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Marco Maraviglia //
Effetto Museo, Massimo Pacifico e le osmosi di gente per musei
I visitatori sono i protagonisti degli scatti ambientati nei più noti istituti culturali del mondo. Cinquanta immagini per ripercorrere il legame tra vita ed arte. Un cacciatore orwelliano di foto
Chi è Massimo Pacifico
Nasce a Sulmona (AQ), nel 1951 e fiorentino d’adozione. Massimo Pacifico diventa fotografo professionista nel 1977.
Collabora, con testi e fotografie, con dozzine di riviste illustrate (di attualità, di viaggi e di stili di vita, italiane, tedesche, americane e giapponesi), realizzando centinaia di reportage dei cinque continenti.
Dal 1991 è giornalista professionista.
È stato Presidente per 10 anni dell’Airf (Associazione Italiana Reporter Fotografi) della Toscana; v. Presidente per 2 anni del Gist (Gruppo Italiano Stampa Turistica), presidente per 9 anni della Neos Giornalisti di Viaggio Associati.
Autore di molti libri per Electa, Alinari, Fos, Najs et alia e ha esposto le sue immagini ad Algeri, Boston MA, Firenze, Milano, Venezia, Williamsburg VA, Kyoto, USA, ….
“EFFETTO MUSEO Intrusioni istantanee nei luoghi dell’Arte”, è una mostra itinerante che viene implementata di volta in volta nei vari spazi in cui espone.
Nel 2005 fonda, a Milano, la rivista mensile VERVE, che dirige fino al 2010, e quindi, nel 2011, la rivista, sempre mensile, BOGART. Dal 2014 cura la pubblicazione online della visual web review BARNUM.
Il Bresson che è in Massimo Pacifico
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Massimo Pacifico ritrattista antropologo
Massimo Pacifico non è un voyeur, non un guardone ma semplicemente cerca di mettere in sintonia il suo cuore e mente, con il nostro esserci in un museo. Fotografa sulla stessa onda dell’attenzione che dedichiamo all’osservazione per capire, studiare, conoscere la Grande Bellezza prodotta da artisti di ogni epoca.
È un po’ un approccio da antropologo, quello di Massimo Pacifico. Studiare il modo di come il pubblico si interfaccia con un museo e le opere che contiene.
Simbiosi e osmosi con il museo: il pubblico ritratto da Massimo Pacifico
Osservando le immagini di Massimo Pacifico, l’occhio non si focalizza sulle opere presenti nelle inquadrature, ma sugli atteggiamenti del pubblico, la sua concentrazione, o il suo modo acrobatico o goffo che sia, per scattare una foto all’opera o un suo dettaglio preferito. A volte l’opera è fuori campo perché è il visitatore il centro emozionale dell’immagine e, se si tratti di un fiammingo o di un dipinto rinascimentale, il “gioco” non consiste nel riconoscere l’autore o il titolo dell’opera ma cogliere le sensazioni dell’osservatore ritratto. O anche di chi non osserva ma fruisce a modo suo lo spazio di un museo.
Gli scatti di Massimo Pacifico non sono a caso, sono bressionani, street-photography museale, people-museum-photography. Gente in giro per musei che diventa il vero “spettacolo” del museo stesso.
Qualcuno potrebbe obiettare che l’idea non è originale ricordando alcune fotografie di Alécio De Andrade o di Elliot Erwitt (che talune erano però preparate come quella della Maya desnuda e Maya vestida), o direbbe “l’ho fatto anch’io” ma l’idea consiste in una ricerca visiva appassionata e psicologica costante, durata 15 anni, e presentata con un certo stile. Dalle immagini naturali, plastiche, dai colori morbidi tipici di quelli che percepiamo quando siamo in un museo.
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Le affinità e le ironie nelle foto di Massimo Pacifico
Quelle di Massimo Pacifico, sono uno spaccato internazionale ma universale, mono-lingua, del modo di rapportarsi dell’umanità con i musei.
Persone che si appisolano sulle panchine delle sale; un custode eretto sull’attenti anche se in assenza di visitatori; turisti con audio-guide che indicano ai propri compagni di viaggio il dettaglio dell’opera che stanno ascoltando; un bambino che gattona sotto un quadro che ritrae dei puttini, quasi come se fosse scappato dal dipinto; la turista con spacco glamour tra opere altrettanto glamour del periodo dell’Arte Romantica; il tatuaggio sul braccio del visitatore che si intona con la decorazione floreale; le affinità tra l’abbigliamento dei visitatori con le opere esposte; bambini che cercano di orientarsi con la mappa del museo lasciando immaginare che vogliano ritrovare i propri genitori o cercare “il tesoro”…
Un mondo nel mondo dove regna l’equilibrio compositivo delle foto oltre che l’attimo colto spesso al volo in stile bressoniano che solo un osservatore e amante della gente riesce a prevedere.
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Scatti realizzati in musei di tutto il mondo
Da sempre in molti musei internazionali è consentito poter fare riprese fotografiche a mano libera e senza flash. In Italia solo in seguito al “Decreto Franceschini”, sull’onda del piano programmatico del precedente Ministro Massimo Bray, dal 2014 il MiBac ha consentito le riprese nei musei statali. Ovviamente le dirigenze di alcuni musei si sono attrezzati con targhe da apporre innanzi alle biglietterie per vietare l’uso degli stick per selfie.
Massimo Pacifico è comunque sempre riuscito a “rubare” qualche scatto nei musei anche prima del Decreto Cultura del 2014. Perché un fotografo professionista deve sempre riuscire a “portare gli scatti a casa” per sostenere il proprio lavoro.
Le tele di Massimo Pacifico
Cinquanta fotografie. Di formato vario dal 50×75 al 120×80. Tutte stampate su tela, un po’ come se Massimo Pacifico volesse ironizzare auto-citandosi come pittore. I bordi sui telai sono una piccola chicca da vedere di persona.
Effetto Museo, di Massimo Pacifico
Dal 31 ottobre al 6 gennaio 2020
MANN – Museo Archeologico di Napoli
Sale 94 e 95
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