In un piccolo villaggio tra le foreste dell'Ucraina vive Polina, una abilissima illustratrice piena di talento che a proposito di sé scrive: "vivo una vita lenta, facendo permacultura e traendo molta ispirazione per il mio lavoro. Natura, fiabe, bambini e piccole cose belle della vita questi sono i temi su cui mi sto concentrando."
In queste poche note troviamo già tutto il suo mondo, o per meglio dire, il mondo, perlomeno per come dovrebbe essere.
C'è saggezza, sapienza, profonda conoscenza della natura e dei suoi equilibri, dei ritmi, uno sforzo che punta all'obiettivo dell'autosufficienza e all'autonomia, che non è sempre e soltanto economica, ma anche e soprattutto psico-fisica. Quel benessere che ricerchiamo costantemente nella vita e per raggiungere il quale, ci muoviamo poi fatalmente sempre nella direzione opposta.
Rapportato al suo lavoro, le piccole cose belle della vita di cui parla Polina assumono in effetti un significato immensamente più grande di quanto si possa immaginare e anzi, direi proprio che rappresentano la chiave, il passe-partout che in realtà può spiegare ogni cosa, dall'infinitamente grande al più microscopico, dal più complesso al più semplice.
Il mondo che ci presenta Polina Ugarova è un bozzolo accogliente, incredibilmente magico, dove ogni elemento concorre a costruire una narrazione limpida, immediatamente fruibile ma mai semplice o peggio, povera di carattere.
Al contrario la sua coerenza stilistica è impeccabile, ogni singola illustrazione rincorre la successiva e così via in un continuo rimando di piccoli e grandi dettagli che conferiscono ai suoi lavori la rassicurante consapevolezza di essere scivolati (dolcemente e pienamente) nella sua dimensione.
C'è in questo risultato una consapevolezza e determinazione che è tipica degli artisti nell'accezione più pura del termine. La coerenza di cui parlavamo sopra in effetti rappresenta il metro con il quale possiamo misurare la genuinità del segno, quanto l'artista è dentro il suo stesso racconto.
Non è difficile lasciarsi suggestionare da un segno grafico che ci è passato sotto gli occhi, che ci è piaciuto e per questo motivo lo abbiamo archiviato nella mente tra le cose da provare a rifare, personalizzandolo, per inserirlo nel flusso di lavoro che stiamo realizzando.
Io queste divergenze le chiamo sbavature. Sono come un momento nel racconto illustrativo in cui la penna esce per così dire fuori dal rigo, la magia si interrompe e la tela appare bucata qua e là, lasciando intravedere le tracce della nostra incertezza, qualcosa che non appartiene alla nostra mano. Succede a tutti, il più delle volte inconsapevolmente. A meno di non essere totalmente genuini, concentrati e ispirati come Polina Ugarova.
Di seguito il link per accedere al lavoro completo di Polina Ugarova.