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Mostre ed eventi // Pagina 40 di 230
16.02.2015 # 4048
Hollywood Snapshot

Daria La Ragione //

Hollywood Snapshot

a Bologna fino al 1 marzo

ONO arte contemporanea presenta Hollywood Snapshot. Sid Avery Photographs personale di Sid Avery (1918 – 2002), il fotografo americano che negli anni ‘50 ci ha restituito il ritratto più intimo dei divi hollywoodiani.
Sessant’anni fa, nel 1955 moriva James Dean, il bello e dannato di Hollywood, vero e proprio simbolo di quella Gioventù Bruciata che aveva incarnato nel film omonimo uscito nelle sale proprio in quello stesso anno. E a immortalare il mito, era presente Sid Avery, fotografo statunitense che seppe fare della snapshot il suo marchio di fabbrica, realizzando alcuni degli scatti più iconici dei più grandi divi hollywoodiani del dopoguerra. Audrey Hepburn, Marlon Brando, Paul Newman, Elizabeth Taylor o Frank Sinatra, tutti vengono ritratti con la stessa intensità, a metà strada tra lo scatto rubato e la foto posata, caratteristica che da sempre è stata peculiare di Avery, tanto che può essere considerato un pioniere dell’istantanea nel patinato mondo di Hollywood, introducendo uno stile “candid” inusuale per il ritratto divistico. Facendo incursione nella vita ordinaria e privata delle star, ne mostra il lato più intimo, quello che normalmente rimaneva nascosto dietro alle luci dei riflettori. Negli anni Cinquanta infatti, la ritrattistica più patinata e tradizionale non ha più l’appeal di un tempo e Avery sa cogliere in pieno questa inversione di rotta: nelle sue immagini, lo iato tra persona e personaggio che fino a qualche anno prima era stato enfatizzato da suoi colleghi come George Hurrell e Laszlo Willinger, lascia il posto ad un clima quasi familiare che pone l’accento sull’umanità dei divi ritratti e non più sul loro essere “dei” da adorare.


06.03.2015 # 4066
Hollywood Snapshot

Daria La Ragione //

Henri Rousseau. Il candore arcaico

a Venezia fino al 5 luglio 2015

Personalità centrale della cultura figurativa tra la fine del XIX secolo e il rivoluzionario periodo delle avanguardie, Henri Rousseau (Laval, 1844 – Parigi, 1910), famoso per le atmosfere oniriche, le foreste e i paesaggi incantati, sfugge da sempre a qualsivoglia catalogazione. Inutile etichettare il suo lavoro: il modo stesso in cui il pittore è stato interpretato, il più delle volte, è stato frutto di una serie di malintesi; eppure la forza della sua pittura, snobbata dai critici ma apprezzata dagli artisti, è espressione di un fenomeno che non ha paragoni nel campo dell’arte tra Otto e Novecento.
A Rousseau, detto il Doganiere, la Fondazione Musei Civici di Venezia, con la collaborazione scientifica e i prestiti eccezionali dei Musées d’Orsay et de l’Orangerie di Parigi e il patrocinio della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e Laguna, dedica una straordinaria mostra, prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, con oltre cento opere provenienti dalle più importanti istituzioni internazionali (quaranta capolavori dell’artista e sessanta opere di confronto), ospitata nell’Appartamento del Doge a Palazzo Ducale.
Il progetto, nato da un’idea di Gabriella Belli e Guy Cogeval, commissari dell’esposizione, condiviso e sviluppato con la collaborazione di Laurence des Cars e Claire Bernardi e con il supporto di Elisabetta Barisoni, non vuole essere l’ennesima celebrazione della naïveté del pittore francese, ma piuttosto la presentazione di un lungo percorso di studi iniziato più di tre anni fa.
Una ricerca che ha messo nella giusta luce critica e storiografica l’opera di Rousseau, figura di riferimento per i grandi protagonisti delle avanguardie storiche, per intellettuali come Apollinaire e Jarry, per grandi collezionisti come Wilhelm Uhde e Paul Guillaume, ma anche per tanti pittori che precedettero e superarono le avventure del cubismo e del futurismo: da Cézanne a Gauguin, da Redon a Seurat, da Morandi a Carrà, da Frida Kahlo a Diego Rivera, per non dire di Kandinskij e Picasso. Tutti artisti presenti in mostra con opere che dialogano coerentemente con quelle dipinte dal Doganiere nella sua breve ma intensa stagione creativa, tra il 1885 e il 1910.
Accanto a essi, una scelta mirata di lavori esemplari di antichi maestri – da Liberale da Verona al Maestro della Fruttiera Lombarda, da Giovanni di ser Giovanni detto lo Scheggia a Francisco Goya – per indagare, con un taglio critico assolutamente nuovo, quell’ispirazione all’arcaismo che nel corso dei secoli corre parallela al classicismo e della quale l’opera di Rousseau sembra essere lo spartiacque tra Otto e Novecento.
Un evento mai realizzato prima d’ora in Italia, che attraverso otto sezioni tematiche consente di ammirare alcuni dei più celebri capolavori del pittore francese, come il celebre Io: ritratto-paesaggio (1889-90), che l’artista considerava il primo “ritratto-paesaggio” della storia dell’arte, Il cortile (1896-98) acquistato personalmente da Kandinsky ed esposto nella prima mostra del Blaue Reiter a Monaco, La guerra o la cavalcata della Discordia (1894) dipinta da Rousseau con quello sguardo innocente che Ardengo Soffici, suo grande estimatore, definiva ricco di “ingenuità da bambino”.
Un “candore arcaico” che emerge anche nelle opere dedicate alla natura selvaggia e nelle famosissime giungle, di cui ben sei sono in mostra – dalla bellissima Incantatrice di serpenti (1907) al Cavallo assalito da un giaguaro (1910) – come pure nei più bucolici paesaggi di campagna e di città. Quindi, le nature morte e la serie sorprendente dei ritratti maschili e femminili (spesso di amici o familiari), che mostrano anche la capacità di Rousseau di cogliere la vita della piccola borghesia, protagonista della placida e apparentemente innocua periferia cittadina, e la forza identitaria di un artista assolutamente unico e originale.

27.02.2015 # 4059
Hollywood Snapshot

Daria La Ragione //

LA VARIANTE E LA REGOLA

a Modena fino al 6 aprile 2015

LA VARIANTE E LA REGOLA. OPERE SU CARTA TRA ARTE CONCRETA, MINIMALISMO E PITTURA ANALITICA DALLA COLLEZIONE DELLA GALLERIA CIVICA DI MODENA
L'allestimento, a cura di Serena Goldoni e Marco Pierini, attinge dalla Raccolta del museo e dalle grafiche della Collezione Don Casimiro Bettelli, concesse in comodato alla Galleria dalla Curia modenese nel 1999 e rende conto delle ricerche concrete, geometriche, minimali e analitiche che vanno dagli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale fino agli anni Settanta del Novecento.
Il percorso espositivo suggerisce la presenza di un ideale filo rosso diacronico tra ricerche pur così diverse, orientate verso uno stile aniconico capace di attingere a colori, linee e forme prive di implicazioni allusive o simboliche, libere da ogni riferimento con il mondo reale e fondate esclusivamente su forma e colore. La ricerca sviluppata da movimenti come il MAC (Movimento per l'Arte Concreta), nato a Milano nel 1948 in contrapposizione al Realismo e agli influssi dell’Informale, viene espressa in modo molto preciso da Gillo Dorfles, teorico del gruppo: un'arte “…basata soltanto sulla realizzazione e sull’oggettivazione delle intuizioni dell’artista, rese in concrete immagini di forma-colore, lontane da ogni significato simbolico, da ogni astrazione formale, e mirante a cogliere solo quei ritmi, quelle cadenze, quegli accordi, di cui è ricco il mondo dei colori” (1949).
L'esposizione è una logica continuazione della rassegna dedicata nel 2014 all'Informale in Italia; si sofferma su un periodo analogo (solo spinto un po’ in avanti) ma affronta un clima totalmente differente e una geografia più ampia, questa volta non limitata alla sola Italia. Tra gli artisti esposti si ricordano: Getulio Alviani, Alberto Biasi, Max Bill, Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Giorgio Griffa, Sol LeWitt, Francesco Lo Savio, Brice Marden, François Morellet, Mario Nigro, Claudio Olivieri, Mauro Reggiani, Robert Ryman, Turi Simeti, Claudio Verna, Victor Vasarely, Luigi Veronesi.
Parte di un progetto avviato nel 2011 volto a mostrare con regolarità il patrimonio della Galleria civica di Modena la mostra resterà allestita fino al 6 aprile 2015.
Sempre a Palazzo Santa Margherita, in sala grande, sarà inoltre possibile visitare la mostra "The cinema show. Fotografie dalla collezione della Galleria civica di Modena", allestita fino al prossimo 7 giugno.

27.02.2015 # 4058
Hollywood Snapshot

Daria La Ragione //

FROM & TO

a Merano fino al 12 aprile 2015

La mostra, curata da Éric Mangion, direttore del centro d’arte di Villa Arson e Valerio Dehò, direttore artistico di Merano Arte, presenta le opere di cinque giovani artisti italiani e cinque giovani artisti francesi: Tony Fiorentino, Leander Schwazer, Sonia Leimer, Julia Frank, Roberto Pugliese, Diane Blondeau, Lorraine Châteaux, Quentin Derouet, Vivien Roubaud, Thomas Teurlai.
"FROM & TO" è un'iniziativa nata dalla volontà di supportare da vicino la crescita dei giovani artisti, dando loro la possibilità di instaurare nuove relazioni e confrontarsi con il panorama internazionale. Al centro del progetto è la collaborazione e il confronto. Dentro e fuori, "from" and "to" è in questo senso una sorta di metafora degli scambi diretti o mediati che avvengono tra gli artisti ogni giorno nel tempo. Il progetto è giunto quest'anno alla sua terza edizione. Nei due appuntamenti precedenti (2007 e 2011) alcuni artisti italiani selezionati, avevano invitato un artista straniero a lavorare a quattro mani o ad esprimersi su un tema comune. In occasione di questa nuova edizione 2014-2015
"FROM & TO" si è sviluppato in forma rinnovata ed è diventato un'occasione d'interscambio culturale tra Francia e Italia. I dieci artisti, selezionati dai direttori dei due musei, hanno dato vita a una mostra che è stata ospitata da Novembre 2014 a Gennaio 2015 a Villa Arson, Nizza e che a partire da Febbraio fino ad Aprile 2015 viene presentata negli spazi di Merano Arte.


16.02.2015 # 4049
Hollywood Snapshot

Daria La Ragione //

La dolce vita di Pais

a Bologna fino al 1 marzo 2015

ONO arte contemporanea in collaborazione con Guido Gambetta e Salvatore Mirabella presenta La Dolce Vita di Pais, mostra personale di Rodrigo Pais, il fotografo romano che negli anni Sessanta ha documentato dall’interno i set dei più grandi film del periodo.
Quando Federico Fellini vince la Palma d’oro al festival di Cannes con La dolce vita e Michelangelo Antonioni il Premio della Giuria con L’avventura, si inaugura una stagione cinematografica di grande interesse per l’Italia che Rodrigo Pais (1930 – 2007), fotoreporter con all’attivo numerose collaborazioni illustri (il Corriere della Sera, il Corriere d’informazione, L’Unità e La Stampa), è riuscito a penetrare e svelare. In mostra non solo un compendio dei film più importanti della cinematografia nazionale che Pais ha fotografato, ma anche e soprattutto le protagoniste al femminile di quel periodo così fecondo: Sophia Loren, Silvana Mangano, Virna Lisa, Claudia Cardinale, Anita Eckberg o Anna Magnani sono solo alcuni dei nomi che sono passati sotto all’obiettivo attento di Pais, che non si è lasciato sfuggire nemmeno dive del calibro di Brigitte Bardot (Il Disprezzo, 1963) o Bette Davis durante le riprese de La noia (1963). Dai ritratti alle foto di scena, Pais ci restituisce uno sguardo del tutto personale di una stagione così florida come quella della “dolce vita” romana, confermandosi come uno dei più grandi fotoreporter del secondo dopoguerra.
La Noia (D. Damiani, 1963), L’eclisse (M. Antonioni, 1961), Matrimonio all’Italiana (V. de Sica, 1964), sono alcuni dei film dai quali sono tratti gli scatti in mostra, che riprendono momenti di pausa e di backstage, e ci restituiscono in modo inedito i retroscena delle opere cinematografiche che hanno reso l’Italia famosa a livello internazionale.
Gli scatti in bianco e nero si alternano a quelli a colori, più posati e calibrati, e fanno parte di un archivio di quasi 400.000 fotografie fra stampe e negativi che Pais stesso ha catalogato secondo il doppio criterio cronologico e per argomenti. Fatti di cronaca, politica, costume e società che da soli bastano a raccontare e scandire la storia del nostro paese dalla metà degli anni Cinquantafino alla fine degli anni Novanta, quando Pais conclude la sua attività di fotoreporter.

12.02.2015 # 4043
Hollywood Snapshot

Daria La Ragione //

HARRY BERTOIA. Dalla natura al segno

a Pordenone fino al 29 marzo 2015

Emigrato nel ’30 verso gli Stati Uniti, Bertoia riuscì a conquistarsi il successo e a raggiungere notorietà internazionale con la linea di sedie Diamond (1952), un’icona del design mondiale. Ma più in generale con la sua multiforme produzione artistica (sculture, incisioni, disegni, gioielli, ecc.) egli seppe imporsi per la spiccata originalità unita ad un’attitudine sperimentale sia nel campo dei materiali che delle forme.

Harry Bertoia appartiene alla schiera non foltissima degli artisti friulani del ‘900 che hanno saputo meritare davvero fama internazionale. Fino a pochi anni fa era però poco conosciuto nella sua terra d’origine: tale lacuna è stata poi colmata da due mostre in successione (la prima presso la sua casa natale a San Lorenzo, nel 2008, e la seconda, più vasta e particolareggiata, a Pordenone nel 2009) esposizioni che hanno fatto conoscere meglio la qualità del suo lavoro anche nella nostra regione. Nel 2014 il Comune di Pordenone ha voluto rimarcare il riconoscimento dell’autorevolezza dell’artista intitolandogli il nuovo spazio espositivo di Palazzo Spelladi, divenuto dunque Galleria Harry Bertoia.

Sarà proprio questa prestigiosa sede ad accoglie l’esposizione che il Comune di Pordenone ha deciso di proporre per celebrare il centenario della nascita di Bertoia. Qui il percorso documentario già al centro delle due mostre precedenti è arricchito da materiali prima mai esposti, provenienti dalla collezione personale di Celia Bertoia, figlia del maestro. Si tratta di un importante nucleo di 30 monotipi, raffinate e rare stampe su carta, realizzate in unico esemplare tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’70.

Queste opere offriranno al visitatore l’opportunità di confrontarsi con una parte originale ma ancora poco nota della produzione di Bertoia e pure evidenzieranno i diversi apporti, anche europei, che confluirono nella sua arte, mai del tutto appagata dai risultati sia pure innovativi appena raggiunti. I monotipi in mostra, con il loro accostamento espositivo ad alcune sculture e ad alcune sedie Diamond, consentiranno infatti di ben percepire i molti rimandi e le suggestioni tra i diversi generi artisti praticati dall’artista.


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