Prima di tutto una confessione: io adoro la Corona.
Non sarà una birra per intenditori, non lo metto in dubbio. C’è una lunga fila di spocchiosetti che la definiscono “una birra da donna”. E se fosse? Siamo un target bello ampio e la spesa, per lo più, la facciamo noi!
Dicevo a me piace molto, perché è leggera, ha un buon sapore e perché mi piace il sale intorno sul collo della bottiglia.
A riprova di quanto dico spesso a lezione, non sono questi i motivi principali per cui la bevo: la scelgo anche (o soprattutto?) per la sua identità, chiara e ben definita. Io la associo a una dimensione di libertà: dagli schemi, dagli impegni, da problemi irritanti e irrilevanti che angustiano a volte le mie giornate. Quando voglio staccare, ma staccare davvero, bevo una Corona.
Ho fatto coming out, adesso è chiaro perché mi sono piaciuti questi due commercial: queste lettere di addio, per separarsi dal divano, dalla sveglia e lanciarsi con coraggio verso il nuovo, l’assenza di progetti, orari, impegni.
Come si fa quando si dice addio a qualcuno, senza rancore, solo perché non va più bene per noi, non ci rende felici.
Tra l’altro, è confortante sapere che anche in inglese, se volete lasciare qualcuno, potete usare il caro vecchio “non sei tu, sono io” e l’intramontabile “restiamo amici”.
Così questi due commercial sono lettere di congedo, per andare verso l’estate, staccare davvero. E a me sono piaciuti.
Le Bon è una cena a immagine e somiglianza della cena più famosa di Svezia, quella - esclusivissima - in occasione dell’assegnazione dei premi Nobel. Organizzata però dal supermercato LIDL anzi, sarebbe opportuno dire dalla catena di supermercati LIDL, un discount molto famoso che non gode però di grande reputazione per quanto riguarda la qualità del cibo.
Almeno in Svezia.
Per invertire la tendenza la catena di supermercati ha pensato di rivolgersi a un’agenzia pubblicitaria, per arrivare con la persuasione dove non arriva altro. Come?
Con una cena spettacolare, Le Bon appunto, che ricalchi in tutto e per tutto uno degli eventi più esclusivi del paese (e del mondo) - cui difficilmente potreste partecipare se non avete un QI che supera i 200 - a parte che è rivolta a persone normalissime, che fanno la spesa con budget normalissimi.
E che per una sera hanno cenato in una replica perfetta della city hall, con un pasto regale cucinato dallo stesso numero di chef, seguito in diretta dai media, che ha soddisfatto tutti i palati con cibo fornito, ovviamente, da un supermercato LIDL.
Risultato: l’hashtag #lebon2015 ha superato #nobel2015 nei trend di Twitter, un gran successo di like anche su Facebook e soprattutto un incremento delle vendite del 6,71% rispetto all’anno precedente.
A me ha fatto pensare a una campagna simile, datata però 1785.
Siamo in Francia, in un periodo in cui le carestie sono all’ordine del giorno. Le patate, potrebbero essere una soluzione, vista la facilità con cui si coltivano, almeno secondo Antoine-Augustine Parmentier, farmacista dell’esercito che durante la prigionia in Prussia aveva avuto modo di assaggiarle.
In Francia però non sono ben viste, anzi si sospetta siano tossiche e nessuno è disposto a mangiarle.
Allora Parmentier decide di usare la persuasione: ottiene dal re di mettere dei gendarmi a guardia dei campi, ma solo di giorno. Ciò che è proibito diventa sempre interessante, soprattutto se permetti alle persone di rubare tranquillamente i tuberi durante la notte.
Dulcis in fundo, Parmentier organizza la “cena delle patate”, alla quale invita quelli che oggi chiameremmo influencer: personaggi famosi dell’epoca, giornalisti, personalità di spicco (tra cui Benjamin Franklin). A questa cena fa servire 40 portate tutte a base di patate, ottenendo tanta di quella visibilità che solo quattro anni dopo, in piena rivoluzione, i campi verranno saccheggiati dalla popolazione affamata.
Morale della favola: tira più una cena ben organizzata che un carro di buoi.
La campagna Honda: basta sprecare il tempo nel traffico.
Blog! di Daria La Ragione
Fa sempre una certa impressione quando ci dicono quanto tempo spendiamo a fare qualcosa. Io, per esempio, non vorrei mai sapere per quanto ho aspettato gli autobus nella mia vita.
Perché quando iniziamo a fare questi conti ci pesa il tempo sprecato.
Io ne ho sprecato tanto: fumando sigarette per troppi anni, ascoltando persone che non mi piacevano, cercando persone a cui non piacevo, guardando tanta, tantissima brutta pubblicità.
Così, guardando questa campagna Honda, una multisoggetto in cui mi sono riconosciuta subito.
Il concept è semplice: giorni interi della nostra vita volano via in cose insignificanti, quando non facciamo addirittura qualcosa per accorciarli. Quindi, perché non approfittare di ciò che può aiutarci a ottimizzare questa preziosissima risorsa?
Mangiare cibo fritto riduce l’aspettativa di vita di quattro giorni all’anno, ma chi ha voglia di rinunciare alla frittura?
Una vita sedentaria fa meno male della frittura: volano via 3 giorni all’anno, ma se siete pigri è una battaglia persa.
Dieci giorni in un anno: la quantità di tempo che passiamo sui social network. Eppure smettere sembra impossibile.
Quindi, quali sono i giorni che possiamo recuperare facilmente? Quelli scioccamente buttati nel traffico, che sono circa 14 ogni anno. Chiaro, proprio tutti no, ma almeno 11 ce li può restituire uno scooter, che ci libera dall’ingorgo a croce uncinata (cit. Bellavista) e siamo tutti più felici. Parola di Honda
La birra Tuborg raccontata in nove deliranti pubblicità
Blog! di Daria La Ragione
La birra Tuborg è analcolica, basta già questo a far capire come sia presa poco sul serio. Se fate una ricerca su Google vi accorgerete che ci sono 93.000 risultati per la query “birra tuborg”, per “birra peroni” 279.000 e per “birra heineken” ce ne sono 438.000.
Forse nell’agenzia belga Happiness qualcuno deve aver pensato: sai cosa? se non ci prendono sul serio gli altri, perché dovremmo farlo noi?!
Io ho provato a immaginare il brainstorming, quella riunione in cui i creativi buttano fuori qualunque assurdità venga in mente, sperando che prima o poi arrivi un’idea vincente.
Quando funziona, c’è un momento in cui le idee fioccano, è un momento divertente, in cui “e se facessimo” è la frase più usata. In genere si salvano un paio di proposte, il resto viene conservato nei cassetti della memoria, quelli con l’etichetta “non si sa mai”.
Questa volta, passato il momento di grande estro, uno più folle degli altri deve aver proposto: e se le realizzassimo tutte?
Risultato: nove commercial. Nove momenti di follia che è difficile catalogare, perché non è una multisoggetto, visto che non c’è un format comunque; non è nemmeno una storia che si sviluppa nel tempo, perché sono usciti in contemporanea, tutti quanti.
È una cosa nuova, diversa e abbastanza folle da catturare l’attenzione e restare impressa.
Your choice of fan: significa scegli come vuoi divertirti e ha un doppio significato. Quello più ovvio riguarda la possibilità di guardare la pubblicità, tra le nove, che più ti si addice; magari preferisci partecipare a un concorso di nudo artistico, (disegnando, mi raccomando, non devi spogliarti); oppure sei un tipo old fashion, a te le cose piace toccarle, in tal caso puoi chiedere che ti venga spedito a casa un campione di pubblicità da toccare. E così via, ci siamo capiti.
Il secondo significato è più mascherato: non hai bisogno di alcol per divertirti, puoi scegliere quello che ti pare, che ti fa stare bene, e puoi essere chi ti pare, anche ridicolo, come questa birra Tuborg che non si prende sul serio.
L’obiettivo della campagna è raccogliere fondi, ma non ci sono patetismi: si chiama The fantastic problem solving machine e racconta di un gruppo di persone cui è stato chiesto di raccontare quale fosse il problema che li angosciava al momento.
Invitati a entrare in questa specie di macchina per fototessere, si sono ritrovati davanti bambini con gravi problemi e difficoltà che li hanno invitati a non abbattersi, non intristirsi e a comprendere che ogni problema si può affrontare con ottimismo e la giusta attitudine.
E infine: ora che vi abbiamo aiutato con i vostri problemi, perché non provate a ricambiare?
La seconda è inglese, per l’associazione Duchenne Uk, che si occupa di aiutare i malati e sostenere la ricerca sul DMD (Duchenne Muscular Dystrophy), malattia che colpisce i muscoli, soprattutto di giovani maschi, portandoli alla marte entro i 20 anni.
La campagna è in due fasi: un video virale, diffuso sui social media e social network, in cui sportivi e performers sono stati chiamati a registrare video di grandi prestazioni fisiche, al termine di questo video gli stessi protagonisti invitano a scoprire #theworldsstrongestboys, cioè chi sono i ragazzi più forti del mondo; arrivati sul sito, si scopre chi sono davvero, ragazzi colpiti da questa malattia, che conosco la propria aspettativa di vita, sanno che avranno sempre meno forza per correre, giocare, camminare, respirare, eppure convivono con questa consapevolezza ogni giorno, tra questi Alex, il giovanissimo protagonista del secondo video, che cammina da solo, di sera, in uno stadio, e un certo punto fa la cosa più coraggiosa che un ragazzino con il suo problema possa fare: corre, ce la mette tutta e corre.
Perché è il ragazzino più forte del mondo, può portare sulle spalle il peso di una diagnosi senza soluzione e correre, sorridere, andare avanti.
Emozionante e bellissima.
La terza non è una campagna sociale, ma parla, ancora una volta, di disabilità: il cliente è Channel4, il canale inglese che coprirà le olimpiadi, l’agenzia è l’interna 4Creative e il tono di comunicazione è ironico, divertente, intelligente.
Si tratta di una catena di commercial che negli anni hanno raccontato la disabilità e lo sport per Channel4, sempre con questo taglio, riprendendo nel tempo il concetto base: We are the Superhumans. Questa volta siamo a ridosso delle Paralimpiadi, e la disabilità viene raccontata come una storia di superpoteri, di persone che riescono a fare cose incredibili con grinta, determinazione e coraggio.
Un’ispirazione.
Cosa accomuna queste campagne? Il rovesciamento del luogo comune per cui consideriamo malate, deficitarie, handicappate alcune persone, concentrandoci su ciò che non riescono a fare: qui la prospettiva viene rovesciata, il focus è sulle straordinarie cose che invece possono raggiungere, su un concetto di forza meno banale e ovvio, non solo fisica, ma mentale e motivazionale.
Due campagne sociali e un commercial per un evento, che spostano l’asticella un po’ più in alto, aprendo una strada che non dovrebbe essere ignorata da chi verrà dopo.
Portogallo e Romania: se la campagna turistica è comparativa.
Blog! di Daria La Ragione
Non è esattamente una novità, questa campagna turistica portoghese ma ha pro e contro da valutare con attenzione:
Pro: è una campagna comparativa che fornisce dati certi su ciò che rende il Portogallo una meta preferibile se volete fare surf e state cercando onde più alte che in Austria, più ore di sole per abbronzarvi di quante ne trovereste in Islanda, spiagge in abbondanza che invece mancano in Ungheria. È una campagna divertente.
Contro: è in teoria declinabile per qualunque paese. Se state cercando più presepi di quanti potreste trovarne a Reykjavik, venite a Napoli; se desiderate fare una foto su un autobus rosso a due piani avete più probabilità di riuscirci a Londra che a Marrakech.
Non si tratta neanche di un'idea del tutto nuova. Questo è un esempio vecchiotto ma molto più efficace: si tratta di una campagna di GMP, agenzia pubblicitaria rumena, in risposta a un battage pubblicitario e giornalistico con cui si fomentava, in Inghilterra, l'idea che milioni di cittadini rumeni sarebbero arrivati a invadere la Gran Bretagna.
Con questa brillante multisoggetto, Mihai Gongu, direttore creativo, invitava invece i cittadini inglesi a visitare la Romania, con motivazioni spiritose: «non abbiamo una tassa sul traffico. Noi crediamo che il traffico sia una punizione sufficiente», «la nostra birra alla spina costa meno della vostra acqua in bottiglia», «abbiamo più gruppi alimentari che non torta, salsiccia, fish&chips», «parliamo un inglese migliore di qualunque altro posto possiate visitare in Francia» (applausi), «metà della nostre donne assomiglia a Kate (Middleton), l'altra metà alla sorella», «(il principe) Charles ha comprato una casa qui nel 2005, e nessuno ha fotografato Henry nudo» e molte altre che potete vedere qui.
Più spiritosa e di sicuro più efficace.
Ma il vero colpo di genio è un altro. A tutti gli inglesi che hanno votato remain, viene offerta una possibilità di rimanere europei: farsi adottare da un rumeno. Con tanto di sito internet per fare richiesta e un elenco di volontari disposti all’adozione.