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03.10.2022 # 6140
AI - Artificial Intelligence. I nuovi confini dell‘intelligenza artificiale per la produzione di immagini

AI - Artificial Intelligence. I nuovi confini dell‘intelligenza artificiale per la produzione di immagini

Appunti da una video-call fatta con Massimo Nava, Ida Marinella Rigo e Sabry Ardore

di Marco Maraviglia

Tutto quel che vedremo nell‘imminente futuro non sarà sempre vero.

In realtà è da sempre che una fotografia può essere ingannevole se decontestualizzata o manipolata in camera oscura per eliminare dissidenti dalle foto dei regimi o rielaborata con un software di post-produzione digitale per levigare fianchi e ringiovanire un soggetto o semplicemente perché è stesso l‘inquadratura a non mostrare ciò che c‘è dietro di essa.

Ma qui parliamo di intelligenza artificiale. Già impiegata in vari ambiti scientifici. Software ai quali si insegna a pensare per fare meglio ciò per cui sono predisposti. Gli “parli” e loro imparano. E più gli parli, più associano le informazioni ricevute perfezionandosi nel loro compito.

Non dobbiamo pensare ai risvolti pazzeschi come in Io e Caterina di Alberto Sordi dove la domestica robot si ingelosisce mettendo la casa a soqquadro. E nemmeno dobbiamo temere di ritrovarci di fronte al kubrickiano Hal 9000, famigerato computer di 2001 Odissea nello Spazio.

Qui ci si rilassa. Anzi, si fa arte. Si genera l‘inesistente per renderlo visibile.

 

L‘Intelligenza artificiale negli ultimi mesi è approdata con vigore nella produzione di immagini.

Ci troviamo di fronte a ritratti di donne bellissime, paesaggi mozzafiato, cavalli che corrono a pelo d‘acqua in mezzo al mare e via via tutto ciò che è immaginabile, è visualizzabile. Sarà visualizzabile. Con effetto foto-realistico. A prova di inganno. Il post-Surrealismo iperrealista del XXI secolo.

Non a caso uno dei primi software utilizzati per l‘AI Art è DALL·E che pronunciandolo ricorda uno dei più grandi surrealisti: Dalì.

 

L‘arte generativa sviluppatasi dagli anni ‘80 in poi è un po‘ la madre dell‘AI per la produzione di immagini. Ma era qualcosa di poco gestibile rispetto agli strumenti che si stanno sviluppando non solo per l‘illustrazione ma anche per l‘elaborazione di testi, musica, video.

I programmi AI di produzione immagini da agosto 2022 hanno avuto un‘escalation grazie al loro costante utilizzo di smanettoni che hanno individuato nuove opportunità creative. “La funzione sviluppa l‘organo”, verrebbe da dire. Utilizzabili su piattaforme proprietarie in versioni Beta, ogni immagine prodotta da artisti digitali, grafici, creativi, non fa altro che implementare le conoscenze al programma stesso.

 

“Text-to-image” è il percorso. Scrivi parole, frasi, testi di canzoni o brani di romanzi e gli algoritmi generano l‘immagine in base a quanto hanno già appreso dagli utilizzi dei precedenti utenti.


© Sabry Ardore

Facemmo un esperimento con amici: inserimmo contemporaneamente la stessa prompt sulla stessa piattaforma, da computer diversi, e il risultato finale fu la produzione di immagini simili ma non uguali.

- Sabry Ardore

 

Perché gli algoritmi hanno una velocità di calcolo vertiginosa. Riconoscono cosa hai realizzato in precedenza cercando di comprendere e affinare il tuo stile personale.

Dipende da quali “filtri” hai utilizzato per le precedenti creazioni. Se hai dato input di stile artistico alla Hopper o che richiamano quello di Van Gogh o di artisti del Rinascimento.

Perché il software è stato comunque scritto inserendo a monte grandi quantità di immagini trasformate in algoritmi. E a quelle immagini si aggiungono via via quelle generate dagli utenti, interfacciandosi, producendo in maniera esponenziale ulteriori dati messi a disposizione dal software stesso e quindi degli utenti. Ma i programmi sono ancora dei fanciulli che hanno ancora tanto da apprendere. E allora può capitare che inserendo nel prompt il nome di uno degli autori conosciuti, si possa generare un‘immagine che riprende il suo stile. Perché anche quello è un parametro intercettato dagli algoritmi.

I prompt sono visibili su alcune piattaforme e quindi copiabili come su Midjourney e Dream Studio, su altre piattaforme restano segreti.

 

Non è raro che ci siano digital artist che si vedono clonati nello stile anche perché c‘è stata un‘impennata di visite sui loro profili. È uno dei motivi per cui gli algoritmi potrebbero cercare di lavorare principalmente su artisti deceduti per evitare implicazioni anche di copyright.

- Massimo Nava

 

Algoritmi… ma quanto sono intelligenti?

 

Capita che ci siano alcuni limiti per la generazione di immagini in AI. Le estremità corporee e a volte le proporzioni nelle figure a mezzo busto e intere non sono congrue.

- Ida Marinella Rigo

 

È ancora tutto in progress, da sperimentare. Artisti digitali e non, grafici, fotografi, nerd o semplici curiosi stanno in realtà contribuendo a sviluppare l‘opportunità dell‘AI Art. Non è importante saper scrivere un poema ma avere le idee chiare di ciò che si vuole ottenere digitando le parole giuste nei prompt. E i programmi miglioreranno sempre di più.

È possibile rimodificare una propria fotografia originale come aggiungere un vestitino, cappellino e sciarpetta al proprio gatto tanto che sono stati nel frattempo annunciati nuovi plugin per Photoshop e altre applicazioni.



© Massimo Nava



La muscolatura del corpo umano non è generata al top ma è qualcosa che via via si sta perfezionando. Al momento le piattaforme non riescono però a produrre linee prospettiche e questo è un altro limite che dovrà essere superato.

- Massimo Nava

 

Ma come iniziare a esplorare e praticare in questo fantastico mondo dell‘AI con DALL·E, Midjourney e simili?

Al momento, essendo tutto in versione beta, non è ancora possibile acquistare programmi. A volte ci sono delle waitlist: ti registri, ti metti in lista di attesa fin quando ti viene dato l‘ok per iniziare.  Recentemente è possibile iscriversi su DALL·E 2 senza mettersi in coda.

Il suggerimento che darei è quello di seguire il gruppo AI Art dove, cercando i post dei moderatori, vi sono indicazioni utili per iniziare attraverso varie piattaforme. Eh sì, perché qui è come se si trattasse di provare varie auto per scegliere quella più adatta alle proprie esigenze.

 

Sono strumenti che servono a produrre immagini quando in rete non si trovano quelle gratuite che servirebbero per un lavoro.

- Sabry Ardore

 

In un futuro, forse non tanto lontano, potremmo ritrovarci buona parte delle immagini pubblicitarie create con AI. Libri illustrati grazie all‘intelligenza artificiale. E probabilmente scorreranno fiumi di parole come oggi stiamo ancora a discutere su quale sia la “vera fotografia” tra pellicola e digitale.

Ma i problemi che si potrebbero presentare saranno altri.

 

Potremmo ritrovarci in situazioni che distorcono la realtà con serie implicazioni sociali come il bullismo o la circolazione di immagini false di persone inserite in filmati di Youporn o Onlyfans o anche per fini politici.

È chiaro che la direzione giusta sarà quella di regolamentare l‘utilizzo di questi strumenti come l‘inserimento di metadati accessibili o filigrane individuabili da appositi lettori.

- Massimo Nava

 

Ci saranno casi in cui i media, senza verificare ciò che pubblicano e in buona fede, ci mostreranno scene di cronaca internazionale realizzate con l‘AI?

 

Ma guardiamo con entusiasmo ai vantaggi delle opportunità dell‘AI.

Oltre quelli che possono essere gli impieghi creativi nel campo dell‘arte e della comunicazione per gli addetti ai lavori, credo che queste applicazioni abbiano fatto la felicità di qualcuno. Ragazzi e adulti che si sentono di creare qualcosa artisticamente. Qualcosa di divertente e appagante che si vive attivamente.

- Ida Marinella Rigo

 

 

Insomma l‘AI ha un suo fascino per la produzione di immagini nel prossimo, immediato futuro. Ma attenzione a non ritrovarsi coinvolti in bugie visive pericolose perché la storia di Al Pacino che riesce a sostenere un grande inganno in S1m0ne è solo un film.



© Ida Marinella Rigo


TIMELINE: LA RAPIDA EVOLUZIONE DELL‘AI

A cura di Massimo Nava


«La premessa è il continuo "riversamento" di funzionalità, fenomeno facilmente osservabile tra le piattaforme che si inseguono in un turbinio di "botta e risposta" che si è velocizzato dalla fine di agosto fino ad oggi (generando, del resto, la mole di articoli e criticità cui accennavo durante la diretta - riferimenti in basso, a fine elenco).»

 

1      Artbreeder, l‘antesignano più noto (2018-2021+): 

Questa piattaforma è la prima ad aver suggestionato gli artisti con le sue funzionalità GAN-generative. Si basa su interfaccia e parametri da governare che costruiscono il risultato in un "mix" interattivo perpetuo (virtualmente). Negli ultimi mesi ha proposto un aggiornamento al suo modello costruttivo ma sembra essere rimasta un po‘ indietro rispetto agli altri. Prevede una formula a pagamento con abbonamento mensile.

2      Nvidia Canvas (2020-2021+): 

La nota Nvidia fece scalpore un paio di anni fa mostrando questa sua applicazione disponibile solo su SO dotati di schede Nvidia. Nei video diffusi inizialmente fu grande lo stupore nell‘assistere ad una modalità di "disegno assistito", promessa che venne mantenuta nella Beta rilascia agli utenti. Il software è ancora in Beta (un aggiornamento è arrivato da poco, mantenendo il tool nel suo stato di Beta, appunto). Nvidia dispone anche di una versione online che sfrutta la dinamica text-to-image/prompt-to-image, anch‘essa in beta, oltremodo macchinosa.

3      Wombo Dream (2021+) 

Wombo nasce nel 2021 cavalcando l‘onda AI che iniziava a farsi sentire con insistenza. Ha guadagnato consensi con la sua applicazione, basata su prompt e preset di stile, preparandosi al mercato NFT fin dalle prime battute (orientamento ufficializzato negli ultimi mesi con l‘aggiornamento dell‘applicazione). A differenza delle altre piattaforme si basa, nativamente, sul formato "Card" tipico di un genere di NFT. I risultati sono piacevoli ma richiedono più tempo e impegno rispetto alle altre piattaforme. 

Negli ultimi tempi ha iniziato ad esplorare una modalità basata su Discord.

4      DiscoDiffusion (2022)

La prima "Collab" che ha inaugurato la stagione del fermento sulle AI si impone subito con il suo stile votato alle Digital Art e, dall‘avvento di Midjourney in poi continuerà ad evolversi con una serie di rilasci frequenti. La sua modalità basata di Google Drive è gratuita e, di conseguenza, fa la felicità della massa che inizia a mostrare i propri risultati online.

5      Midjourney (2022)

Con un approccio differente (sviluppo di una community online e utilizzo dei server Discord) arriva poi Midjourney che tra maggio e agosto rilascia diversi aggiornamenti crescendo in utenza e funzionalità. Da fine agosto in poi la crescita è divenuta esponenziale prendendo "spunto" da Stability ed il suo StableDiffusion raggiungendo livelli qualitativi che spingono e sostengono la community. Dopo la trial è richiesto un abbonamento disposto su livelli diversi.

6      Dall-E (2021+)

Tra i 2 contendenti, entrambi votati alla Digital Art, la piattaforma che ha prodotto uno tsunami di recensioni online è Dall-E che, prima degli altri, permetteva di ottenere anche un buon livello di fotorealismo oltre ad offrirsi come piattaforma in grado di trasformare qualsiasi suggestione in una composizione creativa, per quanto surreale potesse essere. Il suo modello è rimasto vincolato ad un accesso limitato per molto tempo, contribuendo a costruirne il "mito" ma in ritardo sul rilascio effettivo delle altre piattaforme mentre recuperavano il terreno perduto. Oggi continua ad aggiungere funzionalità muovendosi in una direzione parallela ma diversa rispetto agli altri "contendenti". 

Online sono nate altre iniziative basate sul suo codice chiamate "Dall-E mini" come:  https://www.craiyon.com/ (che sono più divertenti che utili).

La vocazione al "meme", in tutti i casi, è evidente.

7      Stability.ai (2020/2021+)

Dalla fine di agosto (22 agosto) arriva sugli schermi l‘azienda che incendierà le polveri e spingerà ad un salto evolutivo Midjourney. È il momento di Stable Diffusion

Stability, di fatto, sarà l‘elemento che renderà "instabile" il mercato rompendo alcuni equilibri. Dispone di 2 modalità: una in versione Collab (del tutto simile a DiscoDiffusion) ed una in versione web-app, più facilmente utilizzabile dagli utenti, chiamata: DreamStudio (inaugurata il 6 settembre).

Le versioni di StableDiffusion seguono il modello gratuito e godono di applicazioni a supporto degli utenti. DreamStudio funziona invece con crediti a consumo.

 

 

 

Massimo Nava

Di Reggio Calabria. Vive a Roma.

Massimo Nava (a.k.a. Artlandis) è Creative Strategist, Social Media Expert, Digital Artist.

Freelance dal 2001 segue le evoluzioni del mondo del mondo digitale, tra sperimentazione, nuovi linguaggi visivi e suggestioni mainstream.

È admin della Community Grafici Creativi e fondatore del progetto di formazione gratuita “Artlandis‘ Learning” (attivo dal 2011 con eventi dal vivo, webinar, podcast, guide e contenuti a tema).

Nel tempo libero si dedica a Cinema e Serie, ai Videogames, alla cucina amatoriale ed alla scrittura.

Vive a Roma, immerso in rete, tra social, nuove idee e progetti.

Ama la diversità, gli archetipi e le Conversazioni.

 

Ida Marinella Rigo

Di Savona. Vive a Milano.

Ligure di nascita, nel 2002 mi trasferisco a Milano. L‘arte è sempre stata per me un bisogno, una necessità. Nel 2014 diverse vicissitudini mi portano a dover cambiare lavoro, stile di vita, a reinventarmi. Un cambiamento traumatico; ho sentito l‘esigenza di esorcizzare le mie paure e la mia irrequietezza. Nel 2016 ho iniziato a “curarmi” da autodidatta con la fotografia: tramite le immagini ho cercato di dare voce ai miei urli muti. La fotografia per me non è staticità ma movimento, mutevolezza, è l‘indefinito all‘interno del finito, è uno strumento malleabile volto a mostrare la “mia” verità. Ad oggi mi sto dedicando allo studio delle AI come strumenti da poter utilizzare come integrazione alle mie fotografie.

 

Sabry Ardore

Di Napoli. Sempre in giro per lavoro.

Fotografa e digital artist.

Laureata in fotografia, cinema e TV presso l‘Accademia di Belle Arti di Napoli, master in Pubblicità art direction e copywriting presso ILAS.

La sua è una ricerca artistica a 360° spaziando tra foto di viaggio, reportage, commercial, sperimentali, autoritratti e composizioni grafiche semplici e complesse con uno stile dark/gothic surreale.

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23.04.2024 # 6412
AI - Artificial Intelligence. I nuovi confini dell‘intelligenza artificiale per la produzione di immagini

Napoli omaggia Federico Fellini Al Blu di Prussia

I disegni erotici del Maestro e sei foto dal set di Patrizia Mannajuolo

di Marco Maraviglia

Fino al 31 ottobre in mostra, per la prima volta a Napoli, ventinove disegni originali su carta di Federico Fellini e sei fotografie tratte dall‘archivio di Patrizia Mannajuolo scattate sul set di La città delle donne del maestro riminese.

 

Disegni erotici ironici e sarcastici. Tra i 130 ereditati dalla nipote di Fellini, Daniela Barbiani.

Donne opulenti, giunoniche, scolpite da un improbabile culturismo e dai volti distorti come se avessero subito una chirurgia estetica dall‘Ignoranza Artificiale. L‘esagerazione, l‘amplificazione delle parti sessuali che contrastano con i corpi minuti e sottomessi degli uomini. Donne a tre mammelle che sembrano citare Artemide Efesia e la fertilità femminile. Capezzoli sporgenti come appendici. Falli eretti come colonne monumentali e sederi femminili imperiali. Scene paradossali.

La prevaricazione della donna sull‘uomo e il ninfomanismo consapevole di una libertà sessuale. Dove la vecchiaia è un gioco di cui prendersi gioco. E con simpatia e sorriso vanno lette queste scene.

Disegni onirici, dove l‘immaginazione a volte supera desideri inconfessabili ma comunque allegri, divertenti e mai morbosi. Mai volgari. Perché l‘eros, in fondo, è un piacere e non ottenebrazione mentale. L‘eros non è perversione, non è pornografia quando è dissacrata con l‘ironia. Come certe storie di Bukowski.

 

I disegni esposti Al Blu di Prussia ritraggono una serie di personaggi che dialogano con il proprio alter-ego sessuale, protagonisti di giochi di parole e significato, tra doppi sensi e metafore. Una serie di personaggi che mettono a nudo i propri genitali, omini impauriti davanti a donne prosperose. I protagonisti di questa collezione sono gli organi sessuali stessi, sempre enormi, esagerati, sproporzionati, genitali che sovrastano l‘uomo.

-       Mario Pellegrino

 

Federico Fellini, fabbricatore di sogni surreali. Il dissacratore del perbenismo borghese, già nel 1960, con La dolce vita. Romagnolo e quindi schietto, diretto, giocoso e godereccio.

Quello che sceglieva personalmente fino all‘ultima comparsa per i suoi film e nel mentre cambiava occhiali per continuare a disegnare alla sua scrivania dettagli di personaggi, scene, costumi. Caricature della vita immaginata.

 

Questo dello scarabocchiare è una mania antica che mi porto appresso da sempre. Ai miei collaboratori, allo scenografo, al costumista, al truccatore soprattutto, cerco di dare delle idee meno approssimative di quelle che riuscirei a dare esprimendomi a voce, quindi fornendo già un‘esemplificazione grafica del trucco che desidero su quel volto che ho scelto, o del costume alla costumista, o un‘idea scenografica dell‘ambiente, un tentativo di bozzetto. E un modo per cominciare a vedere il film in faccia, per cominciare ad abitare in maniera fisica con i personaggi, cominciare a mettermeli intorno. Fino a quando il film non comincia, la preparazione non entra in una fase di autentica preparazione, è soltanto un‘immaginazione, una serie di immagini, di volti, di situazioni, di colori che abitano nella sfera dell‘immaginativo, quindi estremamente fluttuante, eterica, impalpabile, imprendibile. Un modo per cominciare a vederlo materializzato è un pochino questo qui di usare pennarelli, colori...

-       Federico Fellini, “Dizionario intimo per parole e immagini” a cura di Daniela Barbiani

 

 

Il mondo di Fellini è immenso e Patrizia Mannajuolo ne entrò in contatto come fotografa di scena per alcuni suoi film tra cui La città delle donne e di cui sono esposti cinque suoi scatti inediti in bianconero e uno a colori.

Immagini che rendono magistralmente l‘atmosfera del set e la personalità anfitrionica del regista.

 

 

 

Patrizia Mannajuolo. Napoletana, si dedica alla fotografia sin da giovanissima, a Roma, frequentando lo studio di Vittorugo Contino e collaborando con registi, attori e produttori come Roberto Rossellini e il figlio Renzo, Liliana Cavani, Alberto Sordi, Monica Vitti, Augusto Caminito e Federico Fellini. L‘opportunità di fotografare il fuori scena del film “La città delle donne” fu per lei l‘occasione di conoscere e mettere a fuoco un Fellini capace di grande empatia, intransigente e tenero al tempo stesso, visionario e geniale.

 

Daniela Barbiani. Nipote di Federico Fellini, è stata sua assistente alla regia dal 1980 al 1993 negli ultimi suoi quattro film, E la nave va, Ginger e Fred, Intervista, La voce della luna. È autrice di testi e articoli per pubblicazioni, riviste e cataloghi, fra i quali Cahiers du Cinéma, Quoi de neuf, Fellini Amacord, Rivista di studi felliniani, I libri di casa mia, La biblioteca di Federico Fellini, Fellinicittà.

Nel 2011 ha pubblicato per Baldini&Castoldi il romanzo Infedele.  È proprietaria e curatrice di una collezione di 130 disegni che Fellini le ha regalato e che sono stati esposti in importanti musei e festival di cinema in tutto il mondo.

 

 

FEDRICO FELLINI – “disegni erotici - fotografie dal set

Al Blu di Prussia

via Filangieri 42 - Napoli,

Dal 18 aprile al 31 ottobre 2024

Orari: martedì-venerdì 10.30-13/16-20; sabato 10.30-13 


Foto sotto: La città delle donne © Patrizia Mannajuolo

In copertina: La fuga; autoritratto con donna alle spalle


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11.04.2024 # 6409
AI - Artificial Intelligence. I nuovi confini dell‘intelligenza artificiale per la produzione di immagini

Alessandro Leone espone immagini artificiali al Kestè

La prima mostra di immagini di intelligenza artificiale a Napoli fino al 26 aprile

di Marco Maraviglia

Con la mostra Immaginari Artificiali del visual designer Alessandro Leone, il Kestè ha inaugurato il 5 aprile il progetto Art_If, un ciclo di appuntamenti per affrontare, riflettere, discutere a microfono aperto, sulle nuove contaminazioni dell‘arte visiva generate dalle nuove tecnologie e, in primis, dall‘intelligenza artificiale.

 

Sono esposte immagini sintetiche, artificiali che, per chi non conosce l‘AI può essere tratto in inganno dai volti di africani ritratti con l‘Hasselblad virtuale.

Ma è quando si osservano gli altri ritratti con improbabili maschere tribali e copricapi tekno-cyborg costruiti con materiali RAEE presi da un‘isola ecologica di qualche pianeta impossibile, che anche un inesperto di intelligenza artificiale si rende conto di trovarsi di fronte a qualcosa che non torna.

 

Quello proposto da Alessandro è un filone che mostra il parallelismo tra fake e contraffatto. Termini dal significato apparentemente simili. Come l‘AI che per lo sviluppo di immagini ha infatti varie declinazioni tra cui la possibile e verosimile creazione di una realtà inesistente e la riconoscibile fantascienza. La realtà distorta, distopica ma credibile, e l‘assurdo.

Mostrare allo stesso tempo queste due piste è un atto di onestà intellettuale, di quelle che avvisano l‘osservatore. Come quando sui social alcuni autori coscienziosi perché non obbligati, precisano con l‘hashtag #AI che trattasi di immagini prodotte da intelligenza artificiale. Anche se spesso non tutti badano a questi tre caratteri.

 

Agli inizi Alessandro Leone considerava l‘AI un nemico, poi per curiosità personale e deformazione professionale, necessaria ad approcciarsi alle novità del proprio settore per non sentirsi tagliato fuori, inizia a prenderci confidenza per poi giungere all‘amicizia.

Accettando un dialogo nuovo e assolutamente strano per una coppia di amici:

 

la sensazione di essere un creatore ma al contempo un tramite della macchina che ti chiede di alimentarla.

 

Ma cos‘è l‘AI? Quali potenzialità ha? Chi la utilizza? Perché? Cosa realizza? Qualcosa la scrissi già qui un paio di anni fa ma nel frattempo si è fatta tanta strada.

Lo stesso Alessandro Leone per lavoro si è ritrovato a realizzare alcune illustrazioni servendosi dell‘AI.

La generazione di immagini sintetiche è un‘opportunità che, se utilizzata con etica, autoregolamentazione deontologica e padronanza, non può che allargare il ventaglio creativo per aprire a nuovi scenari lavorativi.

Nell‘entertainment si vedono già filmati con personaggi d‘epoca che dicono cose paradossali legate all‘attualità. Con la stessa voce e a prova di labiale. Ma non è che un esempio innocente e ludico. Perché poi c‘è anche l‘altra faccia della medaglia dove, per fini propagandistici, si mettono in bocca parole mai dette di un politico internazionale. Sempre a prova di labiale. E gli smanettoni fact checker provvedono a smantellare anche questa roba.

Che piaccia o no, siamo approdati comunque alla quarta dimensione che, specie in merito alle arti visive, riserverà nuove sorprese.

 

Si scrivono i prompt, testi che suggeriscono al software l‘immagine che si intende produrre. Le parole chiave possono determinare caratteristiche salienti della scena. I risultati ottenuti fanno in parte comprendere la cultura visiva e generale del creator. Perché anche per il testo di un prompt occorre essere un po‘ copywriter, un po‘ poeta, un po‘ scrittore e padrone della disciplina da cui trarre spunti da trasformare in parole chiave.

 

Pensavo di inserire nelle didascalie delle immagini anche i prompt che le hanno generate, ma questi sono come ricette che è meglio non divulgare.

 

Ricette, sì, ma in quanto tali non darebbero mai lo stesso risultato a persone differenti. Solo lo chef proprietario della ricetta sa come ottenere la migliore estetica del piatto da servire.

 

Sono esposte ventitré immagini in formato 50x40 e due 70x100, stampate come “vera fotografia” di una volta, con processo chimico cromogeno C41 per intenderci, e pannellate su dibond.

 

 

Alessandro Leone

Visual designer, art director, formatore.

Nasce nel 1971, si diploma in scenografia nel 1991 all‘Accademia di Belle Arti di Napoli con una tesi sulla Tempesta di Shakespeare nella rilettura contemporanea di Peter Greenaway. È grafico professionista dal 1994. Dal ‘95 al 2005 è socio dello studio Kaleidos, per il quale realizza campagne pubblicitarie, coordinati grafici e prodotti editoriali per enti e aziende (tra cui Arpac, Banca Popolare di Sviluppo, Il Manifesto, Museo dell‘Attore Napoletano, Nuovo Teatro Nuovo, Premio Massimo Troisi, Ente Ville Vesuviane, Guida editore, Scatola Sonora, Dissonanzen, Centro di Musica Antica Pietà de‘ Turchini). Dal 2005 al 2014 è titolare e direttore creativo dello Studio Alessandro Leone. Ha ideato e realizzato campagne di comunicazione e immagine di eventi e iniziative per Regione Campania, Provincia di Napoli, Comune di Napoli, Ente Provinciale per il Turismo, Sovrintendenza per i Beni Storici e Architettonici di Napoli e Caserta e altre istituzioni e organizzazioni. Dal 2005 sino ad oggi è docente di design per la comunicazione presso il Centro Studi Ilas. Nel 2010 è cofondatore dell‘agenzia di comunicazione Adversa (tra i clienti: Partito Democratico, Cgil, Gallerie d‘Italia Palazzo Zevallos, Museo delle Carrozze di Villa Pignatelli, Antonio Biasiucci, Colonnese editore, BioC‘è, Caffè Kimbo, La Doria). In questi anni si occupa di comunicazione politica, grafica editoriale, allestimenti mostre e food consulting (Salvo Pizzaioli, Taverna Vesuviana, Pizzeria Carmnella, Pietro Parisi chef, Mad‘inFood, Alfonso Crisci chef). Dal 2013 è direttore creativo di Babel adv, un network di professionisti della comunicazione (alcuni dei suoi ultimi clienti: Polo Pietrasanta, Officina_reporter, La Stanza del Gusto, Festival di Musica Antica, Associazione Scarlatti, AnimalDay, Factory, Diogene editore, Forum delle Culture, Teatri Uniti, Casa del Teatro, Digitalcomoedia, Bios, Wuderkammer, Musap, Caon Chocolate, Ceramiche Crescentini).

 

 

Immaginari Artificiali di Alessandro Leone

rassegna Art_If di Fabrizio Caliendo e Alessandro Leone

dal 5 al 26 aprile 2024

Kestè Napoli, Largo San Giovanni Maggiore Pignatelli



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07.03.2024 # 6399
AI - Artificial Intelligence. I nuovi confini dell‘intelligenza artificiale per la produzione di immagini

Luisa Cittone, illustratrice cacciatrice di emozioni

L‘eros comincia a 40 anni per un‘eclettica illustratrice naturalistica scientifica

di Marco Maraviglia

Da sempre appassionata di Milo Manara e Guido Crepax, segue anche Tanino Liberatore, Paolo Serpieri, Giovanna Casotto, Frida Castelli, Apollonia Saintclair. Tutti autori le cui tavole hanno un forte impatto glamour, erotico o comunque che esaltano ed evocano la bellezza fisica dei corpi umani.

Le sculture dell‘arte classica, Gian Lorenzo Bernini, le immagini dei grandi fotografi del nudo erotico, tutto ciò può essere fonte di ricerca dell‘intensità della bellezza dell‘eros.

Non si tratta di ispirarsi, emulare, copiare, ma cogliere dettagli, impercettibili a volte, da metabolizzare per realizzare poi qualcosa di personale.

 

E c‘è una linea di confine tra eros e nudità a sé stante, quella che sfocia nella volgarità, nel pornografico. A Luisa interessa percepire, cacciare l‘emozione del non detto, del vedo e non vedo, del non esplicito. Un gesto, un‘espressione, un‘idea che faccia immaginare in modo implicito quel che si cela dietro uno sguardo languido con labbra socchiuse, o il contatto delle dita di una mano su un corpo, una tensione muscolare, l‘inarcamento di una schiena, di una certa posizione delle gambe.

Eleganza e sensualità ricercate attraverso il movimento e la muscolatura del corpo umano non trascurando le differenze tra corpo maschile e femminile.

Una passione iniziata dopo i 40 anni un po‘ per gioco ma inevitabile approdo dei suoi interessi e studi della natura umana.

 

L‘eros non dovrebbe essere legato alle etichette che definiscono tendenze sessuali, ma avere la libertà di trasmettere un‘emozione.

 


La fotografia come punto di partenza: Art Shooting

Come gli artisti realizzavano disegni preparatori e cartoni prima di dipingere o quelli che più tardi facevano uso della fotografia per dipingere i loro paesaggi, Luisa Cittone parte dalla fotografia. Perché al 50% è anche fotografa.

È ideatrice di Art Shooting, un format di cui organizza workshop fotografici di posing, anatomia e suoi dettagli  in chiave erotica con modelle che seguono una sceneggiatura ben precisa come se si girasse un film.

Altri workshop a tema: Tentazioni e Ho un‘amica a cena in collaborazione con Roberto Bressan. E ne seguiranno altri. In tutto sei.

Le modelle ovviamente le seleziona spiegando loro il percorso dello shooting. Perché non tutte sono disposte ad avvicinare le labbra a una sconosciuta o toccarsi sul corpo. E devono seguire tutte le indicazioni della regista Luisa che, se individua un “fuori percorso” soddisfacente nelle pose, decide di continuare a lavorare su quello.

I partecipanti sono fotografi professionisti o fotoamatori che vanno dai 30 anni in su e anche loro hanno indicazioni ben precise: massima concentrazione, puntare l‘attenzione sui dettagli dei corpi e della loro tensione muscolare, osservare bene l‘impostazione delle mani che sono parte fondamentale della composizione.

Solo dopo una prima fase del lavoro i fotografi hanno poi la facoltà di poter dare ulteriori indicazioni alle modelle.

 

L‘erotismo per me è sicuramente DONNA, le mie illustrazioni sono l‘esaltazione della femminilità, io ritengo che tutte le donne siano erotiche anche inconsapevolmente, la mia sfida è quella di mostrare alla donna, e chi guarda le illustrazioni, tutto questo e lo faccio puntando al dettaglio, al vedo non vedo. Mi piace che le illustrazioni accendano il desiderio e le emozioni, non mi piace la banalità, la volgarità, l‘esplicito, perchè nell‘esplicito tutto è già accaduto.

 

Un workshop che è accompagnato da slide di illustrazioni del corpo umano che mostrano le sue principali parti anatomiche.

 

La produzione eclettica

Luisa Cittone inizia a lavorare alle sue produzioni realizzando dal 2019 calendari print on demand, pubblica i suoi lavori come Indispensabili erotici (edito da FuocoFuochino), Arte erotica con Youcanprint, collabora per le illustrazioni al libro Santa e puttana per Eros Cultura.

Realizza merchandising come magliette e mascherine durante la pandemia.

I “quadri sagomina” fanno parte di un‘altra sua produzione dove le illustrazioni sono attaccate su un fondo da lei colorato in acrilico, verniciati a più strati, incorniciate e piegate restituendo una loro tridimensionalità.

L‘8 marzo uscirà L‘amore con la gonna di Antonio Provitina con illustrazioni di Luisa.

E poi in cantiere ha un gioco di carte erotiche. Da giocare in coppia.

E disegni per tatuaggi? Le è capitato di farne.

Si definisce “vulcanica” per cui si ritrova talvolta con progetti accantonati per lungo tempo.

 

Le tecniche

L‘illustrazione manuale sintetizza e enfatizza ciò che una fotografia, può invece distrarre. Come per una poesia: poche parole ma che raccontano un universo.

Luisa Cittone traccia il contorno dei suoi disegni con matita HB e utilizza quelle morbide, fino alle B14, pastelli ad olio, acrilici, inchiostro di china, gli Ecoline (quelli che venivano utilizzati per colorare le foto in bianconero, per intenderci), talvolta gessetti. Non disdegna la tavoletta grafica previa digitalizzazione dei disegni.

Se lavora sulle tele passa una base di caffè per poi colorarci sopra.

Adora la tecnica del puntinato a china. Scopre su Instagram una penna elettrica a percussione che decide di acquistare e che le consente di ridurre i tempi di punteggiamento per i fondi dei suoi disegni. I dettagli invece, a mano.

 

Chi è Luisa Cittone

Luisa Cittone nasce a Merano l‘11 dicembre 1972 e vive a Milano.

Si diploma al Liceo Artistico e poi all‘IED in illustrazione.

Dai tempi del liceo è attratta dalla natura umana e dal corpo che la racchiude. La sua anatomia, la muscolatura e il “telaio” dell‘ossatura. E, infatti, nasce come illustratrice naturalistica scientifica.

Ha lavorato e lavora nel campo editoriale per pubblicazioni scientifiche e naturalistiche con Arnoldo Mondadori, Zanichelli Editore, RCS, Istituto Geografico De Agostini, Paravia Bruno Mondadori, Raffaello Editrice, La Scuola di Brescia , Ardea Editrice, Piemme, Capitello Editore, la Spiga, Atlas, Petrini Editori, Touring Club.

Vanta inoltre esperienze con alcune agenzie pubblicitarie e ha svolto e svolge attività di docenza per scuole civiche, centri di formazione professionale e scuole medie.


Immagini: © Luisa Cittone

 

SITO WEB di Luisa Cittone



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21.03.2023 # 6234
AI - Artificial Intelligence. I nuovi confini dell‘intelligenza artificiale per la produzione di immagini

Tommaso Moscarelli: Mappa Fantastica in mostra al MANN

Dal 22 al 27 marzo l‘arte fantastica dell‘autore tra grafica, illustrazione e design

di Marco Maraviglia

Nell‘ambito del progetto La Linea del cuore, Tommaso Moscarelli espone al MANN 25 disegni originali su cartoncino di diverse dimensioni, realizzati con penna a china o con tecnica mista. Lavori che abbracciano il suo percorso artistico dal 1999 al 2022.


Esplorare i lavori di Tommaso Moscarelli è un‘esperienza extra-sensoriale.

Li vedi da lontano e ti sembrano big-bang di scarabocchi. Poi ti avvicini e percepisci esplosioni di autostrade che si intercettano ma senza mai giungere a un casello, senza un‘uscita. Implosioni di geometrismi, di geroglifici che hanno un loro perché. Incomprensibili per chi viaggia sulla superficie delle cose. Ma affascinanti per chi ha la mente libera, curiosa, indagatrice.

Eppure Tommaso non lascia nulla al caso. Ti avvicini ancor più alle sue opere e ti accorgi che ogni tavola non è puro astrattismo ma tracciata da segni interconnessi tra di loro. Si includono, si concatenano, si abbracciano, si schiudono e si avvolgono ad altri segni. Tutti figli di quelli accanto. Simili sulla stessa tavola ma non uguali. Mosaici estesi. Villaggi senza spazio, con gruppi di tribù di segni in movimento che a volte si estendono per poi restringersi ma senza mai lasciare un vuoto. Che è sempre pieno, saturo, affollato ma incredibilmente in un ordine armonioso nella sua composizione. Tutti lavori che definiscono mappe fantastiche del mondo di Tommaso. Un mondo in cui trascorre molte settimane per terminare un lavoro, perché di fattura certosina, artigianale, e la mano non può resistere a lungo.

 

Paesaggi astratti e labirintici, mosaici complessi, visioni stranianti dello spazio urbano, dei paesaggi naturali, del mondo vegetale, animale e meccanico. 
Sfide ai luoghi comuni sulla cultura e la religiosità popolare, narrazioni fiabesche, mappe di universi sconosciuti e familiari. 
Esplorazioni oniriche e (auto)ironiche dei labirinti della mente. 
Raffigurazioni della trasformazione dal caos al cosmo e viceversa, viaggi oltre la logica e i cinque sensi alla ricerca del divino. 

- Tommaso Moscarelli

 

È ciò che definirei l‘evoluzione del terzo millennio dell‘action-painting. Dalla casualità del dripping al dettaglio del segno astratto. Sembra un ossimoro: dettaglio e astratto. Ma qui ci sta.

Parliamo di strade creative che portano comunque alla ricerca della propria coscienza per una consapevolezza dell‘io.

Pollock, pioniere dell‘action-painting, fece del dripping la sua forma di espressione in cui l‘arte non era fine a se stessa ma strumento di autoanalisi che accompagnava le sue terapie psicanalitiche per quei demoni infantili che affollavano la sua mente e che cercava di affogare nell‘alcol.

 

Tutti noi siamo influenzati da Freud, mi pare. Io sono stato a lungo junghiano…La pittura è uno stato dell‘essere…La pittura è una scoperta del sé. Ogni buon artista dipinge ciò che è.

- Jackson Pollock

 

Ci sono immagini che andrebbero lette in tempi lunghi. Non sono adatte allo scrolling rapido. Sono frutto di complessi scintillii cerebrali ad alto impatto emotivo che generano un‘energia contagiosa per l‘osservatore.

Sono casi in cui pensi alla famosa massima di Nietzsche divenuta tra i claim più gadgetizzati. Percepisci tutto il caos interno dell‘artista, quel disagio di pochi che “disturba” il normale flusso delle frequenze standard della vita di massa. Quel disagio che in realtà innesca nuovi meccanismi progressisti perché portano a diversità, innovazione, stili alternativi che determinano tappe significative nell‘universo della creatività.

Quel disagio da interpretare come valore aggiunto che genera le stelle danzanti citate da Nietzsche.

Del resto, non avremmo mai visto l‘Urlo di Munch o il giallo ossessivo ed espressionista di Van Gogh, o i dipinti di Ligabue, i dripping dello stesso Pollock e così di tanti altri artisti. Del resto senza che la mente, il cuore, l‘anima siano sotto pressione, non ci sarebbe granché da esprimere se non l‘ordinarietà del vissuto e del visibile.

 

Ma attenzione. L‘arte di Tommaso Moscarelli è qualcosa di ibrido che sfocia nella grafica, illustrazione, nel design. E anche una sola porzione delle sue opere potrebbe essere la copertina di un libro o per intero utilizzate per l‘interior design. Come è già accaduto per porte scorrevoli di uffici e appartamenti, puff e altri elementi di arredo.

 

Bio

Nato a Trento il 24 aprile 1974, è cresciuto a Roma. A Napoli dal 1992, si forma prima da autodidatta, poi negli anni 1998 e 1999 come pittore, scultore e ceramista con il maestro Sergio Spataro.

Nel 2006 consegue il Diploma di Decorazione all‘Accademia delle Belle Arti di Napoli sotto la guida del professore Carmine Piro.

Nel 2008 con la professoressa Adriana De Manes, ottiene il Diploma di Biennio Spec. Arti Visive e Decorazione con votazione 110/110.

Oggi la sua produzione artistica si esprime principalmente attraverso la pittura su tela (acrilico/tecnica mista) e i disegni su cartoncino (penna tecnica/acrilico/tecnica mista).

Dal 2008 ha esposto in vari spazi in occasione di personali e collettive tra cui il Centro Shen, Movimento Aperto, PAN – Palazzo delle Arti di Napoli, Castel Sant‘Elmo e presso la Russo Home Gallery, in collaborazione con le architette Marcella Livio, Barbara Boddi, Maria Brovero per l‘applicazione di alcune sue opere nel campo dell‘interior design.

 

 

 

 

Mappa fantastica

di Tommaso Moscarelli (www.tommasomoscarelli.art)

Dal 22 al 27 marzo

MANN- Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Sala del pianterreno a ovest dell’Auditorium del Braccio Nuovo
Inaugurazione 22 marzo 2023 ore 10.30-13.30

Allestimento di Giovanni Ortica e Teresa Di Monda

Organizzazione a cura di Nakote Aps

 

Ingresso libero su prenotazione:

infonakote@libero.it

Le prenotazioni si apriranno lunedì 20/03 e si chiuderanno domenica 26/03 – nella mail è necessario specificare

il giorno, il numero di accessi richiesti e l‘orario. Per l‘accesso è necessario attendere la mail di conferma.

 

L‘inaugurazione della mostra sarà parte integrante dell’evento “LA LINEA DEL CUORE”, realizzato dall’Associazione Nakote in collaborazione con il MANN e l‘Oasi WWF RN Cratere degli Astroni nell‘ambito delle attività dell‘Asl Na 1 Centro - DSM - UOC 25/26 Centro Diurno di Riabilitazione psicosociale Fiera dell‘Est.


Immagine di copertina: "Giostre" (50x70) © Tommaso Moscarelli

Immagine sotto: "Metropoli organica" (50x70) © Tommaso Moscarelli



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20.09.2022 # 6136
AI - Artificial Intelligence. I nuovi confini dell‘intelligenza artificiale per la produzione di immagini

Adobe acquisisce Figma. Il mondo dell‘interface design è destinato a cambiare?

Tra smentite e conferme, cosa possiamo aspettarci per il futuro della UI/UX design

di Angelo Scognamiglio

Era da qualche tempo nell‘aria, ma è stata ufficializzata da qualche giorno attraverso il blog di Adobe una delle più importanti acquisizioni nel mercato creativo degli ultimi anni.

Adobe, leader da decenni nel settore del digital design, ha acquistato Figma - un web tool che negli ultimi anni si è affermato sempre di più tra gli UX/UI designer di tutto il mondo, e che ha conquistato per le sue feature rivoluzionarie come il multiplayer - ponendo di fatto fine alla diretta concorrenza con Adobe XD. La notizia ha fatto certamente sobbalzare tutti, e le reazioni degli utenti di XD e Figma sono le più disparate, dalla rabbia all‘entusiasmo, ma al momento i piani futuri non sono noti e non è chiaro se Adobe XD e Figma continueranno a convivere sotto lo stesso tetto per lungo tempo.

Quel che è stato dichiarato ufficialmente, è che per il momento Figma non subirà alcuna conseguenza dall‘acquisizione, continuando il suo percorso di crescita individuale senza freni o vincoli di alcuna natura, ma è certo che prima o poi le conseguenze dell‘avvenimento inizieranno a sentirsi.

Figma potrebbe negli anni entrare nel pacchetto delle app Creative Cloud e, perché no, beneficiare di tutte le integrazioni con gli altri software Adobe, mentre Adobe potrebbe, grazie alle solide e moderne basi di Figma, migliorare di gran lunga l‘aspetto collaborativo in tempo reale all‘interno dei suoi prodotti, in special modo ora che sono in sperimentazione anche tool quali Photoshop Web.
Perché no, sarebbe un win-win su entrambi i fronti, non ci resta che aspettare qualche anno.

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31.08.2022 # 6111
AI - Artificial Intelligence. I nuovi confini dell‘intelligenza artificiale per la produzione di immagini

A Torino Tornano i Graphic Design Days

Il festival internazionale di visual design dal 17 settembre al 2 ottobre 2022

di Paolo Falasconi

Si svolgerà dal 17 settembre al 2 ottobre la settima edizione di Graphic Days®, il festival internazionale di visual design promosso a Torino dal 2016 dall‘associazione Print Club Torino, dall‘agenzia quattrolinee e dall‘associazione Plug. Per la prima volta il festival sarà completamente diffuso in città in 6 location principali e con un calendario di oltre 40 appuntamenti a cura degli studi di design del territorio. Altra novità importante di quest‘edizione: tutte le iniziative saranno dedicate al tema Kids.

“Abbiamo scelto di innovare il format del festival” sottolineano Ilaria Reposo e Fabio Guida, curatori artistici di Graphic Days® “perché desideriamo aumentare la pervasività dei nostri contenuti in città e mescolare i pubblici. Non più quindi un luogo principale che ospita la gran parte degli appuntamenti, ma numerose sedi che inaugurano in giorni diversi e illuminano differenti aree delle città, dando vita a un fitto calendario di iniziative che coinvolgerà 12 quartieri e un comune fuori Torino.”

Il 17 e 18 settembre la settima edizione di Graphic Days® apre con un evento speciale all‘interno dei Docks Dora, con un programma di mostre, workshop, talk, proiezioni video, performance, una mostra dell‘artigianato e un‘area food & beverage allestita per l‘occasione. Il 21 settembre inaugura una mostra personale dell‘illustratore Lucio Schiavon presso Spazio Musa, il locale polifunzionale situato di fronte al Santuario della Consolata; si tratta della prima personale dell‘artista, una retrospettiva sull‘opera dell‘illustratore e un percorso declinato sul tema Kids, realizzato ad hoc per il festival. La casa del festival sarà nella Manica del Mosca della Cavallerizza Reale, che dal 23 settembre al 2 ottobre sarà animata da un ricco palinsesto di iniziative tra performance, talk, appuntamenti con illustratori e serigrafi, a corollario di un ampio percorso espositivo dedicato alle eccellenze del panorama del visual design internazionale.

Tra le 6 location principali, il laboratorio Print Club Torino dove il 24 e il 25 settembre si svolgeranno workshop dedicati alla serigrafia e alle tecniche di stampa e la Casa del Pingone che ospiterà una mostra dell‘artista Riccardo Colombo e alcuni laboratori.

Le serate del 27 e del 29 settembre saranno dedicate agli appuntamenti del calendario In the city: oltre 100 studi di design, artisti e realtà che operano sul territorio partecipano al festival curando e progettando nelle proprie sedi 42 iniziative dedicate alle tematiche del festival.

Non si tratta di un festival per kids, ma di un festival che affronta come il visual design si declina per i bambini; non mancheranno in ogni caso anche attività direttamente rivolte ai più giovani. In particolare, dopo la chiusura del festival, venerdì 7 e sabato 8 ottobre verrà attivato un nuovo hub: Cumiana15, per l‘evento off pensato per i bambini dai 6 agli 11 anni e per le loro famiglie con l‘obiettivo di stimolare lo sviluppo della creatività e delle capacità cognitive nei più piccoli. Il programma sarà realizzato con il supporto scientifico di Giorgio Camuffo, professore di comunicazione visiva presso l‘Università Libera di Bolzano e capoprogetto di EDDES, il programma di ricerca dedicato all‘applicazione del design in campo educativo e formativo.



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05.04.2022 # 5959
AI - Artificial Intelligence. I nuovi confini dell‘intelligenza artificiale per la produzione di immagini

Quali sono le figure professionali che operano nel mondo della comunicazione visiva? Scopriamolo insieme.

In un mondo che premia sempre la velocità rispetto alla qualità, è importante saper distinguere competenze e incompetenze per evitare sgradevoli errori.

di Nicola Cozzolino

Nel corso della mia carriera professionale ho autonomamente deciso di imparare una serie di discipline un po’ per poter meglio rispondere alle varie esigenze di mercato e un po’ perché amo profondamente quello che faccio. La mia idea di base è che, quando chiedi a qualcuno di produrre qualcosa per te o se un cliente ha un certo tipo di esigenza, la cosa più importante è sapere di cosa si stia parlando.


Ma questa non è per forza una regola. Molti professionisti del settore, infatti, puntano sulla qualità e sulla formazione in una specifica disciplina. In questo modo si riduce la possibilità di commettere errori e si rispettano le diverse competenze senza prevaricazioni di sorta. Questo sistema garantisce sempre di lavorare con alti standard di qualità e consente di creare team multidisciplinari in cui ognuno opera in totale autonomia collaborando con diversi esperti in vari ambiti della comunicazione e della progettazione.


Ci si affida, dunque, alle abilità dei singoli professionisti nei vari settori di appartenenza, in grado di soddisfare i bisogni di una data commessa. Parliamo di graphic designer, web designer, illustratori, copywriter, fotografi, ecc... L’importante è, quindi, che ogni attore conosca approfonditamente e in maniera esaustiva la sua materia, in base agli studi, alla preparazione, all’attitudine e alla propria qualifica professionale, così da offrire il massimo contributo possibile nell’eseguire il proprio compito.


Questo è il modo giusto. Ma ce ne sarebbe anche uno sbagliato, purtroppo.


Spesso infatti, per esigenze di budget, per inefficienza o per mancanza di conoscenza, si affidano mansioni a professionisti che nulla conoscono di una certa materia. Assistiamo, quindi, alla sofferenza di graphic designer che si cimentano con le regole del mondo della comunicazione digitale, web designer che hanno a che fare con tecniche di fotoritocco e video editing e copywriter che provano a misurarsi con il fantastico mondo della progettazione visiva.


In pratica sarebbe come schierare una squadra di calcio in cui ognuno ricopra un ruolo diverso dal proprio. Si, certo, puoi anche vincere qualche partita, ma hai le stesse probabilità che un fulmine ti colpisca in piena estate mentre mangi il tuo bel ghiacciolo in riva al mare.


A quanto pare, perciò, un imbianchino può anche saper cambiare un rubinetto, ma se chiami un idraulico forse è meglio. Ma quali sono le discipline del design? Quante figure professionali esistono nel mondo della progettazione legata alla comunicazione?

Iniziamo dalle basi.


Grafico Pubblicitario


La figura del grafico pubblicitario, ben nota ai più per la conoscenza di alcune parole in inglese che spesso e volentieri esibisce in contesti disparati, nasce come derivazione dei primordiali illustratori nel mondo della pubblicità. Fino agli anni Sessanta del Novecento infatti, questa professione era ricoperta da abili disegnatori in grado di realizzare ritratti e illustrazioni più o meno complesse e di realizzare caratteri tipografici in corsivo per abbellire le composizioni. Con l’avvento della tecnologia, con l’utilizzo sempre più massiccio di caratteri tipografici industriali, creati per specifiche esigenze, questa figura è stata gradualmente sostituita con professionisti in grado di usare computer, di conoscere e lavorare con i font, di manipolare e lavorare con immagini e materiale vario. Ecco che nasce la figura del grafico pubblicitario, ossia quei professionisti in grado di produrre composizioni visive su formati pubblicitari seguendo le specifiche di un direttore creativo, un art director o un copywriter. 



Grafico Editoriale


Ve li ricordate quei manufatti di carta patinata simili a libri che contenevano articoli e comunicati di vario genere? Si, esatto, le riviste! Appunto, i grafici editoriali sono specializzati nella progettazione riservata a quella specifica area della comunicazione visiva. La figura del grafico editoriale è spesso tormentata e martoriata, ma le competenze necessarie ad essere un professionista in questa materia sono decisamente tante e complicate. Griglie, guide, margini, colonne, correzioni, bozze, file per la stampa e chi più ne ha più ne metta. A questi progettisti viene affidato l’arduo compito di impaginare materiale da consultare, da leggere e da comprendere (eventualmente). Credo non ci sia compito più difficile. Bisogna infatti conoscere i formati, adattare i contenuti rispetto alle griglie di progettazione, creare le griglie di progettazione, scegliere con cura font e dimensioni, contrasti e posizionamenti, conoscere le regole di lettura e leggibilità, di vicinanza e di allineamento, stabilire le gerarchie visive degli elementi, saper usare un telefono e ordinarsi un caffè al bar. Praticamente tutto, tranne lavorare con foto, immagini e illustrazioni. 



Illustratore


Gli illustratori sono quegli amici un po’ strani che avevamo a scuola, quelli che detenevano la misteriosa arte della rappresentazione visiva su carta. Insomma quelli che un po’ erano artisti e un po’ erano musicisti, un po’ street artist e un po’ casinari e che poi, non si sa bene come, a un certo punto, hanno deciso di diventare tatuatori. Quelli che, però, non hanno scelto questa strada sono diventati illustratori. L’illustrazione è la più affascinante tra le discipline applicate alla comunicazione visiva, per la sua intrinseca caratteristica di saper dimostrare il lavoro svolto. Quando si sceglie un font, infatti, tutti ignorano che per sceglierlo si è diventati ciechi davanti a un computer, che si è letto fino alla nausea o che si è guardato il lavoro altrui per trovare nuove idee fino alla denuncia per stalking. Quando invece si disegna, allora cambia tutto. Ci si perde subito in domande tipo “ma come hai fatto?” Oppure in espressioni di ammirazione tipo “madòh bellissimoh!”. 



Se, però, da un lato la figura dell’illustratore suscita tanti followers, è altrettanto vero che la fama ha sempre un prezzo da pagare. Quanti di voi, infatti, possono dire di non aver mai chiesto all’amico o all’amica che sapevano disegnare di fargli un ritratto del proprio cane ormai scomparso da tempo o di disegnargli la “grafica” per la partecipazione delle nozze del cugino “che tanto che ci vuole ci metti un attimo”?


Questa è la principale causa di morte degli illustratori: non essere pagati per il lavoro svolto. 


Recentemente, questi abili professionisti sono diventati molto richiesti. Un po’ per compensare le mancanze professionali di qualcun altro, un po’ perché ciò che si vede si vende sempre meglio. Molti si improvvisano come grafici pubblicitari o brand designer, ma non sempre i risultati sono entusiasmanti. Possedere buon gusto non è sufficiente per realizzare un progetto. Ma sicuramente aiuta. 


Ora che abbiamo fatto chiarezza sulle basi, possiamo anche fermarci a riprendere fiato. Nella prossima filippica vi parlerò di altre mitologiche figure, che vivono ai margini della società civile in tane illuminate appena dalla luce asettica di un neon, circondati da un alone di mistero e di tetra leggenda. Praticamente parleremo dei programmatori.

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17.03.2022 # 5942
AI - Artificial Intelligence. I nuovi confini dell‘intelligenza artificiale per la produzione di immagini

Graphic Designer cosa fa e come diventare un Grafico Professionista.

Come si svolge il lavoro di graphic designer e dove lavora un graphic designer.

di Nicola Cozzolino

La prima volta che raccontai a mia madre di voler diventare un graphic designer, mi chiese di aggiustarle il condizionatore.  Visto che sapevo usare i computer, qualsiasi tecnologia non doveva essere un mistero per me. 

Quando ho iniziato a fare questo lavoro, il graphic designer sostanzialmente era colui il quale non aveva voglia di lavorare o di studiare e perciò passava il suo tempo a fare “disegnini” al computer. 


Ma come si diventa graphic designer?


Sostanzialmente ci sono due strade: essere il cugino di qualcuno che prima o poi ti chiederà un logo per un biglietto da visita, oppure studiare. 

Io direi che la seconda strada sia più affidabile, ma come spesso accade nelle cose della vita, la strada più giusta è anche quella più difficile.


Ma le cose facili durano sempre poco. 



Come amo ripetere ai miei allievi, un graphic designer non è un artista ma un artigiano, che come qualsiasi artigiano, per imparare deve praticare. E la pratica non si improvvisa, richiede studio e applicazione. 


Per essere degli abili professionisti della comunicazione visiva, bisogna soprattutto essere presenti, essere immersi nella cultura contemporanea, attingere dal passato per proiettarsi nel futuro. E per questo sguardo attivo, è indispensabile una discreta cultura generale.


Oltre alle tecniche base della progettazione, guide, griglie, allineamenti, gestione degli spazi, equilibri, tecniche del colore, uso dei caratteri tipografici, percorsi di lettura, gerarchie visive, lo studio del graphic design si avvale di molte discipline, dalla sociologia alla psicologia, all’antropologia. 


Queste discipline sono nuclei fondanti per la competenza, non solo perché non sapremo mai con quale progetto dovremo misurarci, ma anche perché, come ogni forma di espressione umana, la grafica parla degli esseri umani agli esseri umani. 

In un bellissimo documentario su un font che ha partecipato alla più grande rivoluzione nel campo della progettazione grafica (Helvetica), qualcuno afferma che i designer collegano le loro teste a quelle degli altri con fili invisibili. Più ci si addentra in questo campo e più ci si rende conto di quanto sia vero. 

Si, è uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo (cit.), direbbe qualcuno, ma in realtà si sceglie di essere graphic designer perché si segue la propria inclinazione, sedotti dal gusto e il piacere divino della creazione. 

Avere un’idea e realizzarla è una sensazione di febbrile soddisfazione. Vedere in giro il proprio lavoro, osservare l’effetto che produce sulle persone e il suo impatto sulla società è un’esperienza destinata a segnarci profondamente.


Ogni traguardo, però, necessita del suo percorso. Troppo spesso ho visto svilire questa bellissima professione, troppo spesso assistiamo allo spettacolo di millantatori di varia natura e grado che si improvvisano. No. Il design merita di più, merita rispetto e considerazione. 


Un graphic designer produce bellezza, arte, cultura, e quando si compie questa operazione si lascia una traccia di sé agli altri nel mondo. 


In definitiva, per diventare un graphic designer servono un computer, una matita e un po’ di creatività. Per diventare invece un grande graphic designer servono conoscenza, capacità, cultura e attitudine al miglioramento costante. Perché il miglior lavoro sarà sempre il prossimo, perché la professionalità si costruisce confrontandosi con il cammino percorso.


Ecco come si diventa graphic designer.  

Perché farlo?


Perché essere graphic designer è soprattutto una missione di civiltà.

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02.03.2022 # 5931
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Salvatore Mattozzi, un creativo eclettico al servizio dell’informazione

Illustrazioni, fotomontaggi, immagini che hanno documentato oltre trent’anni della storia editoriale italiana tra storia, cultura e ambiente

di Marco Maraviglia

Chi è Salvatore Mattozzi

Classe 1955. Nato a Napoli.

È disegnatore, fumettista, illustratore, fotografo, videomaker, grafico, giornalista.

Salvatore Mattozzi è uno degli illustratori più prolifici dello scenario editoriale italiano che dal 1976 vanta collaborazioni per i principali quotidiani, settimanali e mensili nazionali tra cui Il Corriere della Sera, Il Mattino, Il Sole 24 ore, Campus Web, Happy Web, L'automobile, Il Male, L'Espresso, Class. Ha realizzato copertine per libri editi da Mondadori, Pironti, Liguori. E non è tutto.

 

Il suo libretto scolastico lo indirizzava, al termine delle scuole medie, verso il Liceo Artistico ma, avendo avuto votazioni basse dovette ripiegare verso il Liceo Scientifico. Solo un paio d’anni dopo si presentò da privatista per accedere al Liceo Artistico iniziando dal II anno. Dopo una lunga frequentazione come studente di Architettura, lascia l’Università per iniziare a prendersi la sua vita.

Il suo percorso professionale è fatto di innumerevoli tappe che si sono avvicendate tra di loro con una cronologia che talvolta si accavalla, si dirama, si allunga e allarga verso varie esperienze che non possono non collocarlo in quella fascia di creativi poliedrici che hanno lasciato traccia un po’ ovunque nel campo della comunicazione.

 

Qualcosa delle sue esperienze

Iniziò a lavorare nello studio di progettazione del padre architetto che realizzava importanti edifici di Napoli.

Disegnatore tecnico ma anche costruttore di modelli plastici per importanti società. Una passione che a Salvatore Mattozzi gli è rimasta portandolo a riprodurre in scala la stazione della metropolitana dei Campi Flegrei in maniera maniacale e iperrealistica. Colorandone anche con l’aerografo alcuni dettagli. Ma questo lo fa per se stesso. Dal 2017.

Per un periodo lavorò a Radio Spazio Uno come autore di programmi tra cui Strazionissimo che si ispirava alla nota trasmissione Alto Gradimento di Arbore e Boncompagni. Lì entrò in contatto con i rappresentanti di case discografiche che notarono alcuni suoi disegni appesi alle pareti della radio e, da cosa nasce cosa, conobbe Roberto Davini che lo presentò negli uffici della casa discografica RCA dove iniziò a realizzare alcune copertine e successivamente anche per CGD Messaggerie Musicali, Bideri, Wroom.

Suo è Roghetto il diavoletto che disegnò come mascotte per RAI Radio1 di cui realizzarono un gadget che girava nelle redazioni della radio.

Su invito del giornalista Luciano Scateni, iniziò a collaborare per Paese Sera.

Nel 1979 partecipa alla prima edizione del Napoli Comics con una tavola su Stankimort, un omino che acquisiva poteri da super eroe per risolvere i problemi di Napoli ingerendo un semplice chicco di caffè. Grazie al successo del personaggio frutto della fantasia dello stesso Mattozzi, si aprirono le porte del maggior quotidiano del Sud, Il Mattino, che gli pubblicò nel 1981 un inserto di otto pagine dal titolo Super uomini si nasce.

Nel frattempo l’organizzazione della Napoli Comics, gli affidava la realizzazione del manifesto delle edizioni successive della mostra-concorso del fumetto.

Un giovane “Armando Testa” partenopeo cresceva.

Al Mattino ci resta. Anzi, gli affidano la sua postazione dove disegnare per lavorare alla rubrica Mattino ragazzi e poi nel 1986 parte il progetto W la bici dove per la prima volta vengono illustrati itinerari cicloturistici in Campania e da Mattozzi stesso individuati in quanto è sempre stato appassionato di bici, natura, storia, archeologia.

Quel suo Stankimort intanto continuava a viaggiare su altre onde, anzi, su veri chicchi di caffè perché divenne testimonial per il caffè Cirio col primo importante contratto di lavoro.

Per la pubblicità firma inoltre i manifesti per il Comune di Milano, per A2A Energia, per alcune edizioni di Innamorarsi a Napoli e Domenica ecologica e altri lavori per il Comune di Napoli.

A cavallo tra la fine degli anni ’80 e la prima metà dei ’90, Salvatore Mattozzi firma le copertine dei supplementi settimanali del Mattino: La Domenica e L’Agenda del Sole.

Nel 1999 cosceneggiatore con Sonia Bruno e Francesco Esposito, realizza le tavole per il libro La rivoluzione che non fu; Napoli 1799 pubblicato da Liguori Editore. Con ritmo serrato, ironia, tagli delle inquadrature delle strip da videoclip, colori forti.

 

L’alta velocità ai tempi delle chine e della carta

Praticamente entra nelle grazie del direttore del Mattino, Pasquale Nonno, e durante la Guerra del Golfo l’art director del giornale, Carlo Monti, lo incarica di realizzare le tavole che illustrassero la posizione dei mezzi militari. Quasi in tempo reale.

 

Si lavorava ad alta velocità e a mano. Disegni su carta. Alle 15.00 dal corrispondente a Baghdad arrivavano le informazioni. Per le 17.30 dovevo consegnare il lavoro per l’edizione di mezzanotte. Il tutto si ripeteva alle tre del mattino per l’edizione aggiornata che usciva all’alba. Perché nel frattempo truppe e carrarmati si erano già spostati.

Anche di domenica. Giorni di vacanza che saltavano. Poi l’arrivo del computer, del digitale, anche se all’inizio è stato traumatico, mi fece capire che potevo aumentare la mia velocità implementando l’analogico con la tavoletta grafica.

 

Nel periodo analogico Salvatore Mattozzi lavorava con chine, pastelli acquerellabili, areografo. “Per le copertine dei dischi i colori avrebbero contrastato troppo se non avessi usato l’aerografo per rendere le sfumature giuste.”

Nel 1993 Piergiorgio Malone, rinomato designer della grafica italiana e progettista grafico di importanti giornali nazionali, invita Mattozzi a passare al digitale.

 

I “frottage” di Salvatore Mattozzi

La stampa chiamava “frottage” alcuni lavori di Mattozzi ma in realtà erano fotomontaggi realizzati con tecniche miste: ritagli di fotografie con interventi grafici. Tecnica utilizzata da artisti del ‘900 tra cui Henri Matisse, John Heartfield, Hannah Höch.

Fotomontaggi che poi, grazie al digitale, gli hanno consentito di essere più veloce affinandone la tecnica.

Come gli inserti per il Corriere in occasione dei 40 anni di Sanremo.



tecnica- collage fotografico su carta Il Mattino - Mercoledì 8 Gennaio 1997

© Salvatore Mattozzi


Un artista?

Chine, aerografo, pastelli, fotomontaggi… Salvatore Mattozzi ha avuto nel suo percorso professionale la capacità di rinnovare il suo stile. A differenza di altri ben noti illustratori e vignettisti che sono sempre riconoscibili probabilmente per esigenze commerciali, Mattozzi ha sempre scardinato la sua creatività avventurandosi tra reminiscenze culturali e artistiche che lo hanno formato. Nelle sue illustrazioni si intravedono influenze jacovittiane, disneyane, di Bruno Bozzetto, di un certo filone della Pop Art, un po’ di Cubismo, fino a giungere al suo ultimo periodo in cui è fortemente presente lo stile Futurista.

Perché Mattozzi è un appassionato di cultura con una folta libreria i cui libri spaziano dall’archeologia all’arte, dalla fotografia all’architettura, dall’ambiente alla storia e tanti input non possono non dargli spunti alimentando quel prolifico laboratorio di creatività che è nella sua mente.

E il mondo di Mattozzi non è solo fumetto, illustrazione, fotografia, documentari realizzati per la RAI con Mario Franco e Aldo Zappalà ma anche impegno sociale, archeologico e per l’ambiente in quanto promotore dell’Associazione Gruppo Archeologico Napoletano con la quale realizza la prima carta archeologica dei Campi Flegrei e dei Monumenti storici dei Camaldoli e collabora con il Club Alpino, Lega Ambiente, Cicloverdi, WWF.

Ha esposto in varie occasioni i suoi lavori presso lo Studio Morra, al Goethe Institut, all’Institute Francaise de Naples Grenoble.

 

Non sono io a definirmi artista. Non potrei mai essere uno che dice “sono un artista”. Se lo sono, lo lascio dire ad altri.

 

La pensione

Salvatore Mattozzi è ormai in pensione ma resta attivissimo. Circondato da qualcuno dei suoi trentacinque gatti ai quali ha dato nomi di grandi aziende, continua a lavorare per se stesso. Schizzi, disegni, progetti, video, cartoni animati.

Una virulenza creativa addirittura accresciuta nel periodo del lockdown pandemico.

 

Per me non c’è bisogno dello psicanalista. Esprimo i miei problemi, paure, angosce, crisi esistenziali esorcizzandole attraverso il lavoro… di quest'ultimo periodo è tutto materiale inedito, mai pubblicato e che nessuno vedrà mai.

 

La prossima mostra

In occasione dei 130 anni di Il Mattino, alcuni lavori di Salvatore Mattozzi saranno esposti al Circolo della Stampa di Avellino.

Inaugurazione il 12 marzo alle ore 17.30

Info

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Corriere della Sera - CorrierEconomia lunedì 9 gennaio 2012 disegno digitale su tavoletta grafica © Salvatore Mattozzi

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01.03.2022 # 5929
AI - Artificial Intelligence. I nuovi confini dell‘intelligenza artificiale per la produzione di immagini

Può un poster cambiare il mondo? Forse no, ma possiamo sicuramente provare a farlo insieme.

La grafica ha sempre giocato un ruolo importante nelle vicende umane sin dai tempi più remoti. Essere graphic designer oggi significa anche raccogliere questo testimone.

di Nicola Cozzolino

Come designer mi chiedo sempre quale impatto può avere il mio lavoro nella vita di tutti i giorni. Può davvero un logo, un font o un poster cambiare il mondo?

Probabilmente no, ma di sicuro il design può influire sulle coscienze in maniera più o meno diretta. Herbert Lubalin, uno dei grafici più influenti del XX secolo, tra le varie perle ci regalò una bellissima rielaborazione grafica ispirandosi a una frase di Bertrand Russel “The Next War Will Determine Not What Is Right But What Is Left”. Questo bellissimo ed evocativo lettering è, di questi tempi più attuale che mai. 


È chiaro che Lubalin non intendesse cambiare il mondo, ma di sicuro ha voluto sottolineare il suo punto di vista nei confronti della guerra contribuendo in maniera attiva alla diffusione di un messaggio di pace. Del resto, ciò che vediamo e leggiamo rimane più a lungo impresso nelle nostre menti, nel bene e nel male. 

Il ruolo della grafica nella politica è sempre stato molto importante. Pensiamo alle propagande naziste o comuniste e all’uso massiccio della grafica durante la campagna americana per l’arruolamento nella Seconda Guerra Mondiale. Questa abitudine a servirsi di un messaggio visivo chiaro e incisivo, è sempre stata una chiave importante per convincere, aggregare o includere pubblico.



Anche le recenti campagne di Obama e Trump in America hanno sottolineato la potenza comunicativa della grafica nel messaggio politico. Di esempi ce ne sono tanti. La comunicazione, infatti, ha sempre bisogno di una forma adeguata per poter essere veicolata in modo efficace. 

Quindi, a quanto pare, un poster non può cambiare il mondo, ma molti poster potrebbero sicuramente provare a farlo. 

Qualche tempo fa il celebre movimento Black Lives Matter ha scosso le nostre coscienze sul tema razziale negli USA e in tutto il mondo. Al di là della vicenda, le persone si sono riconosciute in una battaglia comune per il bene e la giustizia sociale. Anche in quel caso la grafica ha giocato un ruolo importante. Ricordate la lunga scritta gialla sull’asfalto comparsa su tutti i notiziari? Potente, coinvolgente, emozionante. Ecco che il ruolo del design, in un contesto del genere, diventa un’importante spinta aggregante in cui migliaia o milioni di persone si riconoscono. 



Oltre che nella politica, quindi, la grafica ha un ruolo importante anche nelle battaglie sociali. Pensiamo alla controcultura degli anni Sessanta e Settanta, pensiamo alle migliaia di volantini stampati durante le rivolte studentesche in giro per il mondo, ve la ricordate tutti l’immagine di Che Guevara stampata su t-shirt e cappellini?
La grafica ha sempre espresso un grande potenziale laddove bisognava comunicare in modo diretto contro un sistema di oppressione o di ingiustizia, allo stesso modo in cui si è dimostrata utile per accompagnare i grandi misfatti della Storia moderna.



Cosa c’è dietro questo potere? 

Credo siano tre le componenti che bisogna considerare:
La qualità del contenuto
La forma con cui è veicolato
Il momento storico in cui avviene questa sinergia

In pubblicità, e più in generale in comunicazione, si cerca spesso la “viralità” di un messaggio e la si progetta spesso a tavolino con campagne programmate e costruite ad arte. Ma se il contesto è giusto, se esiste uno spirito comune, se ci si riconosce in un messaggio potente e aggregante, allora non ci sarà bisogno di fare altro che confezionare tutto questo in una forma adeguata e coerente per arrivare dritti al cuore delle persone. 

I designer lo sanno, lo sappiamo bene che il nostro lavoro influisce sempre sulle scelte degli altri, sappiamo bene che le persone reagiranno in un modo oppure in un altro rispetto alle nostre scelte stilistiche o comunicative. Nessun designer si astiene dal comunicare la propria visione del mondo, ma lo fa sempre con molta cura e molta responsabilità proprio perché consapevoli del proprio ruolo e del proprio potere. 

Siamo immersi nella realtà, siamo figli del tempo che viviamo, i designer posseggono una spiccata sensibilità e sentono sempre la pressione del mondo che li circonda. In questi tempi, per molti versi bui, il ruolo della progettazione grafica è ancora più importante considerata la grande potenza distributrice dei canali digitali. Deve perciò essere dovere di tutti noi provare sempre a rimanere dal lato giusto della Storia, in modo che una volta terminata la nostra candela, le tracce che avremo lasciato raccontino una storia di umanità e coraggio.

Perché è di questo che il mondo ha soprattutto bisogno.
Il buon design è soprattutto Rivoluzione. 

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24.02.2022 # 5924
AI - Artificial Intelligence. I nuovi confini dell‘intelligenza artificiale per la produzione di immagini

Come nasce un’idea e come possiamo provare a trovare la soluzione adatta nel momento giusto.

Tutti i creativi si trovano a lottare con un foglio bianco prima o poi. Ma per fortuna c'è sempre una via d'uscita

di Nicola Cozzolino

Molti giovani designer sono spesso preoccupati dalla ricerca di un’idea per i loro progetti. Partiamo con il dire che cercare un’idea è già una buona notizia. Spesso, infatti, la cattiva progettazione parte dalla direzione opposta, ossia quella di produrre senza avere ben chiaro l’obiettivo. Quindi, iniziare con il piede giusto è sicuramente un buon modo di approcciarsi ad un nuovo progetto.

Innanzitutto cerchiamo di capire cosa si intende per “idea”.

Niente nasce da niente. La nostra mente è un nastro che parte dalla nascita e continua a girare per tutto il resto della nostra vita. Perciò, ogni azione è la conseguenza di qualcosa che abbiamo imparato, visto, fatto, letto o vissuto. L’idea, quindi, è la sintesi di un’esperienza. 

È chiaro che questa sintesi deve essere strutturata e visualizzata per poter essere valutata e validata. La nascita di un’idea è spesso collegata ad un momento di relax mentale. Spesso, infatti, le idee migliori ci arrivano quando non stiamo lavorando o mentre ci occupiamo di altro, quando, appunto, non stiamo spingendo per far uscire qualcosa che, in realtà, non ha alcun bisogno di essere spinto.

Le idee vanno nutrite, non estratte.

FASE UNO

Quando cominciamo un progetto, la cosa migliore da fare è informarsi. La conoscenza è sempre potere, soprattutto quando lavoriamo su qualcosa di nuovo o fuori dalla nostra comfort zone. Cerchiamo di raccogliere tutte le informazioni possibili sull’argomento, creando una mappa mentale che colleghi e ordini tutto il materiale. 

Dallo studio si acquisisce competenza dell’argomento. Nel campo della comunicazione visiva, questa fase include anche tutte le implicazioni commerciali, sociali o economiche che il nostro lavoro dovrà affrontare o generare. Per esempio, per creare un marchio di un’azienda, oltre a conoscere il campo in cui opera, il prodotto che crea, il settore di appartenenza, è utile anche conoscere gli obiettivi del progetto, le motivazioni, l’audience e tutto il contesto in cui stiamo per operare. 

In questo modo il quadro sarà sufficientemente ampio per affrontare lo step successivo: ricerca di un linguaggio visivo adeguato alle nostre esigenze. Una volta individuati i confini del campo in cui dobbiamo giocare la nostra partita bisogna capire in che modo vogliamo giocarla. A questo punto è utile ricercare stili e codici visivi che possano suggerire una soluzione al nostro problema. 

FASE DUE

È evidente che nulla si inventa dal nulla, perché è molto probabile che qualcun'altro abbia affrontato il nostro stesso problema in maniera più o meno esaustiva. Ecco che cercare competitor, progetti simili o che ci possano suggerire il linguaggio adatto da usare, può essere di grande aiuto nella costruzione dell’ambiente adatto alla nascita di un’idea. 

Guardare, guardare, guardare e riempire quel contenitore infinito che è la nostra mente. La cosa più importante è ridurre l’ansia da prestazione. Non cerchiamo la grande idea che cambi il mondo, non cerchiamo la soluzione definitiva a tutti i problemi dell’umanità. 
Il nostro obiettivo è semplicemente quello di realizzare un progetto coerente e originale che soddisfi le esigenze della richiesta o della commessa e produca risultati relativamente significativi. 

Si, è un bell’impegno, ma rilassiamoci, perché lavorare in miniera sembra essere un tantino più duro, che ne pensate?

FASE TRE

Una volta raccolte tutte queste informazioni, mentre gli occhi ci bruciano e la deadline si avvicina e la macchina del caffè ormai non risponde più ai comandi, bisogna spegnere, staccare la spina. 

Questo è il momento di sedimentare e di lasciare che tutto il materiale visto o letto, che tutti gli appunti segnati, le note e le idee che ci sono sembrate prima brillanti e poi stupidissime, si posino sul fondo e che a galla rimanga solo ciò che ci ha toccato davvero, che ha solleticato la nostra voglia di misurarci con l’ignoto. 

Dopo questa pausa sarà il momento di produrre, di fare, fare e fare ancora. Non esiste una sola soluzione ai problemi, alla fine siamo creativi, quindi siamo abituati a trovare più soluzioni ai problemi più disparati. Legarsi ad una sola possibilità è come andare a Las Vegas e puntare tutto su un solo numero alla roulette. Un bel rischio. 

Massimo Vignelli suggeriva che il Design è uno. Ed aveva ragione, perché uno è il modo corretto di interpretare un’idea, ma non esiste una sola idea ed ognuna ci porterà in una direzione differente. 

IL PIANO B

E se non arriva l’idea? Non preoccupatevi, non sempre arrivano, ma quando non accadrà, grazie allo studio e alla raccolta che avrete fatto, potrete disporre di un’altra arma per districarvi nel fantastico mondo del “doveva essere pronto per ieri”. 

Ovviamente parlo dell’esperienza. 
Come ho scritto all’inizio, è dall’esperienza che nascono le idee. 
Ecco. Tutto torna. 

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