Ha tatuato polli e maiali, truccato vecchie bombole per il gas da preziose antiche ceramiche di Delft, disegnato finte mappe geografiche con improbabili continenti a forma di teiera, di pene o di martello. Le sue lettere, invece che la romantica impronta di un rossetto per le labbra, portano impressa quella di un sedere.
Wim Delvoye ha la fama del ragazzo terribile, degno erede dello spirito caustico e irrispettoso di Piero Manzoni. A cui, tra l'altro, ha dedicato anche un omaggio, Cloaca, riproposizione monumentale e tecnologica della famosa Merda d'artista.
Niente gli è più estraneo del politically correct: preferisce agire irrispettosamente, sovvertire, rivoluzionare, cambiare. Con pochissimi altri artisti, da Koons a Cattelan, da Hirst a Sachs, fa parte della top five dei grandissimi provocatori. Eppure, il quarantenne autore fiammingo, nato in un borgo vicino Gand (Belgio) nel 1965, non si sente affatto tale: "Piuttosto", afferma, "sono un virus sano in un sistema malato".
In occasione della sua nuova personale milanese dal titolo Voilà les cochons!, la galleria Corsoveneziaotto presenta al pubblico Katharina e Christopher, Robert, Sabine,Karen,Gianni e Margareta. Ovvero i maiali che l'artista, almeno secondo le sue dichiarazioni, ha sottratto alla macellazione e ha fatto tatuare con le immagini più amate dai teen-ager, dai teschi ai cuori, dai serpenti alle donnine seminude amate dai marinai.
Una tranquilla e longeva vita da fattoria prima, una morte naturale dopo (e in Belgio negli ultimi anni c'è stato solo l'imbarazzo della scelta, tra afta, morbo della mucca pazza e crisi della diossina), infine i suini, imbalsamati o scuoiati, sono diventati opere d'arte. Si sono trasformati in una riflessione caustica e sprezzante sul significato dei simboli nella società contemporanea, in un ragionamento cinico sulla forza comunicativa, sempre a rischio d'essere travisata, degli stemmi, dei loghi, delle icone d'oggi. E così, tra le mura della galleria, ci sono adesso la pelle di suino che ripropone i marchi di fabbrica di una delle più importanti case di moda internazionali e quella che ricorda, sinistramente, il look tipico dell'Harleista americano di mezza età. Il tutto esposto accanto a splendidi pavimenti di marmo dai riflessi, rosa, rossi e porpora. Pavimenti disegnati e realizzati col resto del maiale, accostando una all'altra – con una capacità geometrica degna dei più grandi astrattisti storici – fette di salame, prosciutto, mortadella e spalla.
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