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Mostre ed eventi // Pagina 46 di 231
08.12.2014 # 3961
LONGARETTI. Mito e metafora

Daria La Ragione //

LONGARETTI. Mito e metafora

a Milano fino al 18 gennaio 2015

Dal 5 dicembre 2014 al 18 gennaio 2015, lo Spazio Oberdan di Milano accoglie l’antologica di Trento Longaretti (Treviglio, BG, 1916), dal titolo LONGARETTI mito e metafora.

Per iniziativa della Provincia di Milano e dell’Archivio Longaretti, in collaborazione con la Galleria B&B Arte di Canneto sull’Oglio (MN), l’esposizione ripercorre attraverso 70 opere quasi un secolo di pittura (1936-2014) di uno dei maestri dell’arte italiana del secondo Novecento.

Il percorso espositivo, ordinato da Carlo Pirovano, si sviluppa attraverso cinque motivi tematici - maternità, dall’infanzia alla vecchiaia, la condizione dell’uomo, derelitti e fuggiaschi, miracoli della natura - che, pur essendo costantemente presenti nell’intero arco della sua attività artistica, trovano espressione particolarmente ampia e intensa in periodi pittorici ben databili.

All’interno dell’ampio arco cronologico della sua evoluzione espressiva, la mostra delinea un percorso formale articolato, ma coerente, da Corrente, quando incontra e frequenta Guttuso, Morlotti, Birolli, Sassu, Vedova e altri protagonisti di quella esperienza di evoluzione anche sociale, agli anni del dopoguerra, per giungere alla maturità, nell’esperienza di fecondo insegnamento all’Accademia Carrara di Bergamo e più innanzi all’approdo dell’utilizzo di colori accesi con soluzioni sempre più fantastiche e meno naturalistiche degli anni Settanta/ottanta, fino a giungere alla sua produzione più recente e inedita.


08.12.2014 # 3963
LONGARETTI. Mito e metafora

Daria La Ragione //

I TESORI DELLA FONDAZIONE BUCCELLATI

a Firenze fino al 22 febbraio 2015

Nelle monumentali sale del Museo degli Argenti, si terrà la mostra I TESORI DELLA FONDAZIONE BUCCELLATI. Da Mario a Gianmaria, 100 anni di storia dell’arte orafa, curata da Riccardo Gennaioli, frutto della collaborazione tra la Fondazione Gianmaria Buccellati e la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, che presenterà una selezione di oltre cento opere, tra gioielli, lavori di oreficeria e di argenteria disegnati da Mario e Gianmaria Buccellati, due tra i nomi più significativi del panorama orafo mondiale, eredi della illustre tradizione italiana, fiorita nel Rinascimento con Benvenuto Cellini, uno dei massimi artisti di ogni epoca.

Fu proprio seguendo i canoni rinascimentali che Mario Buccellati, definito da Gabriele d’Annunzio, di cui fu amico e sodale, il ‘Principe degli orafi’, creava le sue opere, reinterpretandole in modo assolutamente personale, unico e facilmente riconoscibile. A lui, va assegnato il merito di aver fatto conoscere lo ‘stile Buccellati’ capace di diventare un mito dell’arte orafa, apprezzato dai membri delle case regnanti, da pontefici e uomini di cultura.

La rassegna si aprirà con un omaggio a Mario Buccellati (Ancona, 1891 - Milano, 1965). Saranno esposti alcuni tra i pezzi più preziosi ideati dal fondatore del marchio, come i bracciali, le spille o la tiara, lavorati a ‘tulle’ o a ‘nido d’ape’, vero segno distintivo di Casa Buccellati, in cui la finezza del traforo è esaltata dall’incastonatura dei brillanti e delle pietre preziose.


I TESORI DELLA FONDAZIONE BUCCELLATI

Da Mario a Gianmaria, 100 anni di storia dell’arte orafa

Firenze, Palazzo Pitti - Museo degli Argenti (Piazza Pitti 1)

2 dicembre 2014 – 22 febbraio 2015

08.12.2014 # 3962
LONGARETTI. Mito e metafora

Daria La Ragione //

ROBERT PETTENA. NOBLE EXPLOSION

a Modena fino al 1 marzo 2015

La mostra presenta, per la prima volta in Italia, un’ampia ricognizione fotografica compiuta sui siti SIPE-Nobel del territorio italiano da Robert Pettena.

Alfred Nobel, noto come l’ideatore dell’omonimo premio, fu anche e soprattutto l’inventore della dinamite, collega e amico di Ascanio Sobrero, il chimico torinese che sintetizzò la nitroglicerina. Nei primi anni Settanta dell’Ottocento, dopo aver incontrato varie difficoltà in molti Paesi del nord Europa, Nobel giunse in Italia per installare i suoi impianti di produzione di esplosivi. Più tardi la sua società “Dynamite Nobel” stabilì una fruttuosa joint venture con la Società Italiana Prodotti Esplodenti, dando vita alla SIPE Nobel S.p.A.

La dinamite, brevettata da Nobel nel 1867, fu largamente utilizzata per l’estrazione mineraria, nelle cave, nel settore delle costruzioni e delle demolizioni; dette anche notevole impulso allo sviluppo delle ferrovie, in particolare nelle zone alpine, facilitando lo scavo dei tunnel. La crescita della domanda di esplosivi fece proliferare l’industria a essi collegata. La fabbrica Dynamite Nobel di Avigliana (Torino) iniziò la sua attività nel 1879. Tra il 1888 e il 1900 la SIPE ha confezionato 120-130 tonnellate di dinamite. A partire dal 1891 ha iniziato a produrre a Forte dei Marmi polveri senza fumo per la Marina, poi nel 1901 a Spilamberto in provincia di Modena e, successivamente, nel 1903 a Cengio, al confine tra Piemonte e Liguria dove realizzava TNT per l’esercito italiano. Negli anni della prima guerra mondiale le fabbriche della SIPE Nobel sfornavano decine di tonnellate al giorno di polveri esplosive e munizioni.

Da questi elementi ha inizio un’avvincente indagine sulla storia e sui paradossi di una delle figure più complesse del secondo Ottocento: inventore, imprenditore e filantropo.

In mostra una selezione di circa 50 foto e una documentazione di varia natura (foto, disegni, materiale d’archivio) sui siti SIPE Nobel nel territorio italiano, con un approfondimento su quello di Spilamberto. Il lavoro fotografico di Pettena mette in risalto il valore compositivo delle architetture industriali di fine Ottocento e primo Novecento e le loro caratteristiche d’integrazione sul territorio, spesso ottenuta mediante una sorta di camouflage con la vegetazione, soprattutto allo scopo di evitare i bombardamenti aerei. “L’occhio dell’artista – scrive Marco Pierini nel testo in catalogo – osserva quasi clandestinamente l’aspetto odierno delle fabbriche e se indugia sullo stato d’abbandono delle costruzioni non è con l’intento di andare alla riscoperta di un anacronistico gusto per la rovina, ma per segnalare l’eccezionalità di luoghi (spesso ancora in attesa di essere bonificati) dove il tempo appare sospeso e la vita – non fosse per la vegetazione che riconquista il proprio spazio – assente”.


08.12.2014 # 3960
LONGARETTI. Mito e metafora

Daria La Ragione //

CORCOS. I sogni della Belle Epoque

a Padova fino al 14 dicembre 2014

L’antologica più completa mai dedicata al pittore livornese presenta oltre 100 dipinti, in grado di ripercorrere la sua vicenda artistica, attraverso i suoi più noti capolavori, e a numerose opere inedite.

Dopo il successo della mostra dedicata a Giuseppe De Nittis, Fondazione Bano, in collaborazione con il Comune di Padova e la Regione Veneto, prosegue il suo progetto decennale sulla pittura dell’Ottocento italiano, con un’iniziativa che analizza l’universo creativo di uno dei protagonisti della cultura figurativa italiana fra Otto e Novecento. Dal 6 settembre al 14 dicembre 2014, Palazzo Zabarella di Padova ospiterà la più completa antologica mai dedicata a Vittorio Corcos (Livorno 1859 – Firenze 1933). L’esposizione, curata da Ilaria Taddei, Fernando Mazzocca e Carlo Sisi, presenterà oltre 100 dipinti, in grado di ripercorrere la vicenda del pittore livornese, attraverso un considerevole nucleo di capolavori, affiancati a numerose opere inedite, provenienti dai maggiori musei e dalle più importanti collezioni pubbliche e private, che attesteranno la crescente fortuna critica dell’artista, documentata anche dalla frequente esibizione di suoi dipinti in recenti iniziative nazionali. La fama di Corcos era peraltro già notevole nella prima metà del secolo scorso. 

08.12.2014 # 3959
LONGARETTI. Mito e metafora

Daria La Ragione //

Shepard Fairey | OBEY

a Napoli fino al 28 febbraio 2015

Dopo il grande successo della mostra di Andy Warhol, con oltre 45.000 visitatori, il PAN | Palazzo delle Arti di Napoli ospita dal 6 dicembre 2014 al 28 febbraio 2015, Shepard Fairey, uno dei più celebrati street artist americani.

Autore tra i più influenti della scena contemporanea, Shepard Fairey, meglio conosciuto con lo pseudonimo di OBEY, ha accresciuto la sua fama grazie all'immagine stilizzata in quadricromia di Barack Obama sovrapposta ai termini Hope (speranza), Change (cambiamento), Progress (progresso), divenuta simbolo della campagna elettorale del futuro presidente degli Stati Uniti d'America nel 2008.

Con questo ritratto, definito dal critico d'arte del New Yorker, Peter Schjeldahl, "la più efficace illustrazione politica americana dai tempi dello Zio Sam", Obey ha dato vita a un'icona pop contemporanea così come Andy Warhol aveva fatto con Marilyn Monroe, Mao, la Campbell's soup e altro.

L'esposizione, curata da Massimo Sgroi, organizzata da Password Onlus, in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, presenta per la prima volta in uno spazio museale italiano 60 opere, che raccontano l'evoluzione stilistica di Shepard Fairey, come la serie realizzata per la città di Venezia, Capitol hill, la monumentale tela, finora mai esposta, a cui si affiancano lavori provenienti da collezioni private.

La rassegna conferma il ruolo di Napoli come protagonista della cultura e della contemporaneità e consentirà al visitatore di confrontarsi su tematiche sociali sempre attuali, come la guerra, la repressione, la propaganda, il razzismo, la difesa dell'ambiente e il rapporto con la musica e le icone del nostro secolo. Il fine per Obey è di stimolare il fruitore a giungere a una propria interpretazione e riflettere sul senso di ciò che vede: "È un dialogo costante con l'osservatore; ciò che faccio è inviare uno stimolo e rispondere con un nuovo stimolo in base alla reazione ricevuta".


08.12.2014 # 3958
LONGARETTI. Mito e metafora

Daria La Ragione //

Lucio Amelio

a Napoli fino al 9 marzo 2014

Questa mostra, dedicata a Lucio Amelio (1931-1994) in occasione dei vent’anni dalla sua scomparsa e organizzata in collaborazione con l’Archivio Amelio, ripercorre la storia di uno degli indiscutibili protagonisti della storia dell’arte contemporanea, che ha contribuito a rendere Napoli uno dei centri più importanti della produzione e della riflessione artistica degli ultimi decenni a livello nazionale e internazionale. Ma è anche la storia dei tanti artisti, collaboratori e compagni di strada che hanno condiviso la loro ricerca con Amelio. Ed è, in qualche modo, anche la storia che conduce, oggi, all’esistenza di un museo come il Madre.


Nel 1965 l’apertura a Parco Margherita di una galleria dedicata ai linguaggi e alle pratiche artistiche più sperimentali, quale fu appunto la Modern Art Agency di Lucio Amelio, concorse ad una radicale trasformazione del dibattito artistico allora in corso, in un contesto un cui erano attive gallerie come Il Centro (animato da Renato Bacarelli e Dina Carola), critici e curatori quali, fra gli altri, Filiberto Menna, Germano Celant, Achille Bonito Oliva, e figure di mecenati e collezionisti quali, in quegli anni, Vittorio Baratti, Peppino Di Bennardo, Renato e Liliana Esposito, Graziella Lonardi Buontempo, Giuseppe Morra, Pasquale Trisorio o Marcello e Lia Rumma, promotori questi ultimi di un evento straordinario quale fu, nelle sue tre edizioni (1966-68), la Rassegna di Amalfi, conclusasi nel 1968 con la tre giorni di Arte povera più azioni povere a cura di Germano Celant. Un discorso questo che, nell’attività di Amelio, si articolerà, lungo tutti gli anni Settanta, attraverso la produzione di progetti di arte pubblica, il sostegno a grandi mostre istituzionali, fra cui quelle a Villa Pignatelli e alla Reggia di Capodimonte, un’intensa attività editoriale e l’organizzazione di mostre personali e collettive spesso pionieristiche e seminali che segnarono, tra l’altro, l’affermazione dell’Arte Povera e della Transavanguardia e approfondirono le relazioni fra arte americana ed europea (esemplarmente rappresentate, nel programma della galleria, dal rapporto fra due artisti come Andy Warhol e Joseph Beuys), delineando una ricerca che spaziò dalle pratiche concettuali a quelle performative, dalla fotografia al cinema e al teatro, dalla letteratura al suono.


Senza dimenticare l’attenzione costante alla scena artistica napoletana e alla “Nuova Creatività nel Mezzogiorno”, alle pratiche del femminismo e alle definizioni di genere, fino al dibattito critico intorno al ruolo dell’istituzione artistica, segnato dall’attività, fra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, della Galleria Inesistente, fondata nel 1969 e che in varie occasioni intrecciò la sua storia anche con quella della galleria Amelio, divenuta ormai simbolo di un sistema dell’arte contemporanea che, proprio allora, gettava le sue basi a Napoli. L’istituzione, il 20 novembre del 1982, della Fondazione Amelio (da parte di Amelio con le sorelle Anna, Lina e Giuliana), segnerà la genesi di un altro capitolo fondamentale di questa storia, al contempo artistica e istituzionale, ovvero quello del progetto Terrae Motus: una collezione in progress concepita per stimolare la reazione da parte di alcuni dei più importanti artisti dell’epoca ad un evento devastante quale fu il terremoto dell’Irpinia (23 novembre 1980). Terrae Motus confermò quell’implicazione attiva e diretta dell’arte nel contesto sociale, civile e culturale sempre ricercata da Amelio che non a caso, verso la fine della sua attività, concepì, intorno alla collezione Terrae Motus, ora esposta alla Reggia di Caserta e ideale continuazione di questa mostra, un museo vero e proprio ubicato in un’ala dell’antico complesso conventuale di Santa Lucia al Monte e dotato, oltre che di una sua collezione, di sale espositive, spazi per residenze ed attività educative, laboratori, una biblioteca. I progetti di questo museo “immaginato” da Lucio Amelio per Napoli aprono e chiudono simbolicamente la mostra al Madre, insieme alla raccolta di tutti gli inviti, dalla Modern Art Agency alla Galleria Lucio Amelio. Figura di primaria importanza nella scena artistica napoletana, nazionale e internazionale, Lucio Amelio è quindi una fonte di grande ispirazione ancora oggi, nella sua costante ricerca di una stringente implicazione fra arte e comunità a cui oggi anche un museo come il Madre deve, in parte, la sua stessa ragion d’essere quale consapevole e responsabile testimone di questa eredità intellettuale ed istituzionale.


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