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Mostre ed eventi // Pagina 83 di 231
15.10.2013 # 3308

Daria La Ragione //

ANDY WARHOL. Una storia americana

a Pisa fino al 2 febbraio

Nessun artista è stato capace di incarnare le contraddizioni degli Stati Uniti come Andy Warhol.

Osservare l’evoluzione degli Stati Uniti nella filigrana della sua opera  significa ripercorrere le grandi serie tematiche cha hanno caratterizzato la sua produzione, dai primi anni della sua produzione newyorkese all’anno della morte, tentando di fare interagire le immagini del divismo da rotocalco, con la cronaca giornalistica e con gli oggetti comuni della società dei consumi.

Se, come in un celebre aforisma di Warhol,”la Pop art è amare le cose”, per comprendere l’estetica americana occorre tornare a osservare le “cose” della Pop Art. Le celebri tavole della Campbell’s Soup e i Brillo Boxes vengono restituiti allo spettatore nella loro realtà di trompe l’oeil o, ancora meglio, in quanto monumentalizzazioni del quotidiano considerato nella sua trivialità iterativa, seriale



Dietro l’impersonalità della copia e della serigrafia si nasconde tuttavia anche quella concezione laboratoriale e “artigianale” della produzione artistica che Warhol non rinnegherà mai come ad esempio nella bellissima serie dei dipinti dei Flowers dalle tinte accese, che non appassiscono mai. È qui, è nel colore pulsante e ossessivo dei petali che l’estetica del Pop inizia a manifestare qualcosa come un lato oscuro, una componente velenosa o cancerogena che la assale dall’interno e la disgrega e che assumerà altrove le sembianze della morte individuale e della tragedia collettiva.

Osservare l’America attraverso Warhol significa infatti guardare negli occhi gli eventi che sconvolgono la cronaca e la storia: dalla serie dedicata ai Most Wanted Men a Gun, da Knives alla serie di sedie elettriche, fino alle immagini dell’assassinio di John Kennedy. «Il pop viene dall’esterno», avverte l’artista, che re-incornicia, filtra, scompone e rimonta le immagini mediatiche sotto gli occhi di tutti, vi pone sopra una patina estetizzante, che allo stesso tempo vela e rivela tratti non immediatamente percepibili.

“Con la reiterazione Andy ha voluto mostrarci che in realtà non c’è ripetizione, che tutto ciò che guardiamo è degno della nostra attenzione. Ed è stata, mi sembra, un’importante indicazione per comprendere tutto il XX secolo” John Cage

08.10.2013 # 3303

Daria La Ragione //

GIANNI DE TORA. TERRITORIO INDETERMINATO

a Napoli fino al 27 ottobre 2013

Territorio indeterminato è il titolo della prima concept exhibition antologica dedicata al Maestro Gianni De Tora, esponente dell'astrattismo geometrico e co-fondatore del gruppo Geometria e Ricerca, scomparso nel Giugno 2007.
Giovedì 3 Ottobre alle ore 17 la Sala Villani dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli ospiterà il vernissage di presentazione della prima mostra del percorso espositivo intitolato Territorio Indeterminato, che toccherà successivamente le città di Caserta (Novembre 2013 - Reggia di Caserta - Cavallerizze Reali), di Benevento (Dicembre 2013 - Rocca dei Rettori) e di Roma (Marzo 2014 - Galleria Angelica – Biblioteca Angelica).
La prima delle quattro mostre del percorso espositivo si terrà dal 3 al 27 Ottobre proprio negli spazi del Piano Mostre dell’Università Suor Orsola Benincasa, già sede del Museo Storico del Suor Orsola e del Museo del Giocattolo di Napoli, eccezionalmente aperti per la serata del vernissage.
Il Progetto di Territorio Indeterminato
Si tratta di un'opera su carta del 1981, scoperta quasi per caso tra i disegni dell'artista: è un richiamo, un messaggio di speranza, un luogo sospeso nel tempo e nello spazio dell'indeterminatezza, dal quale ripartire, ricominciare, ricostruire un mondo ormai distrutto dall'uomo stesso, vuoto.
Un percorso artistico, che parte come un omaggio alla sua opera, ma vuole aprirsi al dialogo con il futuro, rappresentato dalle giovani generazioni, siano bambini, studenti, o giovani artisti.
«Quando i viventi avevano finalmente determinato il proprio territorio, la propria casa, il proprio benessere... avevano costruito grandi  grattacieli con ogni comodità...avevano sottratto lo spazio agli oppressi, conservando in poderosi forzieri grandi ricchezze...avevano comprato l'immortalità... ma la terra tremò e tutti, uomini, animali e cose scomparvero...rimase soltanto un grande, immenso, metafisico TERRITORIO INDETERMINATO....da ricostruire».
 
Il percorso espositivo di Territorio Indeterminato è sviluppato su quattro differenti mostre, ospitate in altrettanti luoghi-chiave della vita e della ricerca di De Tora:
1.      NAPOLI - La prima mostra (Ottobre 2013) si svolgerà nelle sale dell'Università degli Studi ‘Suor Orsola Benincasa’ – Napoli e vedrà esposte opere del periodo astratto/geometrico (anni '70 e '80).
2.      CASERTA - La seconda mostra (Novembre 2013) sarà allestita negli spazi delle Reali Cavallerizze del Palazzo Reale di Caserta, città natale dell'artista, e presenterà opere del periodo post-geometrico/segnico [anni '80].
3.      BENEVENTO - La terza tappa (Dicembre 2013) avrà luogo nelle sale della prestigiosa Rocca dei Rettori di Benevento, dove saranno presentate le opere degli anni ’90 e installazioni ambientali.
4.      ROMA - Il quarto ed ultimo evento italiano (Marzo 2014) si terrà nella prestigiosa Galleria Angelica di Roma, all’interno di una delle Biblioteche più belle del mondo, la Biblioteca Angelica. Saranno esposte in questa sala le opere degli anni 2000 da “Il Sole 2000” alle pittosculture in ferro e legno.

Per l’interesse costante del Maestro De Tora al dialogo con le giovani generazioni, si è ritenuto interessante, da parte degli organizzatori, invitare il giovane critico d’arte napoletano Stefano Taccone (un cui contributo è inserito nel catalogo della mostra) per l’individuazione di 4 giovani operatori della scena artistica contemporanea territoriale (Vincenzo Frattini, Salvatore Manzi, Nunzio Figliolini e Neal Peruffo) che potranno interagire con le opere di De Tora, ognuno esprimendosi con il proprio linguaggio ed elaborando opere inedite.

08.10.2013 # 3302

Daria La Ragione //

NATIONAL GEOGRAPHIC 125 anni nel mondo - 15 in Italia

a Roma fino al 2 febbraio 2014

Quando il 13 gennaio del 1888 un gruppo di 33 uomini si incontrò al Cosmos Club di Washington, DC, per discutere come incrementare e diffondere la conoscenza geografica, nessuno ancora pensava che la National Geographic Society sarebbe diventata una delle organizzazioni scientifiche e pedagogiche più famose al mondo.

Oggi, a distanza di 125 anni dalla sua fondazione, la mostra fotografica  "La Grande Avventura" vuole celebrare la storia di questo marchio che negli ultimi anni si è radicato in molti paesi del mondo. E infatti insieme ai 125 anni della Society la mostra festeggia anche i 15 anni di National Geographic Italia.

Tra imprese memorabili e personaggi leggendari, tra ricerca in laboratorio e spedizioni nei luoghi più sperduti del Pianeta, tra le culture di grandi popolazioni e quelle di tribù sconosciute, tra la bellezza della vita animale e di quella vegetale, tra l'impegno per la conoscenza e quello per la salvaguardia di Madre Terra, "La Grande Avventura" ripercorre le tappe di un lungo viaggio affascinante, straordinario, unico. Dentro l'inconfondibile cornice gialla della rivista sono state raccontate vicende epiche: la scoperta leggendaria della città perduta di Machu Picchu, l'avventurosa spedizione di Robert Peary al Polo Nord, gli incontri memorabili tra Jane Goodall e gli scimpanzé, le straordinarie imprese sottomarine di Jacques Cousteau e James Cameron.

Attraverso le immagini dei suoi più grandi fotografi, la mostra ripercorre i momenti più importanti della storia della Society. Dai primi scatti fotografici apparsi sul magazine ai giorni nostri, con l'evoluzione della comunicazione e delle tecnologie che grazie a Internet e alla Tv garantiscono oggi un seguito di centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, di cui trenta milioni di lettori del magazine e oltre un milione di lettori e "navigatori" in Italia.

Ma se è cambiata la comunicazione, la Society non ha cambiato invece il suo obiettivo, la propria missione: esplorare il Pianeta e diffondere una maggiore consapevolezza dell'uomo nei suoi confronti. La mostra darà a tutti la possibilità di conoscere e capire da vicino quale impegno e quanta professionalità vi siano nel lavoro della National Geographic Society, una comunità di persone - fotografi, giornalisti, impiegati, tecnici, ricercatori, scrittori - che mette al primo posto la parola "passione". I 125 anni della Society e i 15 della rivista italiana raccontano appunto una storia appassionante che non potrà che stupire anche il più distratto dei visitatori.

08.10.2013 # 3301

Daria La Ragione //

I volti, le pietre, la città: Mario Carbone, Emilio Gentilini

a Roma fino al 13 ottobre 2013

Alcune delle immagini in mostra, scattate tra il 1952 e il 1985, non sono mai state esposte al pubblico.
Molte le affinità tra i due autori, come la scelta rigorosa del bianco e nero e il soffermarsi sui volti espressivi delle persone. Differenti invece la poetica e le tematiche oggetto delle fotografie.
Le immagini di Mario Carbone si distinguono per una poetica realista che documenta luoghi ed individui colti con nitida coerenza sia nelle istantanee che ritraggono ambulanti e operai nei rioni della città popolare, sia in quelle che documentano le vie dell’arte o della moda (Via Margutta, Via Veneto, Piazza del Popolo), frequentate da signore eleganti e personaggi famosi. Lo sguardo di Carbone si fa più antropologico nelle fotografie che ritraggono i fedeli in visita a San Pietro con il sacerdote che fa da cicerone o le turiste devote inginocchiate con i loro abiti stravaganti. Le donne e gli uomini ritratti nella semioscurità delle osterie (si veda la famosa immagine Osteria del Vero Albano) sono invece pervase da una vena di struggente malinconia. Le immagini di Roma degli anni Settanta e Ottanta del XX secolo danno invece più spazio alletematiche sociali: le manifestazioni politiche e di protesta, la scena “povera” e le pareti spoglie di cantine e garage adattate a palcoscenici dove Carbone ritrae l’avventura irripetibile dei teatri d’avanguardia romani.
Emilio Gentilini circoscrive la sua indagine per immagini, negli anni Settanta dello scorso secolo; in particolare nel rione popolare di Trastevere. Luoghi e personaggi esprimono carica vitale ed energia: piazze e vie sono ingombre di persone e dei loro spesso poveri “strumenti del mestiere”. La città è ancora vissuta nella comune partecipazione di spazi e ritualità quotidiane e festive. Gentilini osserva e ritrae, con ironia e personale leggerezza, una Roma intenta e indaffarata in
molteplici attività, personaggi alle prese con lavori scaturiti da una creatività spesso tutta romana, lavori stanziali ed ambulanti (le botteghe storiche, ma anche le improvvisate vendite di generi alimentari davanti alla soglia di casa, la raccolta di cartoni etc.).
Molte le immagini dedicate alla socialità e alla religiosità (il battesimo, il matrimonio, le processioni). Usi e costumi nati dal bisogno e dall’inventiva estemporanea, tali da tramutare la necessità in vera estetica popolare (l’arredo dei balconi e dei davanzali, la metodica nello stendere i panni alle finestre, il catino per lavare i panni che diventa scaldino). E ancora, lo svago e il tempo libero vissuti fuori dalle mura domestiche dove strade, marciapiedi e cortili diventano territorio vissuto e partecipato per ballare il saltarello, giocare a “zecchinetta” e scambiare quattro chiacchiere con la vicina.
Dunque i due autori ci restituiscono attraverso queste immagini un patrimonio prezioso di umanità generosa e vitale che si fonde con la storia stessa della città che abitano.

08.10.2013 # 3300

Daria La Ragione //

POLLOCK E GLI IRASCIBILI. LA SCUOLA DI NEW YORK

a Milano fino al 16 febbraio 2014

Attraverso le opere del gruppo di artisti, tra cui il carismatico Jackson Pollock, e definiti “Irascibili” da un celeberrimo episodio di protesta verso il Metropolitan Museum of Art, al visitatore verrà offerto un panorama completo dello stile artistico che seppe re-interpretare la tela come spazio per esprimere la libertà di pensiero e di azione dell’individuo e che influenzò l’arte moderna.
Uno stile e insieme un fenomeno unico che dette vita alla “Scuola di New York”.
Era il maggio del 1950 quando il Metropolitan Museum of Art di New York annunciò l’organizzazione di un’importante mostra dedicata all’arte contemporanea americana. Assenti dal parterre degli invitati furono proprio i pittori che a partire dalla seconda metà degli anni Trenta avevano mosso i primi passi verso un linguaggio pittorico nuovo, rivolto all’Espressionismo Astratto. Nel movimento emersero le personalità di Jackson Pollock, Willem de Kooning, Mark Rothko, Robert Motherwell, Barnett Newman, che si fecero promotori di un codice stilistico più attuale. Sono proprio questi i principali nomi che composero il gruppo degli “Irascibili”, così definiti dal quotidiano “Herald Tribune”, perché firmatari della lettera inviata al presidente del Metropolitan, Roland L. Redmond, e presentata al “New York Times”, in cui dichiararono il totale dissenso nei confronti delle posizioni assunte dal museo.
Nel gennaio del 1951 la rivista “Life” pubblicò l’emblematica fotografia di Nina Leen che ritrasse quindici degli “Irascibles” vestiti da banchieri.
Al centro Jackson Pollock, con lui, oltre a Willem de Kooning, Mark Rothko, Barnett Newman e Robert Motherwell, Adolph Gottlieb, William Baziotes, James Brooks, Bradley Walker Tomlin, Jimmy Ernst, Ad Reinhardt, Richard Pousette-Dart, Theodoros Stamos, Clyfford Still e Hedda Sterne, unica donna del gruppo.

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