero e proprio "stile italiano" destinato a influenzare la nascita stessa del design moderno. Si tratta di un periodo di "ottimismo paradossale", di intensa creatività con, sullo sfondo, una società in profonda trasformazione, alimentata all'inizio dalle speranze del governo Giolitti, ma presto costretta a subire il trauma della Prima guerra mondiale e il tragico esito del regime mussoliniano.

 

Per esplorare un simile contesto, la mostra procede attraverso un percorso cronologico composto da oltre cento opere e basato su un dialogo continuo tra arti decorative e arti plastiche. L'inizio del Novecento è caratterizzato dall'affermazione dell'Art Nouveau, noto in Italia come "stile Liberty" o "floreale". 

A partire dall'Esposizione Internazionale delle Arti Decorative di Torino nel 1902, lo stile Liberty acquista via via una particolare originalità nelle opere di artisti come Carlo Bugatti, Galileo Chini, Eugenio Quarti, Ernesto Basile, Carlo Zen. La loro propensione per le linee curve ispirate alle forme della natura, con accenti talvolta esotici, si ricollega all'opera dei pittori divisionisti, vicini alle tendenze simboliste diffuse in tutta Europa e rappresentate in mostra da importanti quadri di Previati, Segantini, Morbelli, Pellizza da Volpedo.

Al gusto Liberty, divenuto lo stile dominante della nuova classe borghese, si opporrà con la sua volontà "antipassatista" il Futurismo. Questo movimento d'avanguardia, nato nel 1909 dalla mente di Tommaso Marinetti, si estenderà tuttavia alla arti decorative solo dopo la Prima guerra mondiale, durante il cosiddetto "Secondo Futurismo". 

Nel 1915, Giacomo Balla e Fortunato Depero firmano un manifesto intitolato "Ricostruzione futurista dell'universo", in cui si annuncia l'intento di estendere l'estetica futurista a tutti gli aspetti dell'arte e della vita. Questi due artisti, che dichiarano di voler ricostruire l'universo "rallegrandolo", daranno vita a numerosi oggetti di arte decorativa e di uso quotidiano, dai mobili ai vestiti, dagli arazzi ai giocattoli.

 

Durante gli anni del "Ritorno all'ordine" - che seguono, in tutta Europa, la stagione delle avanguardie - il recupero della cultura classica assume in Italia diverse declinazioni nell'ambito delle arti plastiche e decorative. Tra le versioni più interessanti ricordiamo la Metafisica di De Chirico e di Savinio, e il Realismo magico il cui maggiore rappresentante fu Felice Casorati. 

In maniera analoga, una visione incantata, sospesa tra ispirazione classica e gusto déco, caratterizza le ceramiche di Giò Ponti, o ancora le prime creazioni in vetro di Carlo Scarpa. Per quanto riguarda la produzione architettonica e l'arredo, lo stile monumentale di Giovanni Muzio e Piero Portaluppi coincide con il ritorno al classicismo celebrato dal "Novecento", il movimento sostenuto da Margherita Sarfatti e destinato a diventare il mezzo di espressione ufficiale del regime fascista. Negli stessi anni, il regime seppe tuttavia aprirsi agli esperimenti modernisti di artisti quali Giuseppe Terragni e Mario Radice (gli autori della famosa Casa del Fascio di Como), a cui si avvicinano le opere astratte di Fontana, Melotti o ancora Licini. 

Infine, nel campo delle arti applicate, lo stile razionalista - conformemente alle tendenze europee artisti come Albini, Baldessari, Figini e Pollini, segnano il passaggio verso la produzione industriale e il design nella sua accezione moderna.


11.01.2016 # 4429
Daniel Buren

Daria La Ragione //

Licalbe Steiner - Grafici partigiani

a Milano fino al 28 febbraio 2016

Un percorso suggestivo tra materiali, testimonianze, lavori grafici, fotografie e video sulla vita e l’opera di entrambi i protagonisti, ciascuno con una storia ed un’identità proprie, ma legati dal 1938 in maniera indissolubile nel privato e nel lavoro. Dopo circa 40 anni Milano dedica una mostra monografica ai due grafici, protagonisti e interpreti  della rinascita culturale italiana nel dopoguerra,  insieme a intellettuali come Vittorini e Calvino. Proprio a Calvino si deve un ricordo speciale di Albe all’indomani della sua morte sulle pagine dell’Unità “per Albe il piacere dell’invenzione formale e il senso globale della trasformazione della società non erano mai separati”.

La mostra, curata da Anna Steiner, cade nel 70° anniversario della Liberazione d’Italia a testimonianza dell’impegno civile iniziato durante la Resistenza e che ha contrassegnato tutto l’arco della loro vita. Il lavoro degli Steiner fu sempre caratterizzato da una poetica dell’ottimismo, da una fiducia dichiarata nel presente e nel futuro, credendo che l’impegno in prima persona, professionale, didattico potesse segnare la differenza.

Attraverso numerosi materiali di archivio, il percorso della mostra ripercorre la produzione dello Studio L.A.S. dai primi lavori: dal 1939 fino alla Liberazione e al viaggio in Messico (1946-1948), in una narrazione scandita dalle diverse sezioni: ricerca grafica e foto-grafica, editoria, pubblicità e allestimenti, marchi, presentazione di prodotto, manifesti e grafica di impegno civile, formazione professionale.

Una sezione inedita ricostruisce l’attività di Lica dalla scomparsa di Albe nel 1974, fino al 2008, anno dell’inventariazione dei materiali dell’Archivio Albe e Lica Steiner donato da Lica e le figlie al Politecnico di Milano. Negli ultimi trent’anni Lica ha continuato, insieme all’insegnamento, a lavorare con Anna Steiner e Franco Origoni.

La biografia viene ricostruita in mostra attraverso rari documenti che Lica ed Albe hanno tenacemente conservato nel tempo, nonostante guerre, distruzioni e viaggi, a testimonianza della loro formazione e della loro unione “intellettuale” che li ha visti così inseparabili da essere chiamati da loro stessi e dagli amici, i “Licalbe”, tracciandone un’unica identità.

I materiali esposti provengono dall’ “Archivio Albe e Lica Steiner” del Politecnico di Milano e dalla Collezione privata dello Studio Origoni-Steiner. La mostra è stato realizzata grazie alla partecipazione di Coop, che ha saputo vedere in questo progetto un momento importante per la storia e la memoria del suo marchio, disegnato da Steiner nel 1963, poi ridisegnato da Bob Noorda d’accordo con Lica Steiner. 

A Albe Steiner si deve anche tutta la declinazione / applicazione del marchio Coop sugli imballaggi coordinati e l’allestimento del primo magazzino a libero servizio Coop di Reggio Emilia studiato in funzione dell’individuazione dei reparti e dei prodotti. 

La mostra è l’ultima parte di un progetto di diffusione della vita e delle opere degli Steiner promosso da Ardaco e sostenuto da Coop, iniziato sette anni fa con la realizzazione del film documentario Linea Rossa. Insieme per un Progetto di cambiamento di Enzo Coluccio e Franco Bocca Gelsi (Ardaco-Orda d’Oro, 2009) in cui una intensa Lica ha lasciato la sua ultima testimonianza diretta, insieme a quella di amici, famigliari, artisti come Arnaldo Pomodoro e Francesco Leonetti. (Il film sarà presente in mostra).


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