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Mostre ed eventi // Pagina 144 di 230
27.01.2011 # 1946
Roma  | SHEPARD FAIREY (OBEY) A Private Collection

Ilas Web Editor //

Roma | SHEPARD FAIREY (OBEY)
A Private Collection

Fino al 24/02/2011

Si, Shepard Fairey è l’artista di Hope, celebre manifesto elettorale a favore di Obama. Nel 2008, il manifesto campeggiava su tutti i muri d’America, facendo conoscere al popolo mondiale il futuro presidente degli States. Ma Fairey non è solo l’artista di Hope. Per scoprirlo, basta dare un’occhiata alla mostra ospitata presso la Mondo Bizzarro Gallery, piattaforma per le arti ipercontemporanee del XXI secolo, a Roma. Oltre 60 opere, tra serigrafie e pezzi unici, con molti inediti per l’Italia. Ma Fairey è un’artista di nuova frontiera, proveniente dallo skatebording, ai confini con la pop art e spesso paragonato a Warhol, si è fatto artefice anche dell’etichetta Obey. C’è tutto il succo, l’essenza dell’arte popolare degli anni ’80-’90, intrisa di cultura dei ’70 ma finalizzata a diventare brand, icona pop, commerciale e commerciabile. Ma chi sono i soggetti preferiti di Fairey? Sono spesso coloro che appartengono all’America liberal e progressista, le donne guerrigliere, Angela Davis, il subcomandante Marcos. Non personaggi baciati dal successo, come faceva Warhol, ma logiche diverse accompagnano la decisone di ritrarre un personaggio piuttosto che un altro. Il richiamo è l'artista americana Barbara Kruger e i movimenti radicali degli anni Settanta, insieme alle influenze (dichiarate) di Heidegger e Marshall McLuhan. Fairey è l’esponente più conosciuto dell’Urban Art, assieme a Bansky. Uno dei pochi che raccoglie tutte le contraddizioni del sistema, un’esponente di spicco della controcultura americana, saldamente inserito nel circuito delle gallerie.

30.01.2011 # 1763
Roma  | SHEPARD FAIREY (OBEY) A Private Collection

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Terni | Giulio Turcato. Libertà

Fino al 30/01/2011

Giulio Turcato (1912-1995) è uno degli artisti più importanti del secondo novecento, protagonista dell’astrattismo pittorico in ambito internazionale. Quasi alla vigilia del suo centenario, il comune di Terni ha voluto rendergli omaggio con una grande antologia delle sue opere, tra cui spiccano le 7 grandi sculture, restaurate per l’occasione, le Libertà. Le opere esposte sono circa 60, di cui alcune inedite e prestate dall’Archivio Giulio Turcato di Roma. L’arte di Turcato si contraddistingue per i suggestivi risvolti figurativi sconfinanti nella scultura e nella scenografia, come testimoniano le 7 sculture, bellissimo e fulgido esempio di astrattismo tradotto in chiave plastica. Un plasticismo visionario, difforme ma al contempo calato in un significato civile e morale preciso. Lo stesso Turcato diceva, riferendosi alle Libertà: ““Le Libertà sono strutture longilinee in spinta verso l’alto, per cercare di evadere verso uno spazio più consono alla loro natura . Erette verso il cielo e raggruppate, rappresentano i desideri a cui ogni persona può ambire anche in senso astratto, e le volontà di uscire contro i vari veti e tabù che incatenano alle obbedienze diurne e ai conformismi che pullulano intorno a noi e dentro di noi, alle abitudini della nostra esistenza corporale societaria.” La mostra comprende, oltre alle Libertà, un inedito Comizio del 1949-50, Giardino di Miciurin (1953), Deserto dei Tartari (1956), Tranquillanti per il mondo (1961), Superficie lunare (1965), Il Tunnel (1970), La passeggiata (1972).
Turcato fondò nel 1947 il gruppo “Forma 1” con Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Sanfilippo, firmando il manifesto del “Formalismo”, aderendo in quell’anno al “Fronte Nuovo delle Arti”, con la partecipazione di Vedova, Santomaso, Guttuso, Leoncillo, Corpora, Morlotti, Birolli, Franchina, Fazzini, Pizzinato e Viani. Nel 1950 entrò nel “Gruppo degli Otto”, avviato da Lionello Venturi, insieme ad Afro, Birolli, Corpora, Moreni, Morlotti, Santomaso, Vedova. Dopo diversi successi ed esposizioni all’estero, l’ultima sua comparsata è nel 1993 alla Biennale di Venezia, ospitato nella sezione intitolata “Opera Italiana”.

30.01.2011 # 1760
Roma  | SHEPARD FAIREY (OBEY) A Private Collection

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Rozzano | La scultura italiana del XXI secolo

Fino al 30/01/2011

Quali sono le tendenze nella scultura italiana di oggi? Si va più verso l’istallazione o l’architettura, l’effimero o il duraturo? L’esposizione che si aprirà il 19 ottobre alla Fondazione Pomodoro di Rozzano(MI) vuole fare il punto sulle discipline plastiche in Italia, attraverso artisti come Nunzio, Dessì, Cattelan, Arienti, Beecroft, Cecchini, Demetz, Simeti, solo per citarne alcuni. In tutto, 80 artisti nati nella seconda metà del secolo scorso a rappresentare lo stato di salute della scultura italiana contemporanea. I linguaggi sono ibridati, le discipline si sono mischiate e i codici tradizionali sono stati ribaltati trasformando la scultura, da disciplina salda e certa, tra le più effimere e incerte, a metà tra istallazione, scultura, performance. Di certo, una disciplina in continua evoluzione, che ha saputo reinventarsi abilmente e al passo con i tempi.

30.01.2011 # 1718
Roma  | SHEPARD FAIREY (OBEY) A Private Collection

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Milano | Salvador Dalì. Il sogno si avvicina

Fino al 30/01/2011


Dalì è colui che, a suo dire, aveva tanto da insegnare a Freud. Era anche colui che, sempre a suo dire, si differenziava da un pazzo semplicemente perché pazzo non era. Il mistero di Salvador Dalì ( Figueras, Catalogna, 1904-1989), a vent’anni dalla sua morte continua. Pazzo? Genio? Icona costruita ad hoc ( con il suo travestimento perenne mutuato alla figura fisica di Velasquéz), precursore di un’arte diffusasi in tutti gli anfratti visivi della comunicazione pop, precursore di Wahrol per l’impatto visivo e iconografico. Oggi Dalì è entrato a far parte più che mai della cultura visiva occidentale. Cartoons, video, film, pubblicità, manifesti, il richiamo non finisce mai. Anche i Simpson lo hanno più volte evocato, scimmiottando gli orologi che si sciolgono nel celebre La persistenza della memoria. Di certo onirico, surreale e mostruosamente geniale. Nella mostra di Milano, inaugurata a Palazzo Reale il 22 settembre, sono in mostra 50 opere che mettono in luce il rapporto tra il sogno e la memoria, assieme a materiale inedito sulla vita dell’artista. Ma c’è di più. Ci sono le scene originali realizzate da Dalì per il film Destino della Walt Diney rimasto incompiuto e vincitore del Festival di animazione Annecy nel 2003. Dalì, con il suo sapiente ( studiato, spontaneo, non importa ) mix di superba e insopportabile provocazione ( quando elogiava il dittatore Franco), dandismo, egocentrismo e visionarietà ai confini con la pazzia resta ancora oggi un artista impossibile da superare. La mostra è allestita dall’ architetto Oscar Tusquets Blanca,  suo amico e collaboratore. Curata da Vincenzo Trione è realizzata in collaborazione con la Fondazione Gala-Salvador Dalí di Figueres ( sua ex casa) e si avvarrà di importanti prestiti provenienti da musei nazionali e internazionali quali la Fondazione stessa, il Dalì Museum di St. Petersburg in Florida, il Boijmans Museum di Rotterdam, l’Animation Reserch Library dei Walt Disney Animation Studios di Burbank in California, la Peggy Guggenheim Collection di Venezia, il Mart di Rovereto e i Musei Vaticani. In più, per la prima volta la sala di Mae West verrà realizzata all’interno del percorso espositivo così come fu ideata dallo stesso Dalì. “Salvador Dalì. Il sogno si avvicina” si avvale di un comitato scientifico d’eccezione composto da studiosi di altissimo livello internazionale: Montse Aguer, direttore del centro di studi daliniani Hank Hines, direttore del Dalì Museum di St. Petersburg in Florida; Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani; Francisco Calvo Serraller, eminente studioso di arte moderna spagnola, e Robert Storr, curatore e critico statunitense decano della Yale School of Art. Una mostra da vedere quasi ad ogni costo, realizzata anche s soprattutto grazie al Comune di Milano – Assessorato alla Cultura e prodotta da Palazzo Reale con 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE.


 


 

28.01.2011 # 1950
Roma  | SHEPARD FAIREY (OBEY) A Private Collection

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Chicago | Jim Nutt: Coming
into Character

Fino al 29/05/2011

Chi è Jim Nutt? Un pittore settantenne, nato a Chicago e facente parte di una compagine di artisti chiamati Imagists. Gli Imagists, non sono stati contaminati dalle correnti artistiche americane come la pop art. Sono estranei alla cultura newyorchese, non hanno avito una grande fama. Eppure, fu proprio il Museum of Contemporary art di Chicago a consacrarli e in particolare proprio Jim Nutt, nel 1969. Adesso lo stesso museo gli dedica una retrospettiva che ospita almeno 70 opere. Opere soprattutto pittoriche, che raffigurano spesso il medesimo soggetto: una donna a mezzo busto, ritratta con una pennellata fine in acconciature improponibili, sempre diverse, volti di donna nati dalla sua fantasia, caratterizzate sempre dallo stesso segno grafico. La sua arte è contaminata dalla cultura popolare americana, dall’advertising, dai comic books, i jukebox e le pinball machine art e anche da una forma di cubismo reinterpretato. C’è un po’ di Henri Matisse di Joan Mirò, un po’ di John Graham, Max Ernst, Arshile Gorky e H. C. Westermann. In gocce, surrealismo, espressionismo e cubismo. Una curiosità: uno del gruppo degli Imagist, Ed Pasche, è noto soprattutto per essere stato maestro di Jeff Koons. Come Raffaello e il Perugino. Solo che qui, probabilmente, l’allievo è andato un po’ oltre e certo, i due , non si possono confondere. Negli Imagist c’è la storia dell’arte di una parte del ventesimo secolo, in Koons si apre un altro capitolo, per molti fatto più di quotazioni sul mercato che di valore artistico vero e proprio.

26.01.2011 # 1943
Roma  | SHEPARD FAIREY (OBEY) A Private Collection

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Linz e Bolzano | VALIE EXPORT.
Time and Countertime

Fino al 01/05/2011

Valie Export è un’artista ( nata a Linz, Austria, nel 1940) che ha sempre fatto molto parlare di sé. Fotografa e artista, inveterata femminista, famosa per le performance fatte con il suo stesso corpo per denunciare atteggiamenti culturali discriminatori nei confronti del sesso femminile. Lo ha fatto in maniera brutale, icastica, perfettamente calata nello spirito degli anni settanta. Basta dare un’occhiata a performance come Aktionshose: Genitalpanik / Action Pants: Genital Panic del 1969. Silkscreen on paper, in cui posa con un fucile in mano e una tuta in pelle strappata sul pube. Una denuncia, una provocazione. Tempo e controtempo non racconta però il corpo femminile e la donna, le oppressioni sociali ma l’architettura, la guerra, il linguaggio. Lo stile è sempre a metà tra performance e fotografia. Ci sono, tra le varie opere, decine di lampadine che pendono dal soffitto, calate a ritmi alterni in contenitori d’acqua, creando una situazione di ansia, di attesa irreversibile che porta ad un nulla di fatto e ad una sensazione di tensione continua, di instabilità e di precarietà, un po’ metafora delle condizioni in cui oggi tutti viviamo. Tornano i fucili, o meglio, i kalashnikov, in tutto 109, riflessi in uno specchio e video presentati in sequenza e raffiguranti parti interne del corpo umano. In tutto si avverte un senso di disagio, uno stridere anche nell’immagine fotografica. Non c’è ricerca del bello, dell’armonia, ma l’occhio critico, la denuncia, aleggiano in ogni opera, in ogni immagine presentata dalla Export. La sua è un’arte vissuta, agita, in movimento, mai ferma, mai statica e ridondante, ma attiva e propulsiva, piena di spunti e riflessioni importanti, di metafore della realtà odierna. La mostra è ospitata al museo Lentos di Linz e dal 19 febbraio al 1 maggio al Museion di Bolzano.

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