

Francesco Pontolillo //
Il British Museum rifiuta la scansione 3d e va in tribunale
Il museo rigetta la richiesta di 3d Scans e l'istituto IDA decide di fargli causa. Evoluzione tecnologica o involuzione?
Il British Museum ha negato all'Institute of Digital Archaeology (IDA) il permesso di scannerizzare in 3D i marmi del Partenone e potrebbe ora affrontare il tribunale.
L'istituto ha presentato una richiesta al museo per scansionare i marmi, noti anche come i marmi di Elgin, al fine di creare repliche di alta qualità che potrebbe portare ad una restituzione degli originali alla Grecia.
Tuttavia, il museo ha respinto la richiesta "senza alcuna spiegazione", e il fondatore e direttore esecutivo dell'IDA, Roger Michel, ha ora detto che l'istituto intraprenderà un'azione legale per appellarsi alla decisione.
I Marmi di Elgin sono sculture di 2500 anni che sono state rimosse dal Partenone di Atene da Thomas Bruce, il 7° conte di Elgin, 200 anni fa dopo essere state vendute a lui dagli occupanti turchi della città. La decisione del British Museum è l'ultima di un dibattito sulla restituzione che ha attraversato secoli, e che è stato all'ordine del giorno del Comitato intergovernativo dell'UNESCO per promuovere la restituzione dei beni culturali ai paesi d'origine (ICPRCP) per quasi 40 anni.
Nel 2021, una risoluzione emessa dall'ICPRCP ha riconosciuto la "legittima e doverosa richiesta" della Grecia per la restituzione delle sculture del Partenone, e a febbraio gli esperti hanno ritenuto che il British Museum avesse fatto un "massiccio cambiamento" nella sua politica riguardo al prestito dei marmi del Partenone alla Grecia.
L'IDA, che è una partnership tra l'Università di Oxford e l'Università di Harvard, ha presentato la sua richiesta di scansione 3D dei marmi del Partenone l'8 febbraio, in una mossa che potrebbe portare alla conclusione della lunga disputa tra la Grecia e il British Museum.

L'IDA prevedeva di creare repliche delle 32 sculture utilizzando scanner 3D, da cui sarebbero stati creati modelli 3D e poi inseriti in una macchina scultrice robotica. Il robot avrebbe poi usato veri scalpelli per creare una replica usando il marmo della stessa cava degli originali.
Il sito web dell'IDA dice che le repliche potrebbero "permettere al British Museum di adempiere - anzi, di espandere significativamente - la sua missione educativa, promuovendo al contempo una gestione etica di importanti oggetti del patrimonio".
Michel ha detto al Telegraph che avrebbe portato il caso in tribunale per una questione di principio, dicendo che il museo era "troppo snob per restituire [i marmi] ai greci".
Jon Beck, fondatore del progetto per il patrimonio culturale di Londra Scan the World, ha espresso il suo pensiero sulla decisione del British Museum, in modo veemente e offensivo.
"Non sono affatto sorpreso che questa istituzione tossica, che si basa così pesantemente sulla sua fragile spina dorsale di un datato sistema legale britannico, stia snobbando il pensiero di qualcosa che porterebbe il museo nel 21° secolo", ha detto. "Per un museo che sta chiedendo un miliardo di sterline di finanziamenti per ottenere un lifting, sono scioccato dal fatto che non siano aperti a discutere nuovi mezzi di monetizzazione e di equità nelle loro collezioni. Lavorano volentieri con partner aziendali 3D che cercano di unirsi alla monetizzazione e alla chiusura del patrimonio digitale, il che è sorprendente per un luogo che sostiene di essere il 'museo del mondo'.
Insomma, l’ennesima battaglia tra il mondo idealista open-source e quello più pragmatico legato alla monetizzazione di ciò che ha valore.
Scan the World utilizza una varietà di tecniche di scansione 3D per catturare l'arte da tutto il mondo e renderla liberamente disponibile alla comunità di stampa 3D. Il progetto ha colpito una serie di punti di riferimento significativi nella sua storia, avendo accumulato più di 17.000 oggetti nella sua collezione stampabile in 3D.
L'azienda ha già realizzato progetti per il Victoria & Albert Museum, e recentemente ha collaborato con Google Arts & Culture per espandere la sua collezione di arte stampabile in 3D open-source.
Gli scanner 3D si sono dimostrati uno strumento utile nella digitalizzazione di reliquie, manufatti antichi e siti storici, così come le repliche di statue preziose e sculture storiche, tra cui un gemello digitale del David di Michelangelo, in passato. Ma sono di fatto questi i modi migliori di utilizzare tali tecnologie?
La riproducibilità, tra l’altro gratuita, offerta dal progetto “Scan The World” permetterebbe all’arte di essere fruita ovunque, rivenduta, riprodotta appunto, fino all’infinito. Il che potrebbe portare ad un effetto contrario: ne svilirebbe il senso, ne permetterebbe la travisazione (immaginatevi remake del David nell’epoca dell’NFT… spero di non dare idee) o parlando in maniera politically correct, la “rielaborazione”, che alla fine, toglie valore proprio all’opera stessa.
Più recentemente, una barca del XIX secolo scoperta a Sydney è stata dissotterrata, scansionata e una replica stampata in 3D è stata esposta nel Museo Nazionale Marittimo Australiano, e Fraunhofer IGD ha sviluppato una versione aggiornata del suo scanner CultArm3D specificamente orientata a catturare e ricreare con precisione i modelli 3D degli oggetti esposti nei musei.
Ora immaginate, se qualcuno decidesse di ricreare l'imbarcazione da zero, pezzo per pezzo e venderla. Guadagnerebbe sicuramente, ma da una idea non sua, sfruttando una immagine gratuitamente, grazie a questo repository opensource.
Ma chi si occuperebbe a quel punto di curare, proteggere negli anni, e visitare soprattutto, un oggetto che può essere riprodotto e mostrato in ogni città del mondo?
Evoluzione o involuzione tecnologica? Che ne pensate?