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Mostre ed eventi // Pagina 70 di 231
26.02.2014 # 3500
Nam June Paik - The future is now

Daria La Ragione //

Nam June Paik - The future is now

a Camogli fino al 2 marzo 2014

La Fondazione Pier Luigi e Natalina Remotti è lieta di presentare la mostra The future is now, di Nam June Paik, dal 30 Novembre 2013 al 2 Marzo 2014, a Camogli, via Castagneto 53.

La mostra, a cura di Francesca Pasini, con Caterina Gualco, nasce dal programma di dialogo con altre collezioni italiane, iniziato lo scorso anno con "Omaggio Fischli e Weiss" ed è in collaborazione con ArteValori.

Opere in mostra:

TV Buddha (s.d.), monitor, scultura in legno dorato, (dimensioni variabili). La statua antica di Buddha guarda enigmaticamente un monitor televisivo. Vanno a confronto epoche, religioni, linguaggi e resta l'enigma dei sedimenti e dei residui delle culture di ognuno.

TV Frog, 1979 – 1995, monitor, sculture in pietra (dimensioni variabili). Due rane in pietra grigia guardano il televisore su cui avvengono storie che le riguardano e che rimbalzano su di noi.

TV Clock, 1991, monitor, orologio, telecamera a circuito chiuso, cm. 95x95x140. La statuina di una fanciulla stile ottocentesco regge un orologio e si trova al centro di uno spazio costruito con tre Monitor accesi.

Cage in Cage, 1989, gabbia per uccelli, monitor, lettore DVD . Un omaggio all'amico e un ricordo. Così nel gioco di parole "Cage in Gabbia", Paik commemora la morte dell'amico. In una antica gabbia per uccelli c'è un piccolo monitor dove scorrono tanti momenti del dialogo tra Cage e Paik.

Senza titolo, 1995, cm 32x19. Una lanterna, dipinta di rosso, al posto dello stoppino ha una mini TV: simbolo di una nuova energia luminosa.

Beuys Voice, 1988, laser painting, pittura a olio, oggetti vari, cm 162x196x10. Uno straordinario racconto dove gli emblemi simbolici di Beuys come il cappello, la lepre si intrecciano a figure, e pitture.

Omaggio a Joseph Beuys, 1989 polimaterico su tela, cm. 202x166.

Untitled (Laurie Anderson), 1996, Computer, fotografia laser su tela, I.C.T.V., lettore laser disc, cm. 91,5x119,5. Il legame tra musica, disegno, performance è il perno della composizione.

Nam June Paik Charlotte Moorman 1964-1974: portfolio 59 fotografie b/n, 15 a colori firmate Peter Moore, disegno originale, testo. Edizioni Pari & Dispari, Giuseppe Morra e Francesco Conz.

TV Cello, 1989, violoncello, cartone sagomato e fotografie. Dalla performance eseguita a Reggio Emilia nel 1989 da Nam June Paik e Charlotte Moorman.

Afrique mountain memory, 1991, polimaterico su tela, su tavola, cm. 61x76x15. Uno schermo di un monitor diventa il supporto di questa pittura tridimensionale dove una specie di bassorilievo, che evoca la cultura africana, si addossa allo schermo.

26.02.2014 # 3505
Nam June Paik - The future is now

Daria La Ragione //

LA RAGAZZA CON L'ORECCHINO DI PERLA

a Bologna fino al 25 maggio 2014

La ragazza con l’orecchino di perla, con la Gioconda di Leonardo e L’urlo di Munch, è unanimemente riconosciuta come una delle tre opere d’arte più note, amate e riprodotte al mondo.

Per un pugno di settimane, ed esattamente dall’8 febbraio al 25 maggio 2014, il capolavoro di Vermeer sarà in Italia, a Bologna, accolta con tutti gli onori del caso a Palazzo Fava.

Sarà la star indiscussa di una raffinatissima mostra sulla Golden Age della pittura olandese, curata da Marco Goldin e tra gli altri da Emilie Gordenker, direttrice del Mauritshuis Museum de L’Aja dove il capolavoro di Vermeer è conservato. L’occasione storica di ammirare in Italia e gli altri celeberrimi dipinti olandesi nasce dalla collaborazione tra Fondazione Carisbo, e per essa il suo presidente professor Fabio Roversi-Monaco, e Marco Goldin, storico dell’arte e amministratore unico di Linea d’ombra.

La ragazza con l’orecchino di perla evoca bellezza e mistero e il suo volto da cinque secoli continua a stregare coloro che hanno l’emozione di poterlo ammirare dal vero o scoprirlo attraverso i romanzi e il film di cui la bellissima ragazza dal copricapo color del cielo è diventata, forse suo malgrado, protagonista.

Il suo arrivo in Italia è il frutto straordinario di una trattativa durata un paio di anni, a partire dal momento in cui il Mauritshuis – scrigno di opere somme da Vermeer fino a Rembrandt – è stato chiuso per importanti lavori di restauro e ampliamento, che ne vedranno la riapertura al principio dell’estate 2014.

Nel frattempo, una parte delle collezioni del Museo è stato riallestita presso il Gemeentemuseum, sempre a L’Aja, mentre un nucleo, forse il più strepitoso, è stato concesso ad alcune sedi internazionali in Giappone (a Tokyo e Kobe) e negli Stati Uniti: il Fine Arts Museum di San Francisco, l’High Museum of Art di Atlanta e la Frick Collection di New York, ovvero a istituzioni di assoluto prestigio mondiale. Come unica sede europea, e ultima prima del definitivo ritorno de La ragazza con l’orecchino di perla al suo Museo rinnovato, la scelta è caduta su Bologna e su Palazzo Fava.


26.02.2014 # 3504
Nam June Paik - The future is now

Daria La Ragione //

Basic Zone

a Napoli fino al 16 aprile 2014

Casamadre inaugura con BASIC ZONE una serie di mostre di artisti internazionali della generazione μετά-internet. Il progetto espositivo, curato da Alessandro Bava, prova a definire i nuovi basics dellʼesistenza contemporanea dal punto di vista del lifestyle urbano per porre in questione l'ossessione per la diversità, l'eccezionalità, lʼunicità e lʼindividualismo, riflettendo una preoccupazione urgente per i commons, i nuovi minimi denominatori della quotidianità contemporanea, verso la definizione di una mediocrità radicale. Il titolo della mostra è una citazione da Rihanna. BASIC ZONE inizia ad esplorare questi #problems attraverso le opere di quattro artisti:

Juliette Bonneviot (Francia, 1983), Dena Yago (Stati Uniti, 1987), Ilja Karilampi (Svezia, 1983) e Marlie Mul (Olanda, 1980). Guest star Benedette Corporation. Juliette Bonneviot partecipa con una nuova serie di sculture in plastica riciclata che sono a metà strada tra busti di divinità classiche delle vere casalinghe di Beverly Hills e ritratti della Jeune Fille descritta da Tiqqun. La sua ricerca esplora i nuovi archetipi e le preoccupazioni della casalinga contemporanea, ad esempio l'ossessione per il riciclo totale che riflette un' ansia quotidiana per la fine del mondo. Dena Yago racconta frammenti della sua vita quotidiana attraverso una serie di fotografie stampate su vinile (una tecnica ordinaria per la stampa di banners pubblicitari), di viste della città dove vive, New York. Ma è una New York irriconoscibile e intima, lontana dai cliches imposti dal suo branding pervasivo, narrata con realismo e poesia. E' il luogo del lavoro continuo e l'esempio globale di come la morfologia di una città influenzi il tipo di lifestyle dei suoi abitanti: in questo caso la competizione e la necessità di continua innovazione, da un punto di vista personale e produttivo. Ilja Karilampi realizza un grande murale che assomiglia ai graffiti che si vedono ovunque nelle metropoli, ma sono in realtà realizzati con la tecnica dell'affresco. Questo tipo di approccio tenta di rivelare i meccanismi profondi dietro linguaggi e modi di espressione urbani, che diventano banali perché condivisi e rilevanti per tutti. Tecniche artistiche e materiali primitivi servono a rielaborare la propria biografia ed esplorare la relazione tra le avanguardie della cultura pop e il loro impatto sociale e storico. Marlie Mul è una scultrice ma partecipa a Basic Zone con un opera sonora. Quest'opera è in linea con la sua produzione "tridimensionale", è verista ma più reale del reale; come le sue riproduzioni in resina di pozzanghere, l'opera sonora riproduce un suono banale della vita quotidiana astraendolo fino a caricarlo di un significato politico. Bernadette Corporation già dagli anni novanta hanno anticipato un'attitudine e un modo di intendere l'arte che poi diventerà imprescindibile per la generazione post-internet. La scultura in mostra fa parte di una serie più ampia di sculture che indagano gli spazi in cui l'individuo metropolitano si prende cura di se stesso a volte anche andando in crisi. La galleria, la rete internet e il bagno sono spazi dove il soggetto lavora sulla propria immagine, dove la gioia metafisica e l'orrore dell' assenza ci parla dalle superfici funzionali dello specchio e dello schermo. La scultura consiste in tre rubinetti "di design" su cui sono incisi commenti alle foto nude di Rihanna pubblicate online qualche anno fa, come riflessione sulla ricezione e consumazione del corpo nello spazio mediatico.

26.02.2014 # 3503
Nam June Paik - The future is now

Daria La Ragione //

LIBERTY. UNO STILE PER L'ITALIA MODERNA

a Forlì fino al 15 giugno 2014

Per molti il Liberty è semplicemente un insieme di decorazioni in stile floreale che, all’inizio dello scorso secolo, hanno abbellito facciate di case e mobili, oggetti e, naturalmente, quadri e sculture. Che sia stato questo ma anche molto, molto di più, lo metterà in evidenza la grande esposizione che la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì sta programmando ai Musei San Domenico a partire dal primo febbraio del prossimo anno.

Mostre sul Liberty, e sul primissimo scorcio del Novecento, in Italia se ne sono viste molte. Ma oggettivamente nessuna del livello e dell’importanza, oltre che imponenza, di questa. 

L’obiettivo di chi ci sta lavorando (il Comitato scientifico è presieduto da Antonio Paolucci, la curatela della mostra è di Maria Flora Giubilei, Fernando Mazzocca, Alessandra Tiddia, la direzione generale di Gianfranco Brunelli) è decisamente ambizioso: offrire per la prima volta al pubblico italiano ed internazionale non una mostra qualsiasi ma la “grande mostra” sul Liberty. Indagandolo in modo non solo ampio ma senza restrizione di schemi: dalla ricerca dei modelli lontani, nel Rinascimento e in Botticelli in primis, ma anche inserendo il Liberty nei grandi movimenti europei del momento ed in particolare la Secessione viennese.

A consentire una mostra di tale ampiezza e bellezza, oltre che alla capacità del committente e dei curatori, concorre l’ampiezza degli spazi del San Domenico. Qui si può agevolmente dipanare il racconto di ciò che il Liberty abbia significato in pittura e in scultura, nelle arti decorative, dalle vetrate ai ferri battuti, ai mobili, agli oggetti d’arredo, ai tessuti ed ai gioielli. Evidenziando certi temi e alcune soluzioni formali, sarà possibile tracciare una linea comune tra i dipinti di Previati, Nomellini, Baccarini, Kienerk, Grubicy de Dragon, Segantini, Pellizza da Volpedo, Longoni, Sartorio, De Carolis, Laurenti, Marussig, Zecchin, Chini, Casorati, Balla, Bucci, Boccioni, Dudreville, Innocenti, Bocchi, Viani e le sculture di Bistolfi, Ximenes, Trentacoste, Canonica, Rubino, Andreotti, Wildt, Martini, le vetrate e i ferri battuti di Mazzucotelli e Bellotto, le ceramiche di Galileo Chini, i manifesti di Dudovich, Terzi, Hohenstein, sottolineando, attraverso un apposito apparato grafico, i rapporti con la letteratura, tra D’Annunzio, Pascoli e Gozzano. Ma anche con la musica di Puccini, Mascagni e Ponchielli. Sarà dunque possibile sottolineare i molti punti di incontro, come nella ricorrente metamorfosi tra la figura umana, il mondo animale e quello vegetale, tra Liberty e Simbolismo. I confronti europei non potranno prescindere da autori come Klimt, Adler, Moser, Tiffany, Klinger, Boecklin, Van Stuck, Morris. Tutti presenti in mostra con opere attentamente selezionate.

La mostra, com’è cifra consolidata delle esposizioni promosse dalla Fondazione forlivese, è “glocal”, nel senso che dà conto, estesamente, del Liberty in Italia e delle sue connessioni internazionali ma, al medesimo tempo, collega questo movimento al territorio. Così l’importanza che il Liberty ha avuto in terra forlivese e emiliano-romagnola è evidenziata in mostra ma da essa si proietta all’esterno, “sul campo”. La mostra è infatti il punto di partenza per un affascinante itinerario che non si limita a Forlì e Faenza, ma si estende all’intera regione.

Di particolare importanza la collaborazione con grandi musei nazionali, tra i quali la Galleria d’Arte Moderna di Genova, la Galleria d’Arte Moderna di Milano, la Civica Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, la Galleria degli Uffizi di Firenze, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, la Wolfsoniana-Fondazione Regionale per la Cultura e lo Spettacolo di Genova.

26.02.2014 # 3502
Nam June Paik - The future is now

Daria La Ragione //

I colori del mondo

a Genova fino al 1 aprile 2014

Una grande esposizione fotografica di National Geographic Italia che focalizza l'attenzione su "I Colori del Mondo", organizzata da Pho_To Progetti per la fotografia e promossa da Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura. 

Dal 31 gennaio al 1 aprile 2014 in mostra nella Loggia degli Abati del Palazzo Ducale di Genova una selezione di cinquanta immagini, inedite per il magazine e di grande impatto visivo ed emotivo, declinate attraverso quattro colori.

Rosso, colore della terra, del fuoco, delle comunità, degli usi e costumi, delle donne, dei bambini, degli uomini. E' il colore del cuore, del sangue, della passione.

Verde: il mondo green in tutte le sue espressioni, il green come colore dell'oggi e del domani, il verde della speranza. E' il colore della natura, della vegetazione, dell'esistenza stessa.

Bianco: l'immacolato dei luoghi colpiti dal riscaldamento globale, degli animali a rischio di sopravvivenza, dell'innocenza, della purezza.

Azzurro: il colore dell'acqua e del cielo, dei mari e dei suoi "abitanti", della gioia di esistere e della tranquillità.


Quattro colori per descrivere, tra contrasti e suggestioni, il presente e il futuro del mondo, la forza e la debolezza della natura e degli animali, l'umiltà, l'orgoglio, il dolore e la felicità degli esseri umani. Un affascinante viaggio fotografico realizzato con gli scatti dei più grandi fotografi che lavorano e collaborano con il magazine a livello internazionale e nazionale.


"La mostra nasce dal desiderio di illustrare come i fotografi National Geographic sono riusciti, e riescono, a interpretare la vita sul nostro pianeta facendone risaltare i colori", spiega il curatore della mostra Guglielmo Pepe. "Attraverso i colori capiamo come vivono donne, bambini, uomini in tanti paesi vicini e lontani da noi; qual è la condizione dell'esistenza per chi deve combattere contro fame, povertà, guerra, malattia; come gli animali riescono a resistere alle trasformazioni del loro habitat; che cosa succede all'ambiente sotto i colpi dei cambiamenti climatici. Ma vediamo anche la Terra nella sua unicità, le persone in momenti felici, le altre specie nella loro fantastica diversità, la natura e la sua straordinaria bellezza."


26.02.2014 # 3501
Nam June Paik - The future is now

Daria La Ragione //

RISVEGLI 100% BIODEGRADABILE

a Milano fino al 15 marzo 2014

Ventuno “installazioni fotografiche” e otto encausti, realizzati appositamente per una mostra che l’artista concepisce come un vibrante mezzo di sensibilizzazione dello spettatore a un uso più rispettoso dell'ambiente. Un concetto di cui Chiodi si fa carico sin dalla realizzazione delle opere stesse: stampa su carta di cotone e finisce le sue “installazioni fotografiche” con vetro, legno, cartone. Nessun materiale inquinante, tutto: 100% BIODEGRADABILE. Ed è proprio in questo senso che il titolo stesso della mostra, RISVEGLI - 100% BIODEGRADABILE, può essere inteso sia come presa di coscienza spontanea, sia come suggerimento.


Se negli encausti Gianluca Chiodi dialoga con lo spettatore attraverso l’evanescenza ottenuta dalla contrapposizione tra la modernità del mezzo fotografico e l’antichissima tecnica che vede l’utilizzo di pigmenti di colore mescolati alla cera fusa e poi stesi col pennello sull’immagine stampata su cotone (o su tavola), nelle “installazioni fotografiche” lo fa utilizzando un “disturbo”, l’inserimento di oggetti di plastica di uso comune, che nella loro dimensione oversize diventano parte della struttura stessa dell’immagine.

E così, corpi avvolti nella plastica in un giardino ideale, al tempo stesso conniventi e ostaggio del materiale, sembrano danzare insieme seppur limitati nel movimento, sono intrappolati, e nonostante ciò giocano e convivono con la plastica stessa, in un corto circuito paradossale simile, come meccanismo, alla sindrome di Stoccolma, in cui i sequestrati finiscono per affezionarsi e difendere i loro oppressori-sequestratori. Nella loro sembianza di umana deità, quei corpi vogliono ricordarci che qui, ora, in questo mondo, ci è data la possibilità di vivere, di esistere, e non solo di sopravvivere a noi stessi e ai nostri scarti; vogliono esortarci a una presa di coscienza maggiore che ci porti a reagire a quel “disturbo” diventando consumatori più responsabili.

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