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Netflix ci ha abituato a serie inedite che raggiungono in pochissimo tempo l'olimpo delle produzioni di grandissimo successo, dunque non dovrebbe stupire troppo che la prima stagione di Heartstopper, la nuova serie tv britannica pubblicata in streaming sul canale abbia totalizzato nelle prime tre settimane ben 53 milioni e mezzo di ore visualizzate.
Dalla sua uscita internazionale lo scorso 22 aprile ha fatto registrare un incredibile successo di pubblico (nel momento in cui scrivo sono passati appena 23 giorni) e, cosa più importante, un praticamente unanime apprezzamento della critica per il modo in cui ha saputo raccontare con grande delicatezza ma allo stesso tempo estrema precisione e realismo quel mondo di sensazioni, emozioni, pensieri che tutti gli adolescenti LGBTQ+ vivono e hanno vissuto, indipendentemente dall'epoca in cui lo sono stati.
Si perché oltre che appassionare gli spettatori adolescenti, ha travolto letteralmente tutti coloro che adolescenti non lo sono da un pezzo ormai e che hanno ritrovato nelle vicende di Nick e Charlie, i due protagonisti, interpretati rispettivamente dai bravissimi Kit Connor e Joe Locke, la rivincita per una vita che avrebbero voluto e dovuto vivere alla luce del sole e che invece, per motivi legati ai tempi niente affatto pronti ad affrontare il tema della omosessualità, non si sono mai sognati di rendere pubblico. Come dire: Cavolo, ecco cosa ho passato, i miei tormenti e le difficoltà, i segreti e adesso tutti finalmente possono vederlo, e possono comprendere quanto sia stato difficile tenere tutti i pezzi insieme e andare avanti.
Il motivo per cui ce ne occupiamo però riguarda il fatto che questa serie, e il suo straordinario successo, nasce in realtà dalla matita di Alice Oseman, classe 1994, scrittrice ma soprattutto illustratrice con base nel Kent in Inghilterra, che ha realizzato un Graphic Novel, Heartstopper –attualmente distribuito in 4 volumi in Italia da Mondadori– da cui è stata tratta la serie.
Il concept grafico è pensato come uno storyboard, (chissà se nei suoi sogni Alice avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe andata così!) con inquadrature dal taglio cinematografico, il ritmo è sempre alto grazie al sapiente gioco dei ballon che seguono l'enfasi del racconto con giochi di grandezze, spessori, ed un segno grafico freschissimo, che conserva (per fortuna) tutta la leggerezza di una solo apparente improvvisazione.
L'aspetto però più entusiasmante è che il suo ruolo non si è fermato alla stesura del racconto, ma è stato determinante sul set per tutto il tempo delle riprese per mantenere intatta l'autenticità della narrazione tanto che, tra i giochi preferiti dai già numerosi fan, c'è la sovrapposizione delle scene disegnate con quelle riprese, segno che Alice ha centrato davvero il segno e questo non può che dipendere dalla totale concentrazione e dedizione alla storia come lei stessa confessa nelle note del volume 1.
IL CONCEPT
Da sempre luogo dalla spiccata leggibilità e figurabilità, Napoli racconta la sua storia nei secoli attraverso una immagine collettiva, pubblica, comune a tutti i suoi abitanti.
Indipendentemente dal significato sociale o storico di molte sue aree, il tessuto urbano della città concentra una quantità di segni immediatamente e chiaramente riconoscibili che, nel tempo, hanno consentito di facilitare la sua identificazione visiva e la sua strutturazione, permettendo di sviluppare un atteggiamento da parte non solo degli abitanti ma anche dell'osservatore occasionale di immediate sense of belonging, quella familiarità difficile da codificare eppure così fortemente percepita.
Alcuni spazi però e in special modo le periferie, cresciute un po' ovunque in Italia in funzione di una urgenza abitativa, restano fuori da questo racconto e, sebbene siano state quasi sempre oggetto di interventi di pianificazione urbanistica e architettonica, sembrano non riuscire ad esprimere il potenziale narrativo ed acquisire quel vocabolario di segni capace di esprimere la specificità del luogo.
In questo progetto della Fondazione Made in Cloister, su incarico dell'associazione Estramoenia, si è voluto indagare se nell'infinito universo di sguardi e di storie che raccontano visivamente questi spazi, esistono percorsi non ancora esplorati che conducono ad immagini inedite, capaci di arricchire la narrazione di questo luogo con elementi che nel tempo e nello spazio possano ancora costituirsi come simboli, nuovi segni significanti non soltanto per il luogo ma per la vita umana.
LA MOSTRA
I fotografi, 10 studenti provenienti dal Corso di Fotografia Professionale dell'Accademia di Comunicazione ILAS, selezionati dalla curatrice Arch. Federica Cerami, dopo un workshop curato dal Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli Federico II seguito da un sopralluogo sull'area individuata (compresa a Nord dalla linea ferroviaria Napoli-Salerno ed a Sud dalla fascia costiera dal Porto di Napoli a San Giovanni a Teduccio, a Ovest dalla zona orientale del Centro Storico di Napoli (Via Carbonara e Porta Capuana), ed ad Est dal Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura della Federico II e la iOS Academy) hanno sviluppato un breve racconto fotografico di tre scatti e, tra tutte le proposte ricevute sono state scelte 10 immagini che compongono la mostra EAST SIDE STORIES che si inaugurerà il 17 novembre negli spazi della Fondazione Made in Cloister.
Il progetto si chiuderà con la proclamazione, al termine della mostra, dello scatto vincitore del contest che si aggiudicherà un premio di 1000,00 euro mentre una menzione speciale sarà assegnata all'opera che nel corso dell'esposizione avrà raccolto il maggior numero di pubblicazioni su Instagram (@fondazionemadeincloister ed #eastsidestories).
Gli scatti in mostra potranno essere acquistati e il ricavato contribuirà agli scopi dell’Associazione Estramoenia.
Info:
17 NOVEMBRE 2021
ore 12.00
Fondazione Made in Cloister Piazza Enrico De Nicola n.48, Napoli
Un racconto fotografico dell’area orientale di Napoli creato attraverso la visione di 10 studenti dell’istituto di fotografia ILAS di Napoli.