Marco Maraviglia //
Gianni Fiorito. La sintesi necessaria. Appunti su un seminario ILAS presso Made in Cloister
La fotografia di scena raccontata dal fotografo dei film di Paolo Sorrentino, Gomorra, Capri…
Molta attenzione durante il seminario gratuito di Gianni Fiorito organizzato dalla ILAS ed ospitato presso Made in Cloister sabato 14 dicembre.
Abbiamo assistito a un Gianni Fiorito nelle vesti di generoso elargitore di esperienze che non possono non essere tesoro per i più scaltri.
Ecco di seguito qualche appunto…
La scelta etica
Gianni Fiorito inizia a lavorare come foto-reporter nel 1980 per una scelta etica, innanzitutto.
Furono le problematiche di Napoli che lo attirarono: il fenomeno camorristico e l’illegalità diffusa, la realtà sociale e urbanistica delle periferie, la dismissione della città contemporanea e la trasformazione del paesaggio urbano.
La fotografia era per Gianni Fiorito, la sua penna. Il suo strumento per raccontare in maniera sempre sintetica, a volte anche solo con uno scatto, ciò che vedeva.
La fotografia ossessiva
Il capo di un’agenzia fotografica per la quale lavorava, non gli insegnò a fotografare ma gli diede un solo suggerimento per fargli comprendere come mettere a fuoco su un argomento: la fotografia su un giornale deve essere ossessiva per il lettore. Deve indurre il lettore a leggere l’articolo e farlo ritornare ossessivamente sull’immagine per ritrovare tutti gli indizi che via via legge tra le righe.
I fermenti culturali dell’estate di Valenzi
Negli anni ’80 Napoli viveva un periodo di rigenerazione culturale. Grazie al Sindaco Valenzi furono aperti spazi pubblici, ormai mummificati, ad eventi artistici. Era l’onda alta di Napoli che Gianni Fiorito cavalcò entrandoci dentro con la sua “penna” e comprendendone il fenomeno che stava vivendo la città.
“Estate a Napoli” era la punta di diamante di quel periodo culturale che riportò la gente a uscire la sera vivendo la città. Castel S. Elmo, il Maschio Angioino divennero serbatoi con offerte culturali popolari ma non folkloristiche. Anzi, anche internazionali. Epico fu il concerto di Pino Daniele in Piazza Plebiscito che fu sgombrata per l’occasione da tutte le auto. Un fermento culturale che diede inizio al fiorire del cosiddetto Neapolitan Power, nuova energia musicale partenopea, e al fiorire di attività teatrali con la nascita del gruppo Falso Movimento di Mario Martone.
E Gianni Fiorito c’era. Scriveva i suoi racconti fotografici di quei momenti realizzando le sue prime foto di scena per gli eventi teatrali.
La fotografia di scena, nuova passione di Gianni Fiorito
Gianni Fiorito inizia ad appassionarsi alla fotografia di scena ma continua a svolgere la sua intensa attività di foto-reporter. Sente un desiderio di cambiamento professionale. Nel 1999 studia da autodidatta gli aspetti della fotografia di scena e decide di incontrare il regista Tonino De Bernardi che deve girare a Napoli Appassionate.
Non avendo foto di scena di cinema, Gianni Fiorito mostrò al regista un portfolio di donne carnali partenopee e fu ingaggiato.
Il film al Festival del Cinema di Venezia non ebbe un gran riscontro ma i giornali che parlavano dell’evento, aprivano l’articolo con le sue foto.
Gianni non era ancora un fotografo di scena ma aveva fatto centro.
Il fotografo di scena Gianni Fiorito
Gianni Fiorito rivela alcuni segreti del suo modus operandi.
La fotografia di scena serve in realtà a promuovere il film, lo sceneggiato, la fiction, a raccontare la storia che il regista mette in scena.
È con Tazio Secchiaroli e Pierluigi Praturlon che la fotografia di scena per il cinema inizia a mostrare back-stage e immagini fuori-scena del set dei film degli anni’50-’60 ma Gianni Fiorito, oltre a ciò, sviluppa una III dialettica: la contestualizzazione del territorio mostrando le caratteristiche urbane in cui si svolge la scena.
Ma non finisce qui. Chiede alla produzione di ogni film la sceneggiatura e l’elenco della troupe. Perché Gianni Fiorito, forte della sua esperienza di foto-giornalista, vuole essere “dentro la notizia”. Studiarsela e appassionarsene. È importante conoscere le connessioni tra attori, storia, territorio, ambienti. Occorre che capisca i personaggi affinché sappia quali siano i momenti clou del film da non perdere assolutamente.
La fortuna è anche quella di non trovarsi di fronte a registi kubrickiani che negherebbero di rilasciare la sceneggiatura nelle sue mani. Ma sono meccanismi di fiducia che scattano quando ci si rende conto di avere a che fare con un professionista che sa mantenere il segreto di un film.
“Il fotografo di scena è un uomo solo”
Mentre regista, tecnici, attori, scenografi, fonici, truccatori, direttore della fotografia, operatori di macchina… interagiscono tra loro per ore al fine di preparare una scena anche di un solo minuto, il fotografo di scena è come un angelo invisibile che deve avere la capacità di stare sul set ma restandone allo stesso tempo fuori.
Più sei solo in un contesto e più sei concentrato e pronto a catturare ciò che avviene intorno a te
Il fotografo di scena è un po’ come una body-guard del set: non gli deve sfuggire nulla. Deve osservare ogni movimento della troupe e delle macchine da presa per catturare col terzo occhio anche ciò che non riguarda strettamente il film. Entrare in empatia col personaggio per essere consapevole se sta riprendendo l’attore o l’interprete. Gianni Fiorito si spinge oltre. Ascolta gli umori sul set e riesce così a prevedere quando è il momento di spingersi oltre il campo d’azione restandone comunque fuori. Si arrampica rischiosamente per ottenere un punto di vista che non fa nemmeno parte dello story-board. Si infila tra le gambe di una comparsa per nascondersi a quattro macchine da presa. Al suo “fermi tutti” alla fine di un ciak già ha in mente l’immagine che deve scattare apportando qualche modifica alla scena.
Le foto di successo di Gianni Fiorito: la sintesi necessaria
Più volte le foto di Gianni Fiorito sono servite a illustrare articoli sui festival del cinema.
Un suo scatto di backstage gli valse un premio all’unico concorso nazionale di fotografia di scena (Cliciak).
Il sito della Film Commission Campania ha utilizzato a lungo una sua foto per l’header.
Non si tratta di fortuna. “Semplicemente” di passione, esperienza, studio costante del proprio lavoro.
Quando di una determinata foto è stesso l’autore che l’ha scattata a sapere che è giusta, significa che il senso di auto-critica maturato in anni di esperienza è altrettanto giusto.
Nel film c’è movimento, musica, voce fuori campo, dialoghi, suoni e rumori. La foto di scena deve rappresentare tutto ciò in uno scatto. Studiato, pensato, immaginato per avere una sintesi. La sintesi necessaria.