Marco Maraviglia //
Sisma80, 23 novembre 19:34. Quel terremoto che è entrato nella storia italiana
A cura di Luciano Ferrara, un progetto iconografico che cerca un’ubicazione permanente per tramandare la memoria di un’esperienza collettiva
Quando i fotografi di Napoli partirono la notte
Il 23 novembre 1980 quel che è stato il più grande terremoto italiano a memoria dei viventi, provocò 2914 vittime accertate e oltre 280mila sfollati.
Alle 19.34 la terra tremò per novanta secondi in tutta la Campania danneggiando parecchi comuni dell’Irpinia alcuni della Basilicata e la scossa fu avvertita forte anche nelle regioni confinanti.
Un disastro di proporzioni immani i cui strascichi sono ancora evidenti in termini urbanistici e sociali.
Le linee telefoniche si erano interrotte ma grazie ai radioamatori si stabilirono ponti di comunicazione tra i comuni, i carabinieri e la Prefettura di Avellino per comprendere l’entità dei danni e organizzare i primi soccorsi.
Il giornalista Emilio Fede della RAI fu il primo a comunicare l’accaduto al tg1.
Quella stessa sera a Napoli ci furono vari fotografi che telefonarono a Umberto Sbrescia, noto commerciante di articoli fotografici tragicamente scomparso nel 2021. Gli chiesero esplicitamente di aprire il negozio per rifornirsi di pellicole perché intenzionati a partire nella stessa notte per raggiungere l’Irpinia.
Fu un tragico episodio che sviluppò una delle più grandi documentazioni fotografiche mai realizzate fino allora.
Per non dimenticare
La memoria della mente non possiede milioni di terabyte per ricordare tutto ciò che si legge, ascolta, vede. Non ricorda ogni dettaglio, ogni attimo della propria vita. Le fotografie aiutano a ricordare. Le fotografie sono custodi della memoria storica degli eventi che attraversiamo e ci mettono in contatto anche con ciò che non abbiamo vissuto di persona. Con eventi del passato, del presente e anche del futuro per quelle che saranno realizzate. Anche se fatti accaduti lontani da noi. Le parole descrivono, le fotografie raccontano mostrando. A volte non c’è bisogno nemmeno di una didascalia per una foto ma solo la data in cui è stata presa.
Gli archivi fotografici
Gli archivi fotografici sono un enorme patrimonio storico che è invece spesso bistrattato dai circuiti culturali, documentaristici, filologici, antropologici. Le ricostruzioni storiche sono fatte fruendo principalmente di biblioteche ed emeroteche pubbliche. Gli archivi fotografici risiedono per lo più presso luoghi privati dei fotografi o di loro eredi che li gestiscono, o ubicati in contesti inaccessibili.
Anche se esiste una piattaforma dei Beni Culturali che tende ad aggregare tutti i principali archivi fotografici nazionali, ci sono città che non hanno un archivio fotografico centralizzato e Napoli è una di queste.
Sisma80, 23 novembre 19:34
Luciano Ferrara, noto fotogiornalista freelance napoletano ideatore di Tribunali138 officina di varie attività fotografiche, avendo un senso civico sull’importanza degli archivi fotografici, in occasione del quarantennale del sisma del 23 novembre, intraprende l’iniziativa di allestire una mostra con immagini tratte dagli archivi di una gran parte di fotografi che seguirono l’evento.
La mostra, dopo un anno di progettazione, fu finalmente inaugurata negli spazi interni del Chiostro di San Domenico Maggiore a Napoli nel febbraio 2021.
Un lungo lavoro di ricerca iconografica. Negli anni alcuni fotografi che documentarono i disastri dell’Irpinia, ma anche di Napoli, erano ormai deceduti.
I fotografi ormai deceduti volevo a tutti i costi che fossero presenti in questa mostra, per onorare il loro lavoro dell’epoca oltre che omaggiarli come persone. Fotografi che hanno lavorato per mesi sul territorio.
Il contatto con i figli, gli eredi, spulciare gli archivi insieme a loro per ritrovare le fotografie più significative e che dessero una narrativa completa di quel periodo.
Con qualche difficoltà Luciano Ferrara riuscì a recuperare materiale di Antonio Troncone, Giacomo Di Laurenzio (detto Peppino), Guglielmo Esposito, Mario Siano (fotografi della Fotosud, agenzia fotografica interna a Il Mattino), di Franco Esse (detto Franchitiello), Gaetano e Franco Castanò della Press Photo, dell’Archivio Carbone e poi ancora di Luciano D’Alessandro, Mario Riccio oltre che di chi è ancora attivo come Mimmo Jodice, Sergio Del Vecchio, Pino Guerra, Guido Giannini, Giuseppe Avallone, Gianni Fiorito, Toty Ruggieri, Annalisa Piromallo, Massimo Cacciapuoti e lo stesso Luciano Ferrara.
Le immagini
Le fotografie di Sisma80 raccontano anche aspetti con toni surreali di quel dramma. Un’auto che trasporta una bara sul bagagliaio, gente inerte che fissa le case crollate con grande senso di impotenza, volti di disperazione che non hanno più lacrime, sezioni di partito allestite in tenda, accampamenti in autobus pubblici o nelle carrozze di un treno, un uomo in giacca e cravatta con scarpe lucidate e seduto su una sedia tra la folla, occhiali e sigarette fissate sulle gambe di un morto che sarà trasportato su quel che resta di una porta di legno.
Immagini che lasciano intuire anche quanto si fosse trovati impreparati di fronte a un evento di tale portata.
Ma scorre paradossalmente tanta vita nelle foto di Sisma80. Ragazzini che mordono la vita giocando con un pallone o una vecchia bici, nonostante il disagio per essere stati catapultati in un’altra dimensione facendoli crescere più in fretta.
Ed è tutto scritto, anzi fotografato. Testimonianze iconografiche che fanno e faranno sorgere anche in futuro non poche domande su quel che è stato fatto, come è stato fatto, cosa si sarebbe potuto fare per salvare qualche vita in più.
Il futuro di Sisma80
Mi capitò di visitare alcuni musei civici di Lisbona e in ognuno di essi c’erano ampie testimonianze del terremoto che la città subì nel 1755.
La cosa che però notai di Lisbona è che, evidentemente provati da quella drammatica ESPERIENZA, tutte le nuove opere urbanistiche pubbliche erano state realizzate antisismiche e comunque con una certa robustezza strutturale.
Questa è solo un’osservazione personale da geometra che non ha quasi nulla a che fare con questo articolo.
Ma la parola “esperienza” sì.
L’esperienza è memoria. E la memoria dovrebbe servire a cercare di non ripetere gli errori del passato.
Ma questa è un’altra storia.
Luciano Ferrara vorrebbe dare un futuro a Sisma80, come un padre che si preoccupa dell’avvenire della propria bambina. Vorrebbe che Sisma80 diventasse una testimonianza permanente ubicata in uno spazio fruibile a tutti. Perché rappresenta una parte dell’anima del territorio. Perché sintesi di un’esperienza collettiva che andrebbe condivisa anche con i posteri.
Il progetto consisterebbe anche nell’implementare il lavoro con tutto ciò che è venuto dopo il 23 novembre ’80: la ricostruzione. Cosa è cambiato negli ultimi 40 anni. Come si sono riadattate le famiglie sfollate. Quali riferimenti urbanistici sono rimasti: piazze, campanili, strade. L’impatto psicologico, sociale e culturale sui terremotati. E il materiale iconografico c’è. La strada da percorrere c’è.
Il libro
Sisma80 è anche libro, anzi, “il testimone” e Luciano Ferrara ha voluto che le oltre 100 fotografie, venissero stampate nel volume con gli stessi toni a basso contrasto della stampa dei quotidiani per rispettarne i grigi coi quali si era abituati a vederle.
All’interno vi sono contributi storico-sociali di giornalisti, urbanisti, storici tra cui Pietro Gargano, Francesco Romanetti, Isaia Sales.
È la traccia, di un drammatico evento, che resterà.
Sisma80. 23 novembre 19:34
A cura di Luciano Ferrara
Grafica di Gix Musella
Organizzazione di Sofia Ferraioli
Prodotto dall’associazione noos aps e tribunali138
Copertina flessibile
112 pagg.
F.to 23x1x28
Pubblicato il 22 dicembre 2020 da Iod edizioni