Francesco D’Amico è nato nel 1998 a Cava de’Tirreni, dove attualmente vive. Intraprendente e creativo fin da bambino, inizia ad avvicinarsi alla fotografia in pellicola – e poi successivamente alla fotografia digitale – grazie al suo insegnante del liceo, che gli ha trasmesso la passione per la fotografia. Si iscrive poi alla ILAS – Accademia Italiana di Comunicazione Visiva – di Napoli e grazie agli insegnamenti dei docenti Pierluigi de Simone, Fabio Gordo ed Elisabetta Buonanno, decide che la fotografia sarà il suo mondo.
L´Intervista
(Urania Casciello) Come ti descriveresti?
(Francesco D’Amico) Di certo posso dire che sono un ragazzo pessimista, polemico e molto autocritico. Senza queste due caratteristiche però sicuramente non sarei la persona determinata che sono, che divora la vita a morsi giorno dopo giorno. Non credo siano sempre delle caratteristiche negative. Questa determinazione mi porta ad essere un grande sognatore con idee ben chiare sul mio futuro. Questo credo sia il mio punto forte.
Hai sempre saputo di voler fare il fotografo?
Da come dicono i miei e da che mi ricordo ho sempre avuto questa vena creativa, che spaziava dalla musica al disegno a tutto ciò che si avvicinava all’arte. Pensavo di poter diventare un cantante famosissimo che saliva sul palco da solista in compagnia della sua chitarra (forse a questo credo ancora, quando la impugno in cameretta azzardando due accordi) o addirittura uno stilista di grande fama, ho ancora qualcosa conservato nel mio cassetto ma meglio lasciare tutto come sta (ride). La fotografia è entrata nella mia vita al liceo, ma ho sempre evitato l’idea che potesse diventare il mio lavoro per ignoranza più che altro. Sia il mio paese che la mia famiglia, me compreso, era abituata ad una fotografia di cerimonia. Inoltre era un ambito molto chiuso perché ci sono “pochi eletti” fidati che possono scattare questo tipo di eventi nella mia città. Neanche mi piaceva quel settore e per questo ho iniziato a frequentare l’università: informatica. Seguivo le lezioni ma nel mentre ero lì a post produrre le fotografie scattate il giorno prima. Studiavo per gli esami ma la mia testa era da un’altra parte (gli li superavo anche, non so spiegarti come). Un giorno mi sveglio da questo lungo sonno e decido di lasciare tutto per dedicarmi a ciò che più mi interessava di più, contro tutti all’inizio, ma per davvero.
Che ricordi hai del tuo percorso alla ilas?
La ilas è stata davvero la cosa giusta al momento giusto. Mi ha cambiato la vita radicalmente e non lo dico superficialmente. È stato un percorso che mi ha sicuramente aiutato a conoscere la professione della fotografia e tutto ciò che ne deriva, ma principalmente mi ha aiutato come persona. Ora so chi sono e cosa voglio dalla mia vita, so dove voglio essere e chi voglio essere fra 10 anni. E questa non è una cosa da prendere sottogamba. L’ambiente alla ilas è qualcosa di bellissimo, infatti ogni tanto ritorno per dei saluti generali ma anche per respirare quell’aria che mi manca tanto. I professori Pierluigi de Simone, Fabio Gordo ed Elisabetta Buonanno che tengo a citare sempre e ovunque sono i primi ad aver creduto in me, da prima che iniziassi a farlo io. E al di là del rapporto professore/alunno si è instaurato un rapporto d’amicizia, tant’è che alcune volte Fabio ancora deve stare lì a subire le mie polemiche e il pessimismo cronico che è parte di me ! Per non parlare del fatto che condivido ancora le mie foto su Facebook solo per avere un feedback da Pierluigi ed Elisabetta. Quando arriva la notifica, esulto un po’ e penso che il lavoro è ok!
Qual è la sfida più grande (lavorativa) che hai dovuto affrontare fini ad oggi? C’è qualche aneddoto?
Credo che in generale la sfida più grande in ambito lavorativo sia comunicare ed entrare in empatia con modelli che ovviamente non conosci caratterialmente prima di quel giorno. Il carattere, l’espressività, la “teatralità” sono elementi fondamentali nella mia fotografia, senza di quelli non si scatta. E mi è capitato una volta di lavorare con un modello un po’ montato, il ragazzetto bello che sfila per Dolce&Gabbana, molto all’italiana, che abbiamo vestito con degli abiti che richiamavano al classicismo, con balze, merletti, cose molto pompose, di una designer pazzesca. Eravamo in esterna e dei ragazzini buttavano l’occhio e non capendo il mood dell’editoriale, urlando prendevano in giro il modello per come era vestito. Si è innervosito a tal punto da lasciare il set per chiamare il suo agente chiedendo di andar via perché secondo lui questi vestiti non esaltavano la sua figura, la sua immagine, abituato a vedersi con abiti di marchi di lusso. Da qui è partita un’opera di convincimento, di trattative e chi più ne ha più ne metta. Fortunatamente si è risolto tutto per il meglio.
Cosa ti affascina del mondo della fotografia?
Della fotografia amo il fatto che sia un mezzo veloce per comunicare la propria estetica, il proprio senso di bellezza, la propria sensibilità riguardo a tematiche sociali e non. Ultimamente sto anche prendendo in considerazione l’idea che la fotografia sia un ottimo modo per valorizzare, portare alla luce, elogiare. Ho in mente un super editoriale su un’icona della musica italiana (per me) che non ha passato sempre dei bei momenti, per elogiare il suo personaggio molto controverso e controcorrente. Spero di realizzarlo presto.
C’è un fotografo a cui ti ispiri?
Sono stato influenzato per molto tempo da Avedon, solo che ora il discorso è un po’ diverso. In questo periodo sono molto a contatto con magazine, mi passano centinaia di foto sotto gli occhi e in ognuno trovo qualcosa che può arricchirmi, qualche dettaglio, qualche inquadratura, qualche nuova idea che può combaciare col mio gusto. Quindi non mi sto fermando tanto sui fotografi ma su ciò che mi sta bene addosso dell’estetica che ora va di moda. Ho comunque dei nomi che in un modo o nell’altro mi sono rimasti impressi: tra i giovani italiani che influenzano maggiormente la mia visione ci sono Marco Imperatore, Vito Fernicola, Marcello Arena poi Giampaolo Sgura, Morelli brothers, Peter Lindbergh, Inez and Vinoodh, Luigi and Iango, Giovanni Gastel.
Che consiglio daresti a chi si approccia adesso al tuo lavoro?
Il consiglio che posso dare è quello di bombardarsi di immagini di qualità e di osare. La cosa che mi porterò dentro dell’incontro con Oliviero Toscani organizzato dalla ilas è questa parola: sovvertire. È quello che mi sento di consigliare e che consiglio anche a me stesso! Inoltre fissarsi sempre obiettivi e non accontentarsi mai dei piccoli risultati. Può sembrare qualcosa di banale, ma io credo che alla mia generazione – o almeno alcune persone della mia generazione – manchino sogni e ambizioni. Alla domanda “come ti immagini un futuro?” mi ritrovo risposte del tipo “non so cosa mangerò domani, pensare come mi immagino in un futuro mi risulta difficile” oppure risposte tipo “ora sto frequentando questa facoltà, appena finisco vedo che fare” risposte che mi fanno cadere le braccia.
Forza! Se solo penso cosa la mia pagina Instagram mi permette di fare! Una vetrina che mi ha messo in contatto diretto con fotografi e designer importanti di tutta Italia e non solo. Proprio da poco ho avuto un contatto con un designer emergente che ha realizzato abiti per la Mostra del Film di Venezia che mi invierà dei capi per farmeli scattare per un editoriale!
Se la fotografia fosse una ricetta, quale sarebbe?
Ti direi la pizza, solo perché di pizza non si è mai sazi ed è troppo buona!
Qual è la fotografia che hai fatto che più ti rappresenta?
È un po’ difficile dire quale fotografia mi rappresenta meglio per due motivi: il primo è che non posso scegliere un figlio al posto di un altro mentre il secondo è che la fotografia migliore la farò domani.
Vi mostrerò comunque qualcosa che fa parte di me!
Scelgo bianco e nero, anche se nelle foto amo usare i colori. Attraverso il b&w è possibile leggere più facilmente le emozioni.
Tre cose di cui NON si potrebbe fare a meno sulla terra?
Non inserirò la fotografia perché è troppo scontato, quindi: Loredana Bertè, il sesso e la diversità.
Cosa ti tira giù dal letto la mattina?
I miei obiettivi.
Cosa dobbiamo aspettarci da te?
Cose in grande (leggi: che scasso tutto)! Sto dando la vita per la fotografia!