Arriva sugli schermi europei l’ultimo nato in casa Sony Bravia.
Parliamo di commercial e non di televisioni, raccontando, a chi se li fosse persi, che a partire dal 2005, Bravia ci ha regalato piccoli gioielli di colore e suggestione.
Anche questa volta la poesia non manca, anche questa volta il paesaggio è ben più di uno sfondo, tanto che il nome stesso del commercial, Volcano Petals ne sottolinea l’importanza. L’agenzia è di nuovo europea (dopo una lunga parentesi di commercial prodotti per il mercato asiatico): McCann London, il regista è Jaron Albertin e i petali sono sono veri!
Quest’ultima creatura sembra raccogliere in sé alcune delle esperienze dei precedenti film, perciò proviamo a fare un breve racconto di questa storia di buona pubblicità.

In principio era stata una cascata di palline colorate che invadeva le strade di una assolata e silenziosissima San Francisco, coccolata dalla voce di Jose Gonzales in una cover particolarmente indovinata di Heartbeats.
Poetico e coinvolgente,
Bouncing Balls aveva conquistato da subito, in più era stato molto astutamente accompagnato dal
making off (come tutti i successivi), che raccontava come le palline fossero davvero state lanciate per strada. L’agenzia, per questo e per i successivi due
commercial, è Fallon London, il regista Nikolai Fuglsig.

Poi era stata la volta della vernice che esplodeva in un palazzo grigio e anonimo alla periferia di Glasgow, facendo danzare il colore sulle note della gazza ladra di Rossini.
Anche qui come per le strade di San Francisco, persone assenti, fatta eccezione per l’inquietante clown (ma forse è inquietante solo per quelli della mia generazione, la cui infanzia è stata segnata da It di S.King) che corre attraversando la scena. E anche qui niente effetti speciali ma il lavoro di oltre 200 persone per realizzarlo, 70.000 litri di vernice, 1.700 detonatori e altre 60 persone (e 5 giorni) per ripulire tutto. Il regista di
Paint era Jonathan Glazer.

Il terzo commercial,
Play doh, vide un esercito di coniglietti di plastilina colorata invadere New York sulle note di
She’s like the rainbow dei Rolling Stones. La tecnica utilizzata si chiama
claymation – la stessa usata per realizzare i film di animazione Wallace and Gromit e Galline in fuga - e ha richiesto il lavoro di 40 animatori perché, anche questa volta, i coniglietti erano reali, lo era l’onda gigante e perfino la balena che vediamo nuotare in una piazza di Manhattan. Il regista è Frank Budgen. Ma questa volta le persone ci sono eccome, ci sono i loro sguardi stupiti e incantati, c’è la loro meraviglia che trascina la nostra.

Sono seguiti altri due commercial: Pyramid, ambientato in Egitto, aveva per protagonista una distesa di nastri colorati che scendeva dalla piramide di Kefren; ma questa volta era tutta postproduzione, il monumento non è mai stato invaso da una troupe, nessun nastro lo ha sfiorato e, anche se la musica, composta da Robert Schroder e Lorraine Shannon è coinvolgente e divertente, non aveva la stessa magia dei precedenti. L’agenzia questa volta è Y&R di Singapore.
L’altro commercial, Domino City, questa volta girato in India da Nic Finlayson, è di nuovo suggestivo e poetico, ma i toni sono più pacati e ricordano l’atmosfera di Bouncing Balls anche se in chiave orientale, e infatti il commercial, dell’agenzia Bates141 di Singapore, è destinato al mercato asiatico e non a quello europeo.
Torniamo a Volcano Petals: l’atmosfera sembra tornata quella di Bouncing Balls e ancor più di Domino City, e anche se qui come allora vediamo strade cittadine prive di automobili e smog e traffico, la natura è diventata protagonista.
La lezione di Play doh, la presenza delle persone e delle loro emozioni, è stata raccolta, ma qui non ci parlano direttamente, come era per lo sguardo incantato del bimbo di Manhattan, qui ne siamo spettatori.
Quello che invece mi pare radicalmente diverso è la scelta dell’elemento che colora: non più un invito al gioco dell’infanzia, non vernici, plastilina, palline, ma petali di rosa. Il tutto accompagnato da una musica (Berlin di RY X) che come tutto il resto sembra invitare alla serenità, a una gioia calma e non più al gioco.
Sarà cambiato il target o saranno cambiati i tempi? Forse quelli che nel 2005 sognavano San Francisco o New York e un po’ di spensieratezza, oggi vorrebbero rifugiarsi nella natura, cambiare ritmo e cominciare a respirare più lentamente. A me sembra che sia cambiato radicalmente il tone of voice anche da un altro punto di vista: leggendo i commercial nell’ottica dell’Analisi di Transazionale (di cui magari parlerò in dettaglio in un altro post) tutte le transazioni precedenti, ossia gli scambi comunicativi, sembravano avvenire da Bambino a Bambino. L’invito al gioco era da un piano paritario, era un ‘divertiamoci insieme’.
Ora la transazione sembra avvenire su un nuovo piano, da Adulto ad Adulto: ci mostra la bellezza, la pace, la serenità tutti valori che impariamo ad amare crescendo, tutte conquiste che desideriamo con l’età.
Personalmente , pur sentendomi molto gratificata dalla qualità estetica di quest’ultima perla di Sony, preferivo la strategia precedente. Perché di qualità estetica in pubblicità ne abbiamo vista e ne vedremo, ma l’arte di farci sognare e divertire è rara e preziosa e loro ne erano maestri. Sono seguiti altri due commercial: Pyramid, ambientato in Egitto, aveva per protagonista una distesa di nastri colorati che scendeva dalla piramide di Kefren; ma questa volta era tutta postproduzione, il monumento non è mai stato invaso da una troupe, nessun nastro lo ha sfiorato e, anche se la musica, composta da Robert Schroder e Lorraine Shannon è coinvolgente e divertente, non aveva la stessa magia dei precedenti. L’agenzia questa volta è Y&R di Singapore.
L’altro commercial, Domino City, questa volta girato in India da Nic Finlayson, è di nuovo suggestivo e poetico, ma i toni sono più pacati e ricordano l’atmosfera di Bouncing Balls anche se in chiave orientale, e infatti il commercial, dell’agenzia Bates141 di Singapore, è destinato al mercato asiatico e non a quello europeo.