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24.07.2017 # 4886
La vacanze in pubblicità: dagli anni '80 a oggi cosa è cambiato e cosa no

Daria La Ragione //

La vacanze in pubblicità: dagli anni '80 a oggi cosa è cambiato e cosa no

Blog! di Daria La Ragione

Oggi ho visto queste tre campagna di Visa: Vacation can be a lottery. Stay travel insured with Visa Infinite - la vacanza può essere una lotteria. Assicurati con Visa Infinite. 








Una multisoggetto con alcune situazioni che potrebbero sfuggire di mano se vi trovate a Las Vegas, in alto mare o in un sito archeologico del Sud America, trasformando le vostre ferie in un flipper nel quale voi siete la pallina e venite rimbalzati da una sventura all’altra.

Insomma il trend che già da qualche anno ha segnato la comunicazione di alcune assicurazioni: evocare il possibile danno con ironia e umorismo.


Advertising Agency: Impact BBDO, Dubai, United Arab Emirates

Executive Creative Director: Fadi Yaish

Art Director: Luiz Guimaraes

Copywriter: Eduardo Balloussier



Però a quel punto mi era tornata in mente una campagna italiana che ha fatto la storia, entrando nel linguaggio comune e – per lo meno per quelli che oggi hanno dai 40 anni in su – rimanendoci ben salda.

Si tratta di un ciclo di spot per Alpitour, con un concept che l’azienda ha ripreso di recente: i turisti fai da te si ritrovano inevitabilmente costretti ad affrontare da soli imprevisti e difficoltà, mentre l’indigeno di turno li sbeffeggia “Turisti fai da te? No Alpitour? ahi ahi ahi”.

Per la mia generazione un tormentone del quale ancora non sappiamo liberarci, e che senza dubbio ha contribuito a costruire l’immagine di marca dell’azienda.

 

 



Chiude questa breve rassegna sulle pubblicità in qualche modo legate alle vacanze una multisoggetto intelligente ed efficacedi McKann per Costa Crociere (prima che l’inchino di Schettino smaciullasse contro gli scogli del Giglio la credibilità aziendale): Costa Crociere - la vacanza che ti manca, un’amplificazione di quella tristezza e fatica che ci colgono quando torniamo da un luogo in cui siamo stati felici e la vita che abbiamo fatto in quella parentesi ci manca troppo.

 

01.09.2018 # 5404
La vacanze in pubblicità: dagli anni '80 a oggi cosa è cambiato e cosa no

Paolo Falasconi //

Graphic Design Trends 2020. Le tendenze della grafica tra conferme e sorprese

Il 2020 si avvicina ormai ed è tempo di guardare ai trend nel campo del graphic design che si affermeranno maggiormente l´anno prossimo, tra conferme e sorprese. Noi ne abbiamo individuati cinque

I trend per il 2020

Il 2020 ormai si avvicina ed è tempo di guardare ai trend nel campo del graphic design che si affermeranno maggiormente l’anno prossimo, tra conferme e sorprese.

 

Noi ne abbiamo individuati cinque, che elenchiamo in ordine assolutamente casuale. Sono i più importanti secondo il nostro parere, anche se in realtà il discorso si potrebbe tranquillamente ampliare fino ad includere almeno il doppio di quelli menzionati. In effetti quello della grafica è un mondo a cui molti settori guardano con interesse, dalla moda all’home design & interior solo per citarne un paio e, indubbiamente, è qui che nascono le tendenze che si affermeranno nei mesi e anche negli anni successivi.


Tipografia Maxi

Il 2019 ne ha visto solo un timido inizio, ma il 2020 sembra essere l’anno della definitiva consacrazione della tipografia maxi in ogni senso. A cominciare dalla dimensione del lettering che sarà oversize e costringerà i designer a spezzare le parole e andare oltre i bordi della composizione.
Non solo, le lettere si animeranno, si arricchiranno anche di elementi decorativi, fiorendo letteralmente per dare maggiore risalto al testo e sostituendo in parte o del tutto la funzione che dovrebbe spettare al visual, in una fusione straordinariamente creativa. Dove non troveremo lettering elaborato infine, di sicuro questo sarà enorme in termini di spessore. Bold contro thin insomma.




Kelmscott Bakehouse K - © Jamie Clarke - Guarda su Behance


05.10.2017 # 4944
La vacanze in pubblicità: dagli anni '80 a oggi cosa è cambiato e cosa no

Daria La Ragione //

Arriva la legge contro Photoshop

Blog! di Daria La Ragione

È notizia freschissima: in Francia, dal 2 ottobre, corre l’obbligo di apporre la dicitura “Photographie retouchée” in ogni campagna pubblicitaria in cui compaia una modella la cui foto sia stata modificata.

Si chiama Loi Mannequin, è stata promossa da Olivier Veran, deputato di En Marche!, e (forse) è l’inizio di una rivoluzione.

Le agenzie che non si adegueranno potrebbero incorrere in una sanzione che va dai 37.500 euro fino al 30% del valore della campagna.

Non basta. 

La legge riguarda, ovviamente, anche le star, che almeno nelle pubblicità dovranno mostrarsi nature e perfino le passerelle: le case di moda potranno far sfilare soltanto indossatrici con un indice di massa corporea adeguato. Sarebbe a dire non troppo magre. 


Il tema non è del tutto nuovo, basti pensare che a giugno del 2016 aveva fatto clamore la decisione del sindaco di Londra, Sadiq Khan, di vietare che metro e bus potessero ospitare campagne pubblicitarie con corpi perfetti ma finti.

È un vento nuovo che soffia, figlio di una sensibilità che cresce sempre di più e che, ovviamente, alcune aziende hanno saputo intercettare molto prima dei politici.

L’esempio più eclatante è la Campagna per la bellezza autentica di Dove, per una crema rassodante “testata su curve vere” e ancora di più con il primo video virale lanciato dall’azienda, il famosissimo Evolution (era il 2006), che aveva totalizzato un numero di condivisioni e visualizzazioni tale da surclassare perfino il Super Bowl, e di svariate lunghezze.

 



Ora, qualche riflessione è d’obbligo. La prima riguarda il rapporto, complesso a dir poco, tra verità e fotografia.

Perché si illude chi crede che basti eliminare photoshop per raccontare un’immagine veritiera del corpo femminile. E questo non soltanto perché la giusta luce, un’inquadratura attenta, il trucco e l’abbigliamento possono ingannare tanto quanto photoshop, ma soprattutto perché il problema è culturale e se si combatte l’effetto piuttosto che la causa si rischia solo di sprecare tante energie.

Personalmente non credo sia sbagliato promuovere un’idea realistica della bellezza, ma credo che sarebbe più efficace lavorare sull’immaginario collettivo, sull’opinione pubblica, così da fare in modo che siano le aziende, le agenzie, a scegliere di proporre modelli diversi perché sono i consumatori a chiederli. Ma io sono idealista, chi mi conosce lo sa.


La seconda riflessione riguarda le sfilate di moda e la loro preclusione a chi non abbia un certificato medico consono: se partiamo dal presupposto che i disturbi alimentari sono malattie a tutti gli effetti, allora dobbiamo chiederci se sia giusto discriminare una persona perché ne è affetta. Se la stessa legge discriminasse le persone obese la levata di scudi sarebbe scontata, non lo è per le anoressiche e le bulimiche, e questo dovrebbe farci quanto meno riflettere, dal momento che l’obesità non è un problema meno grave. Tuttavia nessuno si sogna di affermare che si debbano far sparire le persone obese dalle passerelle o dalle pubblicità, perché è chiaro ed evidente che questo non risolverebbe alcun problema.

Insomma, c’è buona volontà in questa legge e c’è superficialità, faciloneria e, per usare una parola di gran moda, una buona dose di populismo.


04.09.2017 # 4920
La vacanze in pubblicità: dagli anni '80 a oggi cosa è cambiato e cosa no

Daria La Ragione //

Lo spot D&G con gli attori di Game of Thrones

Blog! di Daria La Ragione

Se siete tra quelli che disapprovano i nuovi spot di Dolce & Gabbana con gli attori di Game of Thrones perché fanno ricorso a una lunga collezione di luoghi comuni su Napoli, siete vittime di un fraintendimento.

Forse siete convinti che l’azienda abbia il dovere si raccontare la città in modo fedele (va’ a capire poi cosa significa), che dovrebbe raccontarne le contraddizioni, la bellezza, la genuinità?

Ma questa, vale la pena ripeterlo, è un’azienda e non un  EPT, e il suo compito non è incentivare il turismo (cosa che per altro fa, ma di rimbalzo), ma vendere abiti, profumi, occhiali.


Normalmente, un’azienda seria, alla luce di ricerche di mercato e dopo accurate riflessioni, sceglie il proprio posizionamento: vale a dire in che modo vuole essere percepita dal proprio target, di quali valori vuole farsi portatrice e di quali no, che tipologia di messaggi vuol dare o meno.

Si chiama branding, è un processo delicato, che solo in parte le aziende possono governare, perché è influenzato anche da ciò che accade nel mondo, dalle rappresentazioni sociali, dall’immaginario, da fatti contingenti e imprevedibili.

È un lavoro che richiede anni.

Ecco perché, quando un’azienda sceglie di legare il proprio nome a una città, come di fatto D&G stanno facendo da un po’ di tempo a questa parte, non lo fa perché vuole promuovere il turismo nella città suddetta, né tantomeno perché desidera comunicare un’immagine più autentica del luogo.

Lo fa perché quella città (o quell’attore/attrice/cartone animato etc) esprime già dei valori che sono in linea con la propria brand image.

 


 


 

Non è che l’azienda adatta la propria comunicazione alla città, ma sceglie una città che è “percepita” come adatta ai propri valori.

Percepita da chi?

Ecco, questo è un punto importante: se avete creduto di essere il target di D&G, vi chiedo gentilmente di aprire i vostri armadi e contare quanti capi avete dell’azienda, poi fate un’altra cosa: andate a leggere sul vostro passaporto qual è la vostra nazionalità e se, come immagino, c’è scritto italiana allora rasserenatevi: quello spot non è per voi.

Sono anni ormai che l’azienda ha costruito la propria immagine di marca intorno a valori “finto tradizionali”: diciamocela tutta, ma ‘ste donne in abiti provocanti che camminano per le città del sud bellissime e conturbanti, in questi pseudo anni ’50 di abiti longuette fasciatissimi (e splendidi), ma dove sono mai state?

La condizione delle donne nel profondo sud che questi due signori stanno inventando, era tutt’altra. Quindi si tratta banalmente di un racconto, di uno “storytelling”.

Allo stesso modo, Napoli viene reinventata attraverso il loro immaginario, per esprimere quest’idea di tradizione pacchiana, coloratissima, accogliente e calda che non ha alcun bisogno di essere vera, basta che sia verosimile, perché questo non è un documentario, questa è pubblicità.

Nessuno è mai insorto all’idea che un cartone animato forzuto e pelato aiutasse le signore a fare le pulizie, quindi vi invito a usare lo stesso sguardo anche per D&G.


26.08.2017 # 4913
La vacanze in pubblicità: dagli anni '80 a oggi cosa è cambiato e cosa no

Daria La Ragione //

Grey Hong Kong, un'agenzia vecchio stile

Blog! di Daria La Ragione

Forse sto invecchiando, il segno evidente mi pare il fatto che inizio a rimpiangere il passato.

Mi sono scoperta di recente ad annuire leggendo un articolo su come i social media stiano banalizzando la comunicazione pubblicitaria – cosa di cui tra l’altro mi ero accorta io pure da parecchio – schiacciandola su tempi brevissimi e riducendola spesso (ma ovviamente ci sono eccezioni significative) a battuta, scherzo, sciocchezza.

È chiaro che questo accade quando non c’è una strategia integrata a monte, o quando la strategia è proprio fare i cazzari: “informare e divertire” è un mantra vecchio e noioso, che racconta un approccio alla comunicazione superficiale e noioso, oltreché ignorante, perché nessuno che davvero capisca un minimo di comunicazione pubblicitaria potrà mai pensare che esista una formula sempre efficace e sempre applicabile.

Sto invecchiando dicevo, e me ne accorgo perché inizio a pensare che non c’è più la pubblicità di una volta: fino a qualche anno fa mi capitava di emozionarmi guardando un commercial, a volte di commuovermi, altre di ridere tanto. Non voglio che non sia più successo, ma diventa raro, rarissimo.

Per questo quando vedo qualcosa di bello provo un senso di conforto e rassicurazione, e mi viene voglia di approfondire un po’ (brrrrr, approfondire, che brutta parola! che parola da vecchi).

Stamattina guardavo questa campagna di Grey, un’agenzia storica, per l’ente turistico di Hong Kong: si tratta di una serie di QR code (quei disegnini neri e quadrati che spesso troviamo in giro e molto difficilmente usiamo), che però, per una volta, sono belli!

Sono disegni allegri, colorati, comprensibili, che hanno lo scopo di far conoscere l’Old Town Central. Un esempio di creatività fresca, semplice e intelligente.






A quel punto mi è venuta voglia di scoprire qualcosa in più sull’agenzia, (non a caso filiale di una delle più antiche), e mi sono imbattuta in un altro progetto molto interessante, che riguarda la dislessia, un problema diffusissimo e nonostante questo poco, pochissimo conosciuto, che riguarda addirittura milioni di persone soltanto a Hong Kong.

Cosa ha pensato la Grey? Su commissione del BOAZ International Education Institute e in collaborazione con il designer  Daniel Britton, (dislessico) hanno deciso di creare un font che simulasse le difficoltà di chi soffre di questo disturbo. Un font incompleto, che renda faticoso e difficile leggere e comprendere.




Il 27 agosto dello scorso anno il Central Business District di Hong Kong è stato trasformato in un quartiere dislessico: i giornali più famosi, la segnaletica stradale, i manifesti, tutto è stato scritto utilizzando questo font. Si è trattato di una sorta di teaser: tutto era unbranded ma rinviava al sito dell’associazione.

 


Risultati?

90,000 magazines venduti.

Millioni di impressions.

E il progetto di far diventare il 27 agosto la giornata ufficiale della dislessia.

Un progetto vecchia maniera? Sì, decisamente perché ha due caratteristiche importanti: il tempo e la creatività.

15.08.2017 # 4906
La vacanze in pubblicità: dagli anni '80 a oggi cosa è cambiato e cosa no

Daria La Ragione //

Jagermeister e la panna montata

Blog! di Daria La Ragione

Jagermeister sceglie la commedia e torna a far sorridere, con uno spot che gioca sul sesso, sullo sfigato di turno e su una serie di allusioni che in Italia gli avrebbero reso la vita molto dura.

Sarà perché siamo una società piuttosto bigotta, in cui “vizi privati e pubbliche virtù” è un comandamento lento a morire, ma da noi è ancora difficile che una pubblicità possa alludere al sesso e all’alcol contemporaneamente senza attirare reprimende, nella migliore delle ipotesi, o essere bloccata dal Gran Giurì nella peggiore.

La scena è quella di un supermercato poco frequentato, un commesso annoiato e una spesa che allude al sesso senza possibilità di essere fraintesa: litri e litri di panna spray e, per “aggravare” il tutto, una bottiglia di Jagermesteir; il commesso alza lo sguardo e si trova davanti due splendide e ammiccanti ragazze, fa appena in tempo a iniziare a sognare che le due se ne vanno e la magia è finita.


In effetti, in Germania devono avere una legge sulla pubblicità con maglie decisamente più larghe di quella italiana, anche se di legge vera e propria non si può parlare nel nostro caso, almeno quando si fa riferimento al Codice di Autodisciplina Pubblicitaria, che legge non è ma viene applicato con certezza anche maggiore.

A proposito delle bevande alcoliche, l’articolo 22 dice - tra l’altro - che la pubblicità non può:

«indurre il pubblico a ritenere che il consumo delle bevande alcoliche contribuisca alla lucidità mentale e all’efficienza fisica e sessuale e che il loro mancato consumo comporti una condizione di inferiorità fisica, psicologica o sociale».


Probabilmente non è questo il caso, ma l’allusione al fatto che l’alcol renderà tutto più divertente è palese.

È un problema o è solo questione di bigottagine? 

La risposta non è semplice, perché se prendiamo in considerazione una persona adulta facciamo presto a rispondere che lo è. Però la televisione non la guardano solo gli adulti, ma anche molti adolescenti e persone che hanno meno strumenti per valutare la distanza tra la comunicazione commerciale e la realtà.

È una questione delicata, che meriterebbe di essere approfondita non a partire da posizioni di pregiudizio, ma con onestà e lucidità.

Nel frattempo, se siete adulti e vaccinati, potete divertirvi con gli spot che girano all’estero.

 




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