Angelo Scognamiglio //
Magigonie: Tra il Reale e l’Immaginario, una Sospensione del Giudizio
dal 19 settembre al 9 novembre 2024 presso la Galleria Maja Arte Contemporanea
Napoli, una città che si districa tra il sublime e l‘apocalittico, apre le sue braccia all‘arte contemporanea di Enzo Cref, con una mostra dal titolo tanto altisonante quanto provocatorio: TIPOGRAFIA METROPOLITANA™. E già dal titolo ci troviamo di fronte a un dilemma esistenziale degno di Freud: è possibile che la tipografia, un mondo di ordine e precisione, possa realmente convivere con l’anarchia metropolitana? A quanto pare, per Cref, sì. Dal 12 ottobre al 16 novembre, presso la Hard2Buff Warehouse Gallery, questa dicotomia prenderà forma. Il titolo stesso, per non parlare del ™ che chiude la frase con un tocco quasi kafkiano, sembra volerci dire: “Qui si sigilla un patto tra il passato e il futuro, tra l’arte e la città.”
Le origini: dall‘Antica Grecia al Bronx, con una tappa a Napoli
Ora, non lasciatevi ingannare dall’uso della parola "tipografia". Non stiamo parlando della classica bottega di Gutenberg, con i suoi caratteri mobili e l’odore inebriante di inchiostro fresco. No, TIPOGRAFIA METROPOLITANA™ è molto più vicina a ciò che Walter Benjamin chiamava l’“aura” dell’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, un concetto che qui viene remixato in un affresco visivo di graffiti, insegne luminose e schermi ipnotici. Napoli diventa così la città palinsesto dove ogni traccia, ogni segno lasciato su un muro, è il frutto di un’umanità in perenne conflitto con il tempo, la storia e, naturalmente, il traffico.
Cref, artista nato a Napoli nel 1983, ha vissuto il mondo come se stesse girando un film di Jean-Luc Godard, dove ogni lettera sul muro è una citazione e ogni opera è una sfida. Nel suo immaginario, la città diventa un gigantesco laboratorio semantico: le lettere diventano forme, le parole si trasformano in segni e la tipografia – intesa nel senso etimologico greco di týpos (impronta) e gráphein (scrivere) – non è più un atto meccanico, ma una poesia visiva. Qualcosa di simile a ciò che Borges avrebbe immaginato se si fosse avvicinato all‘arte del graffiti invece che alla letteratura.
Scrittura e caos: il lungo cammino del graffito verso l‘arte e la grafica
Se Hegel fosse vivo oggi, e avesse una bomboletta di vernice spray, probabilmente la userebbe per spiegare la dialettica dello spirito nelle città moderne. E non è un caso che Enzo Cref abbia iniziato il suo percorso proprio come writer, negli anni ‘90, quando la cultura underground di New York già faceva eco a Napoli. Il Bronx era lontano geograficamente, ma la ribellione del writing non conosceva confini. Così Cref cominciò a trasformare le strade di Napoli in un testo visivo in progress, dove ogni muro diventava una pagina di un romanzo in continua evoluzione.
Come Nietzsche, che scrisse Al di là del bene e del male, anche Cref ha attraversato il bene e il male del paesaggio urbano. Le sue lettere non sono solo segni grafici, ma racconti frammentari di una vita vissuta tra il caos metropolitano e la ricerca di un ordine interiore. Le sue parole dipinte sui muri hanno la stessa potenza delle sentenze lapidarie di Wittgenstein: “Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.” Ma tacere non è mai stata un’opzione per Cref, che ha sempre preferito urlare il suo messaggio, a volte letteralmente, con spray e pennelli.
Ma l‘approccio di Cref non si ferma ai graffiti: la sua formazione si estende al graphic design, ambito in cui ha saputo applicare la stessa sensibilità tipografica e visiva. Con una laurea specialistica in Arti Visive e un‘intensa carriera come art director, ha contribuito a progetti di branding e visual identity, riuscendo a fondere l‘immediatezza del writing con la precisione richiesta dal mondo della grafica. Ha lavorato per clienti locali e nazionali, creando identità visive che portano l‘impronta della sua esperienza urbana, e progettando cataloghi d‘arte e materiali editoriali con la stessa attenzione al dettaglio che dedica alle sue opere murali.
Un marchio di fabbrica che non si chiude mai
Eppure, ecco che arriva il ™. Il trademark, il simbolo che sigilla e allo stesso tempo apre un nuovo capitolo. Se Andy Warhol ha fatto del branding una forma d’arte, Enzo Cref prende quel simbolo di potere economico e lo trasforma in un atto di rivendicazione artistica. Non si tratta solo di rivendicare l’esclusività di un’opera, ma di mettere un punto fermo, un “punto e a capo” su un ciclo creativo, per iniziarne uno nuovo. Come direbbe Derrida, ogni chiusura è solo l’inizio di una nuova decostruzione.
Hard2Buff Gallery diventa allora la cornice perfetta per questo dialogo tra passato e futuro. Fondata nel 2022 in un magazzino industriale, la galleria è la quintessenza del moderno: un soppalco che sovrasta lo spazio di un deposito di vernici spray Montana Cans, una sorta di “bottega rinascimentale” dell’arte urbana. Ed è proprio in questa cornice che Enzo Cref presenta le sue opere: lettere che danzano nel caos urbano, scritture che raccontano la complessità della vita moderna, un flusso visivo incessante che rimanda alla Comédie Humaine di Balzac, ma con un tocco decisamente più pop.
La mostra: dove la città diventa linguaggio visivo
E alla fine cosa ci resta? Una città. Una città fatta di parole, di lettere, di segni, di significati stratificati. Ogni angolo della mostra TIPOGRAFIA METROPOLITANA™ ci racconta di come la scrittura urbana possa diventare un linguaggio visivo in continua evoluzione, un po‘ come quel flusso ininterrotto di coscienza che Joyce usava per descrivere Dublino. Qui però non parliamo di Ulisse, ma di un artista che, attraverso il lettering e la grafica, ci racconta la vita urbana, con le sue contraddizioni, le sue bellezze e le sue ombre.
Enzo Cref non è solo un artista, è un filosofo della città, un decostruzionista visivo che trasforma la realtà quotidiana in arte. Come avrebbe detto Marshall McLuhan, “Il medium è il messaggio,” e in questo caso, il medium di Cref è la città stessa: una tela vivente su cui scrivere, cancellare e riscrivere, in un ciclo infinito di creazione e distruzione. Il suo lavoro con il graphic design non fa che rafforzare questa visione, permettendogli di costruire un dialogo tra l‘espressività spontanea del writing e la disciplina della comunicazione visiva.
Conclusione: una città che ci parla
Alla fine, la domanda è: cosa ci dice la città? La risposta è semplice: tutto e niente. Come una vecchia battuta di Woody Allen, che diceva di non voler mai entrare a far parte di un club che l’avrebbe accettato come membro, anche la città ci accoglie e ci respinge allo stesso tempo. Ma è proprio in questo paradosso che Enzo Cref trova il suo spazio creativo, trasformando la tipografia metropolitana in un manifesto esistenziale.
Non resta che visitare la mostra, magari con un po’ di ansia esistenziale in tasca e un occhio attento ai dettagli. Perché, come direbbe Kierkegaard, la vita può essere compresa solo all‘indietro, ma va vissuta in avanti.
TIPOGRAFIA METROPOLITANA™
WRITING / ARTE / COMUNICAZIONE VISIVA
Mostra personale di Enzo Cref
A cura di Annalisa Ferraro
Hard2Buff Warehouse Gallery
Napoli - Via Nuova delle Brecce, 114
Centro Neapolis, 6
Dal 12 ottobre al 16 novembre
Opening 12 ottobre, dalle 17.00 alle 21.30
BIOGRAFIA DELL’ARTISTA
Enzo Cref nasce a Napoli nel 1983. Art director, designer e artista multidisciplinare, il suo lavoro spazia tra pittura, grafica, installazione e video.
Inizia come writer a fine anni ’90, negli anni dipinge e sperimenta con le lettere, dai primi anni 2000 con la computer grafica.
Si laurea con lode in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Napoli con specializzazione in Arti Visive, finalista in diversi premi tra cui il Premio Dams sezione Arte. Negli anni espone le proprie opere in sedi private e istituzionali tra cui la Reggia di Caserta, la Pinacoteca Nazionale di Bologna, l’Archivio di Stato di Napoli ed il Complesso di Santa Sofia di Salerno.
Nel 2021 è tra i nove artisti campani scelti per il progetto Art&more, per il quale realizza un’opera di 11x30 metri su tela in PVC, installata sulla pavimentazione del lungomare Caracciolo di Napoli, dal titolo “Il labirinto di Partenope”, della quale viene poi realizzata un’opera su tela e una stampa fine art in tiratura limitata.
Parallelamente all’attività artistica, lavora dal 2003 come designer e art director, realizzando brand identity, progetti editoriali e packaging. Ha creato artwork per i dischi di diversi artisti; ha diretto come regista alcuni videoclip, soprattutto nel mondo Hip Hop, al quale è legato avendo fondato lo storico gruppo napoletano Capeccapa, con il quale nel 2013 ha pubblicato anche un disco ufficiale.
Dal 2020 è docente di Progettazione Grafica presso l’Accademia di Comunicazione ILAS di Napoli. Ha tenuto workshop e seminari sul visual design ed è membro dell‘Art Directors Club Italiano. Recentemente ha progettato il catalogo e la comunicazione visiva per la mostra IABO 20th presso il Pan Palazzo delle Arti di Napoli, ricevendo una short list come finalista nella Design Competition dalla rivista americana Communication Arts.
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Maggio 2025
Qualcuno attacca sulla facciata del Duomo immagini che ritraggono alcuni napoletani.
Qualcuno decanta questa installazione site specific composta da un collage fotografico in maxi stencil.
Qualcun altro grida al sacrilegio, alla dissacrazione del massimo monumento ecclesiastico di Napoli.
È un social tormentone.
È street art. È stencil art. Murales con carta e colla. Alla Banksy, Ernest Pignon, Zilda, per intenderci.
È un modo per mostrare un certo affetto verso un luogo, una città.
È il rilievo, il carotaggio di una parte degli abitanti della città contemporanea portandone alla ribalta cronache, storie che sono la materia che formano il corpo pulsante di Napoli.
Poi passerà qualche giorno, settimane forse, e ci dedicheremo a qualche altra notizia del momento.
Perché la pioggia staccherà man mano l‘installazione. Perché forse sarà la Curia a rimuovere il tutto dopo un certo lasso di tempo.
Perché l‘opera è effimera e resteranno solo le foto, i video, articoli cartacei o digitali come questo, a documentare l‘ennesima piccola e grande follia urbana di un artista che viene da Parigi.
È stato JR! Uno degli artisti internazionali più noti del momento. Un menestrello dell‘arte che “canta” in pubblico usando muri e facciate monumentali.
È Public Art ma non invasiva perché innanzitutto temporanea. Effimera.
24 settembre 2024
Piazza Dante. Esterno giorno.
C‘è un set con pedana in un box, fondale verde, luci bank, microfonista con lunga asta per microfono antivento, assistente con il nagra; una decina di persone tra responsabile comparse, location manager, segretaria di edizione, aiuto regia, assistenti e chi volete voi. A circa 10 metri c‘è un altro box con un operatore fotografo che riprende con una fotocamera e, tramite un capture camera, passa già le immagini in bianconero per bilanciarle tutte tra di loro, in tempo reale, con la stessa scala di grigi.
Seduto sotto al set, c‘è JR che osserva la gente che non si ferma in posa. Ha il suo abituale cappello nero e occhiali scuri, visiona da un monitor la scena. Dietro di lui c‘è un tabellone con un prospetto tecnico della facciata del Duomo dove è appuntata una piccola simulazione con alcune foto già scattate, stampate e ritagliate lungo i bordi dei soggetti ritratti.
Da un altro lato le comparse attendono. Di farsi fotografare. Raccontare un po‘ la loro storia.
Cerco di entrare in contatto con un responsabile dell‘ufficio stampa o con qualcuno per avere qualche notizia tecnica ma sembra che non ci sia. Forse non ce n‘è bisogno. Perché il tutto sarà raccontato nel maggio 2025.
JR alla ricerca dell‘identità urbana
Quando vidi nel 2011 il video di un suo monologo su TED Ideas Changing Everythings, collocai JR in quella cerchia che definisco “Artisti Utili”: tra un Joseph Beuys con le sue 7.000 querce e un Daumier o Théodore Géricault che non temevano le ripercussioni del governo francese che contestavano; tra un Picasso con Guernica che denunciava il massacro della guerra civile e certi designer della Fun Theory.
Nel 2008 era entrato in contatto con le donne delle favelas brasiliane. Si era fatto raccontare le loro storie dure e di stenti. Le fotografò e stampò quei ritratti in maxi formato ricoprendo le facciate e i tetti delle abitazioni. In quel periodo, si dice, l‘indice di criminalità nella zona si abbassò. Perché ci fu uno scatto d‘orgoglio identitario della popolazione. La “teoria della finestra rotta” docet.
Attraverso le sue installazioni JR intende «capovolgere il mondo con l‘arte».
Mettere al centro dell‘attenzione la gente comune e, non solo darle la notorietà di quegli oltre 15‘ warholiani, ma sensibilizzare sullo status della sovranità della stessa gente. “Io ci sono, quindi conto” è un po‘ il senso detto alla spicciolata. Una roba che ricorda un po‘ il progetto Razza Umana di Oliviero Toscani.
JR si definisce un artivista, attivista attraverso l‘arte.
Le sue installazioni più spettacolari consistono in fotomontaggi di enormi gruppi di persone con effetti tridimensionali sfruttando non raramente l‘anamorfismo come le scogliere sotto la Torre Eiffel o nell‘ampio cortile del Louvre o, ancora, come “La ferita” sulla facciata di Palazzo Strozzi per sensibilizzare sull‘accessibilità ai luoghi della cultura nell‘epoca della pandemia covidiana.
Insomma, tra lavori realizzati a Parigi, New York, Amsterdam, Berlino, Messico… ci sono già tante pubblicazioni cartacee e online su JR che raccontano il suo lavoro, la sua poetica.
Installazioni dai contenuti socio-antropologici intensi e talvolta drammatici, ma realizzati con quel sorriso bianco e innocente da bambino che spicca dall‘outfit nero di JR.
Il mistero del look di JR
Alcune elucubrazioni rosa-gossip sul nero di JR.
JR è l‘acronimo del suo nome: Jean René. Sembra che alluda al personaggio principale della serie americana “Dallas”: J. R. Ewing.
È già scuro di carnagione di per sé e indossa prevalentemente abiti casual neri che gli danno una certa eleganza anche se in jeans. Forse anche per la sua altezza che sarà sopra i 1,90 metri.
Cappello modello fedora a falde strette. Rigorosamente nero. Occhiali scuri. Sembra che non esistano in rete foto di JR senza occhiali.
Normalmente ha solo mani e volto scoperti. Zip del giubbotto tirata fino al collo come se volesse nascondere la probabile assenza di tatuaggi che potrebbe essere invece una peculiarità per un artista contemporaneo.
Nato sotto il segno dei pesci il 22 febbraio 1983. Barba folta e nera di 2-3 mm.
Il suo look lo cela come uno street artist che indossa il cappuccio, ma ha una silhouette che lo caratterizza rendendolo riconoscibile a distanza.
The Chronicles of Naples
di JR
lavorazione dal 23 al 29 settembre 2024
installazione: maggio 2025
Facciata principale del Duomo di Napoli
Tappe di lavorazione:
23 settembre
luogo: Piazza sanità
ora: 12-19
24 settembre
luogo: Piazza Dante
ora: 12-19
25 settembre
luogo: Fuorigrotta Piazza San vitale
ora: 12-19
26 settembre
luogo: Mergellina Largo Sermoneta
ora: 12-19
27 settembre
luogo: San Giovanni a Teduccio Parco Troisi
ora: 12-19
28 settembre
luogo: Piazza Cavour
ora: 12-19
29 settembre
luogo: Borgo di Sant‘Antonio piazza Sant‘Anna a Capuana
ora: 9-13
Foto di copertina e interna: © Marco Maraviglia
Italy / Napoli
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