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21.02.2020 # 5403

Francesco Pontolillo //

The Irishman – Ovvero, come il 3d ti ringiovanisce il cast!

“The Irishman” è il nuovo film realizzato dal regista Martin Scorsese, prodotto da Netflix, con il mostruoso tris di De Niro Al pacino e Joe Pesci, tutti tornata giovani grazie al 3D


The Irishman, film della modica durata di 3 ore e mezza, ha creato parecchio rumore attorno a se, per via delle rivoluzionarie tecniche di “anti-invecchiamento” digitale, che sono state utilizzate su tutti e tre gli attori principali. Tale tecnica si è resa necessaria per via dell’arco temporale in cui è ambientato il film, che parte dagli anni 50, fino ad arrivare ai giorni nostri.

Rilasciato a fine Novembre sulla piattaforma di streaming digitale Netflix, per l’occasione divenuta anche produttrice, il film si basa sul libro di Charles Brandt intitolato “I heard you paint houses”. La storia è mostrata al pubblico attraverso lo sguardo di Frank Sheeran (De Niro), un veterano della seconda guerra mondiale, reinventatosi successivamente assassino. La storia si incentra sulla misteriosa scomparsa di Jimmy Hoffa

Il direttore della fotografiaRodrigo Prieto, lo stesso regista messicano che ha lavorato con Scorsese nel suo precedente lungometraggio, “Silence”, spiega come la particolare unicità e difficoltà delle riprese è appunto tutta ruotata attorno alla necessità di ricavare delle plausibili copie digitali ringiovanite, degli attori protagonisti.

Sebbene questa non sia tanto una novità nel campo del 3D, in quanto non sono pochi i film che annoverano tali necessità, ciò che ha determinato la svolta storica è di fatto frutto di un puntiglio del regista. 

Scorsese infatti, non ama girare i film seguendo tutte le limitazioni e le regole necessarie per la successiva applicazione di effetti digitali. Per cui la sua proposta, ad ILM, casa di produzione di effetti speciali che si è proposta di lavorare alla creazione degli effetti speciali è stata più o meno così:” Se riuscite a farmi girare il film, senza il bisogno di sensori e tracker e se la qualità è decente, lo assegno a voi”.

Per i ragazzi di ILM questo ha rappresentato indubbiamente una sfida.

Normalmente quando bisogna cambiare in qualsiasi modo le sembianze di un attore, facendolo passare da giovane a vecchio, da magro a grasso, da uomo ad orco, c’è sempre bisogno di girare le sequenze relative, sfruttando elementi traccianti (tracker) che permettono di poter lavorare sulla versione digitale della recitazione.

Per questo motivo bisogna che gli attori impegnati in questi film, indossino delle tutine, con a volte anche delle palline posizionate sul loro corpo, intento a personificare il personaggio.

Scorsese invece non ha mai visto di buon occhio l’intralcio della tecnologia nelle sue produzione e questo ovviamente si ripercuote sul team di produzione, che deve sopperire alle “necessità artistiche” del grande regista.

"The Irishman" Making of della fase di "deaging"

Ecco quindi la genialata di ILMSostituire alle ingombranti tecnologie di tracking digitale, l’uso di due fotocamere ad infrarossi, che catturano la scena da due punti di vista laterali a quello unico e centrare della camera da presa vera e propria.

In questo modo, le informazioni, registrate da due angolazioni differenti, permettono di determinare, rispetto ad un modello 3D creato ad hoc, le eventuali microvariazioni espressive degli attori, potendo quindi registrare il tutto senza bisogno di alcuna appendice digitale applicata agli attori. Ma è davvero così? Più o meno.

Nello specifico, per ottenere questo risultato, il supervisore agli effetti speciali Pablo Helman ha optato per ben 3 ARRI Alexa Mini (come cineprese), di cui due modificate in modo da registrare la profondità spaziale delle scene, grazie appunto  ai raggi ad infrarosso. Ogni attore aveva quindi disegnati sul viso piccoli punti, creati con una speciale vernice visibile solo con le frequenze luminose ad infrarosso e che non possono essere registrati da una camera normale. In questo modo, quindi il tracking c’è ma non si vede!

A questa intuizione e evoluzione tecnica si unisce anche l’utilizzo di un software progettato dalla stessa ILMFlux capace di ringiovanire gli attori, senza cambiare la loro performance. Per farlo, il software crea una maschera attorno al viso dell’attore, permettendo di agire solo sui segni dell’invecchiamento.

Il processo con cui questo avviene, sebbene sia semplice da riassumere, è di fatto molto complesso e si basa sul Deep Learning. Il software Flux, per capire come creare la maschera e “migliorare” la pelle del viso, infatti utilizza migliaia di frame dai vari film in cui i tre protagonisti hanno precedentemente recitato.

Tali nuove tecnologie permetteranno di migliorare e semplificare ancor di più il processo di creazione degli effetti speciali per i film, rendendo tutto meno invasivo nelle riprese e meno complicate le fasi di post produzione.

Per saperne di più, potete visitare il sito della compagnia ILM all’indirizzo: https://www.ilm.com/vfx/the-irishman/

31.01.2020 # 5394

Francesco Pontolillo //

Olli – Il futuro della mobilità sostenibile arriva a Torino ed è stampato in 3D

Olli – Il futuro della mobilità sostenibile arriva a Torino ed è stampato in 3D Il futuro sembra essere già su strada a Torino. Olli, il nuovo sistema di mobilità urbana, ha fatto capolino tra le strade della cittadina piemontese, sorpr

In questa nuova epoca, in cui l’hi-tech sembra essere il centro dell’evoluzione contemporanea, il futuro sembra correre sempre più velocemente.

Abbiamo già avuto modo di vedere, in questa rubrica, come la stampa 3D ad esempio, sappia creare o realizzare ogni  sorta di nuova tecnologia, precedentemente solo fantasticabile.

La creazione di auto stampate in 3D direttamente con particolari leghe di metallo, la stampa rapida di case a basso costo, il nuovo modo di sviluppare linee di gioielli e vestiti: non ci sono campi che non sembrano destinati ad una evoluzione digitale.

Ultima, in questo senso, è la notizia di quanto, rispetto alla mobilità sostenibile, si sta già facendo a Torino.

Ha fatto il suo debutto proprio in questi giorni il primo minibus elettrico, stampato con le moderne tecnologie di stampa 3D.

Si chiama Olli e girerà per la città per questi primi quattro mesi, lungo i viali del campus delle Nazioni Unite, sulla riva del Po, salvo poi essere spostato in altre zone della città, dal centro fino agli aeroporti.

Il veicolo è pronto ad affrontare ogni stop del traffico, grazie al suo motore elettrico, garantendo per il momento una autonomia di 40 chilometri, per un trasporto massimo di 12 persone.

Pensate che ben l’80% della struttura del veicolo è stato ricavato dalle stampanti 3D.

Nei suoi 2 mila kili totali di peso, il telaio è il frutto di una particolare lega stampata a base di polimeri compositi e alluminio.

Questo tipo di produzione in serie, permette persone di garantire rapidissimi tempi di assemblaggio: soltanto un giorno.

Olli - Veicolo a guida autonoma - Presentazione della tecnologia

Il veicolo conta quattro motori elettrici, inseriti nei mozzi delle ruote, che permetto di raggiungere una velocità totale di 25 kilometri orari. Per la ricarica invece, sono necessarie due ore di carica.

Olli ha in realtà già esordito nel 2017 a Zugo, in svizzera, viene costruito e assemblato in Arizona, dalla Local Motors. Questa azienda è anche il motivo che ha portato il nuovo progetto di mobilità urbana, a testare proprio la città piemontese. Torino insieme ad Amsterdam ha vito lo scorso challenge interazione di Local Motors, atto a selezionare i migliori contesti urbani per vedere come lo Shuttle si sarebbe comportato in situazioni reali.

Ovviamente, come è da intendersi stiamo parlando ancora di piena sperimentazione. Al momento molti aspetto sono da rifinire e levigare. 

Principalmente per via del budget necessario: il suo costo si mantiene elevato, dovendo far affidamento ad un budget di circa 300000 euro. Un altro aspetto che limita al momento la diffusione fatto di guida autonoma, sono ancora i temi in merito alla regolamentazione, totalmente assente circa l’uso di veicoli simili su strada, nonché il fatidico lato dei modelli di copertura del rischio.

Eppure il futuro sembra nonostante tutto galoppare alla velocità della luce verso di noi. Due anni fa questi progetti non erano neppure in cantiere. Chissà cosa ci riserverà il futuro, fra altri due anni!

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