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04.04.2024 # 6407
Addio a Gaetano Pesce: Icona del Design Italiano

Paolo Falasconi //

Addio a Gaetano Pesce: Icona del Design Italiano

Il designer italiano, nato nel 1939, è deceduto all‘età di 84 anni nella sua casa a New York

Gaetano Pesce, uno dei più grandi architetti e designer italiani del nostro tempo, nato nel 1939, è deceduto all‘età di 84 anni nella sua casa a New York, lasciando dietro di sé un‘eredità di creatività e innovazione che ha lasciato un‘impronta indelebile nel mondo del design.

Conosciuto per la sua straordinaria creatività e il suo approccio sperimentale al design, Gaetano Pesce ha lasciato un‘impronta indelebile nel panorama mondiale del design. Le sue opere, che spaziavano dall‘architettura al design industriale, sono state ammirate e celebrate in tutto il mondo per la loro originalità, la loro audacia e la loro capacità di sfidare le convenzioni.

Uno dei suoi lavori più iconici è la serie di sedie "Up", che ha introdotto forme organiche e colori vivaci nel mondo del design degli arredi. Ma Pesce non si è limitato alle sedie; ha esplorato costantemente nuovi materiali e concetti, portando sempre avanti l‘idea che il design dovrebbe essere una forma di espressione artistica e sociale.

Le sue creazioni hanno ispirato generazioni di designer e continueranno a farlo per molti anni a venire. La sua scomparsa rappresenta una perdita irreparabile per la comunità del design, ma il suo spirito creativo vivrà per sempre attraverso le sue opere immortali.

Gaetano Pesce era molto più di un semplice designer; era un visionario, un innovatore e un‘icona del design italiano. La sua eredità continuerà a influenzare e ispirare coloro che lavorano nel mondo del design, e il suo impatto sarà sentito per generazioni a venire.

In copertina: Suffering Majesty - Installazione in Piazza Duomo, Milano, 2019

26.04.2024 # 6413
Addio a Gaetano Pesce: Icona del Design Italiano

Paolo Falasconi //

A kind of future: il tema della nona edizione del festival Graphic Days®

Si svolgerà dal 16 al 26 maggio la nona edizione del festival internazionale di visual e social design Graphic DaysⓇ presso gli spazi di Flashback Habitat a Torino.

Un percorso espositivo, uno spazio di lavoro permanente e un calendario di eventi tra cui conferenze, workshop, live performance, dj set e attività per bambini, nella sede principale e diffusi in città, interpreteranno attraverso diverse chiavi di lettura il titolo “A kind of future”.

Il festival Graphic Days è un’iniziativa dedicata al visual design italiano e internazionale promossa a Torino dal 2016 dall’associazione Print Club Torino, dall’associazione plug e dall’agenzia quattrolinee; a partire dalle grandi icone della storia fino ad arrivare ai professionisti contemporanei, il festival racconta la comunicazione visiva a 360 gradi e le sue contaminazioni in un appuntamento annuale che coinvolge gli artisti, i professionisti e gli studi più rilevanti del panorama internazionale.
L’edizione 2024 è intitolata “A kind of future”.
“Con la consapevolezza di essere in un momento in cui il lavoro del designer e il suo ruolo stesso nella società sono al centro di grandi trasformazioni” sostengono Ilaria Reposo e Fabio Guida, direttori artistici del festival, “abbiamo scelto di riportare l‘attenzione sulla creatività come elemento fondamentale per produrre innovazione e favorire la sperimentazione.”
Il tema si presta a una duplice interpretazione.
A kind of future è innanzitutto un‘ipotesi di futuro, non necessariamente alternativo ad altre visioni, che pone al centro dell’attenzione l’utilizzo di nuovi linguaggi e la valorizzazione dei giovani talenti. La sperimentazione è intesa a 360° e spazia dall’uso decontestualizzato di oggetti d’uso comune in modo creativo e innovativo fino alle tecnologie più all’avanguardia basate sull‘intelligenza artificiale e sullo sviluppo di nuovi tools.
Vogliamo superare l’idea” proseguono i direttori artistici “che l’innovazione sia esclusivo appannaggio del progresso tecnologico; al contrario, nella nostra visione, l’innovazione può partire anche dagli strumenti analogici perché l’elemento fondante è la creatività e la modalità con cui ci si approccia anche ad oggetti comuni”.
A kind future è la seconda chiave di lettura del festival: un futuro che mette al centro la gentilezza, in cui l’attenzione per le persone e per il pianeta siano l‘obiettivo primario di ogni azione di progettazione. All’interno di questo filone rientrano anche le iniziative di social design costruite attraverso il coinvolgimento delle comunità del territorio.

Il calendario del festival si svilupperà dal 16 al 26 maggio all’interno di Flashback Habitat, uno spazio espositivo recentemente riaperto al pubblico e immerso nel verde, con un articolato programma che prevederà:
Un percorso espositivo che proporrà diverse forme di sperimentazione e di innovazione, ospitando artisti ed esperienze da tutto il mondo portando a Torino le pratiche creative più all’avanguardia al momento. A partire da un approfondimento monografico sull’opera di Vincent De Boer e di Matteo Giuntini, ampio spazio è dedicato al contesto internazionale che è analizzato attraverso 4 chiavi di lettura: poster, type design, editorial e illustration. Il futuro è esplorato attraverso la chiave del social design in We mix design and people con l’esperienza del centro Farm Cultural Park e con progetti che spaziano dal data design, all’editorial e al visual design. Durante la visita il pubblico può anche prendere parte attiva alla produzione creativa interagendo con installazioni multimediali basate sull’intelligenza artificiale e sull’arte generativa. Negli spazi esterni del parco, una selezione di 20 opere tratte dalla call internazionale Fight for Kindness, promossa da TypeCampus.
Uno spazio di lavoro aperto permanente a cura di Print Club Torino che metterà in connessione printmaker internazionali, designer e aziende, con live experience aperte a tutti i visitatori e momenti laboratoriali formativi e professionalizzanti: uno spazio di lavoro aperto permanente in cui verrà realizzata un‘opera collettiva. 
Un calendario di eventi con workshop, talk e performance, una mostra mercato e una sezione di iniziative dedicate alle scuole e alle famiglie.

Le attività del festival si estendono anche in città: In the city è il calendario di iniziative realizzato attraverso il coinvolgimento delle agenzie di comunicazione, degli studi di design e di diverse realtà operanti nell’ambito del visual e social design nel territorio. Il 17 e il 24 maggio sarà possibile conoscere l’ecletticità della scena creativa torinese, visitando luoghi generalmente non accessibili al pubblico: oltre 30 appuntamenti tra mostre, laboratori, performance e appuntamenti diversissimi tra loro interpreteranno il tema del festival A kind of future.

Uno dei nuclei principali delle attività del festival è riservato ai giovani designer. Dal 2021 il festival promuove la call Neologia dedicata a designer under 30 italiani o che vivono in Italia da almeno due anni dando vita a uno spazio vetrina per presentare i giovani talenti nel mondo del visual design di oggi: un ambiente democratico e in continua evoluzione che raccoglie i migliori progetti premiando la qualità e la sperimentazione dei linguaggi, permettendo così alle nuove menti creative di entrare a far parte di un contesto dinamico e internazionale. 
Ogni anno i 100 progetti selezionati nelle categorie Editorial, Poster e Motion vengono esposti al festival; tra questi vengono poi individuati e consegnati in un evento pubblico i premi speciali: il premio Neologia conferito dal Print Club e diverse menzioni e premialità offerte dai partner del progetto. Per l’edizione 2024 sono previsti i riconoscimenti di Farm Cultural Park, Zetafonts, Biennale Internazionale della Grafica, AWDA e Fabrica, che si concretizzeranno in esperienze professionali, residenze, workshop,... Per la prima volta nel 2024 è stata anche inserita la categoria Intelligenza Artificiale: poster e motion possono anche essere realizzati attraverso l’intelligenza artificiale e partecipare ad una selezione dedicata.
A corollario della mostra, un calendario di appuntamenti dedicati ai giovani designer:
sabato 18 maggio alle 16.00 premiazione del contest e talk a cura di Zetafonts dal titolo “Life is better with more fonts” e domenica 19 maggio alle 10.30 portfolio review con Fabrica, il centro di ricerca sulla comunicazione di Treviso.

I due weekend sono i momenti in cui si concentra la maggior parte dell’offerta di attività: da workshop professionalizzanti a conferenze con esperti provenienti da tutto il mondo a momenti di incontro e confronto b2b. 

Sabato 18 maggio dalle 10.00 alle 18.00 ¡DAMN HAPPY LIFE?, workshop di serigrafia con Lars Harmsen di Slanted Publishers.
Domenica 19 maggio dalle 10.00 alle 14.00 BRUSH BENDERS, workshop di calligrafia con Vincent de Boer; alle 16.00 Design Talk, un confronto sul futuro del design con Vincent De Boer, Lars Harmsen di Slanted Publishers, Ariane Spanier e Martyna Wędzicka-Obuchowicz.

Sabato 25 maggio dalle 10.00 alle 13.30 A KIND OF RIOT, un omaggio all’estetica punk audace e provocatoria attraverso una pubblicazione collettiva in Risograph con il Print Club Torino. Alle 16.00 la tavola rotonda dedicata al social design We Mix Design and People con Farm Cultural Park, Sheldon.studio, Parco Studio, Studio Airport e Graphic DaysⓇ.
Domenica 26 maggio dalle 10.00 alle 13.30 TUFTING, un workshop per sperimentare l’uso della pistola per tufting con Nodo – Tufting Torino. Alle 16.00 la talk Pandemonio con le agenzie di comunicazione che hanno partecipato a un progetto di social design sul tema fake news.

Alle attività per addetti ai lavori si aggiungono momenti performativi e musicali e attività rivolte alle famiglie: un’area kids a fruizione libera sempre disponibile e un calendario di laboratori per bambini, sabato e domenica alle 10.30 e alle 11.30:
18 maggio: Trame ordite, per creare con la carta bandierine colorate dalle texture naturali
19 maggio: Il mondo che vorrei, un laboratorio basato su timbri e inchiostri 
25 maggio: Il riciclo creativo che fa bene al Pianeta, un’esperienza di upcycling con Iren
26 maggio: Una cartolina dal futuro, con tecniche miste di pittura

Nel weekend del 25 e 26 maggio, una mostra mercato che coinvolgerà gli spazi all’aperto del parco con l’esposizione dei lavori di studi, artisti e realtà indipendenti nell’ambito delle arti visive; tra gli espositori: Mattia Riami, Galleria Garance & Marion, BOLO Paper, Morsi Editore, Spritz srl, Omar Edous, Colorobe, Vichi Zorzi, Cartiera Clandestina, Elisa Marsigliante, Inchiostro Festival e Damiano Boldrini.

In settimana il programma sarà articolato con attività dedicate alle scuole, visite guidate e workshop, e con un palinsesto di conferenze e attività in collaborazione con partner del territorio:
venerdì 17 maggio dalle 8.30 alle 10.00 il festival ospita la community di Creative Mornings per un appuntamento dedicato al tema “Vibrant”;
martedì 21 maggio dalle 11.30 alle 13.30 la talk Nuove sinergie per l’evoluzione della filiera del contenuto in collaborazione con Camera di Commercio di Torino, Ceipiemonte e Unione Industriali Torino;
giovedì 23 maggio a partire dalle 10.00 una portfolio review per gli studenti del Politecnico di Torino e alle 18.00 la talk A kind of future: talking about people, design and words in collaborazione con ADCI Art Directors Club Italiano e UNA Aziende della Comunicazione Unite.

Il festival 2024 segna l’avvio di un’importante partnership con BIG Biennale Internazionale di Grafica di Milano (23-26 maggio): la collaborazione, sperimentata con l’edizione 2022 del Milano Graphic Festival, è consolidata quest’anno con uno scambio di contenuti e collaborazioni culturali. La mostra Signs del 2024 promossa dalla Biennale Internazionale della Grafica sarà presente in entrambe le manifestazioni. Al contempo, le opere selezionate da Graphic DaysⓇ attraverso la call Neologia, nelle categorie motion, poster e intelligenza artificiale saranno esposte anche a Milano, oltre che a Torino.  



Tutto il programma su:

20.09.2023 # 6338
Addio a Gaetano Pesce: Icona del Design Italiano

Paolo Falasconi //

jekyll & hyde per Missoni: la nuova identità visiva nasce dall‘heritage del brand

Missoni, marchio italiano di moda di fama internazionale, ha scelto lo studio grafico milanese jekyll & hyde, fondato da Margherita Monguzzi e Marco Molteni per aggiornare la sua brand identity.

Missoni, marchio italiano di moda di fama internazionale, ha scelto lo studio grafico milanese jekyll & hyde, fondato da Margherita Monguzzi e Marco Molteni per aggiornare la sua brand identity.
 
"La stretta collaborazione con l‘azienda ci ha permesso di immergerci nell‘heritage e nell‘essenza più autentica del brand. Basandoci su queste fondamenta, abbiamo ideato il nuovo sistema visivo, con il fulcro rappresentato dall‘introduzione dello zig zag utilizzato come simbolo iconico. Questo segno non solo incarna la nuova direzione del brand, ma affonda le sue radici nella storia stessa di Missoni" spiegano i due direttori creativi di jekyll & hyde. 
 
Il simbolo è stato messo in dialogo anche con la sua classica applicazione come pattern, per definire la linea di packaging e altri elementi della nuova identità, creando così un impatto contemporaneo e fedele alla storia del brand in tutti gli strumenti di comunicazione.
 
"Oggi, i brand devono operare globalmente e digitalmente, adattandosi a diversi formati e dimensioni e garantendo comprensibilità in varie regioni del mondo. Questo ha influenzato altri due temi del lavoro: la creazione di una versione ridotta del logo per assicurare leggibilità e versatilità in ogni contesto, e la progettazione del logo in versione cinese per penetrare nei nuovi mercati orientali" aggiungono.
 
Lo studio ha infine creato le linee guida di tutte le applicazioni, per assicurare coerenza nei diversi touchpoint sviluppando un progetto che ridefinisce l‘identità visiva di Missoni, dimostrando ancora una volta la capacità di questo brand di evolvere senza mai perdere le proprie radici.
 
 

 
jekyll & hyde 

è uno studio di graphic design e comunicazione visiva fondato a Milano nel 1996 da Marco Molteni e Margherita Monguzzi. Numerosi progetti dello studio sono stati segnalati e premiati a livello nazionale e internazionale.
 
via Valtellina, 67 - Milano - Italy

22.05.2023 # 6278
Addio a Gaetano Pesce: Icona del Design Italiano

Marco Maraviglia //

Peggy Kleiber e le emozioni della vita

Per la prima volta l‘opera e l‘archivio in mostra di una fotografa svizzera autodidatta, tra foto di famiglia e viaggi nell‘Italia degli anni ‘60 e ‘70

Non era una misteriosa bambinaia che aveva i libri sullo scaffale con il dorso contro il muro e con l‘hobby della fotografia (v. Vivian Maier). Non era nemmeno la Regina Elisabetta di cui tutte le foto di famiglia che ha scattato non sapremo se riusciremo mai a vederle. E qui non si tratta nemmeno di un ritrovamento fortuito di lastre fotografiche in un mercatino e realizzate da un eccellente anonimo fotografo.

Di Peggy Kleiber si sa abbastanza della sua vita. Una vita trascorsa a immortalare i momenti felici e salienti della sua famiglia che la stessa ha voluto generosamente condividere pubblicamente il suo archivio fotografico.

 

Le fotografie del passato sono una preziosa memoria storica che non riguarda i fatti documentati di per sé, ma è universale, patrimonio dell‘umanità che non può non fare i conti col passato per conoscere il “come eravamo”.

Ci sono persone che preferiscono essere proiettate verso il futuro o il presente. Emotivamente non reggono la visione delle fotografie di famiglia dei tempi andati. Tendono a rimuovere i ricordi forse per non avere rimpianti, rimorsi o per non rivivere il dolore dell‘assenza dei propri cari. Non tutti hanno (avuto) la pazienza o il tempo di metabolizzare il passato esorcizzando un malessere latente che può esserci in ognuno di noi, trasformandolo in ricordi naturali da vivere con serenità. E purtroppo molti archivi fotografici di famiglia non vedranno mai la luce delle gallerie. Chissà quante belle immagini saranno disperse, dimenticate o custodite gelosamente per “rispetto della privacy” o per l‘inconsapevolezza del tesoro antropologico posseduto.

Non c‘è nessuno da condannare per questo.

Ma questa è un‘altra storia.

Due valigie cariche di negativi e stampe fotografiche ritrovate. 15.000 fotografie scattate tra la fine degli anni ‘50 e gli anni ‘90. Attimi di vita ripresi spontaneamente, senza intento commerciale/professionale e per questo si tratta di fotografie fresche, genuine, spontanee. Senza particolari sovrastrutture di impronta tecnica: è il bello di certa fotografia amatoriale, quella istintiva, realizzata con partecipazione emotiva, che restituisce la bellezza emozionale sentita da chi le scatta.

La scoperta di questo materiale arriva dopo la morte dell‘autrice, Peggy Kleiber, avvenuta nel 2015. In seguito la famiglia decide di valorizzare e rendere pubblico questo importante patrimonio rimasto a lungo nell‘oblio. Nel 2019 si pensò quindi di voler realizzare una mostra iniziando a digitalizzare una parte dei negativi ritrovati.

 

Peggy Kleiber cresce in una famiglia numerosa e vivace a Moutier in Svizzera. Tra le passioni della poesia, musica e letteratura, coltiva la passione per la fotografia. Non fa della fotografia una professione anche perché dalla fine degli anni ‘70 diventa insegnante, senza comunque abbandonare la Leica. La sua ricerca abbracciava la vita privata e la storia collettiva. Fotografie che sì, raccontano attimi intimi di vita familiare ma ricercava la stessa intimità ed empatia quando fotografava i luoghi che visitava nei suoi viaggi in Italia e in Europa.

 

In mostra ci sono 150 fotografie e una selezione delle stampe ritrovate, nei loro formati originali. Tutte scattate da Peggy Kleiber con la sua Leica M3, dotata di esposimetro sul corpo macchina. Con la bellezza dell’assenza di fotoritocco digitale: pure, così come ritrovate.

E poi c’è un video che ripercorre la riscoperta dell‘archivio attraverso i materiali inediti e filmati Super8 di famiglia.

La mostra è in due sezioni: una dedicata alla famiglia con immagini dei momenti salienti (cerimonie, nascite, compleanni, gite…) e l‘altra dedicata ai viaggi in Europa e in Italia, in particolare in Sicilia e a Roma alla quale era particolarmente legata, a partire dai primi anni ‘60. Immagini che non colsero solo la parte turistico-monumentale e artistica della città, ma con excursus nelle periferie che lasciano ricordare le storie di borgate di P. P. Pasolini.

Si tratta di entrare in una storia lunga 40 anni di un mondo che ha subìto repentine trasformazioni sociali, culturali e paesaggistiche.

Fotografie, queste di Peggy, che ci spingono a prestare attenzione alle emozioni tra le persone e alle loro sfumature nei gesti.

Qualcosa di cui abbiamo dimenticato.


Bio (dal comunicato stampa)

Nata il 25 giugno 1940 a Moutier, Peggy Kleiber cresce in un ambiente ricco di stimoli culturali, con tanti fratelli e sorelle. Peggy è la secondogenita: vivace, sensibile, curiosa e generosa. Ama la letteratura e la musica, incontra la passione per la fotografia nel 1961 ad Amburgo, frequentando la scuola Hamburger Fotoschule. Questa esperienza segna un punto di svolta nella vita di Peggy: da quel momento, la sua Leica M3 la seguirà in ogni momento, nei riti di famiglia e nelle ricorrenze, così come nei viaggi all‘estero, alla scoperta del mondo.

Dall‘inizio degli anni ‘60 viaggia in tutta Europa (Parigi, Praga, Amsterdam, Leningrado, solo per citare alcune destinazioni), dedicando una grande attenzione all‘Italia: Roma e la Sicilia sono due capitoli importanti che le permettono di sperimentare e di lasciarsi incantare da luoghi ignoti.

Per Peggy Kleiber la macchina fotografica è un modo per nascondere e rivelare, anche se stessa. Lo fa attraverso lo splendido ciclo delle foto di famiglia, racchiuse nel libro autoprodotto “Rue Neuve 44 Cronaca della vita familiare 1963-1983” e donato ai suoi parenti nel 2006. Dalla fine degli anni ‘70 in poi si dedica con passione all‘insegnamento, senza abbandonare la fotografia, che diventa un modo per ripensare a distanza di tempo all‘intreccio dei rapporti di una vita. Peggy scompare prematuramente nel 2015.

 

 

 

Peggy Kleiber. Tutti i giorni della vita (fotografie 1959 -1992)

a cura di Arianna Catania e Lorenzo Pallini

Museo di Roma in Trastevere

Roma, Piazza S. Egidio 1/b

19 maggio -15 ottobre 2023

Da martedì a domenica ore 10.00 - 20.00

La biglietteria chiude alle ore 19.00

Chiuso lunedì.

 

L‘esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e realizzata dalle associazioni culturali Marmorata169 e On Image, con la collaborazione dell‘associazione Les photographies de Peggy Kleiber. Servizi museali Zètema Progetto Cultura.

03.08.2022 # 6107
Addio a Gaetano Pesce: Icona del Design Italiano

Paolo Falasconi //

Gen Z, come i nativi digitali sfidano i grandi marchi di intrattenimento

Come le nuove generazioni hanno cambiato le aziende

Cresciuti in un periodo di rapidi cambiamenti nella tecnologia e nella società, i membri della Generazione Z, definiti come nati tra il 1995 e il 2010, hanno caratteristiche diverse da qualsiasi altra generazione perché sono nati già immersi totalmente nel mondo connesso e tecnologico che conosciamo.

Questa familiarità, che potrebbe presupporre una facilità da parte delle aziende di intrattenimento nell‘agganciare gli utenti di questa generazione e attrarli verso i propri contenuti, rappresenta in realtà un‘arma a doppio taglio perché la familiarità comporta un alto livello di assuefazione e disinteresse verso i contenuti digitali che tendono a somigliarsi e a sovrapporsi gli uni con gli altri, finendo per scomparire dal radar.

Essendo una generazione di creatori i Gen Z si vedono come trendsetter e vogliono influenzare chi li circonda: la tendenza attuale non è più presentare qualcosa focalizzando sul proprio vissuto, ma presentare qualcosa che nessun altro ha ancora mai provato o visto. Chi riesce nell‘intento e ha un buon seguito, di solito poi riesce a creare una tendenza intorno a quel marchio o quell‘argomento al punto da stimolare i follower a seguirlo per restare al passo. 

Se in un primo momento questo ha scatenato reazioni in parte contrastanti (il fenomeno degli influencer è stato spesso oggetto di critiche e in egual misura di apprezzamenti) adesso sembrerebbe essersi fatto finalmente strada il principio secondo cui ognuno andrebbe incoraggiato a esprimere il proprio gusto, stile, le idee e per far questo tutte le aziende si sono orientate a fornire strumenti specifici per personalizzare l‘esperienza e migliorare la self-presentation con software, elementi interattivi, azioni o effetti speciali che possano aiutare la creatività a esprimersi al massimo. 

Andando più in profondità, occorre osservare che i membri della Gen Z sono anche quelli che più di ogni altro gruppo hanno colonizzato il mondo virtuale, preferendo esprimere i propri sentimenti, aspirazioni, sogni condividendo contenuti con le ben più ampie fandom e i gruppi online con i quali si hanno interessi in comune anziché farlo nel ristretto ambito degli amici, o dei gruppi familiari o scolastici/universitari. In sostanza molto più che in qualunque altra generazione, i Gen Z considerano il mondo virtuale esattamente al pari di quello reale, fisico, e interagiscono con esso senza distinzione alcuna. 

Anche in questo i marchi di intrattenimento hanno dovuto rincorrere questo specifico pubblico rafforzando tutto il mondo di contenuti che orbita intorno ad una serie tv, un videogioco, un prodotto digitale rafforzando il prodotto principale con strategie di marketing come la creazione di spazi di fandom, mantenendo uno spettacolo o un titolo in primo piano, creando spazi incentrati sui fan nei gruppi di Facebook per incoraggiare gli utenti a costruire nuove community.

Evidentemente questo si porta dietro un altro aspetto estremamente interessante, che riguarda il legame che si costruisce tra utente e marchio. Non si era mai osservato prima una connessione così forte, personale, con le aziende e i loro marchi. Incoraggiare il pubblico e offrire loro spazi con possibilità di personalizzare l‘esperienza totalmente su misura dei propri desideri ha la conseguenza di costruire una sorta di casa virtuale nella quale sentirsi a proprio agio e, più le aziende sono capaci di intercettare le differenti sensibilità, più si rafforza il loro legame con i propri utenti riconoscendo convinzioni, valori e personalità simili a quella marca.

Avendo incluso il mondo virtuale tra i luoghi abitualmente frequentati ed essendo, in quanto umani, alla ricerca di una connessione personale e di una relazione (anche con i marchi), soprattutto quando le loro scelte su come trascorrere il tempo libero digitale si espandono, i membri della Gen Z si aspettano che i marchi siano come amici quando interagiscono con loro sui social media, al pari di quanto accade con le persone che conoscono. Questo è un elemento degno di nota perché si è osservato che quando i marchi di intrattenimento personalizzano le interazioni, aprono opportunità di scoperta e instaurano relazioni durature con i clienti. 

La sfida non riguarda soltanto la capacità delle aziende di stabilire una connessione, possibilmente duratura e sincera, ma saper intercettare e condividere i temi di giustizia sociale che sono tanto a cuore a questa generazione e trovare il modo di connettere i valori del marchio alle istanze che gli utenti ritengono essere elementi fondamentali della propria identità.
Molto più che condividere hashtag in occasione di eventi o manifestazioni è risultato premiante costruire strategie di giustizia sociale e mantenerle attive, coinvolgendo gli utenti nel raggiungimento degli obiettivi, fianco a fianco, esattamente come farebbero due buoni amici.

30.03.2022 # 5962
Addio a Gaetano Pesce: Icona del Design Italiano

Paolo Falasconi //

La rivista anni Trenta “Campo Grafico” in mostra all’ADI Design Museum

La mostra è ad accesso libero e visitabile fino a domenica 10 aprile.

Alla vigilia dei 90 anni dalla pubblicazione, in occasione della mostra “Campo Grafico 1933/1939: nasce il visual design” – curata da Gaetano Grizzanti, Mauro Chiabrando e Pablo Rossi presso l’ADI Design Museum – vengono esposti per la prima volta tutti i 66 numeri della rivista, a testimoniare l’importanza di un fenomeno culturale riconosciuto a livello mondiale.

La mostra è ad accesso libero e visitabile fino a domenica 10 aprile.

Campo Grafico nasce a Milano sotto l’influenza delle grandi avanguardie culturali e artistiche del ‘900, divenendo rapidamente il luogo geometrico dove si incontrano le tendenze e le correnti ideali che daranno luogo all’Italian Style per la Tipografia e la Comunicazione.

Le 1.650 pagine (più 54 fuori testo e 114 inserti applicati a mano) dei 66 numeri esposti – oggi interamente digitalizzate e di libera consultazione su www.campografico.org – testimoniano l’impatto di questa rivista che, pur essendo tirata in sole 500 copie, è riuscita a comunicare con chiarezza «la mutabilità di tendenze e di mezzi in questa epoca di profonda progressione».

Un pugno di padri “fondatori” del graphic design, tra cui Attilio Rossi, Carlo Dradi, Guido Modiano, Luigi Veronesi, Enrico Bona, Ezio D’Errico, Antonio Boggeri e Bruno Munari guida tra le due guerre quella che è una vera rivoluzione, che, una volta iniziata apre la strada a modalità del tutto diverse di coniugare testi e immagini nella grafica.

Simbolicamente Campo Grafico decolla proprio mentre il nazismo chiude il Bauhaus. La rivista approfitta del fatto che il fascismo non aveva un pensiero unico nell’arte e nella cultura e quindi può portare avanti un’azione di rinnovamento in qualche caso iconoclasta anche verso protagonisti del Regime. Ma non mancheranno momenti di duro confronto quando nel 1934 Attilio Rossi, primo direttore della rivista, rifiuta di pubblicare sulla rivista i manifesti di Persico e di Nizzoli favorevoli al Plebiscito voluto da Mussolini.

La rivista proseguirà negli anni le proprie pubblicazioni con alterne fortune, esaurendo nel 1939 quello che era stata la spinta propulsiva degli inizi. Ma la sua straordinaria qualità e la sua capacità di avere uno “sguardo lungo” nel lanciare il graphic design, oggi la riportano più che mai al centro della scena culturale.

La mostra ha prodotto un catalogo, graficamente in stile iconista (design: Gaetano Grizzanti e Giancarlo Tosoni) tirata in 500 copie numerate, esclusivamente acquistabile presso AIAP Edizioni: www.aiap.it




Mostra: Campo Grafico 1933/1939: nasce il visual design
Luogo: ADI Design Museum
Indirizzo: Piazza Compasso d’Oro 1, 20154 Milano
Ingresso: gratuito / entrata da Via Ceresio 7, Milano
Date di apertura: dal 25 marzo al 10 aprile 2022
Orari di apertura: 10.30 - 20 (chiuso il lunedì)


Cos’è Campo Grafico

A Milano tra le due guerre, “Campo Grafico - Rivista di tecnica ed estetica grafica”, si impone come la più originale impresa collettiva in quelli che retrospettivamente sono definiti gli anni “creativi”, quando alla Galleria Il Milione o al Bar Craja nascevano i fermenti del gusto moderno: si passava dalle discussioni sull’arte astratta e le sue mostre al dibattito sul destino dell’architettura, fino alla nuova tipografia, proprio quella presentata nella Sezione Grafica della Germania 1933 alla V Triennale e simboleggiata dal carattere Futura di Paul Renner.

La Rivista diverrà subito anche un ideale punto di aggregazione di spiriti liberi e indipendenti, molti dei quali destinati a restare nel più assoluto anonimato. Qualunque fosse la loro formazione, tecnica e/o artistica, erano menti aperte agli stimoli intellettuali che avevano caratterizzato le avanguardie europee nell’ultimo decennio.

Come ebbe a ricordare cinquant’anni dopo Attilio Rossi – il primo direttore della rivista Campo Grafico – «erano le esperienze e gli insegnamenti della Bauhaus e di altre avanguardie europee in tutti i campi della cultura, che confluivano programmaticamente in una rivista sperimentale di arti grafiche totalmente nuova».

L’avventura comincia nel 1932 in una trattoria di Via delle Asole a Milano, dove si riuniva periodicamente il nucleo dei fondatori. C’era l’esigenza di un profondo svecchiamento del settore: tecnicamente si voleva portare la qualità tipografica all’altezza della fotografia; esteticamente occorreva superare le barriere e i limiti costituiti delle rigide simmetrie neoclassiche e dalla concezione della tipografia come arte, tradizionali cavalli di battaglia del “Il Risorgimento Grafico” di Raffaello Bertieri. 

Tra i primi “campisti” – come venivano chiamati i collaboratori della rivista Campo Grafico – figurano nomi dei “padri fondatori” del graphic design, tra i quali: Attilio Rossi, Carlo Dradi, Guido Modiano, Luigi Veronesi, Enrico Bona, Ezio D’Errico, Antonio Boggeri e Bruno Munari.

Finalmente si potevano dibattere gli argomenti della nuova estetica grafica che Guido Modiano e Edoardo Persico avevano anticipato sulla rivista “Tipografia” tra il 1931 e il 1932, ma anche l’identità e il ruolo della nuova figura professionale del “progettista grafico”, passando necessariamente attraverso un profondo rinnovamento dei programmi di insegnamento nelle scuole professionali.
Il miracolo diventa possibile grazie all’opera gratuita e volontaria di addetti ai lavori (tipografi, compositori, litografi, linotipisti, fototipisti e grafici) e alla ospitalità – ma in orario festivo – di alcune tipografie.

Appoggiavano l’impresa anche diversi amici sostenitori provenienti da altri ambiti – pittori, scenografi, scultori, architetti – i quali ogni sera si trovavano nello Studio Dradi-Rossi in via Rugabella 34 a Milano (presso cui dal 1934 era ospitata la sede della rivista), superando di fatto la distinzione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale.

Le 500 copie della tiratura di ogni numero erano vendute in abbonamento a sostenitori e tipografi – molto spesso usate dai proto come strumento di lavoro – e ciò spiega in larga parte perché le collezioni complete dei 66 fascicoli pubblicati, pervenute ancora integre ai nostri giorni, si contino sulle dita di una mano. 

Oltre alla pubblicità e agli articoli, la rivista conteneva spesso anche allegati fuori testo, dove figuravano applicati vari stampati, come: copertine di libri, carte da lettere, biglietti d’auguri, avvisi di chiusura per ferie, manifesti, pieghevoli, cartoline, progetti grafici degli allievi delle scuole, annunci, listini… alcuni dei quali inseriti anche sciolti nei fascicoli.


L’Associazione Campo Grafico

Il 31 gennaio 2013 – a 80 anni dalla pubblicazione di "Campo Grafico / Rivista di Estetica e Tecnica Grafica" – Gaetano Grizzanti costituisce a Milano l’ASSOCIAZIONE CAMPO GRAFICO (associazione culturale, apartitica, aconfessionale, senza finalità di lucro), insieme con Mauro Chiabrando e ai figli dei fondatori della Rivista: Massimo Dradi (scomparso nel 2018) e Pablo Rossi.

L’Associazione – quale organismo ufficiale e fonte autorevole sulla storia di Campo Grafico – è nata con lo scopo di preservare la memoria culturale e documentale della rivista originale, realizzata a Milano dall’anno 1933 all’anno 1939.

Grazie alla sua opera pionieristica nel settore dell’arte grafica e tipografica, tuttora riconosciuta in tutto il mondo in quanto incubatrice del moderno design di comunicazione, "Campo Grafico" ha rivoluzionato l’approccio alla disciplina della progettazione grafica, costituendo oggi un vero e proprio patrimonio culturale italiano e globale.

Nel raccogliere l’ideale lascito testamentario della Rivista, attraverso la stessa anima pionieristica dei “campisti” di allora e in continuità coi loro princìpi estetici e le loro intenzioni pragmatiche, l'Associazione intende divulgare e promuovere – attraverso lo studio del pubblicato e l'analisi del suo contesto storico – lo spirito originario della “cultura di progetto”, intesa quest’ultima come percorso intellettuale, accademico e sperimentale che intreccia e coinvolge i settori della grafica, della tipografia, della stampa, del design, dell’arte, dell’editoria e della comunicazione visiva in genere.


ASSOCIAZIONE CAMPO GRAFICO
Via Eugenio Torelli Viollier 1
20125 Milano
Codice fiscale: 08156350962

Contatti stampa:
Gaetano Grizzanti
Cell. 335 83 67 976
info@campografico.org

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