Adelma Rago //
Alla scoperta di “Le Château du Tarot”, il nuovo cortometraggio di Matteo Garrone per la Maison Dior
Dopo “Le Mythe Dior”, il regista ci guida attraverso un percorso ammantato di bellezza, esoterismo e mistero…
Un antico castello, un mazzo di tarocchi e una giovane donna alla scoperta della propria identità: questi sono gli elementi di partenza del nuovo corto di Matteo Garrone per la Maison Dior, Le Château du Tarot.
Maria Grazia Chiuri - attualmente capo della Maison - ha scelto i tarocchi come tema centrale dell’intera collezione: un omaggio al suo fondatore e alla sua grande passione per la cartomanzia. Christian Dior, infatti, al di là di un personale percorso esoterico, trasse da essa - come pure dai numeri e dai simboli - ispirazioni e idee, per realizzare le proprie creazioni.
Per raccontare questa collezione, tanto misteriosa quanto suggestiva, la Maison Dior si è nuovamente rivolta a Matteo Garrone. Un matrimonio felicissimo quello tra il regista italiano e la casa di moda francese. Con Le Mythe Dior, realizzato per la collezione autunno/inverno, Garrone, aveva dato prova di essere pienamente a suo agio con il fantastico e le sue ambientazioni fiabesche, contribuendo a rendere al meglio l’affascinante connubio tra mitologia classica e storia della Maison.
Non a caso ne Il racconto dei racconti, adattamento cinematografico della raccolta Lo cunto de li cunti di Gianbattista Basile - come anche nel suo Pinocchio - Garrone aveva mostrato uno spiccato senso estetico nella composizione delle sue inquadrature, alcune di esse quasi paragonabili ad opere pittoriche, dotate altresì di un’intensa plasticità. Questa particolare cifra stilistica, ha reso Garrone il regista perfetto per Le Château du Tarot.
La storia narra di una giovane donna che, desiderosa di conoscere sé stessa, arriva in un antico castello e si affida alla saggezza di un’anziana cartomante.
Parte così il viaggio - o, per meglio dire, il percorso - della ragazza alla scoperta della propria identità: tra misteriosi corridoi e stanze magnificamente decorate, la fanciulla dovrà sciogliere gli enigmi di alcuni degli arcani maggiori che incontrerà e, solo alla fine, potrà ricongiungersi con sé stessa.
Garrone torna sul “luogo del delitto”, il Castello di Sammezzano, dove girò una parte degli interni del suo Tale of Tales. Superbo esempio di orientalismo, a pochi passi da Firenze, il castello contribuisce ad ammantare la narrazione di fascino e a dare, a chi osserva, l’impressione di trovarsi in un contesto sospeso tra il mistero e l´incanto.
Ma, bellezza della location a parte, è con la loro visione degli arcani maggiori che, tanto Garrone quanto la Chiuri, rivelano il proprio talento nel cinema, come nella moda.
Per questa collezione, Maria Grazia Chiuri, ha tratto ispirazione da un mazzo antico e prestigioso, quello Pierpont-Morgan Bergamo, uno dei tre mazzi Visconti-Sforza. Conservato nella biblioteca Pierpont-Morgan di New York, è il più recente dei tre mazzi viscontei - datato intorno al 1450 - e il più completo: dei 22 arcani maggiori, chiamati anche trionfi, solo due sono andati perduti. Quelli conservati, presentano uno sfondo oro e parecchi dettagli sull’abbigliamento dell’epoca. Proprio da questi si è lasciata ispirare la Chiuri, ma non solo.
I tarocchi viscontei, rappresentano un’opera d’arte unica: osservando i trionfi, è possibile notare come tutte le figure maschili abbiano sempre delle controparti femminili. Non a caso, la prima carta rivelata dalla cartomante, La Papessa, è emblematica in tal senso: una delle rare raffigurazioni a proporre una versione femminile del Papa.
L’equilibrio tra femminilità e mascolinità, è un tema che ricorre spesso in questo cortometraggio, eppure, al suo interno, l’assenza di attori/modelli di genere maschile è totale: anche trionfi come L’Appeso o Il Matto, sono interpretati da donne. Questa particolarità non è legata esclusivamente al tipo di collezione ma anche al suo significato, al valore simbolico del progetto: un omaggio alla donna e ai tanti volti della sua femminilità. E, in effetti, attraverso il suo percorso, la giovane donna imparerà ad abbracciare e ad accogliere ogni aspetto di sé stessa, compreso il suo lato mascolino.
L’ultima caratteristica da sottolineare è la profonda coerenza nella rappresentazione del senso dei trionfi, un senso che sia la Chiuri, con la sua collezione, che Garrone, con la sua regia e messa in scena, hanno restituito fedelmente. Un concept portato avanti fino in fondo da questi due artisti che, con Le Château du Tarot, confermano la loro straordinaria intesa professionale, regalando allo spettatore minuti di pura meraviglia.