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Mostre ed eventi // Pagina 1 di 231
10.09.2024 # 6446

Angelo Scognamiglio //

Magigonie: Tra il Reale e l’Immaginario, una Sospensione del Giudizio

dal 19 settembre al 9 novembre 2024 presso la Galleria Maja Arte Contemporanea

“Il mondo si divide in ciò che è visibile e in ciò che è invisibile, ma è l’invisibile che dà senso al visibile.” (Jorge Luis Borges)

A Roma, in via di Monserrato 30, giovedì 19 settembre 2024, si apre un varco tra questi due mondi citati da Borges, con MAGIGONIE, la terza personale di Pierre-Yves Le Duc alla Galleria Maja Arte Contemporanea. Un’esperienza che non si limita a essere una semplice mostra, ma un’esplorazione profonda, un viaggio attraverso città e visioni che sfumano tra il reale e il possibile. Dal celebre Grand Tour attraverso 22 città italiane — da Roma a Venezia, passando per Napoli e Firenze — fino a due eccezioni francesi, Parigi e Cannes, Pierre-Yves Le Duc disegna una mappa mentale più che geografica. Come Italo Calvino suggerirebbe, queste città non sono semplici luoghi ma riflessi dell’anima, specchi di un mondo interiore che si rivela attraverso il frammento, il dettaglio.

MAGIGONIE, neologismo coniato dall’artista, nasce dalla sedimentazione di una ricerca precedente, APPARATO (2013-2016), che ha prodotto una mole quasi labirintica di 12.000 disegni, tra cui 2.000 fogli di scarto. Eppure, come ricorda Le Duc, “non vi è mai un vero scarto in arte, ma solo un’attesa, un latente desiderio di risignificazione”. Così, da questi frammenti sospesi, l’artista crea i collage che costituiscono MAGIGONIE, accostando cartoline degli anni ’30-’50 a dettagli del proprio lavoro precedente. Il risultato? Un’esplorazione che, estrapolando da una citazione di Borges, ci mostra che “l’universo si compone di un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie...”

Le opere in mostra non indagano la “magia dell’arte” ma, piuttosto, l’arte della magia. In un processo che ricorda i più grandi maghi della parola e dell’immagine, come Eco, Le Duc riesce a sovvertire la nostra aspettativa sensoriale e cognitiva. Le immagini e i frammenti si mescolano creando un orizzonte d’attesa che confonde e rivela allo stesso tempo. Come osserva Alfredo De Dominicis, critico che ha seguito da vicino il lavoro di Le Duc, “siamo di fronte a un eterno ritorno: il mondo che conosciamo, con i suoi monumenti e le sue icone, si riflette in un caos primordiale, o forse post-umano. E in questo specchiarsi, la domanda che emerge è: quale dei due mondi è il vero?”

Pierre-Yves Le Duc sembra muoversi lungo un percorso che potremmo definire epistemologico. La sua opera sfida la conoscenza convenzionale, chiedendoci di guardare oltre l’evidenza, di cogliere quel “fuori quadro” che svela non solo la composizione artistica, ma anche il processo stesso della visione. La cartolina, strumento di una memoria spesso sbiadita, diventa in MAGIGONIE il portale verso un mondo parallelo, dove “ogni cosa appare sotto una luce diversa” (come avrebbe detto l’Alighieri).



La mostra diventa così non solo un’esplorazione estetica, ma anche un’indagine ontologica sulla natura stessa dell’immagine e della sua percezione. In fondo, come ci insegna Platone nel “Mito della caverna”, ciò che vediamo non è mai la realtà, ma soltanto le ombre di essa. Le Duc si inserisce in questa tradizione filosofica, invitandoci a interrogarci su ciò che è reale e ciò che è immaginario, su ciò che è ricordo e ciò che è invenzione. Il confine tra i due diventa evanescente, e forse, come suggerirebbe Eco, la verità non è altro che una “foresta di simboli” nella quale ci perdiamo e ritroviamo di continuo.

MAGIGONIE sarà visibile dal 19 settembre al 9 novembre 2024 presso la Galleria Maja Arte Contemporanea. Qui, nell’oscurità e nella luce delle sue opere, si manifesterà quella “lieve vertigine” di cui parlava Borges, la sensazione che, in fondo, tutto ciò che esiste potrebbe essere al tempo stesso illusione e verità.

04.09.2024 # 6443

Paolo Falasconi //

Antonio ligabue a Sorrento

Dal 5 agosto al 16 novembre 2024, Villa Fiorentino, Sorrento

Dal 5 agosto al 16 novembre 2024, Villa Fiorentino ospiterà una mostra che offre al pubblico l‘opportunità di esplorare l‘intera carriera di un artista ribelle, geniale e visionario, che è diventato un vero e proprio mito dell‘arte del Novecento. Questo evento celebra l‘opera di un uomo la cui esistenza, segnata dall‘emarginazione e dalla solitudine, è stata costellata di incontri significativi con artisti, scrittori e registi. Un’esistenza da esule e borderline psichico, in bilico tra lucidità e follia, che ha costruito la figura di un genio capace di riscattarsi dalle difficoltà iniziali attraverso una tenacia e un talento straordinari. Come si potrà vedere dalla mostra, Ligabue ha sviluppato un linguaggio artistico personale e incisivo, rifiutando le convenzioni e le regole imposte.

L’esposizione, curata da Marzio Dall’Acqua e promossa dalla Città di Sorrento e dalla Fondazione Sorrento in collaborazione con Ligabue Art Projects, sarà inaugurata domenica 4 agosto alle ore 19. Questo evento celebra uno dei più grandi espressionisti italiani del XX secolo. Antonio Ligabue si distingue tra i pittori del Novecento per la forza espressiva e il mondo visionario che caratterizza le sue opere, sempre ricche di narrazione epica e drammatica. La mostra di Sorrento vuole contribuire al "riscatto" della sua opera, spesso fraintesa da critici e giornalisti, offrendo una lettura corretta del suo lavoro.

Oggi, Ligabue è riconosciuto come un maestro “classico” della figurazione contemporanea: quelle che un tempo erano considerate trasgressioni o esagerazioni cromatiche, ora fanno parte del gusto comune e non suscitano più scandalo. Al contrario, il suo lavoro è diventato parte integrante del nostro immaginario collettivo, capace di affascinare e emozionare. Anche le sue imperfezioni e dissonanze ci appaiono meno gravi, quasi come tappe di una ricerca artistica condotta a volte nell’oscurità, a volte guidata dall’emozione e dall’istinto di percorrere una strada solitaria per comunicare con gli altri.

La mostra, visitabile dal 5 agosto al 16 novembre, presenta 67 opere, tra cui 52 celebri oli, come "Testa di tigre" (1956), "Leopardo sulla roccia" (1960), "Vedova nera" (1955), "Aquila con volpe" (1944), "Gatto selvatico con nibbio" (1960) e "Autoritratto" (1959). Tra le opere in esposizione spicca anche il "Ritratto di Elba" (1936), il primo quadro in cui Ligabue ha ritratto un’altra persona, in questo caso una bambina deceduta, per consolare la madre. È presente anche il "Ritratto di Marino", realizzato prima della Seconda Guerra Mondiale. Ligabue iniziò a realizzare autoritratti solo a partire dal 1940, durante il suo ricovero all’Istituto Psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia, su richiesta dell’incisore e scrittore Luigi Bartolini. Oltre ai suoi famosi dipinti, la mostra espone 15 intense sculture in bronzo, realizzate a partire dagli originali in argilla che l’artista modellava con la bocca per renderla più malleabile.

"Abbiamo scelto di investire nel turismo culturale, puntando su eventi di richiamo internazionale e programmando appuntamenti dedicati a chi ama l’arte", spiega il sindaco di Sorrento, Massimo Coppola. "Le opere di Ligabue, dai dipinti alle sculture, dai disegni alle incisioni, offrono a cittadini e visitatori, soprattutto ai giovani, uno spaccato del tormentato mondo di uno degli artisti più originali del secolo scorso".

"Con Antonio Ligabue, apriamo le porte di Villa Fiorentino a un artista del XX secolo che ha fatto dell’anticonformismo il suo marchio di fabbrica," commenta Alfonso Iaccarino, amministratore delegato della Fondazione Sorrento. "Siamo certi che la mostra sarà accolta con entusiasmo dagli appassionati e dai tanti visitatori che sceglieranno la nostra Costiera per le loro vacanze. Un evento che ha tutte le carte in regola per diventare l‘appuntamento culturale dell‘estate per gli amanti dell‘arte".

La mostra è strutturata in sezioni, con un intento didattico e divulgativo per facilitare la comprensione e l’apprezzamento dell’opera di Ligabue. Audioguide, filmati d’epoca, ampie didascalie e un catalogo dettagliato completano l‘esperienza, offrendo un approccio scientifico e accurato a questo singolare e straordinario artista.

02.09.2024 # 6439

Paolo Falasconi //

Danilo Balducci
. Di sali d’argento e pixel.

Fino al 29 settembre 2024, una mostra al Fondazione Giorgio de Marchis Bonanni d‘Ocre

Venerdì 13 settembre 2024 alle ore 18.00, presso la sede della Fondazione de Marchis, al primo piano di Palazzo Cappa Cappelli, la Fondazione Giorgio de Marchis Bonanni d‘Ocre è lieta di ospitare la mostra Di sali d’argento e pixel. Venticinque anni di fotografia di Danilo Balducci, a cura di Antonio Di Cecco

In mostra una selezione degli ultimi lavori di Balducci, i quali conducono lo spettatore a scambiare quasi uno sguardo con i soggetti delle opere: le immagini mostrano non solo quello che è davanti all’obiettivo ma restituiscono la sensibilità e la volontà di cercare un dialogo e diventare parte delle storie che l’artista vuole raccontare. 

Infatti, come scrive il curatore, Antonio Di Cecco: «Di sali d’argento e pixel, di questi elementi sono composte le fotografie. I sali sono microscopici cristalli di argento sensibili alla luce che, mescolati con la gelatina e poi spalmati sulla pellicola - un sottile nastro di materiale trasparente - permettono di registrare le immagini fotografiche. I pixel del sensore della macchina fotografica digitale invece sono elementi in grado di convertire la luce di una immagine ottica in un segnale elettrico. Lo sa bene Danilo Balducci che da 25 anni lascia passare la luce all’interno degli obiettivi delle sue macchine fotografiche, quel che resta nei suoi occhi e nella macchina fotografica sono memorie a volte fatte di un severo bianco e nero, altre di vividi colori. Quello del fotografo è un lavoro paziente, il lavoro di chi è sempre alla ricerca della luce giusta. Forse il fotografo, come i sali d’argento e i pixel, è sensibile alla luce ma altrettanto sensibile alle storie che decide di raccontare. Balducci, attraverso il linguaggio del reportage, dal 1998 continua a raccontare storie e luoghi lontani metaforicamente e materialmente dalla nostra quotidianità. [...] Un archivio di fotografie che continua a crescere nel tempo, un insieme di lavori accomunati dal medesimo soggetto: l’essere umano. Balducci è sì dietro l’obiettivo ma sceglie di essere vicino, riesce a scambiare lo sguardo con i soggetti che rappresenta nelle immagini e invita lo spettatore a fare altrettanto, a cercare vicinanza e non distanza. Il suo è un mosaico di vicende, gesti e azioni che documentano e diventano, al contempo, memoria collettiva.»

All’interno del percorso espositivo sarà allestito uno spazio che richiama l‘ambiente della camera oscura e che vedrà l’intervento e la presenza di Stefano Schirato di Leica Akademie Italy.

Il progetto è parte del programma degli eventi della 730° Perdonanza Celestiniana e si avvale del patrocinio del Comune de L’Aquila - L’Aquila Capitale della Cultura 2026. 

La Fondazione Giorgio de Marchis Bonanni d’Ocre viene istituita a L’Aquila nel 2004 allo scopo di conservare, tutelare e valorizzare il patrimonio documentario e librario raccolto dal professor Giorgio de Marchis nel corso della sua carriera di storico dell’arte. Manifesti, locandine, inviti e brossure sono solo alcuni esempi delle tipologie documentarie che caratterizzano l’archivio composto da quasi 200.000 pezzi. Cataloghi di mostre, monografie e saggi, che popolano la biblioteca, contribuiscono a restituire l’immagine di un periodo denso di cambiamenti non solo a livello sociale ma anche storico-artistico, quale gli anni Sessanta e Settanta in Europa. Dal 2018 abita gli spazi del primo piano del Palazzo Cappa Cappelli che apre costantemente per eventi, mostre e collaborazioni con artisti ed enti.

BIOGRAFIA

Danilo Balducci, nato a L’Aquila nel 1971, è sempre stato affascinato dalla fotografia e dal potere comunicativo delle immagini. Reportage e fotografia sociale sono i suoi interessi principali. Diplomato presso l’Istituto Superiore di Fotografia e comunicazione integrata di Roma è professionista dal 1998. Docente di fotografia e reportage presso l’Accademia di Belle Arti di L’Aquila. Fornisce regolarmente immagini ad agenzie fotografiche italiane ed estere. Le sue immagini e le sue storie sono state pubblicate su giornali e riviste nazionali ed internazionali: Time, Life, Denver Post, Internazionale, Der Spiegel, Daily News, L’Espresso, Repubblica, Panorama. Vincitore di diversi premi, nel 2002 è vincitore del primo premio Carla Mastropietro per il fotogiornalismo; nel 2005 vincitore del Premio per la pace e per la libertà ad Atri (TE); nel 2008 ha ricevuto 2 Bronze award dall’Orvieto International Photography Awards (sezioni reportage e portraits) e vari premi nazionali e internazionali; nel marzo 2009 vince il B.O.P. 2009 (Best of Photojournalism) indetto dalla NPPA (National Press Photographer Association) negli USA classificandosi terzo nella categoria “Non Traditional Photojournalism Publishing”. Un’immagine del terremoto in Abruzzo è inserita da LIFE Magazine tra le Pictures of the Year 2009. Nel 2015 è Absolute Winner nella categoria “People” al FIIPA (Fiof Italy International Photography Awards) e si classifica secondo nella stessa categoria. Riceve inoltre cinque Honorable Mention nelle categorie “Reportage”, “Portraits” e “People”. Nel 2016 è 1° classificato al MIFA (Moscow International Foto Awards) Categoria Edit e 2° classificato (Merit of Excellence) all’International Color Awards. Nel 2017 è fotografo dell’anno al concorso Spider award.



INFO

Danilo Balducci

Di sali d’argento e pixel
 
Venticinque anni di fotografia 

A cura di Antonio Di Cecco

Inaugurazione 13 settembre 2024 ore 18.00

Fondazione Giorgio de Marchis Bonanni d’Ocre - Palazzo Cappa Cappelli
Corso Vittorio Emanuele II, 23 – L’Aquila

Fino al 29 settembre 2024
Orari: giovedì 11.00-13.00 / 16.00 - 19.00; venerdì e sabato 16.00 - 19.00; domenica 11.00-13.00 / 16.00 - 19.00 -  Ingresso libero

Fondazione Giorgio de Marchis Bonanni d’Ocre 
Corso Vittorio Emanuele II, 23 - L’Aquila (AQ)
www.fondazionedemarchis.it

Contatti

Diana Di Berardino
tel. 338458 1985

Barbara Olivieri 
tel 3498832591

fondazione.demarchis@gmail.com

Ufficio stampa 
Roberta Melasecca_Melasecca PressOffice - blowart
roberta.melasecca@gmail.com - info@melaseccapressoffice.it
tel. 3494945612

26.04.2024 # 6414

Paolo Falasconi //

IV Biennale Disegno Rimini. Mostra THAYAHT. Il futuro presente

A cura di Guido Cribiori e Sabrina Foschini, alla Biblioteca Gambalunga, dal 4 maggio al 28 luglio.

Nel mondo della moda è “l’uomo che ha inventato la tuta”, cosa certamente vera ma molto parziale. Perché Thayaht non si limitò a creare questo rivoluzionario capo di abbigliamento ma fu un artista, e un intellettuale, a tutto tondo. Come la mostra a lui dedicata alla quarta Biennale del Disegno di Rimini –diretta da Massimo Pulini – conferma.
“Thayaht. Il futuro presente”, esposizione a cura di Guido Cribiori e Sabrina Foschini, si potrà ammirare alla Galleria dell’Immagine, presso la Biblioteca Gambalunga, dal 4 maggio al 28 luglio.
L’esposizione permette di tracciare un percorso artistico e biografico di Ernesto Michahelles (1893-1959) in arte Thayaht, fiorentino di nascita ma di famiglia cosmopolita, artista poliedrico, affiliato al futurismo per l’amicizia con Marinetti e per una naturale propensione al futuro, inteso come terreno d’avanguardia e di scoperte. Scultore, designer, pittore, scenografo, orafo, ufologo e inventore; da moderno alchimista brevettò anche una lega metallica a cui diede il suo stesso pseudonimo. Convinto fautore dell’opera d’arte “totale” che coinvolge ogni aspetto dell’esistenza, ne ha rappresentato un effettivo manifesto vivente, con la sobria eleganza di un dandy, capace di rivoluzionare i canoni della moda.
È divenuto celeberrimo per l’invenzione della “tuta” (1919), il modello maschile, composto di un unico pezzo, in perfetta sinergia tra abito e corpo, che in seguito diventerà il più popolare abito da lavoro. Ha collaborato con la maison di Madeleine Vionnet, uno dei più famosi atelier di moda parigini degli anni Venti, creando per lei la campagna pubblicitaria, i bozzetti degli abiti e il logo, oltre a una prima idea di tuta femminile. Ha anche pubblicato insieme al fratello Ram (acronimo di Ruggero Alfredo Michahelles) un “Manifesto per la trasformazione dell’abbigliamento maschile” (1932), dove reinventa il lessico dei capi oltre alle loro forme, e con lui ha progettato costumi e scenografie teatrali.
Proprio grazie all’eredità famigliare, si sono potute raccogliere numerose opere datate tra il 1917 e il 1958, in particolare disegni, studi e bozzetti per la creazione di sculture, mobili, oggetti d’arredo, monumenti, abiti, decorazioni tessili e anche la planimetria della “Casa gialla”, la sua residenza-studio a Pietrasanta, dove si dedica all’avveniristica e utopistica costruzione di un “carrovela”, un veicolo azionato dal vento e testato sulla vicina spiaggia. Il corpus di opere, conservate dai familiari e rese note solo recentemente è in gran parte legato all’aspetto progettuale della sua attività e documenta il felice rovello di una mente concentrata sulla speculazione del nuovo, sulla sintesi formale di un’idea che cambi i connotati del quotidiano e ridisegni il mondo in ogni aspetto della nostra esistenza. Nella sua carriera Thayaht ha partecipato a diverse edizioni della Biennale di Venezia e si è legato a personalità di spicco della cultura internazionale come l’ideatore dei Balletti Russi, Sergej Djagilev, lo storico Bernard Berenson, l’orientalista Fosco Maraini, e il poeta Ezra Pound oltre alla già citata cerchia dei Futuristi, con cui condivide il culto di una modernità illuminata, ma a cui accosta l’esplorazione di altri misterici e insondabili mondi.
La Biennale del Disegno è organizzata dal Comune di Rimini ed è curata da Massimo Pulini.


19.01.2024 # 6383

Paolo Falasconi //

Sol LeWitt a Napoli alla Galleria Artiaco

Dal 12 gennaio al 24 febbraio 2024

Il lavoro di Sol LeWitt è caratterizzato dall‘uso di diverse tecniche che gli hanno permesso di trovare il giusto compromesso tra qualità percettiva e concettuale, tra la semplicità dell‘ordine geometrico e la ricerca di bellezza e creazione intuitiva.

La sua ricerca artistica si sviluppa attraverso i suoi famosi disegni murali e le strutture geometriche. Ha decostruito il concetto di autorialità legato alla realizzazione dell‘opera, riconoscendo la preminenza non alla mano, ma alla mente che l‘ha concepita. Parallelamente, l‘artista ha prodotto molte opere su carta durante tutta la sua carriera.

La mostra si concentra su opere mai esposte prima, realizzate tra il 1992 e il 2005, un periodo in cui LeWitt ha deciso di dedicarsi maggiormente alla pittura. La tecnica che utilizza è la tempera su carta, pittura opaca a base d‘acqua, che lo ha affascinato fin dagli anni ‘80. I suoi studi lo hanno portato verso la definizione di forme meno rigide, articolate dalla creazione di profondità spaziali. Il risultato sono opere astratte composte da pennellate fluide e libere.

L‘artista trasforma così idee in incarnazioni visive, manifestazioni visibili di sistemi e regole che si mescolano creativamente, dando origine a una molteplicità di combinazioni. Linee, forme, colori e volumi stabiliscono un equilibrio sottile tra pensiero e forma, ordine e disordine, autorialità e anonimato. Il suo lavoro si articola attraverso strutture mentali e visive concrete in una costante ricerca che gli ha permesso di rinnovarsi continuamente.

I titoli delle opere esposte richiamano la tecnica descritta in precedenza: Pennellate, Linee Orizzontali e Forma Irregolare. Come linee orizzontali in una sovrapposizione virtuosa creano una percezione tridimensionale dalla superficie piatta del foglio, così le forme irregolari definite da tonalità contrastanti conferiscono alla forma una condizione percettiva prominente. Le sue opere si rivelano quindi come strutture che prendono vita attraverso l‘idea, sfidando la dipendenza dell‘artista dalla sua abilità manuale.



Info utili
Dal 12 Gennaio 2024 al 24 Febbraio 2024
NAPOLI Galleria Alfonso Artiaco
INDIRIZZO: Piazzetta Nilo 7
TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 081 497 6072

In copertina: Wavy Brushstrokes, 1995, gouache su carta, 37.5 x 57 cm

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