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Mostre ed eventi // Pagina 88 di 231
08.08.2013 # 3210

Daria La Ragione //

Sterling Ruby. SOFT WORK

a Roma fino al 15 settembre 2013

Il MACRO presenta, dal 22 maggio al 15 settembre 2013, SOFT WORK, la prima mostra personale a Roma di Sterling Ruby – la cui ricerca spazia tra scultura, pittura, disegno, fotografia e video –, attivo a Los Angeles e riconosciuto a livello internazionale come uno degli artisti più significativi e originali di questi ultimi anni.
 
 
SOFT WORK, già ospitata al Centre d'Art Contemporain di Ginevra (febbraio – aprile 2012), al FRAC Champagne-Ardenne di Reims (maggio – agosto 2012) e alla Konsthalle Bonniers di Stoccolma (dicembre 2012 – marzo 2013), sarà a Roma per la tappa conclusiva del tour europeo, la più lunga e con il maggior numero di opere, di cui molte create appositamente per il nuovo allestimento al MACRO Testaccio.
 
 
L’esposizione è concepita dall’artista come un’unica e grande opera: un'unica istallazione composta da “sculture morbide” aventi le sembianze di grandi cuscini. Ogni tappa della mostra presenta una serie, in continua evoluzione, di questi morbidi e “mostruosi” corpi scultorei, dalla forma sporgente ed appesi nello spazio.  L’artista trasforma simboli di tranquillità e comodità domestica, come cuscini, coperte e trapunte, in veri e propri oggetti scultorei che sembrano suggerire l’ingannevole natura delle quotidiane certezze domestiche. Riesce così a mettere in discussione l’idea – fortemente radicata nella cultura americana – di sicurezza del focolare domestico, portando a galla con le sue opere proprio quelle paure su cui si fonda la visione americana della casa: luogo sicuro, nido protettivo, rifugio.
 
 
Inoltre, utilizzando una tecnica tradizionalmente “femminile”, quella del cucito, – e dietro cui si cela una sottile ironia sul concetto di “mascolinità” in rapporto alla vita domestica – l’artista camuffa dietro sembianze giocosamente pop, immagini in realtà minacciose e aggressive.  Così i cuscini a forma di gigantesche gocce, che pendono dall’alto, non sono che un richiamo alle lacrime (immagine, tra l’altro, comune tra i tatuaggi dei carcerati) e alla sofferenza, mentre le enormi e vampiresche bocche spalancate sono un’allusione all’insaziabile consumismo americano.

08.08.2013 # 3209

Daria La Ragione //

JI DACHUN. I desideri dimenticati e le nuvole che li accompagnano

a Roma fino al 22 settembre 2013

Il MACRO presenta, dal 16 maggio al 22 settembre 2013, Forgotten Desires and Accompanying Clouds | I desideri dimenticati e le nuvole che li accompagnano, la prima mostra personale in un’istituzione pubblica italiana di Ji Dachun (1968), artista cinese nato a Nantong e attivo a Pechino. La sua ricerca – insolita combinazione di tradizione cinese e modernità occidentale – rivela un’eccezionale singolarità di linguaggio che, con ironia e acuto umorismo, affronta le complesse relazioni tra Oriente e Occidente, ma anche la casualità della vita quotidiana, attraverso immagini fantasiose e ironiche, spesso frutto di grottesche metamorfosi. Nelle sue opere, surreali collisioni di forme e contesti originano così immagini bizzarre in cui, su ampi sfondi bianchi, compaiono in insolite prospettive figure isolate o in dialogo, o particolari combinazioni di oggetti, o ancora frammenti di corpi: immagini dall’ingenuità solo apparente, dietro cui si cela un radicale sarcasmo verso la realtà. Le sue tele, pervase da una profonda enigmaticità e spesso irriverenti, assurde, inducono inevitabilmente lo spettatore alla ricerca di un senso non immediato, nascosto, come rivelano alcune delle opere in mostra – tutte realizzate a partire dal 2006 – tra cui Holy Mother A Hostage (2011), Other Worlds (2011), Plastic Brains (2011), True World Art (2011), Brain Juice (2010), Ellen’s Book (2010) e Plastic Landscape, Plastic Park (2010). In mostra anche i lavori Rococo (2006) e la serie dei Landscape (2011), in cui l’artista affronta i temi della rovina, della decadenza e della morte, centrali nella sua ricerca.

08.08.2013 # 3207

Daria La Ragione //

Marc Quinn

a Venezia fino al 29 settembre 2013

La Fondazione Giorgio Cini presenta un nuovo importante progetto espositivo aperto al pubblico sull’Isola di San Giorgio Maggiore dal 29 maggio 2013: Marc Quinn, grande mostra personale a cura di Germano Celant e prodotta in collaborazione con l’artista, che vede una selezione di oltre 50 opere – tra sculture, dipinti, disegni e altri oggetti d’arte – realizzate da Marc Quinn, uno dei più noti esponenti della generazione degli Young British Artists.
Con oltre 50 opere tra cui  15 mai esposte prima,la mostra dal titolo Marc Quinn è tra le più importanti mai dedicate all’artista. Oltre a celebrare il rinnovarsi della collaborazione tra Quinn e Celant (che risale all’esposizione Gardenorganizzata da Fondazione Prada a Milano nel 2000), Marc Quinn segna il ritorno a Venezia dell’artista inglese dopo The Overwhelming World of Desire alla Collezione Peggy Guggenheim nel 2003, e ribadisce il crescente interesse della Fondazione Giorgio Cini per l’arte contemporanea.
(…)
Marc Quinn ha iniziato la propria carriera esplorando alcuni temi privilegiati, quali il rapporto tra arte e scienza, il corpo umano e i suoi meccanismi di sopravvivenza, la vita e la sua conservazione, la bellezza e la morte. Quinn descrive la mostra come «un’esplorazione del rapporto con il nostro corpo e con il mondo fisico e culturale che ci circonda, cosa significa vivere in un mondo che è reale e virtuale al tempo stesso».

08.08.2013 # 3206

Daria La Ragione //

I Vetri della Seguso per il Bauer (1950-1965)

aVenezia fino al 29 settembre 2013

Per comprendere al meglio la presenza degli affascinanti vetri realizzati dalla Seguso Vetri d’Arte per il Bauer, è d’obbligo riferirsi alla figura dell’armatore Arnaldo Bennati – proprietario del prestigioso albergo a partire dal 1930 – che volle arredare e decorare gli spazi interni con gusto raffinato, ricercando il bello nelle forme, spesso ardite, dell’arte moderna.
Bennati si avvalse, dal 1940 in poi, di maestranze di primo livello: uno degli architetti più in vista dell’epoca, Marino Meo, ebbe il compito di rinnovare l’architettura che, su espresso desiderio del committente, avrebbe avuto una forma a losanga in modo da simulare la prua di una nave e, una volta condotto a termine il tutto, la Seguso Vetri d’Arte guidata da undesigner del calibro di Flavio Poli, si sarebbe occupata dell’illuminazione e, più in generale, dell’abbellimento vitreo dell’albergo.
Le prime ricevute di pagamento risalgono al 1950, quando l’esigentissimo Bennati si affidava con fiducia alla Seguso Vetri d’Arte che lavorava anche per altre importantissime architetture di proprietà dell’armatore, come l’Hotel Bristol a Merano per il quale la Seguso realizzò lo stupefacente, e per certi versi insuperato, grande lampadario per il Salone delle Feste.
Con la mostra I Vetri della Seguso per il Bauer – che volutamente, a mo’ di integrazione, si svolge in contemporanea con la grande esposizione Seguso. Vetri d’arte: 1932-1973 al Museo del Vetro di Murano, curata da Marc Heiremans – il visitatore avrà l’opportunità di ammirare alcune delle soluzioni d’illuminazione e di arredo dell’epoca, ancor oggi presenti in vari ambienti, assieme ai loro disegni preparatori, gli originali fogli di progetto usati in fornace dai maestri vetrai durante la creazione, conservati presso l’archivio del Centro Studi del Vetro della Fondazione Giorgio Cini e restaurati per l’occasione grazie al generoso sostegno dell’Hotel Bauer.
E’ un affascinante tuffo nel passato, che ripercorre l’intenso viaggio dell’opera vetraria: dalla mente del designer – che la concepisce  e la fissa su carta – al prodotto finito in virtù delle sapienti mani dei maestri muranesi, fino alla collocazione negli spazi previsti, secondo personali intuizioni d’estetica illuminotecnica. Per l’occasione è stato restaurato e rimontato, grazie alla collaborazione della stessa Seguso Vetri d’Arte, lo straordinario Arlecchino che fu per decenni l’insegna del celebre omonimo night club dell’Hotel Bauer, esposto accanto al grande disegno e al progetto preparatorio conservati alla Fondazione Giorgio Cini.


08.08.2013 # 3204

Daria La Ragione //

QIU ZHIJIE. L'Unicorno e il Dragone

a Venezia fino al 18 agosto 2013

L’artista cinese Qiu Zhijie, curatore dell’ultima Biennale di Shanghai, presenterà alla Fondazione Querini Stampalia una selezione di opere inedite in occasione della sua prima
mostra personale in Italia durante la 55. edizione della Biennale d’Arte di Venezia.
Attraverso un’articolata ed eterogenea scelta di lavori, l’artista esplorerà le dinamiche complesse che tracciano gli itinerari spaziali e temporali tra Occidente ed Oriente, tra passato e presente.
Considerato nel panorama artistico cinese come un vero e proprio intellettuale - nel senso rinascimentale della parola - Qiu Zhijie è un pensatore, un attivista, un poeta, un cartografo e persino un archivista del sapere. Nessuno meglio di lui potrebbe esplorare queste storie intricate che si estendono parallelamente nel tempo e nello spazio. Come artista Qiu Zhijie defnisce il suo modo di operare come “arte totale”, sostanzialmente una presa di coscienza
che la creazione artistica non può essere sradicata e sottratta alla situazione storica e culturale che la circonda e che l’ha innescata.
La mostra di Qiu Zhijie è la prima tappa di New Roads, un progetto triennale di collaborazione internazionale tra Cina e Italia nato dalla volontà di creare una piattaforma di dialogo multiculturale attraverso l’arte contemporanea.
Tre sono le istituzioni coinvolte: Fondazione Querini Stampalia di Venezia e il Museo Aurora di Shanghai che, attraverso il fondamentale intervento di mediazione interculturale e artistica di Arthub Asia, mettono a confronto la loro storia e le loro collezioni, analizzandole e espandendole attraverso progetti commissionati a artisti contemporanei occidentali e orientali.
Le opere site specifc di Qiu Zhijie, così come tutti i precedenti progetti di arte contemporanea del programma Conservare il Futuro, sviluppati dal 2000 alla Fondazione Querini Stampalia, sono state pensate in relazione agli oggetti della collezione permanente. In questo caso, il confronto e l’analisi si estenderanno oltre, costruendo dei ponti concettuali e stilistici tra le opere della Fondazione veneziana e la preziosa collezione asiatica d’arte antica del Museo Aurora di Shanghai.



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