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Mostre ed eventi // Pagina 52 di 230
30.09.2014 # 3859

Daria La Ragione //

ACTION : SPACE

a Milano fino al 1 novembre 2014

La stagione espositiva autunnale della Fondazione Rivolidue di Milano (via Rivoli 2) si apre con la collettiva, in programma dal 26 settembre al 1° novembre 2014, di Emily Hawes (Sussex, UK, 1990), Chloë Iza Manasseh (Londra, 1990) e Maria Teresa Ortoleva (Milano, 1990), diplomate al Master in Arte della Slade School of Fine Art (University College London), una delle scuole d’arte più prestigiose al mondo, fondata nella seconda metà del XIX secolo.

Rivolidue continua così la sua missione di promuovere e documentare il percorso di artisti emergenti, curatori e creativi in genere, stringendo legami con le istituzioni pubbliche territoriali e internazionali.

La mostra, dal titolo ACTION : SPACE, ruota attorno a una citazione del filosofo francese Henri Bergson tratta dal libro Materia e Memoria che recita “La percezione è signora dello spazio nella stessa misura in cui l'azione è signora del tempo”.

Il concetto di percezione dello spazio muove l'interesse delle tre artiste, sviluppandosi attraverso l’indagine del paesaggio, dello spazio digitale e di quello virtuale. Considerando la nozione di esperienza come nodo imprescindibile, l’esposizione rifletterà su come uno spazio reale dia forma a una percezione, e come questa si traduca in creazione attraverso il disegno, la pittura e il video.
La mostra presentarà un percorso che si articola e sviluppa tra le proiezioni digitali e i disegni di Maria Teresa Ortoleva, i dipinti di Chloë Iza Manasseh, le strutture scultoree composite e i video di Emily Hawes.

Intervenendo sullo spazio espositivo e integrandosi tra loro, le opere metteranno in dialogo diversi livelli di fisicità che caratterizzano il lavoro delle artiste creando momenti di contrasto e altri di chiarezza all’interno dello spazio collettivo.
La partecipazione del pubblico sarà essenziale affinché le opere possano superare la propria materialità, risvegliando in ciascun visitatore la coscienza della percezione dello spazio che si attiva, come affermava Bergson, nell’interazione tra le cose presenti e la memoria personale.

30.09.2014 # 3858

Daria La Ragione //

SENDAI CITY. Alla fine del futuro

a Merano fino al 11 gennaio 2014

Dal 26 settembre 2014 all’11 gennaio 2015, Merano Arte ospita il progetto di Marco Bolognesi, Sendai City. Un percorso concepito dall’artista, nato a Bologna nel 1974, per guidare il visitatore alla fine del futuro, in una megalopoli post-moderna, conflittuale e decadente, un non-luogo abitato da cyborg, governato dalle multinazionali e creato da un’intelligenza artificiale.

Il museo di Merano si trasformerà in Sendai City, una città-stato situata sul pianeta Caliban, dove il mondo (ormai ridotto a un’unica immensa capitale), è governato da una multinazionale, la Sendai Corporation, a capo della quale c’è il Grande Cervello.

La mostra, curata dal direttore artistico di Merano Arte, Valerio Dehò, ricostruisce questo scenario futuribile grazie a modellini, plastici, dee femminili, proiettori fatti da decine e decine di pezzi di meccano, offrendo un’esperienza a 360 gradi grazie anche a immagini “live” della città ripresa dall’alto e alla realtà aumentata accessibile attraverso tablet di ultima generazione.

Marco Bolognesi presenta un mondo ipertecnologico, colmo di omaggi a partire dal nome Ono-Sendai, la multinazionale giapponese che compare in Burning Chrome, un racconto del 1982 di William Gibson, uno dei padri fondatori del cyberpunk, e citazioni, come la tecnica scelta dall’artista per riprodurlo: il collage. Tecnica che consente di creare sculture utilizzando pezzi di giocattolo, scomporre e rimontare vecchi B-movie, inventare nuovi personaggi che rimandano ai fumetti, secondo il più puro pensiero cyberpunk.

Il risultato è una storia affascinante che occuperà due piani del museo e che avrà come punto centrale la grande installazione site specific (9 metri quadrati) che dialoga con un secondo livello di realtà aumentata, percepita attraverso l’uso di tablet. Il visitatore ha così l’opportunità di scoprire un extra-mondo, un secondo livello di spazio urbano, semplicemente puntando lo schermo verso le diverse angolazioni della stanza.
Il pubblico conoscerà i momenti più importanti di questa storia, dalla causa iniziale, la corsa agli armamenti che innesca il conflitto e che porta a un mondo collassato dove le Nazioni, ormai senza alcun potere, vengono rimpiazzate da una sola multinazionale governata dal Grande Cervello, alla popolazione, con tre tipi di esseri: i mutanti, i cyborg e gli umani, ai quali si aggiungono numerose schiere di robot. La polizia, l’esercito e tutta la nomenclatura della Repubblica Sendai sono costituiti da cyborg e robot addestrati a gestire e controllare l’ordine della città e a lottare contro la resistenza dei mutanti ribelli.
Tutto questo accade su due livelli di percezione: il primo, quello reale, costituito da Sendai City, ha un aspetto cyberpunk e post-moderno. Il secondo è quello in cui vivono gli umani, è un mondo virtuale, generato dagli impianti visivi della Sendai Corporation. È disegnato come il pianeta Terra degli anni 2000, è l’unica realtà percepita dagli umani ma ospita anche cyborg e mutanti, che assumono sembianze umane ed è anch’esso scenario della loro guerra. Il passaggio da un mondo all’altro si attua con la rimozione o l’inserimento degli impianti visivi.
Il pensiero artistico da cui è nata la mostra è documentato da disegni a colori, il primo passo per la progettazione dell’universo di Bolognesi, con i suoi edifici, i suoi abitanti, le sue architetture, le sue atmosfere.

30.08.2014 # 3839

Daria La Ragione //

Scenario di terra

a Rovereto fino al 8 febbraio 2015

Sviluppata dai curatori del Museo, l’esposizione poggia su un nucleo di opere provenienti dalla collezione permanente e su una selezione di materiali dai fondi archivistici del Mart, completati da prestiti e produzioni inedite.


Il percorso espositivo si propone, attraverso un libero movimento nel tempo, nei media e nelle produzioni artistiche, di narrare alcuni momenti di sintesi nel rapporto fra l’uomo e il suo ambiente. Pur lasciando intravedere uno sviluppo d’ordine storico-artistico, la narrazione evita la successione cronologica delle opere al fine di lasciar emergere, nel ritmo dell’esposizione, la ricerca di differenti empatie con gli elementi del paesaggio.


Un rapporto sempre aperto, che si confronta con il profilo del territorio, la persistenza della materia, il lirismo delle forme mitiche e la loro astrazione. A cura di Veronica Caciolli, Daniela Ferrari, Denis Isaia, Paola Pettenella, Alessandra Tiddia, la mostra Scenario di terra si articola secondo diverse angolazioni che mescolano e confrontano linguaggi artistici e periodi della storia dell’arte moderna e contemporanea, in un suggestivo allestimento curato dall’architetto Giovanni Maria Filindeu.

Artisti in mostra
Nico Angiuli, Giovanni Anselmo, Riccardo Arena, Giusy Calia, Claudio Cintoli, Ugo Claus, Davide Coltro, Salvador Dalí, Vittore Fossati, Alberto Garutti, Sergio Gioberto e Marilena Noro, Giorgio Guidi, Franz Hogenberg, Dario Imbò, Marcello Jori, Jannis Kounellis, Alexandre Koester, Caterina Lai, Giuliano Mauri, Peter McGough e David McDermott, Mario Merz, Umberto Moggioli, Elena Munerati, Gastone Novelli, Giovanni Ozzola, Federica Palmarin, Gino Pancheri, Luca Maria Patella, Giuseppe Penone, Franco Piavoli, Michelangelo Pistoletto, Mario Raciti, Matteo Rubbi, Lucia Sterlocchi, Antoni Tàpies, Arturo Tosi, Giuseppe Uncini, Paolo Vallorz, Gigiotti Zanini, Anton Zoran Music.


30.08.2014 # 3838

Daria La Ragione //

Inside the Human Being

a Rovereto fino al 8 febbraio 2014

"Trasformare lo spazio allo stesso modo in cui trasformiamo noi stessi: mediante pezzi confrontati con ‘gli altri’. La natura come dimora dell’uomo, e l’uomo, come creatore della natura, assorbono entrambi tutto, accettando o respingendo ciò che aveva una forma transitoria, perché tutto lascia in essi il segno. Partendo da pezzi isolati, cerchiamo lo spazio che li sostiene."

Così Álvaro Siza, vincitore nel 1992 del Pritzker Prize (il Nobel dell’architettura), racconta il proprio modo di intendere l’esercizio del mestiere del’architetto: una “professione poetica” dedicata alla progettazione di spazi per la vita dell’uomo nella natura.


Con la mostra Álvaro Siza. Inside the human being, il Mart rende omaggio a un grande protagonista della cultura architettonica contemporanea, maestro indiscusso di intere generazioni di architetti che, attraverso lo studio e l’interpretazione del suo pensiero e delle sue opere, hanno rinnovato il rapporto tra le spinte internazionaliste dell’avanguardia moderna e la continuità con le tradizioni costruttive locali.

 

Per i meriti ottenuti dalla qualità del suo lavoro, Siza ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali, fra cui il prestigioso Pritzker Architecture Prize (1992), fino al recente Leone d’Oro alla Carriera in occasione della 13ª Biennale di architettura di Venezia (2012).


La mostra al Mart, attraverso una selezione di progetti (realizzati o in corso di realizzazione), approfonditi con un ricco apparato di disegni, fotografie e modelli, vuole raccontare la pratica progettuale di Álvaro Siza entro un itinerario “metodologico” basato sulle esperienze personali, le curiosità e il metodo di osservazione della realtà che attribuisce un ruolo centrale alle relazioni tra uomo e natura come motore della storia.


30.08.2014 # 3837

Daria La Ragione //

Paolo Vallorz. I miei alberi

a Caldes fino al 19 ottobre 2014

alla prossima primavera, la suggestiva sede di Castel Caldes entrerà nella preziosa rete dei “Castelli del Trentino”. La mostra "Paolo Vallorz. I miei alberi" rappresenta quindi una prima, parziale, apertura del maniero e un’occasione per approfondire l’indagine sul lavoro di un artista straordinario.


Paolo Vallorz (Caldes 1931) è un grande artista contemporaneo di notorietà europea, trentino di nascita e parigino di adozione, che ha espresso nella sua pittura figurativa i colori, le luminosità, persino i profumi della sua terra di origine. 

Nel corso degli anni, grandi critici hanno riconosciuto le doti e le capacità di Vallorz, tra questi: Giovanni Testori, Roberto Tassi, Jean Clair, Vittorio Sgarbi.

Giovanissimo si trasferisce a Parigi e negli anni Cinquanta è ben inserito nei circoli d’avanguardia della capitale francese, intessendo contatti con artisti come Yves Klein, Jean Paul Riopelle, Jean Tinguely, Alberto Burri, Cesar. 

In quegli anni, la sua pittura rientra nei canoni dell’astrattismo e dell’informale europeo tanto che le sue opere vengono presentate nel 1954 in una mostra curata dal critico d’avanguardia Pierre Restany. 

Dopo questi inizi astratti Vallorz, insofferente verso l’esigenza di un’arte fatta di continue sorprese, ritorna a una pittura figurativa alla ricerca della sua espressione più autentica e sincera. 

Il suo ritorno alla figurazione si ricollega a diverse ricerche artistiche che negli anni del dopoguerra hanno tentato di reinserire l’immagine all’interno dell’arte. 

Nei decenni successivi l’artista ha vissuto costantemente tra Parigi a Caldes, mediando gli stimoli internazionali della capitale francese con la tradizione e le radici del centro trentino. Ha realizzato ritratti, nature morte, paesaggi e nudi, tutta la “semplicità del mondo”.

Da sempre molto coerente con un’idea figurativa della pittura, la costanza è il leit-motiv di una vita e di una produzione artistica rigorosa, segnata da un’attività silenziosa, raccolta e meditata. 


La sua opera è ben nota agli amanti dell’arte che ne apprezzano l’intensità e la capacità di cogliere i ritmi della natura. 

In questa mostra, significativamente organizzata nei luoghi della sua vita, verranno esposti gli alberi, entità con cui l’artista intrattiene un rapporto profondo e sentito. 

Per  Paolo Vallorz gli alberi sono veri e propri e propri amici, “persone” con le quali è cresciuto e che simboleggiano un delicato equilibrio in cui uomo, mondo vegetale e animale sono strettamente intrecciati in un ciclo senza tempo. 

“Per conto mio, quando dipingo intendo cogliere le cose essenziali del mondo. Mondo in cui hanno creduto generazioni e generazioni di uomini: la terra che diventa albero, l’albero che dà i frutti; l’orto e il campo coi loro frutti sepolti; l’uomo che li fa crescere e li attende, il tempo che li matura, la gente che li coglie, se ne nutre e li ripianta. Natura dunque come storia dell’uomo.”

In mostra anche “Il castello di Caldes” un olio del 1946, realizzato da un giovanissimo Vallorz che in qualche modo oggi, con questa mostra, ritorna a casa.


L’iniziativa è organizzata da Castello del Buonconsiglio, Mart, museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, Provincia autonoma di Trento - Servizio Attività Culturali, Comune di Caldes, Comunità della Valle di Sole e Apt della Valle di Sole.

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