Daria La Ragione //
«Fammi bella»: il bisogno di appartenenza in pubblicità
Blog! di Daria La Ragione
Di tutte le forze motivanti che spingono le persone a compiere determinate azioni, il bisogno di appartenenza è potentissimo: esso combina i desideri di protezione e di socialità, con la paura del rifiuto e agisce sulla psiche delle persone con una forza di cui non sempre siamo consapevoli, mentre la pubblicità lo è.
Questa campagna per Huawei della sede Kazaka di Grey (GForce/Grey, Almaty, Kazakhstan) ci aiuta a chiarire il punto: le parole chiave di questi tre manifesti sono inequivocabili Beautiful, Perfect, Skinny.
Per promuovere il prodotto si punta sul Beautification Mode, in italiano Filtro Bellezza, non la batteria, la velocità, la memoria, ma l’immagine. Ciò che più sembra contare per il target di Huawei, almeno secondo l’agenzia pubblicitaria, è la capacità di questo telefono di scattare delle foto che facciano sembrare le persone più belle. Apparenza, immagine, bellezza: tre elementi su cui si oggi oggi il bisogno di appartenenza e, da pubblicitari, ne parliamo sospendendo il giudizio, perché sappiamo che domani la società richiederà altro per sentirci amati, accettati, desiderati.
Non c’è dubbio che i social media abbiano amplificato questi aspetti: continuamente sperimentiamo il racconto della vita altrui, soprattutto attraverso le immagini, indipendentemente dal fatto che aderisca alla realtà e finiamo col credere che le vite degli altri siano quelle vediamo, e ci sforziamo di esserne all’altezza proprio perché siamo spinti dal bisogno di appartenenza.
Ed ecco che, per vendere un telefono, Beautiful, Perfect, Skinny diventano le key words.
Se da pubblicitari evitiamo di giudicare, da consumatori possiamo legittimamente diffidare di chi sfrutta la nostra debolezza e chiederci se non sia possibile un approccio diverso.
E per fortuna lo è.
Questo è Find you beautiful, il commercial di BBDO per i grandi magazzini Macy’s, che invita le donne a ridiscutere l’interpretazione che ciascuna di noi dà alla parola “bellezza” per costruirne una propria, originale, creativa forma di bellezza.
È una storia diversa, che sfrutta l’individualismo più dell’omologazione ma al fondo il bisogno fondamentale è sempre quello, solo che invece di dirci “sarai amata se sarai magra e perfetta”, ci spiega “valorizza chi sei davvero”.
Ma anche qui, è importante rendersi conto che l’obiettivo è sempre uno: rafforzare l’identità di marca affinché aumentino le vendite, ed è assolutamente legittimo che sia così. È la pubblicità di un prodotto commerciale, non una campagna di sensibilizzazione.
Guardando questo commercial però, mi sono ricordata di una vecchissima campagna della stessa agenzia, che risale agli anni in cui il copy era uno dei fondatori di BBDO: il grandissimo Bill Bernbach, santo patrono di tutti i creativi.
Si tratta di un annuncio per i Grandi Magazzini (di nuovo!) Ohrbach’s, scritto con un garbo e un’intelligenza davvero rari: «It’s in, but may be you shouldn’t be in it». Una headline che gioca sul doppio significato di “in” (di tendenza, ma anche dentro): «è di tendenza, ma non ti ci dovresti infilare». E il riferimento è alla ragazza in carne che indossa degli shorts che decisamente non le donano. Il bodycopy spiega che nei magazzini Ohrbach’s ci sono tantissimi abiti, anche gli shorts all’ultimo grido, ma anche tante altre cose con cui la signorina sarebbe davvero bellissima. Il concetto, espresso con grande eleganza, è che non è la ragazza a doversi adattare agli abiti, ma il contrario.