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07.02.2019 # 5178
Elmec 3d- La stampa 3D che aiuta lo sport e gli atleti

Francesco Pontolillo //

Elmec 3d- La stampa 3D che aiuta lo sport e gli atleti

La stampa 3d può essere usato per fini meravigliosi.

Sebbene la stampa 3D come tecnologia non sia affatto recente, ma bensì più vecchia della persona che sta scrivendo in questo momento (pensate che è nata nel 1986), è solo negli ultimi anni che sembra prendere definizione ed utilizzo, sempre maggiore.


Si va dalla stampa dei prototipi alla creazione di oggetti di design; da materiale per collezionisti a componenti di ricambio, dalle case, alle protesi medicali.


Ed in questo ultimo campo che la stampa 3D, mostra i suoi risultati più grandi ed encomiabili.


Nel darvene testimonianza oggi parleremo di una vicenda nostrana legata ad una ragazza, Sara Bertolasi, forte atleta ed orgoglio nazionale legato al canottaggio, che vanta decine di convocazioni in nazionale, due partecipazioni alle Olimpiadi, otto ai Mondiali e ben tre medaglie Europee.


La nostra atleta infatti, dopo le ultime olimpiadi di Rio, è stata costretta ad un ritiro forzato. La causa di tale scelta è un problema di salute legato ad una infiammazione muscolare cronica, dovuta alla forma Ischio (una sezione di osso del bacino) in congiunzione del continuo sforzo fisico a cui si sottoponeva in allenamento. Tale disturbo oramai le impediva letteralmente di stare seduta sopra la canoa.


La storia di sarà si incrocia qui del tutto casualmente con quella di una azienda italiana di recentissima nascita, la Elmec 3D.


Da una chiacchierata accaduta senza cognizione di causa con alcuni membri del team di Elmec, si è deciso di provare a risolvere il problema di sarà progettando per lei un nuovo sedile, sviluppato appositamente in funzione del suo corpo, in modo da evitare l’insorgenza del disturbo.



Ecco quindi che dopo aver effettuato un calco dell’ergonomia di Sara durante l’uso del carrello, e digitalizzando le curve ottenute in un software di progettazione, è stato ottenuto un modello anatomicamente corretto di seduta. Realizzata poi la versione definitiva grazie alla stampa 3d, ed installata all’interno della canoa, l’atleta Italiana ha potuto riprendere gli allenamenti senza problemi.


Queste notizie non solo scaldano il cuore e riempiono di speranza il nostro futuro, ma mostrano anche come la tecnologia della stampa 3D sia oramai matura al punto di risolvere l’impossibile e farne anche un business.


Ne è un esempio di fatto, l’altro protagonista di questa storia, la Elmec 3D.


Elmec 3D nasce come una versione alternativa del modello di produzione della casa principale. 


La Elmec Informatica SpA, di fatto una delle più grandi aziende dell’IT italiano, contando al suo interno oltre 670 dipendenti con un fatturato di 220 milioni di euro, ha deciso con questo progetto, di portare in Italia l’idea del “3D come servizio”.


La Elmec 3D, costola dedicata allo sviluppo del settore della stampa, è composta da un personale minimo (solo 20 persone), di ben 9 stampanti 3d, differenziate a seconda della tecnologia di creazione adottata (FFD, SLA, SLS) e di uno spazio per gestire pre–produzione (con lo sviluppo delle idee e dei progetti) nonché uno legato alla post–produzione.


La responsabile del progetto, Martina Ballerio, ingegnere specializzata in nuovi materiali e in nanotecnologie, rivela come la figura di Elmec 3D si inserisca nel mercato come “servire provider” e consulente per per le piccole e medie imprese che decidono sempre più spesso di puntare all’innovazione della stampa 3D, senza però essere ben coscienti di meccanismi, possibilità e processi di progettazione.


“La stampa 3D non serve solo nella fase di prototipazione, ma è fondamentale in alcune piccole produzioni, quelle che riguardano qualche migliaio di pezzi. Un’azienda che fattura pochi milioni e che vede nella sua strategia nella manifattura additiva una risorsa può trovare conveniente fare investimenti importanti in questo settore, soprattutto in presenza dell’iperammortamento al 250%”.


Per conoscere meglio lo stato della stampa 3D nell’industria italiana, e constatare le cifre del suo sviluppo nei prossimi anni,  potete approfondire la lettura a questo link: https://www.industriaitaliana.it/stampanti-3d-dall-automotive-alla-sala-chirurgica-dai-prototipi-alla-produzione/


 


Il futuro è grande e roseo!

08.11.2018 # 5422
Elmec 3d- La stampa 3D che aiuta lo sport e gli atleti

Paolo Falasconi //

All’IF! Italians Festival 2018 un workshop sul brand presentato da Gaetano Grizzanti

In questo incontro, sbato 10 novembre, Gaetano Grizzanti condividerà le basi del branding moderno e indicherà l’approccio con cui si deve concepire e costruire una marca nel terzo millennio, capace di sedurre il proprio pubblico

Il Festival
Dall’8 al 10 novembre 2018, il Centro BASE Milano in via Bergognone 34, ospiterà “IF! Festival internazionale della creatività”, il primo festival Italiano dedicato alla creatività della Comunicazione, giunto quest’anno alla quinta edizione.
Creatività, networking, formazione, tecnologia e entertainment sono i pilastri intorno ai quali, dal 2014, creativi provenienti da tutto il mondo, aziende, agenzie di comunicazione, centri media, case di produzione, editori, istituzioni, associazioni e scuole di formazione, si ritrovano per presentare scenari di riferimento e confrontarsi su esempi di innovazione e nuove tendenze.

Organizzato e promosso da ADCI e ASSOCOM, IF! Italians Festival si focalizza sulla creatività come elemento chiave del successo di una industry e di un Paese che a questa deve agganciare il proprio sviluppo.


Il Workshop

Il Ceo di Univisual Gaetano Grizzanti svolgerà il Workshop: 

BRAND IDENTIKIT
COME L’ENTITA’ “BRAND” INTERAGISCE CON L’INDIVIDUO

Tipologia evento: IF! Workshop
Speaker: Gaetano Grizzanti
Job Title: Brand Advisor e Business Identity Consultant
Quando: Sabato 10 novembre 2018
Orario: 10:30 -13:00
Sala: SALA FACTORY
Accesso: Via Bergognone 34, Ingresso 2
Costo: 85,50 € + d.p. (compresa Iva 22%)
(per assistere al workshop non è necessario l’acquisto del PASS per il Festival.
Per ulteriori info scivere a info@italianfestival.it)
Numero partecipanti: Massimo 30 partecipanti
Target: Advanced & Pro


ABSTRACT

Non siamo più nell’era della Realtà, bensì in quella della Percezione: un nuovo scenario globale che incide nel processo di affermazione di un Brand, sovvertendo le regole di business e di tutti i paradigmi della Comunicazione.

Al pari della psicanalisi o della psicologia, anche il Branding è una disciplina considerata debole in termini di inconfutabilità. Ma, come dimostrano le neuroscienze, è innegabile che esse incidano nei comportamenti delle persone, considerando che il 90% delle decisioni sono inconsce e non del tutto consapevoli.

Per sopravvivere ai cambiamenti del mercato, in quest’epoca digitale, un brand deve dotarsi di una personalità autonoma: svincolata dal prodotto, dalle tendenze e dai fenomeni sociali, incarnando un ideale per presidiare la sfera emotiva degli individui.

In questo seminario – sulla base della sua teoria Brand 3.0 – il prof. Gaetano Grizzanti condividerà le basi del branding moderno e indicherà l’approccio con cui si deve concepire e costruire una marca nel terzo millennio, capace di sedurre il proprio pubblico.

Materiali richiesti ai partecipanti: Testa, penna e taccuino.




falasconi@ilas.com

Il primo ricordo di un regalo di compleanno è la scatola di colori a tempera ricevuta da mia zia. Chiaramente destinato ad una carriera che contemplasse il disegno e la grafica, dopo gli studi artistici e una specializzazione in Art Direction e Grafica Pubblicitaria sono entrato in ILAS in cui ho ricoperto diversi incarichi fino a diventare Art Director Senior. Appassionato di arte, cucina, fotografia e curioso viaggiatore ho già visitato letteralmente mezzo mondo e, sull’altra metà, ho le idee piuttosto chiare sul programma.

01.09.2018 # 5404
Elmec 3d- La stampa 3D che aiuta lo sport e gli atleti

Paolo Falasconi //

Graphic Design Trends 2020. Le tendenze della grafica tra conferme e sorprese

Il 2020 si avvicina ormai ed è tempo di guardare ai trend nel campo del graphic design che si affermeranno maggiormente l´anno prossimo, tra conferme e sorprese. Noi ne abbiamo individuati cinque

I trend per il 2020

Il 2020 ormai si avvicina ed è tempo di guardare ai trend nel campo del graphic design che si affermeranno maggiormente l’anno prossimo, tra conferme e sorprese.

 

Noi ne abbiamo individuati cinque, che elenchiamo in ordine assolutamente casuale. Sono i più importanti secondo il nostro parere, anche se in realtà il discorso si potrebbe tranquillamente ampliare fino ad includere almeno il doppio di quelli menzionati. In effetti quello della grafica è un mondo a cui molti settori guardano con interesse, dalla moda all’home design & interior solo per citarne un paio e, indubbiamente, è qui che nascono le tendenze che si affermeranno nei mesi e anche negli anni successivi.


Tipografia Maxi

Il 2019 ne ha visto solo un timido inizio, ma il 2020 sembra essere l’anno della definitiva consacrazione della tipografia maxi in ogni senso. A cominciare dalla dimensione del lettering che sarà oversize e costringerà i designer a spezzare le parole e andare oltre i bordi della composizione.
Non solo, le lettere si animeranno, si arricchiranno anche di elementi decorativi, fiorendo letteralmente per dare maggiore risalto al testo e sostituendo in parte o del tutto la funzione che dovrebbe spettare al visual, in una fusione straordinariamente creativa. Dove non troveremo lettering elaborato infine, di sicuro questo sarà enorme in termini di spessore. Bold contro thin insomma.




Kelmscott Bakehouse K - © Jamie Clarke - Guarda su Behance


05.10.2017 # 4944
Elmec 3d- La stampa 3D che aiuta lo sport e gli atleti

Daria La Ragione //

Arriva la legge contro Photoshop

Blog! di Daria La Ragione

È notizia freschissima: in Francia, dal 2 ottobre, corre l’obbligo di apporre la dicitura “Photographie retouchée” in ogni campagna pubblicitaria in cui compaia una modella la cui foto sia stata modificata.

Si chiama Loi Mannequin, è stata promossa da Olivier Veran, deputato di En Marche!, e (forse) è l’inizio di una rivoluzione.

Le agenzie che non si adegueranno potrebbero incorrere in una sanzione che va dai 37.500 euro fino al 30% del valore della campagna.

Non basta. 

La legge riguarda, ovviamente, anche le star, che almeno nelle pubblicità dovranno mostrarsi nature e perfino le passerelle: le case di moda potranno far sfilare soltanto indossatrici con un indice di massa corporea adeguato. Sarebbe a dire non troppo magre. 


Il tema non è del tutto nuovo, basti pensare che a giugno del 2016 aveva fatto clamore la decisione del sindaco di Londra, Sadiq Khan, di vietare che metro e bus potessero ospitare campagne pubblicitarie con corpi perfetti ma finti.

È un vento nuovo che soffia, figlio di una sensibilità che cresce sempre di più e che, ovviamente, alcune aziende hanno saputo intercettare molto prima dei politici.

L’esempio più eclatante è la Campagna per la bellezza autentica di Dove, per una crema rassodante “testata su curve vere” e ancora di più con il primo video virale lanciato dall’azienda, il famosissimo Evolution (era il 2006), che aveva totalizzato un numero di condivisioni e visualizzazioni tale da surclassare perfino il Super Bowl, e di svariate lunghezze.

 



Ora, qualche riflessione è d’obbligo. La prima riguarda il rapporto, complesso a dir poco, tra verità e fotografia.

Perché si illude chi crede che basti eliminare photoshop per raccontare un’immagine veritiera del corpo femminile. E questo non soltanto perché la giusta luce, un’inquadratura attenta, il trucco e l’abbigliamento possono ingannare tanto quanto photoshop, ma soprattutto perché il problema è culturale e se si combatte l’effetto piuttosto che la causa si rischia solo di sprecare tante energie.

Personalmente non credo sia sbagliato promuovere un’idea realistica della bellezza, ma credo che sarebbe più efficace lavorare sull’immaginario collettivo, sull’opinione pubblica, così da fare in modo che siano le aziende, le agenzie, a scegliere di proporre modelli diversi perché sono i consumatori a chiederli. Ma io sono idealista, chi mi conosce lo sa.


La seconda riflessione riguarda le sfilate di moda e la loro preclusione a chi non abbia un certificato medico consono: se partiamo dal presupposto che i disturbi alimentari sono malattie a tutti gli effetti, allora dobbiamo chiederci se sia giusto discriminare una persona perché ne è affetta. Se la stessa legge discriminasse le persone obese la levata di scudi sarebbe scontata, non lo è per le anoressiche e le bulimiche, e questo dovrebbe farci quanto meno riflettere, dal momento che l’obesità non è un problema meno grave. Tuttavia nessuno si sogna di affermare che si debbano far sparire le persone obese dalle passerelle o dalle pubblicità, perché è chiaro ed evidente che questo non risolverebbe alcun problema.

Insomma, c’è buona volontà in questa legge e c’è superficialità, faciloneria e, per usare una parola di gran moda, una buona dose di populismo.


04.09.2017 # 4920
Elmec 3d- La stampa 3D che aiuta lo sport e gli atleti

Daria La Ragione //

Lo spot D&G con gli attori di Game of Thrones

Blog! di Daria La Ragione

Se siete tra quelli che disapprovano i nuovi spot di Dolce & Gabbana con gli attori di Game of Thrones perché fanno ricorso a una lunga collezione di luoghi comuni su Napoli, siete vittime di un fraintendimento.

Forse siete convinti che l’azienda abbia il dovere si raccontare la città in modo fedele (va’ a capire poi cosa significa), che dovrebbe raccontarne le contraddizioni, la bellezza, la genuinità?

Ma questa, vale la pena ripeterlo, è un’azienda e non un  EPT, e il suo compito non è incentivare il turismo (cosa che per altro fa, ma di rimbalzo), ma vendere abiti, profumi, occhiali.


Normalmente, un’azienda seria, alla luce di ricerche di mercato e dopo accurate riflessioni, sceglie il proprio posizionamento: vale a dire in che modo vuole essere percepita dal proprio target, di quali valori vuole farsi portatrice e di quali no, che tipologia di messaggi vuol dare o meno.

Si chiama branding, è un processo delicato, che solo in parte le aziende possono governare, perché è influenzato anche da ciò che accade nel mondo, dalle rappresentazioni sociali, dall’immaginario, da fatti contingenti e imprevedibili.

È un lavoro che richiede anni.

Ecco perché, quando un’azienda sceglie di legare il proprio nome a una città, come di fatto D&G stanno facendo da un po’ di tempo a questa parte, non lo fa perché vuole promuovere il turismo nella città suddetta, né tantomeno perché desidera comunicare un’immagine più autentica del luogo.

Lo fa perché quella città (o quell’attore/attrice/cartone animato etc) esprime già dei valori che sono in linea con la propria brand image.

 


 


 

Non è che l’azienda adatta la propria comunicazione alla città, ma sceglie una città che è “percepita” come adatta ai propri valori.

Percepita da chi?

Ecco, questo è un punto importante: se avete creduto di essere il target di D&G, vi chiedo gentilmente di aprire i vostri armadi e contare quanti capi avete dell’azienda, poi fate un’altra cosa: andate a leggere sul vostro passaporto qual è la vostra nazionalità e se, come immagino, c’è scritto italiana allora rasserenatevi: quello spot non è per voi.

Sono anni ormai che l’azienda ha costruito la propria immagine di marca intorno a valori “finto tradizionali”: diciamocela tutta, ma ‘ste donne in abiti provocanti che camminano per le città del sud bellissime e conturbanti, in questi pseudo anni ’50 di abiti longuette fasciatissimi (e splendidi), ma dove sono mai state?

La condizione delle donne nel profondo sud che questi due signori stanno inventando, era tutt’altra. Quindi si tratta banalmente di un racconto, di uno “storytelling”.

Allo stesso modo, Napoli viene reinventata attraverso il loro immaginario, per esprimere quest’idea di tradizione pacchiana, coloratissima, accogliente e calda che non ha alcun bisogno di essere vera, basta che sia verosimile, perché questo non è un documentario, questa è pubblicità.

Nessuno è mai insorto all’idea che un cartone animato forzuto e pelato aiutasse le signore a fare le pulizie, quindi vi invito a usare lo stesso sguardo anche per D&G.


26.08.2017 # 4913
Elmec 3d- La stampa 3D che aiuta lo sport e gli atleti

Daria La Ragione //

Grey Hong Kong, un'agenzia vecchio stile

Blog! di Daria La Ragione

Forse sto invecchiando, il segno evidente mi pare il fatto che inizio a rimpiangere il passato.

Mi sono scoperta di recente ad annuire leggendo un articolo su come i social media stiano banalizzando la comunicazione pubblicitaria – cosa di cui tra l’altro mi ero accorta io pure da parecchio – schiacciandola su tempi brevissimi e riducendola spesso (ma ovviamente ci sono eccezioni significative) a battuta, scherzo, sciocchezza.

È chiaro che questo accade quando non c’è una strategia integrata a monte, o quando la strategia è proprio fare i cazzari: “informare e divertire” è un mantra vecchio e noioso, che racconta un approccio alla comunicazione superficiale e noioso, oltreché ignorante, perché nessuno che davvero capisca un minimo di comunicazione pubblicitaria potrà mai pensare che esista una formula sempre efficace e sempre applicabile.

Sto invecchiando dicevo, e me ne accorgo perché inizio a pensare che non c’è più la pubblicità di una volta: fino a qualche anno fa mi capitava di emozionarmi guardando un commercial, a volte di commuovermi, altre di ridere tanto. Non voglio che non sia più successo, ma diventa raro, rarissimo.

Per questo quando vedo qualcosa di bello provo un senso di conforto e rassicurazione, e mi viene voglia di approfondire un po’ (brrrrr, approfondire, che brutta parola! che parola da vecchi).

Stamattina guardavo questa campagna di Grey, un’agenzia storica, per l’ente turistico di Hong Kong: si tratta di una serie di QR code (quei disegnini neri e quadrati che spesso troviamo in giro e molto difficilmente usiamo), che però, per una volta, sono belli!

Sono disegni allegri, colorati, comprensibili, che hanno lo scopo di far conoscere l’Old Town Central. Un esempio di creatività fresca, semplice e intelligente.






A quel punto mi è venuta voglia di scoprire qualcosa in più sull’agenzia, (non a caso filiale di una delle più antiche), e mi sono imbattuta in un altro progetto molto interessante, che riguarda la dislessia, un problema diffusissimo e nonostante questo poco, pochissimo conosciuto, che riguarda addirittura milioni di persone soltanto a Hong Kong.

Cosa ha pensato la Grey? Su commissione del BOAZ International Education Institute e in collaborazione con il designer  Daniel Britton, (dislessico) hanno deciso di creare un font che simulasse le difficoltà di chi soffre di questo disturbo. Un font incompleto, che renda faticoso e difficile leggere e comprendere.




Il 27 agosto dello scorso anno il Central Business District di Hong Kong è stato trasformato in un quartiere dislessico: i giornali più famosi, la segnaletica stradale, i manifesti, tutto è stato scritto utilizzando questo font. Si è trattato di una sorta di teaser: tutto era unbranded ma rinviava al sito dell’associazione.

 


Risultati?

90,000 magazines venduti.

Millioni di impressions.

E il progetto di far diventare il 27 agosto la giornata ufficiale della dislessia.

Un progetto vecchia maniera? Sì, decisamente perché ha due caratteristiche importanti: il tempo e la creatività.

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