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10.09.2024 # 6446
Magigonie: Tra il Reale e l’Immaginario, una Sospensione del Giudizio

Angelo Scognamiglio //

Magigonie: Tra il Reale e l’Immaginario, una Sospensione del Giudizio

dal 19 settembre al 9 novembre 2024 presso la Galleria Maja Arte Contemporanea

“Il mondo si divide in ciò che è visibile e in ciò che è invisibile, ma è l’invisibile che dà senso al visibile.” (Jorge Luis Borges)

A Roma, in via di Monserrato 30, giovedì 19 settembre 2024, si apre un varco tra questi due mondi citati da Borges, con MAGIGONIE, la terza personale di Pierre-Yves Le Duc alla Galleria Maja Arte Contemporanea. Un’esperienza che non si limita a essere una semplice mostra, ma un’esplorazione profonda, un viaggio attraverso città e visioni che sfumano tra il reale e il possibile. Dal celebre Grand Tour attraverso 22 città italiane — da Roma a Venezia, passando per Napoli e Firenze — fino a due eccezioni francesi, Parigi e Cannes, Pierre-Yves Le Duc disegna una mappa mentale più che geografica. Come Italo Calvino suggerirebbe, queste città non sono semplici luoghi ma riflessi dell’anima, specchi di un mondo interiore che si rivela attraverso il frammento, il dettaglio.

MAGIGONIE, neologismo coniato dall’artista, nasce dalla sedimentazione di una ricerca precedente, APPARATO (2013-2016), che ha prodotto una mole quasi labirintica di 12.000 disegni, tra cui 2.000 fogli di scarto. Eppure, come ricorda Le Duc, “non vi è mai un vero scarto in arte, ma solo un’attesa, un latente desiderio di risignificazione”. Così, da questi frammenti sospesi, l’artista crea i collage che costituiscono MAGIGONIE, accostando cartoline degli anni ’30-’50 a dettagli del proprio lavoro precedente. Il risultato? Un’esplorazione che, estrapolando da una citazione di Borges, ci mostra che “l’universo si compone di un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie...”

Le opere in mostra non indagano la “magia dell’arte” ma, piuttosto, l’arte della magia. In un processo che ricorda i più grandi maghi della parola e dell’immagine, come Eco, Le Duc riesce a sovvertire la nostra aspettativa sensoriale e cognitiva. Le immagini e i frammenti si mescolano creando un orizzonte d’attesa che confonde e rivela allo stesso tempo. Come osserva Alfredo De Dominicis, critico che ha seguito da vicino il lavoro di Le Duc, “siamo di fronte a un eterno ritorno: il mondo che conosciamo, con i suoi monumenti e le sue icone, si riflette in un caos primordiale, o forse post-umano. E in questo specchiarsi, la domanda che emerge è: quale dei due mondi è il vero?”

Pierre-Yves Le Duc sembra muoversi lungo un percorso che potremmo definire epistemologico. La sua opera sfida la conoscenza convenzionale, chiedendoci di guardare oltre l’evidenza, di cogliere quel “fuori quadro” che svela non solo la composizione artistica, ma anche il processo stesso della visione. La cartolina, strumento di una memoria spesso sbiadita, diventa in MAGIGONIE il portale verso un mondo parallelo, dove “ogni cosa appare sotto una luce diversa” (come avrebbe detto l’Alighieri).



La mostra diventa così non solo un’esplorazione estetica, ma anche un’indagine ontologica sulla natura stessa dell’immagine e della sua percezione. In fondo, come ci insegna Platone nel “Mito della caverna”, ciò che vediamo non è mai la realtà, ma soltanto le ombre di essa. Le Duc si inserisce in questa tradizione filosofica, invitandoci a interrogarci su ciò che è reale e ciò che è immaginario, su ciò che è ricordo e ciò che è invenzione. Il confine tra i due diventa evanescente, e forse, come suggerirebbe Eco, la verità non è altro che una “foresta di simboli” nella quale ci perdiamo e ritroviamo di continuo.

MAGIGONIE sarà visibile dal 19 settembre al 9 novembre 2024 presso la Galleria Maja Arte Contemporanea. Qui, nell’oscurità e nella luce delle sue opere, si manifesterà quella “lieve vertigine” di cui parlava Borges, la sensazione che, in fondo, tutto ciò che esiste potrebbe essere al tempo stesso illusione e verità.

09.10.2024 # 6458
Magigonie: Tra il Reale e l’Immaginario, una Sospensione del Giudizio

Ilas Web Editor //

Enzo Cref e la Tipografia Metropolitana: tra Scrittura, Arte e la Caotica Bellezza del Mondo Urbano

Dal 12 ottobre al 16 novembre / Hard2Buff Warehouse Gallery Napoli - Via Nuova delle Brecce, 114 Centro Neapolis, 6

Napoli, una città che si districa tra il sublime e l‘apocalittico, apre le sue braccia all‘arte contemporanea di Enzo Cref, con una mostra dal titolo tanto altisonante quanto provocatorio: TIPOGRAFIA METROPOLITANA™. E già dal titolo ci troviamo di fronte a un dilemma esistenziale degno di Freud: è possibile che la tipografia, un mondo di ordine e precisione, possa realmente convivere con l’anarchia metropolitana? A quanto pare, per Cref, sì. Dal 12 ottobre al 16 novembre, presso la Hard2Buff Warehouse Gallery, questa dicotomia prenderà forma. Il titolo stesso, per non parlare del ™ che chiude la frase con un tocco quasi kafkiano, sembra volerci dire: “Qui si sigilla un patto tra il passato e il futuro, tra l’arte e la città.”

Le origini: dall‘Antica Grecia al Bronx, con una tappa a Napoli

Ora, non lasciatevi ingannare dall’uso della parola "tipografia". Non stiamo parlando della classica bottega di Gutenberg, con i suoi caratteri mobili e l’odore inebriante di inchiostro fresco. No, TIPOGRAFIA METROPOLITANA™ è molto più vicina a ciò che Walter Benjamin chiamava l’“aura” dell’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, un concetto che qui viene remixato in un affresco visivo di graffiti, insegne luminose e schermi ipnotici. Napoli diventa così la città palinsesto dove ogni traccia, ogni segno lasciato su un muro, è il frutto di un’umanità in perenne conflitto con il tempo, la storia e, naturalmente, il traffico.

Cref, artista nato a Napoli nel 1983, ha vissuto il mondo come se stesse girando un film di Jean-Luc Godard, dove ogni lettera sul muro è una citazione e ogni opera è una sfida. Nel suo immaginario, la città diventa un gigantesco laboratorio semantico: le lettere diventano forme, le parole si trasformano in segni e la tipografia – intesa nel senso etimologico greco di týpos (impronta) e gráphein (scrivere) – non è più un atto meccanico, ma una poesia visiva. Qualcosa di simile a ciò che Borges avrebbe immaginato se si fosse avvicinato all‘arte del graffiti invece che alla letteratura.



Scrittura e caos: il lungo cammino del graffito verso l‘arte e la grafica

Se Hegel fosse vivo oggi, e avesse una bomboletta di vernice spray, probabilmente la userebbe per spiegare la dialettica dello spirito nelle città moderne. E non è un caso che Enzo Cref abbia iniziato il suo percorso proprio come writer, negli anni ‘90, quando la cultura underground di New York già faceva eco a Napoli. Il Bronx era lontano geograficamente, ma la ribellione del writing non conosceva confini. Così Cref cominciò a trasformare le strade di Napoli in un testo visivo in progress, dove ogni muro diventava una pagina di un romanzo in continua evoluzione.

Come Nietzsche, che scrisse Al di là del bene e del male, anche Cref ha attraversato il bene e il male del paesaggio urbano. Le sue lettere non sono solo segni grafici, ma racconti frammentari di una vita vissuta tra il caos metropolitano e la ricerca di un ordine interiore. Le sue parole dipinte sui muri hanno la stessa potenza delle sentenze lapidarie di Wittgenstein: “Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.” Ma tacere non è mai stata un’opzione per Cref, che ha sempre preferito urlare il suo messaggio, a volte letteralmente, con spray e pennelli.

Ma l‘approccio di Cref non si ferma ai graffiti: la sua formazione si estende al graphic design, ambito in cui ha saputo applicare la stessa sensibilità tipografica e visiva. Con una laurea specialistica in Arti Visive e un‘intensa carriera come art director, ha contribuito a progetti di branding e visual identity, riuscendo a fondere l‘immediatezza del writing con la precisione richiesta dal mondo della grafica. Ha lavorato per clienti locali e nazionali, creando identità visive che portano l‘impronta della sua esperienza urbana, e progettando cataloghi d‘arte e materiali editoriali con la stessa attenzione al dettaglio che dedica alle sue opere murali.



Un marchio di fabbrica che non si chiude mai

Eppure, ecco che arriva il ™. Il trademark, il simbolo che sigilla e allo stesso tempo apre un nuovo capitolo. Se Andy Warhol ha fatto del branding una forma d’arte, Enzo Cref prende quel simbolo di potere economico e lo trasforma in un atto di rivendicazione artistica. Non si tratta solo di rivendicare l’esclusività di un’opera, ma di mettere un punto fermo, un “punto e a capo” su un ciclo creativo, per iniziarne uno nuovo. Come direbbe Derrida, ogni chiusura è solo l’inizio di una nuova decostruzione.

Hard2Buff Gallery diventa allora la cornice perfetta per questo dialogo tra passato e futuro. Fondata nel 2022 in un magazzino industriale, la galleria è la quintessenza del moderno: un soppalco che sovrasta lo spazio di un deposito di vernici spray Montana Cans, una sorta di “bottega rinascimentale” dell’arte urbana. Ed è proprio in questa cornice che Enzo Cref presenta le sue opere: lettere che danzano nel caos urbano, scritture che raccontano la complessità della vita moderna, un flusso visivo incessante che rimanda alla Comédie Humaine di Balzac, ma con un tocco decisamente più pop.



La mostra: dove la città diventa linguaggio visivo

E alla fine cosa ci resta? Una città. Una città fatta di parole, di lettere, di segni, di significati stratificati. Ogni angolo della mostra TIPOGRAFIA METROPOLITANA™ ci racconta di come la scrittura urbana possa diventare un linguaggio visivo in continua evoluzione, un po‘ come quel flusso ininterrotto di coscienza che Joyce usava per descrivere Dublino. Qui però non parliamo di Ulisse, ma di un artista che, attraverso il lettering e la grafica, ci racconta la vita urbana, con le sue contraddizioni, le sue bellezze e le sue ombre.

Enzo Cref non è solo un artista, è un filosofo della città, un decostruzionista visivo che trasforma la realtà quotidiana in arte. Come avrebbe detto Marshall McLuhan, “Il medium è il messaggio,” e in questo caso, il medium di Cref è la città stessa: una tela vivente su cui scrivere, cancellare e riscrivere, in un ciclo infinito di creazione e distruzione. Il suo lavoro con il graphic design non fa che rafforzare questa visione, permettendogli di costruire un dialogo tra l‘espressività spontanea del writing e la disciplina della comunicazione visiva.



Conclusione: una città che ci parla

Alla fine, la domanda è: cosa ci dice la città? La risposta è semplice: tutto e niente. Come una vecchia battuta di Woody Allen, che diceva di non voler mai entrare a far parte di un club che l’avrebbe accettato come membro, anche la città ci accoglie e ci respinge allo stesso tempo. Ma è proprio in questo paradosso che Enzo Cref trova il suo spazio creativo, trasformando la tipografia metropolitana in un manifesto esistenziale.

Non resta che visitare la mostra, magari con un po’ di ansia esistenziale in tasca e un occhio attento ai dettagli. Perché, come direbbe Kierkegaard, la vita può essere compresa solo all‘indietro, ma va vissuta in avanti.


TIPOGRAFIA METROPOLITANA™
WRITING / ARTE / COMUNICAZIONE VISIVA


Mostra personale di Enzo Cref
A cura di Annalisa Ferraro

Hard2Buff Warehouse Gallery
Napoli - Via Nuova delle Brecce, 114
Centro Neapolis, 6

Dal 12 ottobre al 16 novembre
Opening 12 ottobre, dalle 17.00 alle 21.30




BIOGRAFIA DELL’ARTISTA


Enzo Cref nasce a Napoli nel 1983. Art director, designer e artista multidisciplinare, il suo lavoro spazia tra pittura, grafica, installazione e video.
Inizia come writer a fine anni ’90, negli anni dipinge e sperimenta con le lettere, dai primi anni 2000 con la computer grafica.
Si laurea con lode in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Napoli con specializzazione in Arti Visive, finalista in diversi premi tra cui il Premio Dams sezione Arte. Negli anni espone le proprie opere in sedi private e istituzionali tra cui la Reggia di Caserta, la Pinacoteca Nazionale di Bologna, l’Archivio di Stato di Napoli ed il Complesso di Santa Sofia di Salerno.
Nel 2021 è tra i nove artisti campani scelti per il progetto Art&more, per il quale realizza un’opera di 11x30 metri su tela in PVC, installata sulla pavimentazione del lungomare Caracciolo di Napoli, dal titolo “Il labirinto di Partenope”, della quale viene poi realizzata un’opera su tela e una stampa fine art in tiratura limitata.

Parallelamente all’attività artistica, lavora dal 2003 come designer e art director, realizzando brand identity, progetti editoriali e packaging. Ha creato artwork per i dischi di diversi artisti; ha diretto come regista alcuni videoclip, soprattutto nel mondo Hip Hop, al quale è legato avendo fondato lo storico gruppo napoletano Capeccapa, con il quale nel 2013 ha pubblicato anche un disco ufficiale.
Dal 2020 è docente di Progettazione Grafica presso l’Accademia di Comunicazione ILAS di Napoli. Ha tenuto workshop e seminari sul visual design ed è membro dell‘Art Directors Club Italiano. Recentemente ha progettato il catalogo e la comunicazione visiva per la mostra IABO 20th presso il Pan Palazzo delle Arti di Napoli, ricevendo una short list come finalista nella Design Competition dalla rivista americana Communication Arts.

www.crefstudio.com
info@crefstudio.com
crefstudio@gmail.com




25.09.2024 # 6453
Magigonie: Tra il Reale e l’Immaginario, una Sospensione del Giudizio

Marco Maraviglia //

JR loves Napoli: The Chronicles of Naples

Il fotografo artivista parigino a Napoli per una installazione site specific sulla facciata del Duomo

Maggio 2025

Qualcuno attacca sulla facciata del Duomo immagini che ritraggono alcuni napoletani.

Qualcuno decanta questa installazione site specific composta da un collage fotografico in maxi stencil.

Qualcun altro grida al sacrilegio, alla dissacrazione del massimo monumento ecclesiastico di Napoli.

È un social tormentone.

È street art. È stencil art. Murales con carta e colla. Alla Banksy, Ernest Pignon, Zilda, per intenderci.

È un modo per mostrare un certo affetto verso un luogo, una città.

È il rilievo, il carotaggio di una parte degli abitanti della città contemporanea portandone alla ribalta cronache, storie che sono la materia che formano il corpo pulsante di Napoli.

 

Poi passerà qualche giorno, settimane forse, e ci dedicheremo a qualche altra notizia del momento.

Perché la pioggia staccherà man mano l‘installazione. Perché forse sarà la Curia a rimuovere il tutto dopo un certo lasso di tempo.

Perché l‘opera è effimera e resteranno solo le foto, i video, articoli cartacei o digitali come questo, a documentare l‘ennesima piccola e grande follia urbana di un artista che viene da Parigi.

È stato JR! Uno degli artisti internazionali più noti del momento. Un menestrello dell‘arte che “canta” in pubblico usando muri e facciate monumentali.

È Public Art ma non invasiva perché innanzitutto temporanea. Effimera.

 

24 settembre 2024

Piazza Dante. Esterno giorno.

C‘è un set con pedana in un box, fondale verde, luci bank, microfonista con lunga asta per microfono antivento, assistente con il nagra; una decina di persone tra responsabile comparse, location manager, segretaria di edizione, aiuto regia, assistenti e chi volete voi. A circa 10 metri c‘è un altro box con un operatore fotografo che riprende con una fotocamera e, tramite un capture camera, passa già le immagini in bianconero per bilanciarle tutte tra di loro, in tempo reale, con la stessa scala di grigi.

Seduto sotto al set, c‘è JR che osserva la gente che non si ferma in posa. Ha il suo abituale cappello nero e occhiali scuri, visiona da un monitor la scena. Dietro di lui c‘è un tabellone con un prospetto tecnico della facciata del Duomo dove è appuntata una piccola simulazione con alcune foto già scattate, stampate e ritagliate lungo i bordi dei soggetti ritratti.

Da un altro lato le comparse attendono. Di farsi fotografare. Raccontare un po‘ la loro storia.

 

Cerco di entrare in contatto con un responsabile dell‘ufficio stampa o con qualcuno per avere qualche notizia tecnica ma sembra che non ci sia. Forse non ce n‘è bisogno. Perché il tutto sarà raccontato nel maggio 2025.

 

 

JR alla ricerca dell‘identità urbana

Quando vidi nel 2011 il video di un suo monologo su TED Ideas Changing Everythings, collocai JR in quella cerchia che definisco “Artisti Utili”: tra un Joseph Beuys con le sue 7.000 querce e un Daumier o Théodore Géricault che non temevano le ripercussioni del governo francese che contestavano; tra un Picasso con Guernica che denunciava il massacro della guerra civile e certi designer della Fun Theory.

Nel 2008 era entrato in contatto con le donne delle favelas brasiliane. Si era fatto raccontare le loro storie dure e di stenti. Le fotografò e stampò quei ritratti in maxi formato ricoprendo le facciate e i tetti delle abitazioni. In quel periodo, si dice, l‘indice di criminalità nella zona si abbassò. Perché ci fu uno scatto d‘orgoglio identitario della popolazione. La “teoria della finestra rotta” docet.

Attraverso le sue installazioni JR intende «capovolgere il mondo con l‘arte».

Mettere al centro dell‘attenzione la gente comune e, non solo darle la notorietà di quegli oltre 15‘ warholiani, ma sensibilizzare sullo status della sovranità della stessa gente. “Io ci sono, quindi conto” è un po‘ il senso detto alla spicciolata. Una roba che ricorda un po‘ il progetto Razza Umana di Oliviero Toscani.
JR si definisce un artivista, attivista attraverso l‘arte.

Le sue installazioni più spettacolari consistono in fotomontaggi di enormi gruppi di persone con effetti tridimensionali sfruttando non raramente l‘anamorfismo come le scogliere sotto la Torre Eiffel o nell‘ampio cortile del Louvre o, ancora, come “La ferita” sulla facciata di Palazzo Strozzi per sensibilizzare sull‘accessibilità ai luoghi della cultura nell‘epoca della pandemia covidiana.

Insomma, tra lavori realizzati a Parigi, New York, Amsterdam, Berlino, Messico… ci sono già tante pubblicazioni cartacee e online su JR che raccontano il suo lavoro, la sua poetica.

Installazioni dai contenuti socio-antropologici intensi e talvolta drammatici, ma realizzati con quel sorriso bianco e innocente da bambino che spicca dall‘outfit nero di JR.

 

Il mistero del look di JR

Alcune elucubrazioni rosa-gossip sul nero di JR.

JR è l‘acronimo del suo nome: Jean René. Sembra che alluda al personaggio principale della serie americana “Dallas”: J. R. Ewing.

È già scuro di carnagione di per sé e indossa prevalentemente abiti casual neri che gli danno una certa eleganza anche se in jeans. Forse anche per la sua altezza che sarà sopra i 1,90 metri.

Cappello modello fedora a falde strette. Rigorosamente nero. Occhiali scuri. Sembra che non esistano in rete foto di JR senza occhiali.

Normalmente ha solo mani e volto scoperti. Zip del giubbotto tirata fino al collo come se volesse nascondere la probabile assenza di tatuaggi che potrebbe essere invece una peculiarità per un artista contemporaneo.

Nato sotto il segno dei pesci il 22 febbraio 1983. Barba folta e nera di 2-3 mm.

Il suo look lo cela come uno street artist che indossa il cappuccio, ma ha una silhouette che lo caratterizza rendendolo riconoscibile a distanza.


 

The Chronicles of Naples

Progetto Croniques

di JR

lavorazione dal 23 al 29 settembre 2024

installazione: maggio 2025

Facciata principale del Duomo di Napoli

 

Tappe di lavorazione:

 

23 settembre

luogo: Piazza sanità

ora: 12-19

24 settembre

luogo: Piazza Dante

ora: 12-19

25 settembre

luogo: Fuorigrotta Piazza San vitale

ora: 12-19

26 settembre

luogo: Mergellina Largo Sermoneta

ora: 12-19

27 settembre

luogo: San Giovanni a Teduccio Parco Troisi

ora: 12-19

28 settembre

luogo: Piazza Cavour

ora: 12-19

29 settembre

luogo: Borgo di Sant‘Antonio piazza Sant‘Anna a Capuana

ora: 9-13


Foto di copertina e interna: © Marco Maraviglia


26.04.2024 # 6413
Magigonie: Tra il Reale e l’Immaginario, una Sospensione del Giudizio

Paolo Falasconi //

A kind of future: il tema della nona edizione del festival Graphic Days®

Si svolgerà dal 16 al 26 maggio la nona edizione del festival internazionale di visual e social design Graphic DaysⓇ presso gli spazi di Flashback Habitat a Torino.

Un percorso espositivo, uno spazio di lavoro permanente e un calendario di eventi tra cui conferenze, workshop, live performance, dj set e attività per bambini, nella sede principale e diffusi in città, interpreteranno attraverso diverse chiavi di lettura il titolo “A kind of future”.

Il festival Graphic Days è un’iniziativa dedicata al visual design italiano e internazionale promossa a Torino dal 2016 dall’associazione Print Club Torino, dall’associazione plug e dall’agenzia quattrolinee; a partire dalle grandi icone della storia fino ad arrivare ai professionisti contemporanei, il festival racconta la comunicazione visiva a 360 gradi e le sue contaminazioni in un appuntamento annuale che coinvolge gli artisti, i professionisti e gli studi più rilevanti del panorama internazionale.
L’edizione 2024 è intitolata “A kind of future”.
“Con la consapevolezza di essere in un momento in cui il lavoro del designer e il suo ruolo stesso nella società sono al centro di grandi trasformazioni” sostengono Ilaria Reposo e Fabio Guida, direttori artistici del festival, “abbiamo scelto di riportare l‘attenzione sulla creatività come elemento fondamentale per produrre innovazione e favorire la sperimentazione.”
Il tema si presta a una duplice interpretazione.
A kind of future è innanzitutto un‘ipotesi di futuro, non necessariamente alternativo ad altre visioni, che pone al centro dell’attenzione l’utilizzo di nuovi linguaggi e la valorizzazione dei giovani talenti. La sperimentazione è intesa a 360° e spazia dall’uso decontestualizzato di oggetti d’uso comune in modo creativo e innovativo fino alle tecnologie più all’avanguardia basate sull‘intelligenza artificiale e sullo sviluppo di nuovi tools.
Vogliamo superare l’idea” proseguono i direttori artistici “che l’innovazione sia esclusivo appannaggio del progresso tecnologico; al contrario, nella nostra visione, l’innovazione può partire anche dagli strumenti analogici perché l’elemento fondante è la creatività e la modalità con cui ci si approccia anche ad oggetti comuni”.
A kind future è la seconda chiave di lettura del festival: un futuro che mette al centro la gentilezza, in cui l’attenzione per le persone e per il pianeta siano l‘obiettivo primario di ogni azione di progettazione. All’interno di questo filone rientrano anche le iniziative di social design costruite attraverso il coinvolgimento delle comunità del territorio.

Il calendario del festival si svilupperà dal 16 al 26 maggio all’interno di Flashback Habitat, uno spazio espositivo recentemente riaperto al pubblico e immerso nel verde, con un articolato programma che prevederà:
Un percorso espositivo che proporrà diverse forme di sperimentazione e di innovazione, ospitando artisti ed esperienze da tutto il mondo portando a Torino le pratiche creative più all’avanguardia al momento. A partire da un approfondimento monografico sull’opera di Vincent De Boer e di Matteo Giuntini, ampio spazio è dedicato al contesto internazionale che è analizzato attraverso 4 chiavi di lettura: poster, type design, editorial e illustration. Il futuro è esplorato attraverso la chiave del social design in We mix design and people con l’esperienza del centro Farm Cultural Park e con progetti che spaziano dal data design, all’editorial e al visual design. Durante la visita il pubblico può anche prendere parte attiva alla produzione creativa interagendo con installazioni multimediali basate sull’intelligenza artificiale e sull’arte generativa. Negli spazi esterni del parco, una selezione di 20 opere tratte dalla call internazionale Fight for Kindness, promossa da TypeCampus.
Uno spazio di lavoro aperto permanente a cura di Print Club Torino che metterà in connessione printmaker internazionali, designer e aziende, con live experience aperte a tutti i visitatori e momenti laboratoriali formativi e professionalizzanti: uno spazio di lavoro aperto permanente in cui verrà realizzata un‘opera collettiva. 
Un calendario di eventi con workshop, talk e performance, una mostra mercato e una sezione di iniziative dedicate alle scuole e alle famiglie.

Le attività del festival si estendono anche in città: In the city è il calendario di iniziative realizzato attraverso il coinvolgimento delle agenzie di comunicazione, degli studi di design e di diverse realtà operanti nell’ambito del visual e social design nel territorio. Il 17 e il 24 maggio sarà possibile conoscere l’ecletticità della scena creativa torinese, visitando luoghi generalmente non accessibili al pubblico: oltre 30 appuntamenti tra mostre, laboratori, performance e appuntamenti diversissimi tra loro interpreteranno il tema del festival A kind of future.

Uno dei nuclei principali delle attività del festival è riservato ai giovani designer. Dal 2021 il festival promuove la call Neologia dedicata a designer under 30 italiani o che vivono in Italia da almeno due anni dando vita a uno spazio vetrina per presentare i giovani talenti nel mondo del visual design di oggi: un ambiente democratico e in continua evoluzione che raccoglie i migliori progetti premiando la qualità e la sperimentazione dei linguaggi, permettendo così alle nuove menti creative di entrare a far parte di un contesto dinamico e internazionale. 
Ogni anno i 100 progetti selezionati nelle categorie Editorial, Poster e Motion vengono esposti al festival; tra questi vengono poi individuati e consegnati in un evento pubblico i premi speciali: il premio Neologia conferito dal Print Club e diverse menzioni e premialità offerte dai partner del progetto. Per l’edizione 2024 sono previsti i riconoscimenti di Farm Cultural Park, Zetafonts, Biennale Internazionale della Grafica, AWDA e Fabrica, che si concretizzeranno in esperienze professionali, residenze, workshop,... Per la prima volta nel 2024 è stata anche inserita la categoria Intelligenza Artificiale: poster e motion possono anche essere realizzati attraverso l’intelligenza artificiale e partecipare ad una selezione dedicata.
A corollario della mostra, un calendario di appuntamenti dedicati ai giovani designer:
sabato 18 maggio alle 16.00 premiazione del contest e talk a cura di Zetafonts dal titolo “Life is better with more fonts” e domenica 19 maggio alle 10.30 portfolio review con Fabrica, il centro di ricerca sulla comunicazione di Treviso.

I due weekend sono i momenti in cui si concentra la maggior parte dell’offerta di attività: da workshop professionalizzanti a conferenze con esperti provenienti da tutto il mondo a momenti di incontro e confronto b2b. 

Sabato 18 maggio dalle 10.00 alle 18.00 ¡DAMN HAPPY LIFE?, workshop di serigrafia con Lars Harmsen di Slanted Publishers.
Domenica 19 maggio dalle 10.00 alle 14.00 BRUSH BENDERS, workshop di calligrafia con Vincent de Boer; alle 16.00 Design Talk, un confronto sul futuro del design con Vincent De Boer, Lars Harmsen di Slanted Publishers, Ariane Spanier e Martyna Wędzicka-Obuchowicz.

Sabato 25 maggio dalle 10.00 alle 13.30 A KIND OF RIOT, un omaggio all’estetica punk audace e provocatoria attraverso una pubblicazione collettiva in Risograph con il Print Club Torino. Alle 16.00 la tavola rotonda dedicata al social design We Mix Design and People con Farm Cultural Park, Sheldon.studio, Parco Studio, Studio Airport e Graphic DaysⓇ.
Domenica 26 maggio dalle 10.00 alle 13.30 TUFTING, un workshop per sperimentare l’uso della pistola per tufting con Nodo – Tufting Torino. Alle 16.00 la talk Pandemonio con le agenzie di comunicazione che hanno partecipato a un progetto di social design sul tema fake news.

Alle attività per addetti ai lavori si aggiungono momenti performativi e musicali e attività rivolte alle famiglie: un’area kids a fruizione libera sempre disponibile e un calendario di laboratori per bambini, sabato e domenica alle 10.30 e alle 11.30:
18 maggio: Trame ordite, per creare con la carta bandierine colorate dalle texture naturali
19 maggio: Il mondo che vorrei, un laboratorio basato su timbri e inchiostri 
25 maggio: Il riciclo creativo che fa bene al Pianeta, un’esperienza di upcycling con Iren
26 maggio: Una cartolina dal futuro, con tecniche miste di pittura

Nel weekend del 25 e 26 maggio, una mostra mercato che coinvolgerà gli spazi all’aperto del parco con l’esposizione dei lavori di studi, artisti e realtà indipendenti nell’ambito delle arti visive; tra gli espositori: Mattia Riami, Galleria Garance & Marion, BOLO Paper, Morsi Editore, Spritz srl, Omar Edous, Colorobe, Vichi Zorzi, Cartiera Clandestina, Elisa Marsigliante, Inchiostro Festival e Damiano Boldrini.

In settimana il programma sarà articolato con attività dedicate alle scuole, visite guidate e workshop, e con un palinsesto di conferenze e attività in collaborazione con partner del territorio:
venerdì 17 maggio dalle 8.30 alle 10.00 il festival ospita la community di Creative Mornings per un appuntamento dedicato al tema “Vibrant”;
martedì 21 maggio dalle 11.30 alle 13.30 la talk Nuove sinergie per l’evoluzione della filiera del contenuto in collaborazione con Camera di Commercio di Torino, Ceipiemonte e Unione Industriali Torino;
giovedì 23 maggio a partire dalle 10.00 una portfolio review per gli studenti del Politecnico di Torino e alle 18.00 la talk A kind of future: talking about people, design and words in collaborazione con ADCI Art Directors Club Italiano e UNA Aziende della Comunicazione Unite.

Il festival 2024 segna l’avvio di un’importante partnership con BIG Biennale Internazionale di Grafica di Milano (23-26 maggio): la collaborazione, sperimentata con l’edizione 2022 del Milano Graphic Festival, è consolidata quest’anno con uno scambio di contenuti e collaborazioni culturali. La mostra Signs del 2024 promossa dalla Biennale Internazionale della Grafica sarà presente in entrambe le manifestazioni. Al contempo, le opere selezionate da Graphic DaysⓇ attraverso la call Neologia, nelle categorie motion, poster e intelligenza artificiale saranno esposte anche a Milano, oltre che a Torino.  



Tutto il programma su:

04.04.2024 # 6407
Magigonie: Tra il Reale e l’Immaginario, una Sospensione del Giudizio

Paolo Falasconi //

Addio a Gaetano Pesce: Icona del Design Italiano

Il designer italiano, nato nel 1939, è deceduto all‘età di 84 anni nella sua casa a New York

Gaetano Pesce, uno dei più grandi architetti e designer italiani del nostro tempo, nato nel 1939, è deceduto all‘età di 84 anni nella sua casa a New York, lasciando dietro di sé un‘eredità di creatività e innovazione che ha lasciato un‘impronta indelebile nel mondo del design.

Conosciuto per la sua straordinaria creatività e il suo approccio sperimentale al design, Gaetano Pesce ha lasciato un‘impronta indelebile nel panorama mondiale del design. Le sue opere, che spaziavano dall‘architettura al design industriale, sono state ammirate e celebrate in tutto il mondo per la loro originalità, la loro audacia e la loro capacità di sfidare le convenzioni.

Uno dei suoi lavori più iconici è la serie di sedie "Up", che ha introdotto forme organiche e colori vivaci nel mondo del design degli arredi. Ma Pesce non si è limitato alle sedie; ha esplorato costantemente nuovi materiali e concetti, portando sempre avanti l‘idea che il design dovrebbe essere una forma di espressione artistica e sociale.

Le sue creazioni hanno ispirato generazioni di designer e continueranno a farlo per molti anni a venire. La sua scomparsa rappresenta una perdita irreparabile per la comunità del design, ma il suo spirito creativo vivrà per sempre attraverso le sue opere immortali.

Gaetano Pesce era molto più di un semplice designer; era un visionario, un innovatore e un‘icona del design italiano. La sua eredità continuerà a influenzare e ispirare coloro che lavorano nel mondo del design, e il suo impatto sarà sentito per generazioni a venire.

In copertina: Suffering Majesty - Installazione in Piazza Duomo, Milano, 2019

20.09.2023 # 6338
Magigonie: Tra il Reale e l’Immaginario, una Sospensione del Giudizio

Paolo Falasconi //

jekyll & hyde per Missoni: la nuova identità visiva nasce dall‘heritage del brand

Missoni, marchio italiano di moda di fama internazionale, ha scelto lo studio grafico milanese jekyll & hyde, fondato da Margherita Monguzzi e Marco Molteni per aggiornare la sua brand identity.

Missoni, marchio italiano di moda di fama internazionale, ha scelto lo studio grafico milanese jekyll & hyde, fondato da Margherita Monguzzi e Marco Molteni per aggiornare la sua brand identity.
 
"La stretta collaborazione con l‘azienda ci ha permesso di immergerci nell‘heritage e nell‘essenza più autentica del brand. Basandoci su queste fondamenta, abbiamo ideato il nuovo sistema visivo, con il fulcro rappresentato dall‘introduzione dello zig zag utilizzato come simbolo iconico. Questo segno non solo incarna la nuova direzione del brand, ma affonda le sue radici nella storia stessa di Missoni" spiegano i due direttori creativi di jekyll & hyde. 
 
Il simbolo è stato messo in dialogo anche con la sua classica applicazione come pattern, per definire la linea di packaging e altri elementi della nuova identità, creando così un impatto contemporaneo e fedele alla storia del brand in tutti gli strumenti di comunicazione.
 
"Oggi, i brand devono operare globalmente e digitalmente, adattandosi a diversi formati e dimensioni e garantendo comprensibilità in varie regioni del mondo. Questo ha influenzato altri due temi del lavoro: la creazione di una versione ridotta del logo per assicurare leggibilità e versatilità in ogni contesto, e la progettazione del logo in versione cinese per penetrare nei nuovi mercati orientali" aggiungono.
 
Lo studio ha infine creato le linee guida di tutte le applicazioni, per assicurare coerenza nei diversi touchpoint sviluppando un progetto che ridefinisce l‘identità visiva di Missoni, dimostrando ancora una volta la capacità di questo brand di evolvere senza mai perdere le proprie radici.
 
 

 
jekyll & hyde 

è uno studio di graphic design e comunicazione visiva fondato a Milano nel 1996 da Marco Molteni e Margherita Monguzzi. Numerosi progetti dello studio sono stati segnalati e premiati a livello nazionale e internazionale.
 
via Valtellina, 67 - Milano - Italy

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