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21.02.2020 # 5418
Metamateriali – La stampa 3D ed i materiali dalle multiproprietà

Ilas Web Editor //

Metamateriali – La stampa 3D ed i materiali dalle multiproprietà

Dall´America arriva una nuova ricerca in merito ai possibili campi applicativi della stampa 3D.

Un team di ricercatore dalla Viterbi University in Los Angeles ha trovato un nuovo modo per controllare suoni e vibrazioni attraverso la stampa 3d. Il team ha sviluppato metamateriali stampati in 3D, che sono capaci di bloccare le onde sonore e le vibrazioni meccaniche a distanza, usando i campi magnetici.

La ricerca sui materiali di stampa 3D sta accelerando con specifici obiettivi: creare qualcosa di leggero, una solida struttura o ancora aumentare la velocità del processo di stampa. Questa volta, ci interessiamo appunto dei metamateriali, che nascondono, sotto un nome così appariscente e affascinante,  un composto artificiale di sostanze che possiedono proprietà elettromagnetiche, che non si possono ritrovare in nessun altro materiale naturale. 

Di solito la loro struttura di materiali isolanti, a livello di costruzione, si presenta sempre in geometrie regolari, tipo parallepipedi, il che significa una limitazioni di impieghi nell’uso pratico.

Per aiutarci a capire corre in nostro soccorso il team ricercatore diretto dal professor Qiming Wang.

I meta materiali hanno anche loro una struttura geometrica, la capacità di bloccare le onde sonore e le vibrazioni meccaniche. Ma il limite appunto di questa struttura è che non può essere alterata, altrimenti la loro proprietà isolate a livello sonoro, ne sarebbe alterata.

Ma i metamateriali, sono costruiti anche con particelle di acciaio, il che significa che un campo magnetico può essere usato per deformare la forma in maniera graduale, preservando la struttura e mantenendo le proprietà isolanti .

Il campo magnetico comprime il materiali, ma a differenza di una forza fisica da contatto, non ne distrugge la struttura.

Questa unione di aspetti, tipica dei metamateriali, aiuta a sopprimere il rumore o a controllare le vibrazioni. Potranno inoltre aiutare nello sviluppo di divise ed attrezzature per l’ambito militare o aiutare a rendere più efficienti i sistemi di comunicazione.

Un esempio di Meta-Materiale in azione

“Quando fabbrichi una struttura, anche con la stampa 3D, la geometria non può essere modificate, il che vuol dire che le sue proprietà risultano in un certo senso “bloccate”. L’idea qui è quella di creare qualcosa altamente flessibile, che si può modificare sulla base di controlli esterni (i campi elettromagnetici N.D.R.). Quando cambi la sua struttura, cambi le sue proprietà. Volevamo raggiungere questo tipo di libertà potendo switchare tra due stati. Usando i campi magnetici possiamo di fatto impiegare un “interruttore reversibile”, e molto rapido.”

Poco è stato spiegato in merito al processo meccanico/additivo utilizzato per ottenere i metamateriali, ma il Professor Wang, spiega che oggi il loro team può ottenere materiali stampati con un diametro compresi tra un micron ed un millimetro. Un diametro più piccolo permette di controllare le alte frequenze d’onda, mentre uno più grande bloccherebbe le frequenze d’onda più basse.

Questi metamateriali, con un nome adatto alla prossima uscita di un fumetto DC, mostrano come il futuro e le applicazioni pratiche sempre più variegate della stampa 3D, sono sempre più vicine!

Per maggiori informazioni su questa ricerca, è possibile consultare il sito ufficiale dell’università a questo indirizzo: https://viterbischool.usc.edu/news/2018/04/3-d-printed-active-metamaterials-for-sound-and-vibration-control/

17.03.2020 # 5484
Metamateriali – La stampa 3D ed i materiali dalle multiproprietà

Francesco Pontolillo //

Open Source Mask. È online la Mascherina stampabile in 3D, ed è Made in Italy

Il maestro napoletano della fotografia contemporanea ospite alla ilas per un incontro con gli studenti dell´Accademia ILAS

A causa della tremenda diffusione del Coronavirus che negli ultimi giorni ha invaso tutti i continenti del globo (ad eccezione dell’Antartide), e purtroppo soprattutto dell’Italia, sempre più difficile risulta reperire una mascherina, se non pagandola a peso d’oro. Questo è ancor più vero dal momento che sono effettivamente utili a proteggersi dal virus solo alcune di queste mascherine. Molti stanno quindi adottando diverse soluzioni fatte in casa, alcune più che utili diventano persino comiche. La verità è che queste soluzioni date dal fai da te, non contrastano il propagarsi del virus efficacemente, come dovrebbero questi supporti di protezione e non impediscono la diffusione a soggetti a rischio di eventuali elementi patogeni.
Come in tutte le situazioni di caratura mondiale, c’è chi cerca di approfittarsi dei bisogni e del momento di crisi, e chi invece cerca di fare il più possibile per aiutare.
Persino nel web: c’è chi ha inserito il malware AZORult nelle mappe online che mostrano il contagio nel mondo di coronavirus e chi invece ha creato il tool EpiRisk, che aiuta a fare una previsione dei possibili contagi e di come potrebbe evolversi la situazione virulenta, nel globo.
Per fortuna però come appena accennato, l’ingegno umano e la capacità di fare del bene, riescono sempre ad abbattere ogni cattiva azione.
Grazie ad un team tutto italiano, da oggi è possibile stampare la propria mascherina usa e getta in 3D, usando un modello messo a disposizione gratuitamente dal team, ed assemblandola a casa. Ed è proprio grazie all’intervento di Open Source Mask che è possibile realizzare a casa tali mascherine (ovviamente a patto di possedere una stampante 3D).

Il progetto Open Source Mask trova origine in una idea di Vitantonio Vacca. L’idea ha poi contagiato (perdonate il gioco di parole) altri membri del team, che hanno partecipato al progetto realizzativo: Ambrogio Occhipinti, Giuseppe Occhipinti, Savino Carbone e Davide Saponieri.

Grazie al desiderio di voler creare qualcosa che potesse aiutare il mondo intero, ora abbiamo a disposizione una risorsa in più per prevenire il diffondersi del virus.
Il file 3D scaricabile e stampabile contiene infatti all’interno una sorta di cartamodello di mascherina che servirà sia per le parti semirigide, sia come guida per effettuare i tagli sulle parti di cotone o più in generale stoffa, da utilizzare.
Da qui è possibile quindi assemblare il tutto grazie alle istruzioni che sono presenti sulla home del sito.
C’è chi ha ottenuto i filtri (l’unica parte non stampabile in 3D) grazie agli strati dei sacchetti dell’aspirapolvere folletto o ancora è possibile acquistare questo materiale in diversi siti che spediscono direttamente rotoli di stoffa (a prezzi notevolmente inferiori di quelli a cui si trovano molte delle mascherine stesse)
I file, le istruzioni e le indicazioni riguardo questo fantastico progetto italiano, Open Source Mask, sono rintracciabili all’indirizzo omonimo: www.opensourcemask.com
Non ci resta che dire: Bravi!!

03.03.2020 # 5464
Metamateriali – La stampa 3D ed i materiali dalle multiproprietà

Francesco Pontolillo //

Volumetric BioPrinting – Stampa rapida 3d di tessuti organici? Ora si

La stampa 3D può ora fare affidamento su una tecnica rivoluzionare che permette di stampare in pochi secondi! La sua applicazione biomedica è strabiliante!

I ricercatori di EPFL e del centro medito universitario di Utrecht, in Olanda, hanno sviluppato un sistema ottico estremamente rapido, per poter scolpire forme complesse, in una struttura a base di hydrogel, vascolarizzato il tessuto risultante.

Questa tecnica straordinaria potrebbe cambiare del tutto il campo della bio ingegneria applicata ai tessuti organici.


Gli ingegneri biomedicali possono già oggi creare organi artificiali e tessuti che possono essere utilizzati per sviluppare e testare nuove medicine, riparare tessuto danneggiato e persino rimpiazzare interi organi del corpo umano. Tuttavia, il sistema attuale di fabbricazione, limita la loro abilità di produrre forme complesse e ottenere tessuti utilizzabili, a causa dei lunghi tempi di stampa (che non permettono ad un tessuto di rimanere in vita).


I ricercatori al LAPD (Laboratory of Applied Photonics Devices), nella scuola di ingegneria biomedica di EPFL, hanno lavorato con i colleghi della Utrecht University per produrre una tecnica ottica, che richiede solo pochi secondi per scolpire un complesso tessuto, in un gel a base di acqua, biocompatibile, infuso con cellule staminali. Il tessuto così ottenuto può successivamente essere vascolarizzato aggiungendo cellule Endoteliali (il tessuto interno dei vasi sanguigni NDR).


Il team descrive questo sistema di stampa ad alta risoluzione in un articolo apparso nella pubblicazione “Advanced Materials”. Questa tecnica cambierà il modo in cui l’ingegneria cellulare ed i suoi specialisti, lavorano, permettendogli di creare organi funzionali, con caratteristiche personalizzate, stampate in 3D.


Questa tecnica è chiamata “Volumetric BioPrinting”. Per creare un tessuto, i ricercatori, proiettano un laser dentro un tubo rotante riempito dell’hydrogel pieno di staminali. Scolpiscono il tessuto focalizzando l’energia della luce in precise posizioni, che poi tendono a solidificarsi.

Dopo solo alcuni secondi, una forma 3D complessa appare, sospesa nel gel. Le cellule staminali nell’hydrogen, sono in gran parte non danneggiate nel processo. I ricercatori a questo punto della lavorazione, introducono le cellule endoteliali per vascolarizzate il tessuto.


I ricercatori hanno mostrato che è possibile creare un tessuto di una lunghezza pari già a svariati centimetri, il che rende tale prodotto clinicamente utile. Esempi di questo processo includono valvole simili a quelle cardiache, un menisco ed una struttura femorale complessa.

Sono anche stati capaci di ricreare strutture interconnesse come gomiti e ginocchia.


“Differentemente dal bioprinting tradizionale, che si mostra ancora come un processo lento, strutturato livello per livello, la nostra tecnica è veloce e permette una maggiore libertà di design”, spiega Damien Loterie, un ricercatore del laboratorio, conche uno dei coautori dello studio.


Il lavoro dei ricercatori è davvero una rivoluzione. “Le caratteristiche del tessuto umano, dipendono in larga parte su un sistema altamente sofisticato di strutture extracellulari. L’abilità di ricreare questa complessità, può portare effettivamente ad un numero concetto di possibili applicazioni cliniche”, spiega Paul Delrot, un altro co autore.

Usando questa tecnica, i laboratori possono produrre in massa tessuti artificiali ed organi, ad una velocità mai vista prima. Questa sorta di replicabilità è essenziale quando ci si riferisce a test in vitro, e può aiutare a cancellare il bisogno dei test animali. 


Questo è solo l’inizio. Crediamo che il nostro modo, potrà essere scalato nella produzione in massa per creare una nuova ampia gamma di tessuto cellulare. Per non parlare di device medici e impianti personalizzati”, chiude Christophe Moser, capo del laboratorio LAPD.


Incredibile assistere anche oggi alla velocità con cui la scienza, assieme alle tecniche di stampa 3D, riesce a progredire. Speriamo di vederne quanto prima risultati positivi!


24.02.2020 # 5420
Metamateriali – La stampa 3D ed i materiali dalle multiproprietà

Francesco Pontolillo //

The Aeronauts – Imprese titaniche in cieli totalmente digitali

The Aeronauts si mostra con scenari spettacolari. Ma come sono stati realizzati?

Da qualche anno a quesa parte, sono divenuti possibili film in ambientazioni alquanto estreme. Ambientazioni per cui la gestione della ripresa e la creazione delle inquadrature, sarebbe risultata, beh… difficile!

E’ questo ad esempio il caso di “Vita di Pi”, vincintore, nell’anno della sua uscita del premio oscar ai migliori effetti speciali, o ancora del nuovo film targato Amazon, “ The Aeronauts ”.

Il film tratta le vicende di Amelia Wren e James Glaisher, che a bordo di una mongolfiera effettuano una serie di pericolose ascensioni in mongolfiera, per effettuare i primi studi sulle previsioni meteorologiche. Liberamente ispirato da una storia vera, il film sviluppa molte delle sue scene principali, proprio nell’immenso cielo.

Ecco quindi che il digitale, sempre più necessario nelle produzioni cinematografiche, qui diventa un obbligo.

Gli effetti speciali realizzati per il film, vista la location,  rischiavano, per quantità e presenza nel frame, di farsi sentire troppo. E questo è un aspetto da considerare, se non si vuole rischiare di dare al lungometraggio, un effetto troppo “finto”. 

Christian Kaestner, supervisori agli effetti speciali della Framestore, incaricata di sviluppare tutti i principali elementi 3D, ricordando questo punto spiega: “per evitare il problema del “troppo 3D”,  abbiamo stabilito fin dal principio che ogni singolo elemento digitale, sarebbe dovuto andare in supporto alla narrazione, non prendendo il sopravvento, ma piuttosto, rimanendo nell’ombra, quasi invisibile all’attenzione dello spettatore, ma presente.

Ovviamente in questa ottica anche l’integrazione totale tra girato e digitale diveniva fondamentale. Sono stati realizzati 500 shot in CGI, e circa tre quarti di essi, avevano come unico elemento reale il cesto posizionato sotto la mongolfiera.

The Aeronauts - Trailer di uscita


La realizzazione degli effetti speciali de “The Aereonauts” è stata possibile a Framestore, dividendo il lavoro, per tutte le filiali della compagnia sparse per il mondo. 

Kaestner spiega: “Ad esempio, Stuart Penn, uno dei nostri supervisori dell’ufficio di Londracontrollava il lavoro, che per grande parte era invece realizzato a Montreal, mentre alcune delle sequenze sono state finalizzate nei nostri uffici di  Poona ( città dell’india N.D.R.).

Ultimamente è diventato alquanto comune dividere il lavoro lungo tutti questi uffici. In questo senso, la nostra pipeline, per non incappare in problemi e rallentamenti, è diventata parecchio robusta.”

Al di là della realizzazione dei vari cieli, la creazione della Londra del 1862, è stata una delle grandi sfide del film.

“Siamo partiti con tanta ricerca in merito alla forma e architettura della capitale inglese di quel tempo.

A questo si è aggiunta anche la necessità intrinseca degli shot, che prevedevano il take-off ed il volo della mongolfiera con Hames e Amelia che volteggiano nello skyline di Londra, a richiedere parecchia attenzione realizzati.”

Per garantire il massimo della qualità, sono state utilizzate le antiche mappe di Londra: “Le abbiamo proiettate su di un piano e sviluppato da li il layout delle strade, piazzando successivamente gli edifici principali a mano e piazzando il resto delle strutture cittadine e dei parchi, utilizzando un tool di istanze che ci ha permesso di popolare le grandi aree con variazioni di palazzi e vegetazione. Abbiamo costruito una libreria di edifici aziendali e residenziali, che poi abbiamo mixato in differenti modi, compresi anche di texture e dettagli, in modo da ottenere variazioni realistiche. Solo così abbiamo potuto ricostruire i 270 gradi di visuale sul paesaggio, che alcune scene a volo d’uccello richiedevano.”

The Aeronauts - Making of


E se questo come lavoro vi sembra già degno di nota, aspettate di sentire quanto è stato necessario ricreare per le scene di film ambientate in cielo.

Per tutto il film, le scene del cielo sono state mappate e progettate, per scorrere alla loro velocità di viaggio reale della mongolfiera, rispettando inoltre anche le altezze di volo.

Questo aspetto tecnico ovviamente ha permesso al team di animazione di sentire fin da subito la velocità e la spazialità delle scene, rispetto a come ad esempio il pallone aerostatico si sarebbe dovuto muovere nell’aria.

Lo stesso pallone aerostatico ha rappresentato una sfida non da poco. Il rig (ossia l’insieme di controlli di animazione) che è stato creato per l’occasione, doveva ricreare coerentemente di fatto un pezzo enorme di stoffa, riempito di gas, tenuto insieme da cavi, sempre in movimento ed in deformazione. 

In questo senso si è lasciato grande spazio alla simulazione. L’animazione tradizione è entrata in gioco infatti soltanto per aggiungere o sistemare piccole deformazioni sulla silhouette del pallone aerostatico. Il team di VFX ha letteralmente “gonfiato” il pallone dall’interno, facendo il modo che il tessuto spingesse da sotto le corde che tengono insieme il tutto, donando quindi un movimento estremamente realistico. Il controllo del movimento è quindi avvenuto principalmente modificando i parametri delle forze fisiche che entravano in gioco nella simulazione stessa.

Un altro protagonista delle scene in volo, oltre alla mongolfiera, è stato l’immenso ammasso di nuvole. Per la loro realizzazione, si sono usati sistemi di istanza, normalmente utilizzati ad esempio per la distribuzione di alberi o elementi naturali in un paesaggio.

E’ straordinario vedere quanto lavoro, cura, e amore per la propria arte digitale, sia celata dietro una simile produzione!

Per maggiori informazioni sulle varie fasi di lavorazione di questo lungometraggio, potete leggere l’intervista integrale a Christian Kaestner, all’indirizzo: https://www.artofvfx.com/the-aeronauts-christian-kaestner-vfx-supervisor-framestore/

Per vedere altri lavori della compagnia di effetti speciali Framestore, potete visitare il link: https://www.framestore.com

24.02.2020 # 5419
Metamateriali – La stampa 3D ed i materiali dalle multiproprietà

Ilas Web Editor //

Al di là del Cringe: Come “Sonic the Hedgehog” si è salvato dalla catastrofe

Sonic the Hedgehog ha da poco ottenuto il favore del pubblico di sala, dopo essersi quasi perso dietro un cattivo design

Ad inizio 2019 la Paramount rilascio uno dei più assurdi trailer di tutti i tempi, dando in pasto ad internet, il teaser di “Sonic the Hedgehog”. 

Sonic, una delle più amate icone al mondo dei videogame, è stato totalmente antropomorfizzato, con tanto di denti umani, occhi separati con una distanza proporzionale ai canoni di un viso normale e con un inquietante corpo allungato, fornito anche di polpacci e dita pelose.

Alcune settimane dopo l’uscita del trailer, il regista Jeff Fowler, ha twittato una posticipazione del film fino al San Valentino 2020. La giustificazione, neanche tanto lontana dal vero è che gli artisti del film, si sarebbero presi un po’ più di tempo per “renderete il design di Sonic, ancor più corretto”.

In questi giorni, il pubblico, ha avuto modo di vedere, come il character è stato infine  ridisegnato, ottenendo ad onor del vero, una critica molto positiva.

Sonic è diventato a tutti gli effetti il nuovo Re dei film sui videogiochibattendo ogni record di botteghino, per un film videoludico.

Incassando ben 57 milioni di dollari in 3 giorni, Sonic, ha battuto Pokemon: Detective Pikachu, ottenendo il mattoide sordo di sempre per un film di questo settore.

Il lavoro di re-design del personaggio è stato portato avanti da Tyson Hesse, tra l’altro già disegnatore dei fumetti di Sonic, pubblicati dalla Archie Comics, nonché designer della fantastica sequenza di introduzione, di Sonic Mania del 2017.

Scopriamo come è stato ridisegnato l’intero personaggio in questo interessantissimo video

 

Sonic - Prima e dopo il Restyling


Solo per il restyling di questo personaggio, il budget ha richiesto un contributo economico aggiuntivo di ben 5 milioni,per un totale di 87 milioni di dollari di lavorazione.

Pensate che il film è stato in fase di realizzazione fin dal 2013, e il nuovo design è stato portato avanti solo nell’ultimo anno!

Tuttavia il trailer uscito il 30 aprile di un anno fa  è stato così duramente attaccato dalla fan base, per le azzardate scelte di design, cosi pervasivo e profondo, che ha costretto il regista a tornare alle fase di pre produzione immediatamente. Il trailer su YouTube, è stato così un disastro da battere ogni record (negativo) di rapporto tra Like e Dislike, degli ultimi 3 anni, dell’intera piattaforma.

Con il secondo trailer con cui il registra riprova a conquistarsi l’amore del pubblico, riuscendo a vincere il pregiudizio e le preoccupazioni dei fan e riportando l’aspetto del porcospino azzurro a quello tanto amato del videogame.

Il film, spuntato nelle sale italiane lo scorso 13 febbraio, ed un giorno dopo in quelle Americane, ha ricevuto parecchi complimenti, sia per la performance del cast, che può avvalersi di un ritrovato Jim Carrey, ma anche della sua fedeltà al materiale originale. Gli effetti visivi, sono stati invece realizzati dalle compagnie di effetti speciali ILM, MPC, Blur Studio e Digital Domain. 

23.02.2020 # 5433
Metamateriali – La stampa 3D ed i materiali dalle multiproprietà

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Glace a l’eau – Un corto francese porta l’attenzione sullo scioglimento dei ghiacci polari

Opera di soli 3 studenti di animazione, Glace a l´eau mostra con una favola di amicizia, ciò che accade al polo

Il corto che vedrete qui in basso non è la intro di nessun nuovo feature film americano, ne tantomeno di una serie tv animata francese o canadese. No, nonostante la sua qualità possa far pensare altrimenti, “Glace a l’eau” è il corto realizzato da tre studenti francesi di un corso di animazione, come tesi di laurea.

Dalla fotografia alla scelta dei temi, dal design dei personaggi alla resa visiva, tutto rende questo corto degno dinota

 I tre registi del progetto, Mathieu Barbe, Damien Desvignes e Victor Hayé, oggi ci parlando del percorso realizzativo e di alcune scelte dietro la realizzazione del corto.

“Finito il nostro percorso di studi, necessitavamo per il nostro film di laurea, di creare un corto che ci legasse tutti. In questo senso, il tema dell’ambiente è stata una scelta unanime.

In particolare, il recente rapido scioglimento delle zone ghiacciate della terra, ci ha particolarmente colpiti.

Ecco quindi la scelta del tema del corto stesso.”

Dal punto di vista tecnico, nonostante il tema sia così nobile, la vita non era facilitata per la realizzazione di una storia simile.

“Dietro la domanda ”Come diamo vita ad un iceberg?”, si nascondeva una grande sfida tecnica. Del resto come si può umanizzare un enorme blocco di ghiaccio?”

Servivano dei riferimenti!

Lo stile generale del corto fa quindi l’occhiolino a corti premiati, come “Lava” o “Piper”, entrambi realizzati dalla Pixar e gli autori di questo corto non lo nascondono affatto.

“Questi due cortometraggi hanno sicuramente avuto un grande impatto! Per quanto riguarda Lava, è stato un riferimento necessario: a lungo abbiamo cercato riferimenti per un iceberg personificato, ma invano.

Il protagonista di Lava era quindi la scelta più vicina all’idea di personaggio che avevamo in mente. Ovviamente però tutto è stato riconsiderato in funzione del design e delle esigenze del personaggio che avevamo scelto. Ecco quindi la scomparsa della bocca.”

Glace a l´eau - Corto di Mathieu Barbe, Damien Desvignes e Victor Hayé

Abbiamo lasciato che a guidare la storia fosse proprio il carattere esuberante del personaggio principale, che in tutto il progetto si è evoluto molto, scelta dopo scelta, ma senza parole.

Questo  vincolo ci ha costretto a fare delle scelte ben precise. I vincoli di una storia senza parole ci ha obbligati a concentrarci sulla narrazione delle scene, piuttosto che sulla scrittura dei dialoghi. Questo ci ha permesso di rendere meglio l’aspetto cinematografico.

Il titolo del film, “ Glace a l’eau ” (in italiano “Ghiacciolo”), nasce dall’esigenza di voler mantenere un aspetto giocoso e illustrativo per far entrare in sintonia i più piccoli con questo tema estremamente attuale.

Il corto infatti voleva comunque divertire, nonostante sia curato principalmente come vetrina dimostrativa del Know-how che i ragazzi hanno acquisito nei loro anni di studio. Per la sua realizzazione è stato necessario complessivamente un anno e mezzo di lavoro. La produzione in se e per se è durata circa 7 mesi. Il restante tempo è stato dedicato alla parte di preproduzione, che integra la stesura della sceneggiatura, l’editing per l’animazione, ma anche gli schizzi preparatori, la ricerca di stili, i concept per le atmosfere, etc.

“Questo progetto ci è anche servito per lavorare in gruppo, comprendere i vincoli e le regole che incontreremo in campo professionale.”

Infine, relativamente al loro percorso scolastico, i tre registi spiegano alcuni punti importanti, utili per chiunque si stia approcciando alla computer grafica.

“Abbiamo studiato tutti questi anni, seguendo l’intero processo di creazione e realizzazione di un film di animazione. Siamo stato in grado di specializzarci negli ultimi anni, ma un approccio generalista è molto importante nel settore per conoscere il funzionamento ed i vincoli dei diversi settori con cui lavoreremo. “

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