Daria La Ragione //
Comunicare ai tempi del virus
tra sciacalli e lampi di genio
Tempi duri per tutti, con l’Italia in lockdown, le file a un metro di distanza per poter entrare dal fruttivendolo e le mascherine che costano come se le avesse disegnate Valentino Garavani.
Duri per le aziende e i professionisti, che stringono i denti e sudano freddo sapendo che, dal punto di visto economico, il peggio potrebbe ancora venire; per i ristoranti e i bar, anche e soprattutto quelli che hanno cercato fino all’ultimo momento di resistere; per non parlare dei medici e del personale sanitario.
Lo specchio di questo momento difficile sono i nostri social network: pieni di dubbi, informazioni contraddittorie, rabbia, paura. Chi fa il nostro lavoro in questi giorni non ha fatto che scrivere post che annunciavano la chiusura di locali e attività, con paura ma anche con la speranza che “più è dura, meno dura”. Qualche social media manager si è distratto e così ho continuato a leggere di un open day per la depilazione definitiva fissato per il 16 marzo. E fin qui c’è solo da sorridere.
Poi c’è stata la fiera del cattivo gusto: almeno due comprensori che invitavano a “respirare a pieni
Polmoni” o che offrivano sconti eccezionali ai ragazzi che, con le scuole chiuse, potevano andare a sciare!!!! Un sito che vendeva una maglietta “No alla quarantena, sì alle quarantenni” e svariate altre forme dal delirio al cattivo gusto di cui non vale la pena parlare oltre.
Preferisco invece citare tre esempi di comunicazione intelligente e ben fatta, dal più recente: tra tante campagne di sciacallaggio, ieri ho finalmente tirato un sospiro di sollievo vedendo che c’è anche chi non deve per forza venderti qualcosa anche ora. Lonely Planet, la più importante casa editrice di guide turistiche ha pubblicato questo post:
Semplice, responsabile, ben fatto. Avrebbero potuto invitare le persone a pianificare il prossimo viaggio, pensando a quando tutto fosse passato, non sarebbe stato un messaggio meschino; ma hanno preferito contribuire a informare le persone su ciò che davvero bisogna fare adesso. Restare a casa.
È del 6 marzo la seconda cosa buona di cui vorrei parlare: ci hanno pensato i ragazzi di Kàos Teatri, un’associazione teatrale che si occupa, tra l’altro, anche di formazione e che ha voluto dare un contributo personale spiegando come ci si debbano lavare le mani e per quanto tempo, non cantando “tanti auguri a te” come spiegava un medico ai bambini qualche giorno fa, ma recitando il Macbeth.
Infine, l’esempio di un grande imprenditore italiano, che ricorda per molti aspetti Adriano Olivetti e la sua capacità di tenere sempre a mente il lato umano delle cose: Brunello Cucinelli, stilista e imprenditore del cachemire, ha voluto scrivere – in tempi ben lontani dalla diffusion e del coronavirus in Italia – a un “amico cinese” una lettera piena di bellezza e di speranza, con la quale di può essere o meno d’accordo, ma che raccontano uno spessore umano e, di riflesso, un modo di fare impresa a cui dobbiamo guardare con ammirazione.
«Caro amico speciale, la tua Cultura Millenaria è quella che vive in te, quella che a te e a tutti noi, tuoi fratelli, dona la reciproca fiducia e la speranza nei tempi migliori. La storia dell’uomo è segnata da momenti di difficoltà, ma quanto è prevalso è stato sempre il nostro valore umano, la gioia di vivere nel Creato, di amarlo e di custodirlo. Questo è stato sempre decisivo per rialzare la testa e tornare a guardare le stelle, questo è stato sempre più importante delle preoccupazioni economiche.
La primavera della vita tornerà presto, e con essa torneremo, insieme alle nostre famiglie a respirare il profumo dei fiori, ascoltando il suono dolce e sereno del vento.»
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