Daria La Ragione //
Effetto Toscani
quando l'inciampo fa gioco
A settembre 2012 sul sito del corriere della sera si potevano vedere questo banner e leggere questo articolo contemporaneamente. Cosa che di certo non avrà fatto la gioia dell’inserzionista – una rivista di culto per gli amanti della culinaria – ma che ha invece suscitato l’ilarità di molti, inclusa la sottoscritta, che apprezza sempre l’ironia del caso.
Capita: si pianifica una media strategy con cura e attenzione e poi il destino ti fa uno scherzo. Sei lì che promuovi un importante torneo di ciclismo e sulla pagina di fianco spicca la lista degli ultimi arresti per doping. Stai offrendo un volo a prezzi eccezionali e cinque centimetri più sotto si parla di un quasi disastro aereo sventato all’ultimo momento.
Sono cose imprevedibili, c’è poco da recriminare.
Altre volte invece capita di lavorare a una campagna scrupolosamente, di curarla nei dettagli, di analizzarla da ogni punto di vista, o almeno così si crede. Perché spesso i nostri punti di vista sono un po’ limitati, soprattutto quando lavoriamo a qualcosa che sentiamo ‘nostro’, come può capitare con le idee.
Così, un annuncio stampa che voleva richiamare in tono ironico le serie televisive alla C.S.I. si trova al centro di una bufera.
L’annuncio incriminato vede un uomo seduto sul bordo di un letto, con uno degli strofinacci pubblicizzati, dietro di lui un corpo femminile, il claim recita «elimina tutte le tracce». Risultato: una lista di proteste infinita per aver sfruttato uno tra i temi più sentiti del momento, il femminicidio.
Il tema è serissimo e, in Italia, l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria dice chiaramente che le pubblicità hanno l’obbligo di non offendere la sensibilità di nessuno. Quindi non si discute sulla sensibilità di chi si è sentito colpito.
Tuttavia, a me è sembrato un grosso caso di ingenuità molto più che di malafede.
In primo luogo: si tratta di una campagna multisoggetto, in cui c’è anche una protagonista femminile, nella stessa identica situazione e questo, mi pare, assolve dalle accuse di sessismo che pure erano state rivolte alla campagna. D’altra parte anche le vittime sono sia una donna sia un uomo.
Poco importano però i ragionamenti a posteriori.
La sensazione è che non ci si sia resi conto di andare a toccare un nervo scoperto, in un paese dove le donne muoiono uccise da uomini cui sono legate a un ritmo da far pensare a un bilancio di guerra. Sarebbe bastato che qualcuno, in agenzia, avesse avuto un dubbio: ma vuoi vedere che questa campagna si può leggere anche da una prospettiva diversa dalla nostra? Vuoi vedere che rischiamo un gaffe grande come un grattacielo?
Da un punto di vista creativo, poi, ci si potrebbe anche chiedere se si tratti o meno di una bella campagna, di una campagna valida, di una di quelle che, se non ci fosse stato questo grand trambusto, qualcuno avrebbe poi ricordato. Io propenderei per il no, ma non conta, perché quello che è certo è che l’azienda, che pure si è scusata ufficialmente e ha deciso (ma ci aveva già pensato lo I.A.P.) di ritirare la campagna, ha goduto di quello si potrebbe definire l’effetto Toscani: come molti degli annunci creati dal fotografo per la famosa azienda di abbigliamento, anche questo ha avuto un’eco e una risonanza non grazie all’idea in sé, ma grazie allo scalpore che ha suscitato.
Alle spalle mancava però la brand awarness dell’azienda di abbigliamento e solo il tempo ci dirà se qualcuno ricorderà il nome di questi strofinacci o sarà l’ennesimo “Buonaseeeeera” della pubblicità italiana.