Le campagne turistiche: il meglio delle pubblicità.
Blog! di Daria La Ragione
Sarà il periodo, sarà che il settore sta risalendo la china, sarà quel che sarà: da un anno a questa parte le campagne per incentivare il turismo sono tra le migliori cose che si vedono in giro.
E questa per Las Vegas non fa eccezione.
Si parla della città del peccato, ti aspetteresti lustrini, roulette, tavoli verdi, ballerine.
ti aspetteresti il kitch estremo. E invece no: una bionda che torna a casa dal marito e invece delle solite foto gli presenta un album da disegno.
Niente immagini fotografiche a immortalare la sua vacanza, solo scarabocchi: della piscina, dello shopping, dell’aperitivo, perfino il selfie.
Perché, come sa chiunque abbia visto un film ambientato a Las Vegas, «what happens here, stays here», quello che succede qui, resta qui #WHHSH.
E malgrado l’understatement, la promessa è chiarissima: è la città in cui tutto può accadere, è la parentesi trasgressiva nella vita normale.
Un’immagine vale mille parole, ma l’immaginazione vale ancora di più.
La campagna Linear: per conquistare la fiducia non servono numeri
Blog! di Daria La Ragione
La campagna Linear sceglie il trend più in voga da qualche anno per le assicurazioni: uscire dalla logica dei numeri e cominciare a parlare di emozioni.
Sono in molti ormai ad aver capito che non ha più senso raccontare tassi di interesse, coperture, insomma puntare sui dati freddi non garantisce alcun ritorno. Come mai? Cosa è cambiato?
Rispetto agli anni novanta, questa lunga crisi ha fatto emergere un valore tra tutti: la fiducia. Senza fiducia nessuna banca, finanziaria o assicurazione può andare avanti, è diventata il requisito più importante, perché in tempi di incertezza affidarsi a qualcuno, affidargli i propri risparmi, i propri soldi è diventato un rischio. Siccome i dati, i numeri, le liste, gli indici sono un codice che pochi capiscono, è stato necessario cambiare linguaggio, scegliendone uno più semplice e immediato.
Ecco allora che gli istituiti più lungimiranti hanno iniziato ormai da anni a correggere il posizionamento, raccontando gli aspetti soft, umani, emozionali del loro lavoro, puntando a costruire una relazione diretta con il target.
Con qualche anno di ritardo rispetto al trend arriva anche la campagna Linear, con DLV BBDO, a raccontare una storia piena di amore: una figlia lascia la casa paterna, per un nuovo lavoro, una nuova avventura, e ringrazia un papà di quelli che fanno davvero tanta invidia: l’ha accompagnata a fare Karate tre volte a settimana, al cinema con le amiche, le ha insegnato a guidare, è stato un compagno di viaggio perfetto.
È una campagna italiana, bella e italiana: punta sugli affetti ma a modo nostro, ed è un bell’esempio di come anche qui si possa fare bene, senza necessariamente piangersi addosso dicendo che il problema sono i clienti che non ci lasciano fare il nostro lavoro.
Scherniti, spesso oggetto di aggressività, a volte invece estremamente aggressivi: qualunque cosa pensiate della scelta vegetariana, è il momento di accorgersi che si tratta di un mercato molto interessante e in crescita: l’8% della popolazione italiana non mangia carne.
In compenso acquista prodotti alimentari, va (o vorrebbe andare) a mangiare fuori, è generalmente attento alla salute (46,7%) e all’ambiente (12%), ama gli animali (30%), ha una coscienza etica spiccata.
Non è un caso se i consumi di carne scendono inesorabilmente del 5%, mentre alcuni prodotti come i latti vegetali registrano crescite in doppia cifra.
L’Italia è, insieme alla Germania, uno dei paesi europei più vegetariani.
E la pubblicità? Nel nostro paese non ha ancora registrato la novità, ma in altri sì.
Ecco una gallery di commercial e annunci stampa: non si tratta di campagna sociali, promosse da associazioni ambientaliste (e non certo perché non ce ne siano), ma di campagne per prodotti commerciali, proprio per raccontare un nuovo mercato.
Di AIDS non parliamo più, dopo la grande paura alla fine degli anni ’80 e nei ’90, che aveva fatto registrare un calo delle infezioni, il sollievo per questo calo e soprattutto l’enorme silenzio che è calato su questa epidemia, ha riportato in alto il numero dei contagi.
In Italia sono morte 40.000 persone di AIDS. Nonostante questo il livello di ignoranza associato alla malattia è altissimo, perché non si fa granché per la prevenzione. Addirittura i dati sui nuovi contagi sono molto parziali, anche perché le practice sono vecchie di vent’anni.
Quello che è cambiato, in modo davvero significativo, è il veicolo: dal 1985 al 2014 la proporzione di tossicodipendenti per ago che si ammalano è calata dal 76,2% al 3,8%, questo significa che l’84,1% dei nuovi casi sono attribuibili a rapporti sessuali non protetti. Equamente divisi tra eterosessuali e omosessuali.
In Italia pare si sia preparando un piano di attacco, per cambiare le pratiche prima di tutto, e per poter attingere a dati affidabili. Per la comunicazione si fa ancora molto poco.
Per lo più il problema è affidato alle associazioni, come la danese Aids Fondet, che affida a JWT Denmark la realizzazione di questa multisoggetto semplice ed efficace.
Poiché nei paesi occidentali si muore sempre di meno di AIDS, grazie alle cure che consentono di non sviluppare la malattia, la campagna sottolinea che facendo sesso senza protezioni si corre il rischio di dover convivere con i farmaci.
È la somma di due elementi che tutti abbiamo sotto gli occhi e che per la prima volta sono stati collegati per dare vita a una nuova esperienza.
Lo spunto di partenza è che gli americani, prima di scegliere una vacanza, fanno ricerche e pianificano per circa due mesi: tempo, impegno, energie spesi per cercare la migliore soluzione possibile rispetto alle proprie esigenze.
A questo va aggiunta la rivoluzione 2.0: social network, cookies e tutte le tracce che lasciamo nella nostra navigazione virtuale.
Sommate questi due elementi ed ecco un risultato tanto inatteso quanto ovvio (ora che ci è arrivato qualcun altro): Vacation Matchmaker.
Un algoritmo che analizza le tracce lasciate online dai visitatori, li confronta con migliaia di video online che riguardano il Tennessee e le sue attrazioni, e realizza in tempo reale un commercial: la pubblicità su misura che più precisa non si può, perché offre quello che hai cercato e che cercheresti.
In più, un filtro di geo-targeting fa in modo di proporre video di attività raggiungibili in auto.
L’utente può selezionare fino a 8 video, premere invio e scoprire quanti giorni sono necessari per quell’itinerario e in quale area dello stato si dovrà spostare, poi può condividere su Facebook, Twitter e Pinterest il suo viaggio ideale.
La violenza domestica è un tema sensibile, sempre, in quasi tutti i paesi. Per questo motivo le campagne contro questa piaga sono così numerose.
Nella maggioranza dei casi sono rivolte alle vittime di abusi, per incoraggiarle a denunciare l’aggressore, per ribadire che l’amore non è fatto di lividi e ferite, per ricordare che un pugno è più che sufficiente per decidere di fare i bagagli e andarsene.
Tre campagne che invitano a denunciare l’aggressore, efficaci a modo loro: cioè nel dare supporto morale alla vittima, invitandola a spezzare un circolo vizioso da cui molto difficile uscire.
Una grande diffusione ha avuto questo video virale, girato da Saatchi & Saatchi, Serbia: una giovane donna scatta un selfie al giorno per un anno e dalle prime foto sorridenti e felici, si passa rapidamente a quelle di lividi, sempre più estesi, più scuri, più preoccupanti, in un climax che culmina con l’angosciosa frase finale: aiutatemi, non so se arriverò a domani. Per il primo mese nessuno ha rivendicato la paternità del video, poi l’agenzia si è fatta avanti, raccontando che si trattava di un video su commissione, per l’associazione B92 Fund.
Le ultime campagne di questo post segnano la nuova tendenza delle campagne contro la violenza: non si rivolgono alle vittime, ma agli spettatori inerti. Invita chiunque abbia notizia di un’aggressione a denunciarla. Ed è proprio questo approccio che merita una riflessione: una denuncia esterna ha un’efficacia limitata, perché chi è intrappolato in una situazione così difficile non ne esce perché altri intervengono, o meglio, lo fa se è già nell’ottica di uscirne e ha bisogno di un supporto.
Quello che trovo molto interessante è che l’invito alla denuncia ne nasconde uno molto molto più efficacia: quello alla condanna morale e pubblica dell’aggressore.
È un’esortazione a non voltare le spalle, a lasciarsi alla spalle la mentalità per cui non si interviene nelle faccende private delle famiglie: i panni sporchi si lavano in casa e soprattutto ognuno lava i suoi.
Qui invece si invita a prendere una posizione netta e decisa: smettete di distogliere lo sguardo e cominciate a condannare, a isolare socialmente il violento.