
Marco Maraviglia //
Antologica di Robert Doisneau al Camera di Torino fino al 14 febbraio 2023
Oltre 130 fotografie ai sali d‘argento, video-interviste e incontri percorrendo la vita del fotografo e di Parigi
Il bacio
«Fermi, fermi lì per favore! Me la rifate?... Non guardate in macchina!!!». Click.
Quante volte sarà capitato a un fotografo, reporter o di matrimoni, di non avere puntato in tempo una scena con l‘obiettivo e chiedere di simulare nuovamente un‘azione. Magari sistemando qualche dettaglio come l‘inclinazione del cappello indossato dal soggetto o chiedendo di rilassare le dita delle mani. Ed è, più o meno, quel che fece Robert Doisneau quando scattò la foto del Bacio davanti all‘hotel De Ville.
Un‘icona della Fotografia entrata nell‘immaginario collettivo che può competere solo con immagini come il ritratto di Che Guevara scattato da Alberto Korda o anche con il bacio di Klimt o quello di Francesco Hayez, se vogliamo trovare analogie con la pittura.
Il bacio di Doisneau, pubblicato su Life nel 1950, fu portato in tribunale nel 1992 da una coppia che sosteneva essere oggetto della foto scattata senza il loro consenso. Fu a quel punto che il fotografo ammise che quella foto fu scattata chiedendo di ripetere la scena che gli era appena sfuggita all‘obiettivo. Ma a un‘altra coppia. Il giudice respinse l‘accusa. Nel 1993 si fece viva Françoise Bornet la donna della coppia effettivamente ritratta che possedeva una stampa di quello scatto, autografato dallo stesso Doisneau. Curiosità: nel 2005 Bornet vendette quella foto per oltre 150mila euro.
Per tutta la vita mi sono divertito a fabbricare il mio piccolo teatro… io non fotografo la vita reale, ma la vita come mi piacerebbe che fosse.
Un fotografo umanista
Nato a Gentilly, nella periferia parigina dove preferiva fotografarne la condizione umana.
Iniziò a dedicarsi alla fotografia dal 1929 e il suo primo lavoro fu come fotografo industriale e pubblicitario per la Renault fino al 1939.
Il suo stile estetico si definì fin dagli inizi con il suo modo di fare reportage teatralizzando la realtà. Se riusciva a falsificare documenti per i membri della Resistenza grazie alle sue conoscenze di litografo apprese prima di diventare fotografo, non gli doveva essere difficile falsificare la realtà. Ma per lo più i suoi erano falsi fotografici “gentili” perché non erano altro che un potenziare, esaltare qualcosa che comunque accadeva per le strade, nelle Banlieu parigine. Momenti di vita che se non avesse “falsificato” sarebbero probabilmente passati inosservati a chi avrebbe guardato i suoi scatti.
Bambini, donne, coppie, lavoratori, gente comune e genuina di periferia. Attimi di passaggio della vita di strada visti con l‘innocenza e la voglia di giocare di un bambino perché era quello il mondo che voleva vedere e mostrare.
L‘era della fotografia prima di lui documentava principalmente personaggi famosi, paesaggi urbani o naturali. Doisneau fu tra i principali esponenti della fotografia umanista, corrente francese nata dopo la guerra che mostrava particolare attenzione alla vita della gente di una società del dopoguerra che andava ricostruendosi.
Il suo occhio aveva uno sguardo spesso ironico ma mai offensivo. Tenerezza, amore, gioco, goliardia, caratterizzano le sue foto.
Il 1949 fu la nascita del programma televisivo statunitense di Candid Camera. Ma nel 1948 Doisneau già aveva sperimentato il meccanismo dell‘occhio indiscreto puntando una fotocamera su treppiedi nascosta oltre la vetrina della galleria d‘arte Romi, con la complicità dell‘amico Robert Giraud. Realizzò la serie Lo sguardo obliquo. Un dipinto di un nudo esposto in vetrina diede la possibilità di cogliere espressioni spontanee ed esilaranti dei passanti che gettavano lo sguardo su quel quadro posto di lato. Non sapendo di essere fotografati.
Fotografo per Vogue
E quando gli fu chiesto di collaborare per Vogue, mantenne lo stesso stile ironico nel documentare feste e cerimonie del mondo aristocratico e borghese parigino. Attimi fuggenti non costruiti, non in posa, tutto grottescamente e ipocritamente vero, e che ricordano le incisioni satiriche di Honoré Daumier.
Fotografie che comunque hanno mostrato scene della vita ricca di Parigi che prima poteva solo essere immaginata perché mai documentata fino a quel momento.
Quel periodo lo definì un “incidente di percorso”, qualcosa di cui non gliene importava un granché pensando che le foto di quella serie sarebbero state dimenticate. Sbagliandosi.
Probabilmente è stato anche il primo a realizzare servizi di moda in strada. Sempre in maniera reportagistica. Un genere di fashion-photography mai più tramontato.
Per se stesso
A Robert Doisneau piaceva fotografare come un appassionato fotoamatore senza lasciarsi condizionare dalla committenza. Ricercando principalmente il proprio piacere nel fotografare. Se allepoca c‘era chi usava già fotocamere maneggevoli da poco entrate nel mercato, lui preferiva, anche per il fotogiornalismo di strada, continuare a usare la 6x6 che gli consentiva l‘opportunità di avere una maggiore scelta per i crop in fase di stampa dei suoi scatti e anche per non farsi notare nel momento del click grazie al mirino a pozzetto.
Per lui scrittori come gli amici Jacques Prévert, Blaise Cendrars e lo stesso Giraud, furono quelli che gli insegnarono a vedere attraverso le loro metafore.
Quando trovavo un‘immagine pensavo a uno di loro, che poi era il primo a cui la mostravo. Un po‘ glielo dovevo, poiché erano stati loro a insegnarmi a vedere.
Fu considerato con H. C. Bresson il fondatore del fotogiornalismo di strada che oggi “chiamano” street-photography.
Per se stesso sperimentò un certo modo di fare installazioni contemporanee. Aveva una gran quantità di foto prese dal Pont des Arts dove andava spesso. Ne stampò diverse in mini-formato attaccandole sulle piastrine di un diamino, il corrispettivo del nostro “paroliere”. Alcune le divise per poterle poi ricomporre. Realizzò un patchwork di quadratini fotografici che, quando vide di aver raggiunto una certa armonia, lo riprodusse in formato più grande sottoponendo una stampa unica del Pont des Arts. Anche quello era il suo modo di giocare con la realtà. Estratta in maniera minimalista e da ricomporre tassello per tassello.
Mio padre si prendeva gioco della realtà di cui, in fondo, gli importava poco. A partire dalla realtà inventava un mondo più dolce, più tenero, più armonioso, più fraterno.
- Francine Deroudille, figlia di R. Doisneau
Robert Doisneau muore nel 1994 a 82 anni. In vita una volta misurò il suo successo in secondi:
300 foto a 1/100 di secondo. Tre secondi di successo in 50 anni. C‘è poco da congratularsi.
La mostra
La mostra presenta oltre 130 fotografie ai sali d‘argento in un percorso che comprende le sue immagini più iconiche insieme a scatti meno noti ma altrettanto straordinari, selezionati fra gli oltre 450.000 negativi di cui si compone il suo archivio.
La mostra si articola in 11 sezioni tematiche:
Bambini, 1934 - 1956
Occupazione e Liberazione, 1940 - 1944
Il dopoguerra, 1945 - 1953
Il mondo del lavoro, 1935 -1950
Il teatro della strada, 1945 - 1954
Scene di interni, 1943 - 1970
Portinerie, 1945 - 1953
Ritratti, 1942 - 1961
Una certa idea della felicità, 1945 -1961
Bistrot, 1948 - 1957
Moda e mondanità, 1950 - 1952
Completa l‘esposizione, un‘intervista video al curatore Gabriel Bauret e la proiezione di un estratto dal film realizzato nel 2016 dalla nipote del fotografo, Clémentine Deroudille: Robert Doisneau, le révolté du merveilleux (Robert Doisneau. La lente delle meraviglie).
ROBERT DOISNEAU
A cura di Gabriel Bauret
Con la collaborazione dell‘Atelier Robert Doisneau
11 ottobre 2022 – 14 febbraio 2023 | Aperti tutti i giorni
CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia
Via delle Rosine 18, 10123 - Torino www.camera.to | camera@camera.to
Biglietti
Ingresso Intero € 12
Ingresso Ridotto € 8, fino a 26 anni, oltre 70 anni
Sconti e convenzioni: contattare www.camera.to | camera@camera.to
Robert Doisneau: Un regard oblique, Paris 1948 © Robert Doisneau
In copertina:
Robert Doisneau: Le baiser de l’Hôtel de Ville, Paris 1950 © Robert Doisneau