Luigi Colombo //
La potenza dell'influenza sociale, come usarla a nostro vantaggio
I nostri pensieri e le nostre opinioni personali determinano ogni scelta che facciamo. Ovvio, no? Peccato che sia un’idea sbagliata.
I nostri pensieri e le nostre opinioni personali determinano ogni scelta che facciamo.
Ovvio, no? Peccato che sia un’idea sbagliata.
Anche se non ne siamo consapevoli – o peggio fatichiamo ad ammetterlo – le persone intorno a noi hanno un’influenza enorme su ogni aspetto della nostra vita. Qualunque scelta facciamo, dal ristorante dove mangiare al prodotto da acquistare, perfino la scelta del parcheggio, è condizionata dall’influenza sociale.
Molti di voi, probabilmente, staranno pensando: «ok, ma io non mi lascio influenzare, lo faranno gli altri». È l’approccio più sbagliato da assumere. Processi e dinamiche proprie dell’influenza sociale si manifestano a prescindere dalla nostra intenzione di entrarvi in contatto. In un altro articolo abbiamo affrontato l’importanza di conoscere i principi alla base di queste “pressioni”, anche se non è questo il luogo per citare tutti gli studi che negli ultimi decenni hanno coinvolto scienziati e ricercatori di tutto il mondo su questi argomenti.
Quello che possiamo fare è avere la mente aperta per comprendere i meccanismi e la potenza dell’influenza sociale. Come utenti, per imparare a difenderci dalla persuasione tossica e discernere contenuti e comportamenti dannosi che affollano le piattaforme digitali. Come professionisti della comunicazione, per provare a usare questi meccanismi a nostro vantaggio. Attenzione, strutturarne la potenza, non vuol dire cadere negli stessi sbagli che vogliamo combattere con un approccio umano della tecnologia: i principi etici da rispettare sono un faro da seguire, sempre!
Per capire meglio i principi alla base dell’influenza sociale vorremmo consigliarvi due libri, entrambi best seller scritti da Jonah Berger professore di marketing alla Wharton School of the University of Pennsylvania, esperto di tendenze, marketing virale e contagio sociale.
In “Influenza invisibile - Le forze nascoste che plasmano il nostro comportamento”, Berger approfondisce la miriade di modi in cui gli altri influenzano ciò che facciamo: dalla tendenza umana all’imitazione, all’impulso che porta a differenziarci; ancora, il conflitto tra familiarità e novità e il valore che riveste la capacità di distinguersi dagli altri o come l’influenza sociale possa condizionare le nostre motivazioni. E lo fa con esempi pratici: problemi comuni affrontati da aziende e persone che l’influenza sociale può aiutarci a risolvere.
In un altro libro diventato ormai un riferimento del settore, Berger svela i meccanismi della trasmissione sociale e mostra i sei punti di forza che deve avere una campagna per rendere contagiosi prodotti e idee. Nel libro, che si intitola non a caso “Contagioso. Perché un'idea e un prodotto hanno successo e si diffondono”, individua sei ingredienti costanti di un contenuto che diventa argomento di discussione e da qui virale. Per farlo devono essere rispettati sei “STEPPS”: «poter fungere da valuta sociale, rispondere agli stimoli dell’ambiente circostante, saper suscitare reazioni emotive, avere visibilità pubblica e valore pratico ed essere inseriti in storie più ampie». Vediamoli nel dettaglio.
Valuta sociale (Social currency). Condividiamo quello che ci fa fare bella figura con gli altri – Vogliamo sempre offrire agli altri, ai nostri amici, una certa immagine di noi stessi, quella che contribuisce ad aumentare la nostra autostima. I fatti che veicoliamo, le opinioni che condividiamo, servono a nutrire la nostra immagine percepita, a rappresentarci come persone informate e, perché no, alla moda.
Stimoli (Triggers). Se è facile pensare a qualcosa, è facile parlarne – Il nostro cervello è abituato a lavorare per schemi ed euristiche: siamo quindi portati a ragionare per associazioni mentali e tanto più il meme (una unità di informazione culturale e mentale, analoga al gene) si assocerà a contenuti per noi familiari e che coinvolgono la nostra quotidianità, tanto più avrà possibilità di diffondersi ed essere condiviso. La familiarità, sottolinea Berger, conduce al gradimento.
Reazioni emotive (Emotion). Quando teniamo a qualcosa, lo condividiamo – Ragionando in termini generali, i contenuti contagiosi provocano in noi delle emozioni (positive o negative). Per innescare la scintilla, e creare contenuti virali, è essenziale creare forte emozioni.
Visibilità pubblica (Public). Se qualcosa è fatto per essere visibile, ha buone potenzialità di crescita – Berger riprende una regola molto diffusa negli anni ‘20 tra i manager americani (monkey see, monkey do) e ci ricorda che “la scimmia vede, la scimmia fa”.
Valore pratico (Practical value). Informazioni utili – Se un contenuto appare utile, con un immediato riscontro per i nostri interlocutori, è molto più probabile che questo venga condiviso. Se lo facciamo apparendo disinteressati e spinti da puro spirito “altruistico” ancora meglio.
Storie (Stories). Le informazioni si trasmettono con quelle che a prima vista sembrano semplici chiacchiere – Gli individui, scrive Berger, «non si limitano a condividere informazioni; raccontano storie» e tutte le storie contengono una morale e una lezione. In quelle che apparentemente possono sembrare semplici chiacchiere viene inserito il “Cavallo di Troia” che include le informazioni o le idee che vogliamo far passare. Il messaggio è ancorato saldamente alla storia elaborata che è impossibile, sottolinea ancora Berger, che «non possa essere raccontata senza che venga trasmesso anche il messaggio».
Berger ci aiuta così ad apprendere una serie di tecniche specifiche e, soprattutto attuabili, per fare il modo che il nostro messaggio, o la nostra campagna pubblicitaria, possa far presa sulle persone e soprattutto che siano loro stessi a condividerlo.