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Seminari // Pagina 1 di 10
27.02.2020 # 5434
Napoli, 27 giugno 2019 – David Carson è stato qui

Daria La Ragione //

Napoli, 27 giugno 2019 – David Carson è stato qui

David Carson, pop star del graphic design internazionale, era a Napoli per incontrare gli studenti ilas, prenderli per mano e accompagnarli nel suo mondo di collage, peripezie grafiche e innovazione

David Carson è stato qui.

Non so se potete immaginare che emozione sia stata.


Fate conto che siete fotografi e un giorno possiate incontrare dal vivo (sì, è morto, ma è una pura ipotesi) Cartier Bresson, che viene nella vostra città a parlare di fotografia, ispirazioni, idee.

Fate conto che siete seduti buoni buoni in un cinema, davanti a uno schermo, mentre il vostro mito è lì che scorre centinaia di slide, commenta, fa battute e vi spiega con il sorriso cos’è per lui lavorare, quanto profondamente il suo lavoro sia una parte di sé, un modo di esprimersi, da dove gli arrivano le ispirazioni e, insomma, vi porti per mano attraverso il suo immaginario.

Ecco, chi scrive si è sentita così: dopo anni trascorsi a parlare di David Carson nei corsi di Storia della Grafica, a raccontare agli studenti che pazzesca rivoluzione sia stato il suo arrivo in quel mondo, che ventata di aria fresca abbia soffiato dalla California ecco che finalmente lui era lì, davanti a me, mi accompagnava nel suo mondo, attraverso il suo sguardo curiosissimo, ricordandomi quanto sia fondamentale riuscire sempre a stupirsi di ciò che ci circonda, quanto sia irrinunciabile la capacità di lasciarsi meravigliare dalle piccole cose.

Ed è stato fantastico!




Per me e per gli studenti che hanno affollato la sala del cinema Modernissimo – due ore in silenzio religioso interrotto solo dalle risate – è stata una mattinata da ricordare.

Ecco alcune delle cose che porterò con me:


Il tuo momento arriverà, se stai facendo quello che ami.

Un messaggio carico di fiducia, la stessa fiducia che mi sono portata addosso uscita di là e che mi ha riportata a quando avevo l’età di questi ragazzi che erano con me ad ascoltarlo. Perché infondo questa è stata la prima magia: mi sono sentita più giovane.


Un’altra metafora che arriva dal surf, come la prima. Perché è chiaro che, se la tua onda sta per arrivare, tu devi sbracciarti a remare sul tuo surf per essere sicuro di beccarla quando sarà da te. Ed è questo che emerge guardando tutti i suoi lavori: impegno costante. Magari anche David Carson ha dei momenti in cui gli basta portare a casa la giornata, può darsi, ma non si direbbe proprio. Si direbbe invece che faccia tutto in modo appassionato, cercando di dare il meglio, sforzandosi di non mettere mai un titolo dove è ovvio che debba andare, mai il font che dovrebbe usare (per dire: per la locandina del film Helvetica ha usato un Franklin Gothic!!!). Insomma, sembra che non si stanchi mai di remare.

Perché il lavoro occupa la gran parte delle nostre giornate ed è importante continuare a divertirsi.

Quest’uomo che ho davanti e che ha cambiato la storia della grafica, alla veneranda età di 65 anni (portati bene quasi quanto Sting), continua a surfare e ad andare sullo skateboard, perché – ci dice – non bisogna mai smettere di fare quello che amiamo e ci fa stare bene.

Mi porto via consigli importanti sul design? Sì. Immagino di sì.

Soprattutto vengono con me riflessioni e ispirazione e fiducia nel futuro, e la felice conferma che quest’uomo che tanto avevo ammirato dalle pagine di Beach Culture e Ray Gun sia all’altezza delle mie aspettative.

26.05.2022 # 6069
Napoli, 27 giugno 2019 – David Carson è stato qui

Paolo Falasconi //

Model Sharing #1, lo shooting fashion targato ilas

Nella splendida cornice del Made in Cloister, seguiamo una giornata di shooting degli studenti ilas

Il Made in Cloister è la location che Ilas ha scelto come primo spazio per consentire agli studenti dei corsi di fotografia pubblicitaria di esercitarsi liberamente, nella prima edizione del suo model sharing

PERCHÈ IL MODEL SHARING
Il model sharing è un evento fotografico in cui una modella professionista è a disposizione, in una determinata location, per tutti i fotografi che vi partecipano, senza che vi sia una programmazione specifica o un tema da seguire, ed è un'occasione unica per i fotografi per condividere idee con altri colleghi e sperimentare liberamente nuove tecniche. 

Atmosfera rilassata e piacevole, e una partecipazione entusiasta degli studenti fotografi. Un grazie alla professionalità della modella Asia Violante @asiaviolante_ e al team di ilas che ha garantito una impeccabile organizzazione.

LOCATION: MADE IN CLOISTER
MODEL: ASIA VIOLANTE
MUA: MELKA ACADEMY
PRODUCER ILAS: SIMONA MANCINI
ABITI: STYLIST - MATILDE MAZZOCCO
DOCENTE:  NICOLA D'ORTA



Di seguito alcuni scatti direttamente dal set:





















11.02.2022 # 5946
Napoli, 27 giugno 2019 – David Carson è stato qui

Paolo Falasconi //

Roberta Cinque vince il contest Manifesto per Waiting for the Man Lou Reed - Edizione 2022

Firma il nuovo manifesto esclusivo per l'evento

Roberta Cinque vince il contest Manifesto per Waiting for the Man Lou Reed - Edizione 2022
Roberta frequenta il Corso di Grafica Ilas con la docente di progettazione Giovanna Grauso e la docente di software Elisabetta Buonanno.

Un contest riservato agli studenti ilas degli anni accademici 2019/2020,  2020/2021 e 2021/2022





IL MANIFESTO DEL CONCERTO/EVENTO PER LOU REED - EDIZIONE 2022
IL BRIEF  
Waiting for the Man è una giornata di celebrazioni dedicata ogni anno a Lou Reed in occasione dell’anniversario della sua nascita. La prima edizione è stata nel 2019 e la prossima (marzo 2022) sarà la quarta e corrisponderà al suo 80° compleanno.



Lou Reed era molto legato a Napoli dove veniva spesso. E’  stato anche uno dei sostenitori del progetto Made in Cloister (supportando con un video il programma di crowdfunding lanciato nel 2013) e quindi - d’accordo con la moglie, l’artista Laurie Anderson - si è deciso di dedicargli questa giornata a Napoli all’interno del Chiostro di S. Caterina, sede della Fondazione Made in Cloister.


Nella fotografia Lou Reed con Davide De Blasio della Fondazione Made in Cloister


E’ una giornata che si sviluppa dalle 16,00 alle 24,00 ed il programma è sempre diverso muovendosi tra fotografia, cinema, poesia e readings, oltre naturalmente a molta musica.




28.02.2020 # 5461
Napoli, 27 giugno 2019 – David Carson è stato qui

Paolo Falasconi //

Antonio Biasiucci, Contrasto perenne. Un nuovo grande seminario ILAS al Made in Cloister.

Il maestro napoletano della fotografia contemporanea ospite alla ilas per un incontro con gli studenti dell´Accademia ILAS

Nella spettacolare location del Made in Cloister un nuovo imperdibile appuntamento con i maestri della fotografia contemporanea. 


Primavera 2020 - Made in Cloister - Ingresso libero
Antonio Biasiucci
Contrasto perenne

A Napoli Antonio Biasiucci ospite alla ilas, Accademia di Comunicazione Italiana, per un seminario gratuito. 

Antonio Biasiucci è tra i fotografi contemporanei quello che possiede uno dei linguaggi maggiormente innovativi, maturato in anni di ricerca personale lontano paradossalmente dal mondo della fotografia e dall´esperienza dei grandi maestri che lo hanno preceduto e, forse proprio per questo, capace di esprimere una personalità del tutto inedita e originale.


Una ricerca senza fine

In una dimensione in perenne contrasto, Biasiucci esplora la realtà nella sua interezza, senza tralasciare nulla ma anzi indagando a fondo ogni aspetto dell´immagine: torna a fotografare sempre lo stesso soggetto, quasi ossessivamente finché il dato di partenza perde significato e diventa qualcos´altro. E si può passare “dal nudo al paesaggio o dal paesaggio al nudo” in una sorta di fotografia totale, per cui la ricerca può dirsi conclusa solamente quando, il mistero dell´oggetto, risulta svelato. Ecco perché alcune ricerche Biasiucci non le riterrà mai concluse, come quelle sui Vulcani, le cui verità saranno sempre insondabili perché equiparate a quelle della vita.

Dedito alla fotografia antropologica (vedi il ciclo di fotografie dal titolo Ex-voto), rigorosamente in bianco e nero, e alla componente del mondo rurale e contadino, dimostra che questi aspetti risultano essere solo una faccia della sua arte.




Le forme, nelle foto di Biasiucci sembrano emergere da un nulla, evocato dal colore nero di sfondi difficilmente misurabili. Riguardo il nero lui stesso ha dichiarato: “ho utilizzato il nero come una tavolozza di colori da cui partire, una sorta di nero primigenio” ma il nero deve essere presente per esaltare la luce… Sfrutta le potenzialità dei materiali di rifrangere la luce. “La ricerca assidua della luce- afferma - rimane un mio presupposto fondamentale”.   

Molte sue opere fanno parte della collezione permanente di musei e istituzioni, in Italia e all’estero, tra cui: Istituto nazionale per la grafica, Roma; MAXXI, Roma; PAN Palazzo delle Arti, Napoli; MADRE-Museo d’Arte Contemporanea Donna Regina, Napoli; Metropolitana di Napoli; Galleria Civica di Modena; Museo di fotografia contemporanea Villa Ghirlanda, Cinisello Balsamo (Milano); Fondazione Sandretto Re Rebaudengo per l’Arte Contemporanea, Guarene (Cuneo); Fondazione Banco di Napoli; Collezione Banca Unicredit, Bologna; Bibliothèque nationale de France, Parigi; Maison Européenne de la Photographie, Parigi; Château d’Eau, Tolosa; Musée de l’Elysée, Losanna; Centre de la Photographie, Ginevra; Fondazione Banca del Gottardo, Lugano; Centre Méditerranéen de la Photographie, Bastia; Galerie Freihausgasse, Villach (Austria); Departamento de investigación y documentación de la Cultura Audiovisual, Puebla (Messico); Mart, Rovereto.


Antonio Biasiucci
 

Antonio Biasiucci nasce a Dragoni (Caserta) nel 1961. Nel 1980 si trasferisce a Napoli, dove comincia un lavoro sugli spazi delle periferie urbane e contemporaneamente una ricerca sulla memoria personale, fotografando riti, ambienti e persone del paese nativo. Nel 1984 inizia una collaborazione con l’Osservatorio vesuviano, svolgendo un ampio lavoro sui vulcani attivi in Italia. Nel 1987 conosce Antonio Neiwiller, attore e regista di teatro: con lui nasce un rapporto di collaborazione che durerà fino al 1993, anno della sua scomparsa. Fin dagli inizi la sua ricerca si radica nei temi della cultura del Sud e si trasforma, in anni recenti, in un viaggio dentro gli elementi primari dell’esistenza. Ha ottenuto importanti riconoscimenti, tra cui, nel 1992, ad Arles, il premio “European Kodak Panorama”; nel 2005 il “Kraszna/Krausz Photography Book Awards”, per la pubblicazione del volume Res. Lo stato delle cose (2004) e, nello stesso anno, il “Premio Bastianelli”; nel 2016 Premio Cultura Sorrento. Numerosissime le mostre personali e le partecipazioni a mostre collettive, a festival e rassegne nazionali e internazionali. Ha collaborato inoltre a diversi progetti editoriali, e ha partecipato a importanti iniziative culturali di carattere sociale. Nel 2012 fonda il Lab per un laboratorio irregolare, un percorso per giovani fotografi, a cui  trasmettere un metodo di costante approfondimento e critica del proprio lavoro.Attualmente insegna “Fotografia come linguaggio artistico” all´Accademia di Belle Arti di Napoli. 

 Biasiucci è stato invitato fra gli artisti del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia del 2015.

Molte sue opere fanno parte della collezione permanente di musei e istituzioni, in Italia e all’estero, tra cui: Istituto nazionale per la grafica, Roma; MAXXI, Roma; PAN Palazzo delle Arti, Napoli; MADRE-Museo d’Arte Contemporanea Donna Regina, Napoli; Metropolitana di Napoli; Galleria Civica di Modena; Museo di fotografia contemporanea Villa Ghirlanda, Cinisello Balsamo (Milano); Fondazione Sandretto Re Rebaudengo per l’Arte Contemporanea, Guarene (Cuneo); Fondazione Banco di Napoli; Collezione Banca Unicredit, Bologna; Bibliothèque nationale de France, Parigi; Maison Européenne de la Photographie, Parigi; Château d’Eau, Tolosa; Musée de l’Elysée, Losanna; Centre de la Photographie, Ginevra; Fondazione Banca del Gottardo, Lugano; Centre Méditerranéen de la Photographie, Bastia; Galerie Freihausgasse, Villach (Austria); Departamento de investigación y documentación de la Cultura Audiovisual, Puebla (Messico), Mart, Rovereto, Pio Monte Della Misericordia, Napoli; Fondazione Modena per la fotografia.



28.02.2020 # 5460
Napoli, 27 giugno 2019 – David Carson è stato qui

Marco Maraviglia //

Una mattina da Oliviero Toscani al Modernissimo

Un evento in esclusiva organizzato dalla Ilas


Le domande pseudo-provocatorie di Oliviero Toscani

"Quanto tempo su 24 ore dedicate all’immaginazione?"  è una delle domande fatte da Oliviero Toscani al pubblico in sala.
A 77 anni Oliviero Toscani di immaginazione e grinta ne ha ancora tanta, tantissima.
Teoremi, enunciati, massime… c’è tanta roba nella mente di chi ha spaziato in vari ambiti della fotografia lasciando ogni volta un’impronta indelebile, a cavallo tra fotografia e arte.


Creatività, genio, immaginazione… i primi 50 anni di carriera di Oliviero Toscani

Le sue sono tracce che sono ormai iconografie della memoria collettiva. Chi è nato all’ombra dell’ombelico di Raffaella Carrà ricorda probabilmente in maniera più incisiva quel paio di shorts di jeans che invitavano ad essere seguiti (campagna Jesus/chi mi ama mi segua – 1973).
E non è stato lui uno dei primi, se non il primo, a usare argomenti sociali nella pubblicità sensibilizzando sull’eguaglianza delle persone a prescindere dal colore, religione, sesso…?
Sarà stata l’amichevole conoscenza di Andy Warhol lo stimolo per inventare la pubblicità POP ribaltando il senso di ogni dialettica del marketing?


In barba a certe distorsioni mediatiche dei tempi televisivi che lo fanno percepire come personaggio non troppo facile, dal vivo ti rendi conto che Oliviero Toscani è uno di quei fotografi in grado di trasferire le proprie conoscenze e senza risparmiare una certa generosità.

Dedicare oltre due ore del proprio tempo per elargire considerazioni, raccontare esperienze personali e professionali, emettere sentenze e pillole di saggezza, di più di 50 anni di magnifici fallimenti, e tra l’altro espresse in maniera chiara, diretta, senza inutili pseudo-filosofie, è un’esperienza che fa bene alla salute professionale di un fotografo o a chiunque operi nel campo della comunicazione.


Oliviero Toscani guru o coach?

Essere liberi è la condizione essenziale per poter lavorare bene.

Per essere liberi non si deve correre dietro il consenso, ma dietro al senso.

Bisogna essere eccellenti in ciò che si fa. Paradossalmente, per essere liberi bisogna incatenarsi a una propria idea per riuscire a capire quali possano essere i propri limiti.

Perché solo capendo quali sono i propri limiti ci si può liberare dal complesso di non essere bravi.

Queste non sono che alcune delle considerazioni di Oliviero Toscani che, durante l’incontro, assumeva nell’immaginario della platea sembianze di un guru, di un coach di una squadra di rugby o, forse per qualcuno, sembrava il sergente Hartman di Full Metal Jacket. Il Drill Instructor che appellò “palla di lardo” uno dei marine del film, per intenderci.


Dagli appunti presi durante l’incontro…

Il fotografare raggruppa un insieme di competenze indispensabili quando si deve comunicare qualcosa. Oliviero Toscani ricorda al pubblico che tutti possono guidare ma pochi entrano nell’Olimpo della Formula 1. Ci ricorda che tutti sanno leggere e scrivere ma pochi possono essere scrittori o poeti. L’accessibilità al mezzo non corrisponde sempre a una buona “alfabetizzazione” dello stesso.

Sembrano banali metafore, quelle di cui sopra, ma non tanto per un pubblico composto in gran parte da millennials.

La fotografia è un film in uno scatto

La fotografia può avere un certo parallelismo con un film. Per fare una buona fotografia per una campagna pubblicitaria occorrerebbe essere allo stesso tempo, sceneggiatore, scenografo, regista, direttore della fotografia, cameraman.

La fotografia è un film in un fotogramma

Immaginare. Solo nel momento in cui spegniamo il computer abbandonando quei “campi di concentramento” del XXI secolo che sono i social, possiamo iniziare a immaginare. Immaginare ci porta oltre le normali dimensioni umane configurandoci situazioni incredibili.


La creatività al servizio del marketing?

Oliviero Toscani è sempre stato Art Director di se stesso. Non ha mai accettato di lavorare con le agenzie pubblicitarie.

…Non si può dirigere la creatività. Il Padreterno non aveva l’Art Director…

Lui è il One man show, lui decide come impostare una campagna pubblicitaria, o come realizzare un’installazione con le sue immagini. Se non si ha carta bianca, si pone limite all’immaginazione perché non si è liberi.

Sembra che le sue campagne siano di successo proprio perché sempre in controtendenza con quelli che potrebbero essere i briefing e le strategie di marketing.

Si può fare una foto fantastica a un pezzo di merda e si può fare una foto di merda fotografando la donna più bella del mondo


Più di 50 anni di magnifici fallimenti

Oliviero Toscani il guru, il coach, il drill instructor. Personalità carismatica. Un’aura che sembra averlo congelato in una non-età. È un evergreen che continua a stupire a 77 anni.

Sì, sì, non sta simpatico a qualcuno ma non è un problema suo.

Ci proietta le pagine del suo libro (Più di 50 anni di magnifici fallimenti) e ti rendi conto che professionalmente può anche permettersi di essere un po’ scorbutico con chi gli fa girare i marroni con considerazioni inadeguate.

Non ha conservato molti degli originali dei suoi scatti e forse per quel suo voler sentirsi libero, distaccandosi anche dagli oggetti come diacolor scattate in tanti anni. Non ha uno studio. Il suo studio è sempre on the road. Anche nel senso più stretto del termine. Come per i ritratti di Razza Umana eseguiti per strada nelle varie città d’Italia.

Quel libro proiettato nella sala del Modernissimo, consiste per lo più in scansioni delle pagine di giornali dove sono stati pubblicati i suoi lavori in 50 anni.

Una foto esiste solo se è pubblicata

E ti accorgi che in quelle immagini vi sono citazioni ante litteram di Helmut Newton e che fare fotografie alla H. C. Bresson lo diverte perché è rilassante scattarle durante una passeggiata la domenica pomeriggio.

Che la sua fotografia di moda degli anni ’60 piaceva tanto, che a distanza di anni un’altra azienda gli chiede di replicarle. Che ha sempre avuto a fuoco le trasformazioni sociali stando sempre sul pezzo, sparandoci sui 6×3 l’iconografia dei nuovi fenomeni sociali che non avevamo ancora fatto in tempo a metabolizzare. E che, anche se impercettibilmente, trapelano i suoi studi di storia dell’arte che suggerisce a ogni giovane fotografo per la propria formazione.

 

È tutta questione di immaginazione. <>.

“L’immaginazione al potere” come direbbe Herbert Marcuse.





27.02.2020 # 5410
Napoli, 27 giugno 2019 – David Carson è stato qui

Marco Maraviglia //

Gianni Fiorito. La sintesi necessaria. Appunti su un seminario ILAS presso Made in Cloister

La fotografia di scena raccontata dal fotografo dei film di Paolo Sorrentino, Gomorra, Capri…

Molta attenzione durante il seminario gratuito di Gianni Fiorito organizzato dalla ILAS ed ospitato presso Made in Cloister sabato 14 dicembre.

Abbiamo assistito a un Gianni Fiorito nelle vesti di generoso elargitore di esperienze che non possono non essere tesoro per i più scaltri.

Ecco di seguito qualche appunto…

La scelta etica

Gianni Fiorito inizia a lavorare come foto-reporter nel 1980 per una scelta etica, innanzitutto.

Furono le problematiche di Napoli che lo attirarono: il fenomeno camorristico e l’illegalità diffusa, la realtà sociale e urbanistica delle periferie, la dismissione della città contemporanea e la trasformazione del paesaggio urbano.

La fotografia era per Gianni Fiorito, la sua penna. Il suo strumento per raccontare in maniera sempre sintetica, a volte anche solo con uno scatto, ciò che vedeva.

La fotografia ossessiva

Il capo di un’agenzia fotografica per la quale lavorava, non gli insegnò a fotografare ma gli diede un solo suggerimento per fargli comprendere come mettere a fuoco su un argomento: la fotografia su un giornale deve essere ossessiva per il lettore. Deve indurre il lettore a leggere l’articolo e farlo ritornare ossessivamente sull’immagine per ritrovare tutti gli indizi che via via legge tra le righe.

Durante il seminario ILAS di Gianni Fiorito da Made in Cloister

I fermenti culturali dell’estate di Valenzi

Negli anni ’80 Napoli viveva un periodo di rigenerazione culturale. Grazie al Sindaco Valenzi furono aperti spazi pubblici, ormai mummificati, ad eventi artistici. Era l’onda alta di Napoli che Gianni Fiorito cavalcò entrandoci dentro con la sua “penna” e comprendendone il fenomeno che stava vivendo la città.

“Estate a Napoli” era la punta di diamante di quel periodo culturale che riportò la gente a uscire la sera vivendo la città. Castel S. Elmo, il Maschio Angioino divennero serbatoi con offerte culturali popolari ma non folkloristiche. Anzi, anche internazionali. Epico fu il concerto di Pino Daniele in Piazza Plebiscito che fu sgombrata per l’occasione da tutte le auto. Un fermento culturale che diede inizio al fiorire del cosiddetto Neapolitan Power, nuova energia musicale partenopea, e al fiorire di attività teatrali con la nascita del gruppo Falso Movimento di Mario Martone.

E Gianni Fiorito c’era. Scriveva i suoi racconti fotografici di quei momenti realizzando le sue prime foto di scena per gli eventi teatrali.

La fotografia di scena, nuova passione di Gianni Fiorito

Gianni Fiorito inizia ad appassionarsi alla fotografia di scena ma continua a svolgere la sua intensa attività di foto-reporter. Sente un desiderio di cambiamento professionale. Nel 1999 studia da autodidatta gli aspetti della fotografia di scena e decide di incontrare il regista Tonino De Bernardi che deve girare a Napoli Appassionate.

Non avendo foto di scena di cinema, Gianni Fiorito mostrò al regista un portfolio di donne carnali partenopee e fu ingaggiato.

Il film al Festival del Cinema di Venezia non ebbe un gran riscontro ma i giornali che parlavano dell’evento, aprivano l’articolo con le sue foto.

Gianni non era ancora un fotografo di scena ma aveva fatto centro.

Gianni Fiorito seminario ILAS
A sinistra: foto dal set di "Il Divo"; a destra "The new Pope". Foto di Gianni Fiorito

Il fotografo di scena Gianni Fiorito

Gianni Fiorito rivela alcuni segreti del suo modus operandi.

La fotografia di scena serve in realtà a promuovere il film, lo sceneggiato, la fiction, a raccontare la storia che il regista mette in scena.

È con Tazio Secchiaroli e Pierluigi Praturlon che la fotografia di scena per il cinema inizia a mostrare back-stage e immagini fuori-scena del set dei film degli anni’50-’60 ma Gianni Fiorito, oltre a ciò, sviluppa una III dialettica: la contestualizzazione del territorio mostrando le caratteristiche urbane in cui si svolge la scena.

Ma non finisce qui. Chiede alla produzione di ogni film la sceneggiatura e l’elenco della troupe. Perché Gianni Fiorito, forte della sua esperienza di foto-giornalista, vuole essere “dentro la notizia”. Studiarsela e appassionarsene. È importante conoscere le connessioni tra attori, storia, territorio, ambienti. Occorre che capisca i personaggi affinché sappia quali siano i momenti clou del film da non perdere assolutamente.

La fortuna è anche quella di non trovarsi di fronte a registi kubrickiani che negherebbero di rilasciare la sceneggiatura nelle sue mani. Ma sono meccanismi di fiducia che scattano quando ci si rende conto di avere a che fare con un professionista che sa mantenere il segreto di un film.

Gianni Fiorito seminario ILAS
Gianni Fiorito durante un momento del seminario ILAS presso Made in Cloister

“Il fotografo di scena è un uomo solo”

Mentre regista, tecnici, attori, scenografi, fonici, truccatori, direttore della fotografia, operatori di macchina… interagiscono tra loro per ore al fine di preparare una scena anche di un solo minuto, il fotografo di scena è come un angelo invisibile che deve avere la capacità di stare sul set ma restandone allo stesso tempo fuori.

Più sei solo in un contesto e più sei concentrato e pronto a catturare ciò che avviene intorno a te

Il fotografo di scena è un po’ come una body-guard del set: non gli deve sfuggire nulla. Deve osservare ogni movimento della troupe e delle macchine da presa per catturare col terzo occhio anche ciò che non riguarda strettamente il film. Entrare in empatia col personaggio per essere consapevole se sta riprendendo l’attore o l’interprete. Gianni Fiorito si spinge oltre. Ascolta gli umori sul set e riesce così a prevedere quando è il momento di spingersi oltre il campo d’azione restandone comunque fuori. Si arrampica rischiosamente per ottenere un punto di vista che non fa nemmeno parte dello story-board. Si infila tra le gambe di una comparsa per nascondersi a quattro macchine da presa. Al suo “fermi tutti” alla fine di un ciak già ha in mente l’immagine che deve scattare apportando qualche modifica alla scena.

Gianni Fiorito seminario ILAS
Film "Capri"; regia di Enrico Oldini. Nella foto Sergio Assisi. Foto di Gianni Fiorito 

Le foto di successo di Gianni Fiorito: la sintesi necessaria

Più volte le foto di Gianni Fiorito sono servite a illustrare articoli sui festival del cinema.

Un suo scatto di backstage gli valse un premio all’unico concorso nazionale di fotografia di scena (Cliciak).

Il sito della Film Commission Campania ha utilizzato a lungo una sua foto per l’header.

Non si tratta di fortuna. “Semplicemente” di passione, esperienza, studio costante del proprio lavoro.

Quando di una determinata foto è stesso l’autore che l’ha scattata a sapere che è giusta, significa che il senso di auto-critica maturato in anni di esperienza è altrettanto giusto.

 

Nel film c’è movimento, musica, voce fuori campo, dialoghi, suoni e rumori. La foto di scena deve rappresentare tutto ciò in uno scatto. Studiato, pensato, immaginato per avere una sintesi. La sintesi necessaria.

Gianni Fiorito seminario ILAS
set del film "Fuoco su di me" di Lamberto Lambertini. Nella foto Murizio Donadoni. Foto di Gianni Fiorito

Gianni Fiorito

Dal 1980 svolge l’attività di fotogiornalista con particolare attenzione alla complessa realtà napoletana, documentando, tra l’altro, il fenomeno camorristico e l’illegalità diffusa, la realtà sociale e urbanistica delle periferie, la dismissione della città contemporanea e la trasformazione del paesaggio urbano. Negli anni Ottanta del secolo scorso collabora come fotografo con diverse realtà artistiche, tra gli altri, con il gruppo teatrale “Falso Movimento” di Mario Martone e l’associazione di artisti “Idra Duarte”. Dal 1993 contribuisce più volte a indagini e studi promossi dalla Facoltà di Architettura dell’Università di Napoli “Federico II”. Dal 1999 si dedica sempre di più all’attività di fotografo di scena cinematografico, portando avanti una personale ricerca sull’uso del territorio italiano nel cinema. In questo campo si segnalano le collaborazioni con Paolo Sorrentino, Luca Miniero, John Turturro, Antonio Capuano, Ivan Cotroneo, Ferzan Ozpetek, Daniele Luchetti e Terrence Malick.
Ha pubblicato diversi volumi, tra cui, Oltre il manicomio. Il Leonardo Bianchi di Napoli (Sensibili alle foglie, Roma 1995), Bagnoli, cronaca di una trasformazione (Federico Motta Editore, Milano 2002), Comparsi. Ritratti da un set in Albania (Libreria Dante & Descartes, Napoli 2003), Come eravamo. Napoli, dal terremoto alla città spettacolo(Silvana Editoriale, Milano 2004), Scenari. Dieci anni di cinema in Campania (Libreria Dante& Descartes, Napoli 2006), Il divo, un film di Paolo Sorrentino (Libreria Dante& Descartes, Napoli 2009); Terra buona. Ponticelli, il paesaggio e la memoria (44 edizioni, Napoli 2012); La grande bellezza. Diario del film, (Feltrinelli, Milano, 2013); Don Diana, il set, la storia, il territorio (Libreria Dante& Descartes, Napoli 2014); Youth, of Paolo Sorrentino (BuonBooks Editions, Seul South Korea, 2016); The Young Pope (Arte’m, Napoli, 2017).

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