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27.04.2020 # 5517
Tim Dunk, come reinventarsi una professione in tempi di Lockdown

Paolo Falasconi //

Tim Dunk, come reinventarsi una professione in tempi di Lockdown

Si chiama Facetime photoshoots e forse ha già rivoluzionato il mondo della fotografia. Il suo ideatore, Tim Dunk lo ha pensato per riuscire a superare questo momento di lockdown e continuare a fare la sua professione

In copertina photo: © Tim Dunk

In questi giorni mi sono posto spesso la domanda di che cosa resterà, nel mondo del graphic design, di questo momento che stiamo vivendo. Che tipo di esperienza è stata questa per il nostro mestiere e quali cambiamenti, se ce ne saranno, hanno modificato il modo di pensare, di progettare.

Di certo, se qualcosa di buono ci sarà, non potrà non riguardare la creatività. Intanto riesco già a vedere qualche cambiamento nei modi che le persone hanno trovato per rimanere creativi.


Guardiamo al mondo della fotografia
: mi ha colpito l’idea di un fotografo inglese, il cui nome è Tim Dunk. Specializzato in foto per il wedding, (è stato nominato da Rangefinder Magazine uno dei 30 fotografi emergenti al mondo nel settore) che si è inventato un nuovo e interessante modo per continuare a svolgere il proprio lavoro, seppure restando a casa.

Come egli stesso spiega nel proprio sito personale, è possibile ottenere una sessione di shooting, con tanto di consigli su come impostare le luci, tutto questo da remoto sfruttando il cloud e i sistemi di comunicazione offerti da telefoni e tablet. Una volta ottenuta la serie di scatti e caricati sul cloud, dalla sua postazione passa alla post-produzione per poi restituire l’immagine finale all’acquirente.

Non contento di questa idea, ha inserito nel proprio sito una serie di istruzioni sotto forma di risposte alle domande per permettere ad altri colleghi di cimentarsi con questo progetto. Geniale.


photo: © Tim Dunk

13.07.2021 # 5766
Tim Dunk, come reinventarsi una professione in tempi di Lockdown

Marco Maraviglia //

Danel, il figlio de la Revolución, con la passione del ring in mostra

Federico Righi espone a MUSEUM venti immagini che documentano la vita di una nascente stella del pugilato cubano

Chi è Federico Righi

Lasciando stare che è un plur ilaureato (Ingegneria e Architettura), Federico Righi è un grande appassionato di fotografia facendo della street photography una sua ragione di vita in cui la Leica è ormai da anni sempre a tracolla come fosse un tutt’uno con lui stesso. Non va a caccia di scene di strada di proposito ma immortala ciò che gli si presenta innanzi, con colpo d’occhio.

Partecipa a mostre personali, collettive e competizioni fotografiche anche internazionali, dandogli riscontri positivi.


Cuba. Maggio 2012

Chi l’ha detto che i workshop fotografici sono un’industria per spillar quattrini agli aspiranti fotografi? Non è sempre così, basta individuare quelli in cui ci sono fotografi professionisti che hanno tutti gli strumenti e le abilità nel riuscire a trasferire le proprie conoscenze. Federico Righi nel maggio 2012 partecipa a uno di quei workshop giusti, organizzato da Nicolas Pascarel che conosce Cuba quasi come se fosse la sua seconda casa.

Il workshop si sviluppa su diversi temi e Federico Righi si appassiona alla storia di Danel, un ragazzo diventato pugile quasi per caso.

 

Federico Righi racconta Danel, una storia minimalista

Checché se ne dica, tra i frutti della rivoluzione cubana c’è l’istruzione gratuita per ogni grado ma la vita di Danel prese una piega diversa di cui ad oggi non sappiamo quale sia stato l’esito e Federico Righi si è ripromesso di tornare a trovarlo.

Danel era un ragazzo che studiava ingegneria ma la sua vita cambiò nel momento in cui i suoi genitori morirono a poca distanza l’uno dall’altro. Sebbene gli studi universitari fossero gratuiti, doveva pur mantenersi per vivere e si trasferì all’Avana iniziando a fare molteplici lavori fin quando fu assunto come guardia giurata.

Da ragazzino un suo idolo era Teófilo Stevenson, campione di pugilato cubano e, senza tante pretese, Danel inizia a frequentare una palestra dove viene notato dall’ex pugile Carlos Manuel Miranda che lo invita a frequentare la scuola di boxe allestita al piano superiore della sua casa. Miranda da talent scout diventa il coach di Danel che fa un primo incontro nella categoria welter e stravince.

Federico Righi si appassiona a questa storia e intende documentarne alcuni suoi aspetti entrandoci dentro perché, detto un po’ alla Robert Capa, se non sei vicino non potresti fare buone foto.


Federico Righi entra nella vita di Danel

Vicino, vicinissimo, Federico Righi diventa per qualche giorno l’ombra di Danel. Lo ritrae in palestra durante gli allenamenti in condizioni critiche. Palestra poco areata, alto tasso di umidità che si condensa a terra, tanta sudorazione non solo degli atleti ma anche di Federico; luce al neon debole che lo costringe a usare tempi di esposizione lenti rischiando di ottenere foto inaccettabilmente mosse. Coglie i dettagli, il sudore che scende sul volto di Danel, particolari della muscolatura del boxer, le mani fasciate dopo aver tolto i guantoni, l’intensità degli sguardi che evocano impegno, concentrazione. Sacrificio.

Nella precarietà di una palestra arrangiata, le immagini in bianco nero di Federico Righi esaltano una bellezza nascosta che trasmettono quell’energia coinvolgente che quasi sembra di esserci anche tu. Dentro. Da vicino.

Ma il reportage non si limita solo agli allenamenti in palestra.

 

Un giorno accompagnai Danel a casa, quasi due ore dal centro dell’Avana, prendemmo un taxi e poi un autobus e poi, a piedi, per le campagne.Giungemmo ad un caseggiato, costituito, perlopiù, da baracche in legno e poche abitazioni in muratura. Danel, viveva in una baracca tinta di un rosa acceso.

 

Federico Righi entra nella vita di Danel ritraendolo nel suo contesto privato. Nella sua casa tinta di rosa che è un misto di muratura e lamiere; con conigli, piantine speziali che coltiva, galli da combattimento che dal 1980 sono nuovamente legali nel Paese. E conosce la sua compagna che potrebbe essere la madre.

Perché Cuba ha i suoi lati che condizionano tristemente il benessere della popolazione: se sei giovane e povero, non puoi permetterti di vivere con una ragazza coetanea. Un gap generato dalla prostituzione a Cuba.

 

Mi domando spesso se Danel fosse riuscito a coronare il suo sogno di diventare un pugile professionista.

Io spero di sì e, appena mi sarà possibile, tornerò a cercarlo presso la scuola di Carlos Miranda all’Avana.

 


Danel, il figlio de la Revolución, con la passione del ring

di Federico Righi


Rassegna Un Altro Sguardo sulla Fotografia, a cura di Mario Laporta

MUSEUM – Largo Corpo di Napoli, 3

Fino al 14 luglio

Ingresso libero

04.02.2021 # 5611
Tim Dunk, come reinventarsi una professione in tempi di Lockdown

Adelma Rago //

La Lente Artistica Ultra-Wide 2.8/17 è ora disponibile su Kickstarter

Una prospettiva completamente nuova con la lente progettata per mirrorless full-frame e compatibile con fotocamere M Mount

Fermarsi in mezzo alla folla che percorre le strade urbane, immergersi nelle profondità della foresta nuotando tra pini imponenti, lanciarsi nel deserto sabbioso, navigando in vasti panorami aperti e, soprattutto, fotografare tutto questo. Nuove possibilità ultra grandangolari e dettagli sbalorditivi sono due delle principali caratteristiche della lente artistica Lomography Atoll Ultra-Wide disponibile da oggi su Kickstarter.



Con l’obiettivo artistico Lomography Ultra-Wide Atoll è possibile avvicinarsi incredibilmente al soggetto, catturando allo stesso tempo l’azione tutt’intorno con dettagli unici. Atoll può fotografare un oggetto in primo piano a una distanza di 0.1m, mantenendo anche lo sfondo a fuoco. Il mirino garantisce una composizione accurata con le fotocamere analogiche e l’opportunità di riempire ogni angolo di 103° con colore, carisma e chiarezza.

La lente artistica Atoll Ultra-Wide è un modo completamente nuovo di vedere il mondo, una prospettiva piacevolmente ampia e un invito a far esplodere le proprie aspettative. Gli scatti ultra grandangolari aumentano le dimensioni relative e vantano una profondità impressionante per fotografie e video accattivanti, stimolanti e coinvolgenti.




FOTO E VIDEO


L’obiettivo artistico Lomography Atoll Ultra-Wide è stato progettato pensando sia ai fotografi che ai video maker: passare tra le due configurazioni non è mai stato così facile. Catturare paesaggi, azione, fotografia di strada e di viaggio, oltre a video mozzafiato, dal documentario dinamico all’incredibile avventura d’azione. Con un moderno meccanismo di messa a fuoco elicoidale, ghiera controllo del diaframma smorzato e un breve raggio di messa a fuoco, è possibile regolare perfettamente la messa a fuoco e l’f-stop mentre la fotocamera è in uso, per un controllo creativo, rapido e silenzioso.


L’OFFERTA 


Su Kickstarter la Lente Artistica Lomography Atoll Ultra-Wide sarà disponibile per i sostenitori ad un prezzo iniziale di 399 USD, con un risparmio fino a 150 USD e data di consegna a partire da agosto 2021. Per maggiori informazioni o per sostenere il progetto clicca qui.




SPECIFICHE TECNICHE


*Per ulteriori specifiche, consultare la pagina di Kickstarter


- Lunghezza focale: 17 mm

- Copertura formati: 35 mm / full-frame

- Campo visivo: 103°

- Paraluce Lotus: Sì

- Costruzione lente: 13 elementi multistrato, 10 gruppi

- Messa a fuoco: Manuale

- Minima distanza di messa a fuoco: 0.1 m (Canon RF, Nikon Z, Sony E), 0.25 m (attacco M)

- Apertura massima: f/2.8

- Costruzione apertura: 8 lamelle, f/2.8–f/22

- Anello di apertura: smorzato

- Scala di profondità di campo: Sì

- Attacco: Canon RF/ Nikon Z/ Sony E (con adattatore close-up) e M (nativo)

- Contatti elettrici: No

- Telemetro M Mount: Sì

- M Mount Frameline: 28 mm

- Mirino ottico esterno: Sì

- Materiali: Alluminio anodizzato sabbiato

- Dimensioni (inclusi paraluce lotus e adattatore close-up): 89 mm (Sony E) / 91 mm (Nikon Z) / 87     mm (Canon RF) / ø73 mm × 79 mm (M)

- Disponibile su Kickstarter: Da 399 USD

- Prezzo al dettaglio stimato: Da 549 USD

- Data di consegna : agosto 2021


Altri dettagli:


- Progettato per fotocamere full-frame mirrorless Canon RF/Nikon Z/ Sony E e fotocamere analogiche e digitali con M mount

- Notevole campo visivo ultra grandangolare di 103° con distorsione minima, colori vibranti e forti contrasti

- Distanza di messa a fuoco minima di 0.1 m con fotocamere Canon RF, Nikon Z, Sony E e 0.25 m con fotocamere M mount

- Ottime prestazioni in condizioni di scarsa illuminazione e design ottico rettilineo migliorato

- Compatto e ottimizzato per foto e video con meccanismo di messa a fuoco elicoidale, ghiera controllo del diaframma smorzato e distanza di messa a fuoco ridotta




CHE COS’È LOMOGRAPHY?


Fondata a Vienna nel 1992, la Lomographic Society International è un’organizzazione attiva a livello globale dedicata alla fotografia analogica, sperimentale e creativa. Attraverso i suoi prodotti che comprendono pellicole innovative, fotocamere, prodotti istantanei, obiettivi e accessori fotografici, si dedica alla progettazione e alla produzione di tutti gli strumenti fotografici necessari per creare, catturare e raccontare il mondo. Attraverso i Negozi Online e gli Embassy Stores, rifornisce non solo tutti i "Lomografi” ma anche laboratori fotografici specializzati, gallerie, musei e punti vendita partner internazionali. Lomography ha una forte presenza sui social media con 1,5 milioni di follower su Facebook, Instagram, YouTube e Twitter. Con l’hashtag #HeyLomography su un proprio scatto, si ha la possibilità di apparire sui loro social.


CHI SONO I LOMOGRAFI?


I Lomografi sono tutti coloro appassionati di fotografia e con una forte voglia di sperimentare. Desiderosi di immortalare tutti i ricordi, raccontare storie, e scattare su pellicola, negli ultimi 20

anni la comunità creativa composta da 1 milione di Lomografi ha caricato oltre 15 milioni di foto sul loro sito, il più grande archivio online di fotografia analogica e sperimentale nel mondo. 

I Lomografi utilizzano strumenti fotografici innovativi per stimolare la loro immaginazione, e scoprire nuovi trucchi durante i workshops, partecipano ai concorsi di Lomography e contribuiscono al Lomography Magazine. La loro sete di viaggiare, sperimentare, commettere errori, condividere e vivere la vita in tutta la sua bellezza e bizzarria, è ciò che li rende speciali.


11.01.2021 # 5602
Tim Dunk, come reinventarsi una professione in tempi di Lockdown

Adelma Rago //

Memorie di palazzo: pagine di scatti che raccontano l´autentico microcosmo racchiuso nelle portinerie di Napoli e Milano

“Una città senza portinaie, non ha storia, non ha gusto, è insipida, come una minestra senza pepe né sale...” diceva Céline

Memorie di palazzo è un progetto di Antonella Cappuccio e Filippo Cristallo che si propone di raccontare attraverso volti, oggetti, azioni, il mondo racchiuso nei limitati metri quadri delle portinerie del centro di Napoli e Milano.




Il progetto


Ovunque ci si trovi, nel quartiere Magenta, residenza della buona borghesia meneghina o nel popolarissimo cuore antico di Napoli, le portinerie conservano il loro carattere di microcosmi, che tanto cinema e letteratura hanno ispirato. 

“Una città senza portinaie, non ha storia, non ha gusto, è insipida, come una minestra senza pepe né sale, una ratatouille informe”, scriveva Louis-Ferdinand Céline nel suo Viaggio al termine della notte, scoprendo Manhattan senza portinerie. 


Le foto restituiscono non solo i variegati ambienti delle guardiole, ma anche l´immagine dei custodi che le abitano, palesando una prima significativa differenza tra le due città: nel capoluogo lombardo il mestiere del portinaio, “a rischio di estinzione”, ha subito negli ultimi anni un´inversione di rotta. La maggior parte dei custodi è straniera, di nazionalità filippina, srilankese, peruviana e albanese. Siamo lontani dalle portinaie de L’Adalgisa di Gadda ma la funzione sociale della portineria in molti casi è rimasta la stessa. A Napoli la figura del guardaportoni non ha subito grandi cambiamenti rispetto alla descrizione che ci ha lasciato Matilde Serao ne Il ventre di Napoli: “Per disimpegnare gli obblighi del proprio mestiere, svariati e non senza difficoltà, i portinai napoletani adoperano la sveltezza naturale del loro ingegno, fanno le ambasciate, distribuiscono le carte da visita, dividono le lettere e i giornali...” “La portineria bene avviata, con gli inquilini che vanno e vengono” citando Totò, nei panni del portinaio Antonio Bonocore de La banda degli onesti, a Napoli si eredita, passa di padre in figlio, veri e propri archivi ambulanti di vita condominiale tra strada e casa.




Gli autori


Antonella Cappuccio è nata ad Avellino nel 1980. Si è laureata a Napoli con una tesi in Storia della critica d´arte e ha conseguito a Milano il diploma di specializzazione in Storia dell´arte medievale e moderna. Dal 2013 è docente di Storia dell’arte. Nel 2017 ha realizzato con Filippo Cristallo il progetto fotografico Memorie di palazzo esposto nell´ambito del Festival Fotografia Europea di Reggio Emilia, al Museo Antropologico Visivo di Lacedonia e nel 2018 al PAN (Palazzo delle Arti di Napoli). Nel 2019 porta a termine il suo progetto fotografico I_mago Maradona, pubblicato dalle riviste Clic.hè magazine, Positive magazine, Witness Journal e dal quotidiano La Repubblica.


Filippo Cristallo è nato e vive ad Avellino dove ha avuto inizio la sua passione per la fotografia. Si è dedicato prevalentemente al reportage, affascinato dagli strumenti espressivi e dalle possibilità interpretative che questo genere mette a disposizione. Nel 2013 prende parte alla collettiva 12x12 al Teatro Gesualdo di Avellino con Napoli e...

Nel 2015 espone al Circolo della Stampa di Avellino il reportage My MexicoDa questo lavoro l´anno seguente nasce il libro Dia de Muertos dedicato alla Festa dei Morti messicana. Nel 2017 realizza con Antonella Cappuccio il progetto Memorie di palazzo. Nello stesso anno realizza il progetto Senza Tempo, esposto ad Avellino al Circolo della Stampa. La mostra è accompagnata dal libro omonimo edito da Edizioni ZEROTRE.

I suoi lavori sono stati pubblicati dalle riviste Witness Journal, Clic.hè magazine, Positive Magazine e Discorsi fotografici.


16.11.2020 # 5597
Tim Dunk, come reinventarsi una professione in tempi di Lockdown

Adelma Rago //

Oliviero Toscani Bazaar aggiorna il catalogo: fino al 31 dicembre, cinque nuove serie e un regalo per chi acquista

Una fotografia è una testimonianza, ed essa acquista valore quando il soggetto ritratto ha moltissimo da raccontare.

Oliviero Toscani Bazaar, fino al 31 dicembre 2020, presenta cinque nuove serie. I protagonisti sono: Andy Warhol, Jasper Johns e Robert Rauschenberg. Trittici fotografici, firmati da Oliviero Toscani, dedicati a tre giganti dell’arte, tratti da reportage realizzati negli anni Settanta, a New York, per Vogue.

A Natale regala Warhol o preferisci Robert Rauschenberg o forse Jasper Johns o tutti e tre insieme? Puoi. Sul catalogo online Oliviero Toscani Bazaar, basta scegliere. In più, Oliviero Toscani ti regala una foto. Davvero, sarà che è Natale.

Una fotografia è una testimonianza, una prova di un determinato momento, questo vale per tutti e soprattutto vale quando i protagonisti sono persone che hanno moltissimo da raccontare e, ancora di più, quando vengono ritratti nel loro mondo, immersi nel loro spazio.


Un’espressione seria, un’altra ancora più determinata poi, subito dopo, un sorriso da ragazzino, una posa da pin-up e, un istante dopo, un cane in braccio, ecco Andy Warhol.

I ritratti sono stati scattati per un servizio di moda, poi pubblicato su Vogue, nel suo studio di Canargie Hall a New York, a metà anni Settanta. Warhol si era vestito con abiti che non avrebbe mai indossato, era come un travestimento che lo divertiva molto. Quando, qualche tempo dopo, venne in Italia, disse a Toscani che la gente per strada lo riconosceva perché lo aveva visto su Vogue.

Lo studio di Jasper Johns, l’ordine, a cosa stava lavorando in quel momento, quanti e quali oggetti? Toscani ha fotografato Jasper Johns nel suo studio a Bowery Street nel 1971, a New York. Jasper era particolarmente di buonumore quel giorno perché il figlio della sua cameriera correva come un matto e gli metteva allegria.

La grande chiesa sconsacrata di Lafayette Street, un bimbo e tre cani intorno a Robert Rauschenberg, un bicchiere tra le mani, i lavori più recenti al muro e tutta quella luce.

L’incontro tra Rauschenberg e Toscani avviene nel studio dell’artista a New York, a Lafayette Street nel 1971. Era una vecchia chiesa sconsacrata e il fotografo ricorda che era piena di gente rumorosa, assistenti di Robert, amici e cani.



C’è chi ritrae il mondo un momento prima che succeda, chi ferma nell’immagine l’atto nel mentre, chi racconta il momento dopo, poi c’è chi come Toscani trae l’essenza. Ecco forse lui non ritrae, ma trae. Una sottrazione la sua, attentissima seppur velocissima, anche nelle foto più colorate, più ricche, in camera c’è solo quel che deve esserci, senza scampo. Così una foto diventa un’icona.




Oliviero Toscani Bazaar, a cura di Nicolas Ballario, oltre alla nuova serie dedicata all’arte con 5 trittici, offre più di 100 fotografie4 formati4 prezzi - dai 250 ai 550 euro - una firma (una volta acquistata l’immagine arriva firmata), tiratura aperta (sempre). Le foto a disposizione vengono aggiornate, periodicamente. In più, ad ogni acquisto superiore a 500 euro, corrisponde un regalo: il Babbo Natale, immagine protagonista di una campagna Fiorucci del 1975.




Se vi sembra un’operazione democratica, lo è. Se vi sembra una buona occasione, anche. Se vi sembra il primo shop on line di un fotografo di chiara fama, pure. Buon divertimento e, se non fossimo stati abbastanza chiari, questi sono i più classici “consigli per gli acquisti”.

Oliviero Toscani Bazaar è stato sviluppato da Otium.

27.05.2020 # 5538
Tim Dunk, come reinventarsi una professione in tempi di Lockdown

Marco Maraviglia //

La databilità della fotografia: lo specchio dei tempi ma non sempre

La fotografia ha un suo design influenzato da mode, contesti sociali, contaminazioni culturali, tecnologie. Alcune considerazioni per una filologia della fotografia tra vintage e fake-photography

La databilità della fotografia
Anni fa, durante un seminario di fotografia, fui colpito dall’intervento di uno dei più grandi picture editor di un’agenzia fotografica. Egli illuminò i tanti fotografi presenti in sala con le sue considerazioni sulla databilità della fotografia.

Praticamente suggeriva che, per allestire un archivio fotografico le cui foto potessero avere una maggiore possibilità di vendita estesa nel tempo, era preferibile fare attenzione affinché le immagini non fossero troppo databili.

La databilità della fotografia è determinata dalla presenza nell’inquadratura di elementi che caratterizzano l’epoca in cui è stata presa: auto, persone (il look in certi periodi non perdona), stravolgimenti urbanistici, o altri elementi che ne possano definire il periodo.

Una foto scattata alla facciata del Duomo Milano, senza inquadrare persone, “invecchia” più tardi e ha quindi un tempo di fruibilità, in termini editoriali, di gran lunga superiore a quella che riprende dei turisti in una gondola di Venezia. L’abbigliamento dei turisti, le fotocamere appese al collo, il tipo di occhiali da sole indossati… possono far risalire al periodo dello scatto.

Le foto lockdown
Nei mesi scorsi, al di là delle effettive esigenze professionali di alcuni fotografi, c’è stato un certo “sciacallaggio” nell’andare a fotografare le città deserte. In barba alle norme del lockdown da Covid19. Tra qualche decennio molte di queste immagini saranno facilmente temporalizzate perché in certi luoghi italiani nemmeno a Ferragosto c’è assenza di turisti.

 

Probabilmente tra cento anni chi vedrà immagini di animali nelle grandi città o una foto scattata dall’alto di un palazzo o verso un balcone da una certa altezza, potrà determinare il periodo in cui è stata scattata: marzo/aprile 2020. Ma non è detto. Un tricolore appeso o un gruppo di persone affacciate e che applaude potrebbe essere un elemento che confermi il periodo. Ma ancora non è detto.

Ma sicuramente varrà per tutte quelle immagini in cui compaiono umani occidentali con “museruola”, mascherine di ogni tipo indossate rigorosamente o “fantasiosamente”: primavera/estate 2020.

Dico “umani occidentali” perché ad esempio in Cina da tanti anni usano la mascherina per strada.



databilità della fotografia Gioconda
Databile intorno al ´600 o in periodo lockdown da Covid19?



Databilità della fotografia determinata dal look e dintorni
La società del look determina trasformazioni nel design improntando caratteri stilistici riconoscibili a distanza di anni. Il taglio dei capelli, i corpi tatuati, il borsello da uomo degli anni ’70 e poi il marsupio degli anni 80-’90 che diventa tracolla, zainetto… E poi, ancora, la macchina da scrivere che viene sostituita da un computer che negli anni (mesi a volte) assume nuove sembianze, il cellulare che da citofono-style diventa smartphone, il grammofono che passa il testimone al giradischi, mangiadisci… iPod…

Tutte cose che i costumisti o gli scenografi dei film ambientati conoscono alquanto bene perché sono quelli che provvedono a recuperare gli oggetti di scena per ricreare atmosfere medievali o di epoche più recenti.

Ma a volte si può cadere in errore come l’uso della balestra in Il gladiatore, ambientato in epoca romana quando invece questo tipo di arma è dell’epoca medievale. O altri errori come in certi film degli anni ’60 in cui ci sono forzatamente SOLO arredamenti di quel periodo o automobili prodotte durante il boom economico quando invece nella realtà circolavano ancora le Topolino o altre auto di almeno un decennio precedente.

Alcune considerazioni sulla databilità della fotografia
Con l’ingresso della fotografia nel mondo dell’arte contemporanea, il design definito dalle estetiche tradizionali o contemporanee è stato spesso sostituito dal “concept”: un certo “retroscena” talvolta eccessivamente sovrastrutturato, del pensiero dell’artista fotografo. Alcune di queste necessitano del “bugiardino” di un critico, di un gallerista, di uno storico dell’arte o dello stesso fotografo per essere comprese. Perché non tutte le fotografie possono essere come barzellette che non hanno bisogno di spiegazioni.

La fotografia ha un design che ne può definire la databilità, certo. Ma non sempre. Perché la fake-photography, quella realizzata intenzionalmente per indurre in errore l’osservatore riguardo il periodo storico, è sempre in agguato.

Una coppia di sposi ritratti in una stampa virata color seppia con vignettatura sfumata può ricreare un’atmosfera vintage. In tal caso potrebbe succedere, se questa foto è decontestualizzata dalle altre foto dell’album cerimoniale che l’accompagnano, di aver bisogno di un esperto di moda per poter risalire al periodo in cui sarebbero stati disegnati gli abiti. Un esperto di processi fotografici ci potrebbe anche dire a quale epoca risale il tipo di supporto su cui è stampata la foto.

Il corpo umano ha subìto trasformazioni estetiche nei tempi. Quindi, anche se ci troviamo di fronte a una fotografia di nudo, a prescindere dalla sua estetica compositiva, potremmo a volte stabilire un range temporale in cui è stata realizzata in base all’anatomia del corpo.

Il boom delle palestre della fine degli anni ’80, la chirurgia estetica, le beauty-farm, un’alimentazione più attenta… hanno trasformato i canoni estetici del corpo nelle varie epoche eliminando pancetta e cellulite. sostituendosi a ventri piatti e “tartarughe”. Oggi qualcuno potrebbe considerare la Venere Callipigia un po’ molliccia o conclamare che Betty Page non era bella perché aveva le costole troppo sporgenti. Vallo a dire a un’intera generazione di camionisti e di adolescenti dell’epoca!

La databilità della fotografia, l’attribuzione secondo le evoluzioni tecnologiche
Così come un medio esperto di storia dell’arte riesce ad inquadrare il periodo storico di un dipinto, la databilità della fotografia è individuabile dal “carattere” della fotografia stessa.

I selfie con la bocca a culo di gallina? Qualcuno potrà stimare che si tratti del periodo in cui c’è stato il boom della vendita di smartphone e spesso non oltre il 2015 perché poi sostituito dal fish gape, l’espressione a pesce con la bocca socchiusa.

La post-produzione, la manipolazione delle immagini fotografiche con software digitali, ha definito ulteriori trasformazioni nel design della fotografia contemporanea.

Un giorno lontano l’HDR e l’effetto Dragan saranno certamente riconducibili intorno alla metà del primo decennio del XXI secolo.

I fotomontaggi digitali nascono poco prima dello stesso secolo di cui sopra, in concomitanza della nascita del Photoshop.

Ma attenzione a non confondere un’opera fotografica di Jerry Uelsemann con quella di altri artisti più recenti dediti al fotomontaggio. Perché il primo ha realizzato i suoi fotomontaggi solo e sempre in camera oscura almeno 30 anni prima del Photoshop. Raggiungendo gli stessi risultati!

L’universalità per by-passare la databilità della fotografia
La databilità della fotografia è configurata dal suo design. Il fotografo può scegliere se dare una veste contemporanea al suo lavoro o essere trasversale, borderline per dargli un tocco di universalità rendendolo evergreen. Fuori tempo. Valido in ogni epoca.

Come per certi testi di grandi autori che hanno lavorato sui sentimenti umani, universali, e quindi adattabili in ogni epoca.

In ogni caso, se tra cento anni dovessero sfuggirci elementi per definire la databilità della fotografia, se i file digitali dai quali è possibile risalire a una data certa saranno andati distrutti e resteranno solo le stampe senza una data sul retro scritta dall’autore, probabilmente adotteremo l’analisi al radiocarbonio (carbonio-14) con buona pace dei tribunali.

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