Per me alla Wieden and Kennedy sono dei geni. Non solo per quello che fanno, ma soprattutto per come lo fanno. L'idea di questo commercial non è proprio quella che annovereremo tra le migliori del secolo, ma la realizzazione di questa divertentissima follia per Heineken - che a me ha ricordato un Kusturica prima maniera - meritava assolutamente un premio a Cannes. Io l'ho seguita così, appassionandomi, domandandomi fino a pochi secondi dalla fine dove andavano a parare smontaggi e montaggi. E anche se, come ho detto, l'idea non era di quelle indimenticabili, non ho potuto con sorridere e tenere il tempo mentre Rita Pavone cantava.
La pubblicità sociale a confronto: Water for Africa e The Marathon for Water
Blog! di Daria La Ragione
Come insegnanti ci è capitato spesso di spiegare agli studenti che le campagne sociali sono particolarmente rognose, perché sono tutte da giocare in equilibrio su un filo: spieghiamo loro che i sensi di colpa sono poco efficaci, perché tutti noi tendiamo a rifiutare quello che ci fa stare male e ce ne dimentichiamo il prima possibile; che il problema alla base di queste campagne è che dovrebbero far pensare e, nei casi proprio difficili, far cambiare degli atteggiamenti; che è importante trovare un modo per far sì che le persone si sentano coinvolte in prima persona da quell'argomento, altrimenti sarà tutto inutile. Poi arriva un progetto come Water for Africa e Ogilvy che ci mette lo zampino.
Ed ecco la magia: non un commercial (questo viene dopo, per amplificare il boato), ma un problema reale portato in un contesto diverso e altrettanto reale. Durante la maratona di Parigi una donna trasporta sulla testa 20 litri di acqua, come fa ogni giorno per portarla nel suo villaggio in Ghana, spendendo tutta la sua giornata e le sue energie. Due cartelli spiegano che in Africa molte donne percorrono quella distanza ogni giorno per raggiungere una fonte idrica e invitano a dare una mano per accorciare la distanza. Un'operazione di grandissimo impatto, impatto del resto celebrato in questo commercial che è stato premiato a Cannes 2015, ma un'operazione già vista e già fatta: nel 2010 Lidl - la catena di supermercati - aveva organizzato una campagna di raccolta fondi con lo stesso obiettivo (ma il paese era la Guinea-Bissau) proprio a partire dalla maratona di Lisbona. La campagna era poi proseguita nei punti vendita fino al raggiungimento degli obiettivi. L'agenzia in quel caso era Leo Burnett Iberia. Scandalo? Più no che sì: in pubblicità rivediamo quotidianamente le stesse cose trite e ritrite. Bambini, con pianti e sorrisoni, attributi femminili più o meno esposti, famiglie ideali… fanno parte del nostro advertising e non ci stupisce più. Il punto non è tanto trovare l'idea nuova (per carità, resta il primo obiettivo), ma fare le cose fatte bene. Tutto questo per dire che a me, questa versione francese ha colpito molto di più, mi ha emozionata e coinvolta e non credo che la dimenticherò. Quella portoghese….
Ecco una campagna di quelle che ti riconciliano con la pubblicità e con le società di assicurazione.
Parte in sordina, con il meccanismo ormai stravisto delle interviste ai bambini in occasione di un matrimonio: ognuno di loro immagina come sarà quel giorno e, ovviamente, le risposte sono buffe e divertenti: dalla bambina che ribadisce più volte che ci saranno gli amici e soprattutto i cani, a quello che immagina il bacio sull'altare come qualcosa di bello e disgustoso insieme, a quello che vuole festeggiare con una ciambella gigante.
La risata scappa, c'è poco da fare ma ancora non si capisce dove andrà a parare.
E poi arriva al punto: cosa si prova a non potersi sposare se sei gay? Che effetto fa sentire di avere meno diritti di altri? Cosa si prova se da bambino hai sognato un matrimonio che non ci sarà mai? e, infine, cosa ne pensano i piccoli invitati?
E in chiusura arriva, precisa e puntuale al moment perfetto, la morale della favola: esurance regnognizes all marriages. E lanciano un hashtag bello e suggestivo #Equaldreams.
I meccanismo è usato alla perfezione: ci fanno affezionare ai sogni dei bambini, magari ci ricordiamo i nostri quando avevamo la loro età, poi ci ricordano che anche le persone tagliate fuori da alcuni diritti perché non amano chi "dovrebbero" (secondo leggi antiquate, ovviamente), anche loro sono stati bambini che sognavano, proprio come noi.
Un sillogismo semplice e pulito, che dimostra l'uguaglianza dei sogni.
Come devo vestirmi? Farà freddo? Farà caldo? Piove? Se non vi siete mai fatti queste domande prima di partire per un viaggio non potrete apprezzare l'ideona che hanno avuto allo Stockholm Arlanda Airport quando si sono fatti una semplice domanda: noi portiamo le persone in posti lontani, come facciamo invece a portare i posti lontani dalle persone?
Ed ecco la risposta: portiamo qui il clima. Infondo il tempo meteorologico è una parte imprescindibile di qualunque esperienza e a maggior ragione di un viaggio. E allora cosa ti fa la Akestam Holst, l'agenzia svedese che cura la comunicazione dell'aeroporto? Si inventa un portale del clima, con tra porte ognuna delle quali conduce a sperimentare come si sta in una delle destinazioni raggiungibili dall'aeroporto. Ora, a parte l'esperienza pazzesca di cambiare clima in due passi, vuoi mettere sapere subito se tenere a portata di mano i sandali o il giubbino imbottito? Come dicevo all'inizio, se non vi siete mai fatti certe domande non sarete entusiasti quanto me, ma se ve le siete fatti allora avete guardato questo video pensando: che geni!
Le famiglie sono il trend gettonatissimo della pubblicità. Anzi, trend probabilmente non è la parola giusta, bisognerebbe usare evergreen, perché sono sempre di tendenza, come il trench e il tubino nero. Un classico che non passa mai. Ma un motivo c'è: se il tubino ti risolve la giornata, anche la famiglia è uno di quegli assi nella macchina che ti porta a casa il risultato. Funziona, non c'è nulla da dire, scatta l'emozione, perché una famiglia ce l'abbiamo tutti: se è bella ci commuove vederne altre belle, se ci fa soffrire ci commuove pensare che poteva essere diversa, insomma ci frega sempre.
Questa volta il meccanismo che ultimamente vediamo sempre più spesso: premiamo i genitori che si sono sfiancati per i figli, viene messo al servizio di Sodimac, una catena di negozi fai da te. Con la scusa di un oggetto smarrito anni prima, nel giorno della loro festa comandata, gli ignari papà vengono invitati nel negozio Sodimac, una volta lì i figli gli donano un oggetto simbolico che hanno associato ai sacrifici fatti dal papà affinché loro potessero realizzarsi: una poltrona più comoda, un barbecue e poi, giuro che non ho capito perché, una libreria! Advertising Agency: McCann, Lima, Peru Chief Creative Officers: Mauricio Fernández Maldonado, Nicolás Romanó Creative Directors: Jomi Rivera, Erick Galván Copywriters: Alvaro Soto, Victor Luna Art Director: Ricardo Aranibar
Mi piacciono i cani, mi piacciono tutti, perfino i Chiwawa (ma quelli un po’ meno), quello che non apprezzo è il loro odore se non sono perfettamente puliti. Credo sia per questo che mi è piaciuta la nuova campagna di Airwick: Change the smell of your home. Mi piace il visual, tanto che avrei fatto a meno anche del claim, perché questo barboncino di margherite mi pare dica già tutto quello che c’è da dire. Non è una cosa che si vede spesso e per questo l’apprezzo ancora di più. Mi ha ricordato un’altra occasione in cui non c’era bisogno di parole, e infatti questa volta non ce n’erano affatto. È l’affissione per il Van Gogh Museum Cafè, che ha i suoi 8/9 anni, ma non ha perso il suo smalto.
Ecco i credits della campagna olandese Agency: Duval Guillaume Creative director: Jens Mortier Copy writer: Tom Garcia Art director: Christian Loos Photographer: Kris van Beek
Questi invece quelli della campagna Airwick Advertising Agency: Havas Vale, Mexico Creative Directors: Álvaro Zunini, Miguel Brito, Pedro Serrano Art Director: Marco Oseguera Copywriter: Marco Martínez Photographer: Octavio Ramos