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Lisbona | Susana De
Sousa Dias. Natureza
morta | Stilleben
16/01/2011
Quello di Susana De Sousa Dias è un lavoro inquietante e poetico, a metà tra performance e istallazione cinematografica, fotografia e narrativa. L’opera, ospitata al Museu du Chado di Lisbona( Museu nacional de arte contemporanea) è una derivazione/continuazione del film del 2005 Natureza morta-Visage d’une dictature in cui lo Stillaben del titolo dell’istallazione vuol dire, in olandese, esistenza immobile che corrisponde al concetto latino di Natura morta. Infatti la Dias esplora esattamente questo, il rapporto tra la vita e la morte attraverso l’immobilità del movimento e soprattutto portando alla luce con un nuovo punto di vista e un “taglio” diverso, documenti e immagini della dittatura che per 48 anni governò il Portogallo.
Documenti ufficiali, prigionieri politici dagli sguardi attoniti, immobili, relazioni di guerra e documentari di propaganda in un montaggio tagliato per il momento definitivo, tutto viene ridotto in termini di velocità dalla Dias per diminuire il divario tra sequenza cinematografica e fermo immagine. L’artista decostruisce e sovverte le narrazioni ufficiali rivelando l’ incoerenza e l’ astrusità dietro l’iconografia di regime, omettendo il suono del film originale e rigettando ogni forma di narrazione e sottotitolo. Il tutto è completato dalla colonna sonora di António de Sousa Dias, che fa da trait d’union tra le immagini e le sequenze cinematografiche. L’operazione di Susana De Sousa Dias è quindi quella di un trasformazione di prospettiva, che allontana lo spettatore dalla messa in scena di una memoria collettiva, al fine di concentrarsi su un individualità più intima e ricercata, distraendo l'attenzione dalla gestualità teatrale del potere allo scopo di tenere uno sguardo accorto ed esteso ai gesti anonimi di sopravvivenza quotidiana. Gli sguardi, i volti, sono spesso quelli di “morti viventi”( in attesa di morire, il cui destino è spesso segnato), presone la cui vita resta sospesa in momenti interminabili, minuti immortalati dalla lastra fotografica o dalla sequenza cinematografica. Eppure, proprio per questo, immortali.