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02.05.2024 # 6418

Marco Maraviglia //

Piero Corvo e il Vietnam visto da lui

Il 3 maggio inaugura all‘A‘Mbasciata Fragments in collaborazione con il Consolato della Repubblica Socialista del Vietnam

In uno degli spazi più affascinanti di Napoli, dal 2016 officina e trampolino di lancio di artisti emergenti, lì dove il burlesque, feste a tema e serate vintage allietano gli ospiti, Piero Corvo espone cinquanta fotografie 30x45 sul Vietnam.

 

Il progetto presentato da Piero Corvo fa parte di due lavori distinti sul Vietnam che riprendono l‘aspetto tradizionale del Paese e quello più moderno che è ancora in progress.

Il primo lavoro è stato esposto in occasioni non aperte al pubblico: per il Bridging Vietnam-Napoli Forum, un evento celebrativo in occasione dei cinquant‘anni di amicizia e partenariato tra Italia e Vietnam, presso il Grand Hotel Santa Lucia di Napoli e all‘Institut Français Napoli, organizzata nell‘ambito delle Giornate internazionali della Francofonia 2024.

 

In esposizione, e solo per tre giorni, ci sono le fotografie della prima parte, quella con gli aspetti tradizionali del Vietnam, con immagini scattate in luoghi lontani dalle grandi città e realizzate nel 2023.

 

Il Vietnam è una terra di mistero e bellezza, una sinfonia in continuo movimento, una finestra aperta sulla vita. Questa mostra non ha l‘intenzione di imporre una narrazione predefinita o di comunicare una storia specifica. Al contrario, invita il pubblico a esplorare i luoghi e a creare le proprie storie e interpretazioni dietro ciascuna foto. Ogni immagine esposta rappresenta un frammento della vita quotidiana nel Vietnam più tradizionale, catturato in modo autentico e spontaneo. Si tratta di istanti fugaci, gesti, sguardi e scenari urbani che possono ispirare diverse emozioni e riflessioni in ognuno di noi. Questa mostra è un invito a immergersi nella bellezza e nella complessità di un paese, non c‘è una trama predeterminata da seguire, ma piuttosto una tela aperta su cui dipingere la propria immaginazione.
- Piero Corvo

 

Fu una “sporca guerra” quella in Vietnam, durata venti anni e che terminò ufficialmente nel 1973. Di fatto nel ‘75.

Non è che le altre guerre siano “pulite”, ma oltre un milione e mezzo di vietnamiti morti, senza contare le vittime degli eserciti che si schierarono, fanno bene intendere la portata di quell‘incubo che coinvolse emotivamente l‘opinione pubblica occidentale. E ricordiamo tutti la foto di Nick Ut che ritraeva la bambina scottata dal napalm mentre correva e che fece il giro del mondo alimentando l‘indignazione internazionale.

Probabilmente fu l‘unico periodo in cui decine di artisti si schierarono contro una guerra generando le cosiddette canzoni di protesta. Da Bob Dylan a Jim Morrison, da Crosby Still Nash & Young ai Deep Purple, Joan Baez, John Lennon, Arlo Guthrie e altri ancora.

La versione teatrale di Hair nel ‘67 raccontava il dramma dei ragazzi americani, pacifisti e impauriti dall‘arruolamento.

Make love not war, fate l‘amore non fate la guerra era il claim nato negli anni ‘60. E quando tutto finì, il cinema iniziò a raccontare gli effetti devastanti che provocò sotto il profilo sociale, umano, psico-fisico: Tornando a casa, Il cacciatore, Taxi driver, Rambo… ma anche film indipendenti politically incorrect che trasversalmente erano metafore della sistematica distruzione dei villaggi vietnamiti come Soldato blu o Piccolo grande uomo, entrambi del 1970.

 

Ma qui non stiamo a rimuginare sugli orrori storici causati dall‘uomo. Il Vietnam si è rialzato. Risorge dalle ceneri come l‘Araba Fenice. Oggi è uno Stato economicamente aperto ai mercati di tutto il mondo con grandi abilità diplomatiche ed è considerato quindi una delle principali “tigri asiatiche”.

All‘inaugurazione sarà presente il Console che probabilmente potrà raccontarci nuovi e piacevoli aspetti del Vietnam illustrando il progetto fotografico e per promuovere il turismo in Vietnam.

Le fotografie di Piero Corvo non le ho viste tutte perché, come già scritto, sono inedite. La mostra sarà l‘occasione giusta per farsi raccontare il suo viaggio.

Perché mi piace respirare l‘odore del Vietnam nella sua veste contemporanea alla sera osservandone le foto all‘A‘Mbasciata.

 

 

Bio

Piero Corvo, è nato a Napoli nel 1996.

Pur lavorando come Partnership Manager nel reparto marketing di un brand di moda streetwear, la fotografia rappresenta per lui il centro del mondo attorno al quale ruota tutta la sua esistenza.

Appassionato di fotografia documentaristica e reportage, raccontare una storia attraverso le immagini o per il suo lavoro, lo fa sentire in sintonia con la sua vita.

Coltiva da sempre l‘amore per il cinema che è stato l‘imprinting fondamentale per avvicinarsi alla fotografia.

Autore di progetti fotografici come un reportage ad Hebron in Palestina esposto in diverse mostre.

Sul sito raccoglie i suoi lavori improntati principalmente sull’aspetto umano.

 

 

Fragments, una mostra fotografica sul Vietnam

di Piero Corvo

3-4-5 Maggio 2024

Vernissage venerdì 3 maggio ore 21.00

Sabato 4 e domenica 5 maggio ore 16.00-00.00
Luogo: A‘mbasciata – Via Benedetto Croce, 19 – Napoli

26.04.2024 # 6413

Paolo Falasconi //

A kind of future: il tema della nona edizione del festival Graphic Days®

Si svolgerà dal 16 al 26 maggio la nona edizione del festival internazionale di visual e social design Graphic DaysⓇ presso gli spazi di Flashback Habitat a Torino.

Un percorso espositivo, uno spazio di lavoro permanente e un calendario di eventi tra cui conferenze, workshop, live performance, dj set e attività per bambini, nella sede principale e diffusi in città, interpreteranno attraverso diverse chiavi di lettura il titolo “A kind of future”.

Il festival Graphic Days è un’iniziativa dedicata al visual design italiano e internazionale promossa a Torino dal 2016 dall’associazione Print Club Torino, dall’associazione plug e dall’agenzia quattrolinee; a partire dalle grandi icone della storia fino ad arrivare ai professionisti contemporanei, il festival racconta la comunicazione visiva a 360 gradi e le sue contaminazioni in un appuntamento annuale che coinvolge gli artisti, i professionisti e gli studi più rilevanti del panorama internazionale.
L’edizione 2024 è intitolata “A kind of future”.
“Con la consapevolezza di essere in un momento in cui il lavoro del designer e il suo ruolo stesso nella società sono al centro di grandi trasformazioni” sostengono Ilaria Reposo e Fabio Guida, direttori artistici del festival, “abbiamo scelto di riportare l‘attenzione sulla creatività come elemento fondamentale per produrre innovazione e favorire la sperimentazione.”
Il tema si presta a una duplice interpretazione.
A kind of future è innanzitutto un‘ipotesi di futuro, non necessariamente alternativo ad altre visioni, che pone al centro dell’attenzione l’utilizzo di nuovi linguaggi e la valorizzazione dei giovani talenti. La sperimentazione è intesa a 360° e spazia dall’uso decontestualizzato di oggetti d’uso comune in modo creativo e innovativo fino alle tecnologie più all’avanguardia basate sull‘intelligenza artificiale e sullo sviluppo di nuovi tools.
Vogliamo superare l’idea” proseguono i direttori artistici “che l’innovazione sia esclusivo appannaggio del progresso tecnologico; al contrario, nella nostra visione, l’innovazione può partire anche dagli strumenti analogici perché l’elemento fondante è la creatività e la modalità con cui ci si approccia anche ad oggetti comuni”.
A kind future è la seconda chiave di lettura del festival: un futuro che mette al centro la gentilezza, in cui l’attenzione per le persone e per il pianeta siano l‘obiettivo primario di ogni azione di progettazione. All’interno di questo filone rientrano anche le iniziative di social design costruite attraverso il coinvolgimento delle comunità del territorio.

Il calendario del festival si svilupperà dal 16 al 26 maggio all’interno di Flashback Habitat, uno spazio espositivo recentemente riaperto al pubblico e immerso nel verde, con un articolato programma che prevederà:
Un percorso espositivo che proporrà diverse forme di sperimentazione e di innovazione, ospitando artisti ed esperienze da tutto il mondo portando a Torino le pratiche creative più all’avanguardia al momento. A partire da un approfondimento monografico sull’opera di Vincent De Boer e di Matteo Giuntini, ampio spazio è dedicato al contesto internazionale che è analizzato attraverso 4 chiavi di lettura: poster, type design, editorial e illustration. Il futuro è esplorato attraverso la chiave del social design in We mix design and people con l’esperienza del centro Farm Cultural Park e con progetti che spaziano dal data design, all’editorial e al visual design. Durante la visita il pubblico può anche prendere parte attiva alla produzione creativa interagendo con installazioni multimediali basate sull’intelligenza artificiale e sull’arte generativa. Negli spazi esterni del parco, una selezione di 20 opere tratte dalla call internazionale Fight for Kindness, promossa da TypeCampus.
Uno spazio di lavoro aperto permanente a cura di Print Club Torino che metterà in connessione printmaker internazionali, designer e aziende, con live experience aperte a tutti i visitatori e momenti laboratoriali formativi e professionalizzanti: uno spazio di lavoro aperto permanente in cui verrà realizzata un‘opera collettiva. 
Un calendario di eventi con workshop, talk e performance, una mostra mercato e una sezione di iniziative dedicate alle scuole e alle famiglie.

Le attività del festival si estendono anche in città: In the city è il calendario di iniziative realizzato attraverso il coinvolgimento delle agenzie di comunicazione, degli studi di design e di diverse realtà operanti nell’ambito del visual e social design nel territorio. Il 17 e il 24 maggio sarà possibile conoscere l’ecletticità della scena creativa torinese, visitando luoghi generalmente non accessibili al pubblico: oltre 30 appuntamenti tra mostre, laboratori, performance e appuntamenti diversissimi tra loro interpreteranno il tema del festival A kind of future.

Uno dei nuclei principali delle attività del festival è riservato ai giovani designer. Dal 2021 il festival promuove la call Neologia dedicata a designer under 30 italiani o che vivono in Italia da almeno due anni dando vita a uno spazio vetrina per presentare i giovani talenti nel mondo del visual design di oggi: un ambiente democratico e in continua evoluzione che raccoglie i migliori progetti premiando la qualità e la sperimentazione dei linguaggi, permettendo così alle nuove menti creative di entrare a far parte di un contesto dinamico e internazionale. 
Ogni anno i 100 progetti selezionati nelle categorie Editorial, Poster e Motion vengono esposti al festival; tra questi vengono poi individuati e consegnati in un evento pubblico i premi speciali: il premio Neologia conferito dal Print Club e diverse menzioni e premialità offerte dai partner del progetto. Per l’edizione 2024 sono previsti i riconoscimenti di Farm Cultural Park, Zetafonts, Biennale Internazionale della Grafica, AWDA e Fabrica, che si concretizzeranno in esperienze professionali, residenze, workshop,... Per la prima volta nel 2024 è stata anche inserita la categoria Intelligenza Artificiale: poster e motion possono anche essere realizzati attraverso l’intelligenza artificiale e partecipare ad una selezione dedicata.
A corollario della mostra, un calendario di appuntamenti dedicati ai giovani designer:
sabato 18 maggio alle 16.00 premiazione del contest e talk a cura di Zetafonts dal titolo “Life is better with more fonts” e domenica 19 maggio alle 10.30 portfolio review con Fabrica, il centro di ricerca sulla comunicazione di Treviso.

I due weekend sono i momenti in cui si concentra la maggior parte dell’offerta di attività: da workshop professionalizzanti a conferenze con esperti provenienti da tutto il mondo a momenti di incontro e confronto b2b. 

Sabato 18 maggio dalle 10.00 alle 18.00 ¡DAMN HAPPY LIFE?, workshop di serigrafia con Lars Harmsen di Slanted Publishers.
Domenica 19 maggio dalle 10.00 alle 14.00 BRUSH BENDERS, workshop di calligrafia con Vincent de Boer; alle 16.00 Design Talk, un confronto sul futuro del design con Vincent De Boer, Lars Harmsen di Slanted Publishers, Ariane Spanier e Martyna Wędzicka-Obuchowicz.

Sabato 25 maggio dalle 10.00 alle 13.30 A KIND OF RIOT, un omaggio all’estetica punk audace e provocatoria attraverso una pubblicazione collettiva in Risograph con il Print Club Torino. Alle 16.00 la tavola rotonda dedicata al social design We Mix Design and People con Farm Cultural Park, Sheldon.studio, Parco Studio, Studio Airport e Graphic DaysⓇ.
Domenica 26 maggio dalle 10.00 alle 13.30 TUFTING, un workshop per sperimentare l’uso della pistola per tufting con Nodo – Tufting Torino. Alle 16.00 la talk Pandemonio con le agenzie di comunicazione che hanno partecipato a un progetto di social design sul tema fake news.

Alle attività per addetti ai lavori si aggiungono momenti performativi e musicali e attività rivolte alle famiglie: un’area kids a fruizione libera sempre disponibile e un calendario di laboratori per bambini, sabato e domenica alle 10.30 e alle 11.30:
18 maggio: Trame ordite, per creare con la carta bandierine colorate dalle texture naturali
19 maggio: Il mondo che vorrei, un laboratorio basato su timbri e inchiostri 
25 maggio: Il riciclo creativo che fa bene al Pianeta, un’esperienza di upcycling con Iren
26 maggio: Una cartolina dal futuro, con tecniche miste di pittura

Nel weekend del 25 e 26 maggio, una mostra mercato che coinvolgerà gli spazi all’aperto del parco con l’esposizione dei lavori di studi, artisti e realtà indipendenti nell’ambito delle arti visive; tra gli espositori: Mattia Riami, Galleria Garance & Marion, BOLO Paper, Morsi Editore, Spritz srl, Omar Edous, Colorobe, Vichi Zorzi, Cartiera Clandestina, Elisa Marsigliante, Inchiostro Festival e Damiano Boldrini.

In settimana il programma sarà articolato con attività dedicate alle scuole, visite guidate e workshop, e con un palinsesto di conferenze e attività in collaborazione con partner del territorio:
venerdì 17 maggio dalle 8.30 alle 10.00 il festival ospita la community di Creative Mornings per un appuntamento dedicato al tema “Vibrant”;
martedì 21 maggio dalle 11.30 alle 13.30 la talk Nuove sinergie per l’evoluzione della filiera del contenuto in collaborazione con Camera di Commercio di Torino, Ceipiemonte e Unione Industriali Torino;
giovedì 23 maggio a partire dalle 10.00 una portfolio review per gli studenti del Politecnico di Torino e alle 18.00 la talk A kind of future: talking about people, design and words in collaborazione con ADCI Art Directors Club Italiano e UNA Aziende della Comunicazione Unite.

Il festival 2024 segna l’avvio di un’importante partnership con BIG Biennale Internazionale di Grafica di Milano (23-26 maggio): la collaborazione, sperimentata con l’edizione 2022 del Milano Graphic Festival, è consolidata quest’anno con uno scambio di contenuti e collaborazioni culturali. La mostra Signs del 2024 promossa dalla Biennale Internazionale della Grafica sarà presente in entrambe le manifestazioni. Al contempo, le opere selezionate da Graphic DaysⓇ attraverso la call Neologia, nelle categorie motion, poster e intelligenza artificiale saranno esposte anche a Milano, oltre che a Torino.  



Tutto il programma su:

23.04.2024 # 6412

Marco Maraviglia //

Napoli omaggia Federico Fellini Al Blu di Prussia

I disegni erotici del Maestro e sei foto dal set di Patrizia Mannajuolo

Fino al 31 ottobre in mostra, per la prima volta a Napoli, ventinove disegni originali su carta di Federico Fellini e sei fotografie tratte dall‘archivio di Patrizia Mannajuolo scattate sul set di La città delle donne del maestro riminese.

 

Disegni erotici ironici e sarcastici. Tra i 130 ereditati dalla nipote di Fellini, Daniela Barbiani.

Donne opulenti, giunoniche, scolpite da un improbabile culturismo e dai volti distorti come se avessero subito una chirurgia estetica dall‘Ignoranza Artificiale. L‘esagerazione, l‘amplificazione delle parti sessuali che contrastano con i corpi minuti e sottomessi degli uomini. Donne a tre mammelle che sembrano citare Artemide Efesia e la fertilità femminile. Capezzoli sporgenti come appendici. Falli eretti come colonne monumentali e sederi femminili imperiali. Scene paradossali.

La prevaricazione della donna sull‘uomo e il ninfomanismo consapevole di una libertà sessuale. Dove la vecchiaia è un gioco di cui prendersi gioco. E con simpatia e sorriso vanno lette queste scene.

Disegni onirici, dove l‘immaginazione a volte supera desideri inconfessabili ma comunque allegri, divertenti e mai morbosi. Mai volgari. Perché l‘eros, in fondo, è un piacere e non ottenebrazione mentale. L‘eros non è perversione, non è pornografia quando è dissacrata con l‘ironia. Come certe storie di Bukowski.

 

I disegni esposti Al Blu di Prussia ritraggono una serie di personaggi che dialogano con il proprio alter-ego sessuale, protagonisti di giochi di parole e significato, tra doppi sensi e metafore. Una serie di personaggi che mettono a nudo i propri genitali, omini impauriti davanti a donne prosperose. I protagonisti di questa collezione sono gli organi sessuali stessi, sempre enormi, esagerati, sproporzionati, genitali che sovrastano l‘uomo.

-       Mario Pellegrino

 

Federico Fellini, fabbricatore di sogni surreali. Il dissacratore del perbenismo borghese, già nel 1960, con La dolce vita. Romagnolo e quindi schietto, diretto, giocoso e godereccio.

Quello che sceglieva personalmente fino all‘ultima comparsa per i suoi film e nel mentre cambiava occhiali per continuare a disegnare alla sua scrivania dettagli di personaggi, scene, costumi. Caricature della vita immaginata.

 

Questo dello scarabocchiare è una mania antica che mi porto appresso da sempre. Ai miei collaboratori, allo scenografo, al costumista, al truccatore soprattutto, cerco di dare delle idee meno approssimative di quelle che riuscirei a dare esprimendomi a voce, quindi fornendo già un‘esemplificazione grafica del trucco che desidero su quel volto che ho scelto, o del costume alla costumista, o un‘idea scenografica dell‘ambiente, un tentativo di bozzetto. E un modo per cominciare a vedere il film in faccia, per cominciare ad abitare in maniera fisica con i personaggi, cominciare a mettermeli intorno. Fino a quando il film non comincia, la preparazione non entra in una fase di autentica preparazione, è soltanto un‘immaginazione, una serie di immagini, di volti, di situazioni, di colori che abitano nella sfera dell‘immaginativo, quindi estremamente fluttuante, eterica, impalpabile, imprendibile. Un modo per cominciare a vederlo materializzato è un pochino questo qui di usare pennarelli, colori...

-       Federico Fellini, “Dizionario intimo per parole e immagini” a cura di Daniela Barbiani

 

 

Il mondo di Fellini è immenso e Patrizia Mannajuolo ne entrò in contatto come fotografa di scena per alcuni suoi film tra cui La città delle donne e di cui sono esposti cinque suoi scatti inediti in bianconero e uno a colori.

Immagini che rendono magistralmente l‘atmosfera del set e la personalità anfitrionica del regista.

 

 

 

Patrizia Mannajuolo. Napoletana, si dedica alla fotografia sin da giovanissima, a Roma, frequentando lo studio di Vittorugo Contino e collaborando con registi, attori e produttori come Roberto Rossellini e il figlio Renzo, Liliana Cavani, Alberto Sordi, Monica Vitti, Augusto Caminito e Federico Fellini. L‘opportunità di fotografare il fuori scena del film “La città delle donne” fu per lei l‘occasione di conoscere e mettere a fuoco un Fellini capace di grande empatia, intransigente e tenero al tempo stesso, visionario e geniale.

 

Daniela Barbiani. Nipote di Federico Fellini, è stata sua assistente alla regia dal 1980 al 1993 negli ultimi suoi quattro film, E la nave va, Ginger e Fred, Intervista, La voce della luna. È autrice di testi e articoli per pubblicazioni, riviste e cataloghi, fra i quali Cahiers du Cinéma, Quoi de neuf, Fellini Amacord, Rivista di studi felliniani, I libri di casa mia, La biblioteca di Federico Fellini, Fellinicittà.

Nel 2011 ha pubblicato per Baldini&Castoldi il romanzo Infedele.  È proprietaria e curatrice di una collezione di 130 disegni che Fellini le ha regalato e che sono stati esposti in importanti musei e festival di cinema in tutto il mondo.

 

 

FEDRICO FELLINI – “disegni erotici - fotografie dal set

Al Blu di Prussia

via Filangieri 42 - Napoli,

Dal 18 aprile al 31 ottobre 2024

Orari: martedì-venerdì 10.30-13/16-20; sabato 10.30-13 


Foto sotto: La città delle donne © Patrizia Mannajuolo

In copertina: La fuga; autoritratto con donna alle spalle


16.04.2024 # 6411

Marco Maraviglia //

Some People. Opere dalla collezione di Ernesto Esposito

Diciotto fotografie e due serigrafie che raccontano i cambiamenti dell‘arte e della vita contemporanea

Questa è una storia della storia. Di quelle che accadono quando ci sono persone che hanno voglia di raccontare, trasmettere conoscenze sui saperi dell‘arte visiva che ha subito trasformazioni riflettendo la civiltà e cultura che scorrono.

Questa è una storia della fotografia contemporanea i cui contenuti richiamano i gusti, l‘estetica, la poetica dei tempi che abbiamo vissuto. E quelli che stiamo vivendo.

Questa è una storia sulla bellezza del collezionismo che condivide la grande bellezza.

Sì, sono venti immagini di grandi autori che hanno determinato punti di passaggio dell‘arte. Fotografi che, chi negli anni, chi da subito, sono approdati nell‘Olimpo delle iconografie splendidamente quotate.

 

Questa storia, ma chiamiamola mostra dai, nasce dal rapporto decennale di collaborazione tra il collezionista Ernesto Esposito e la storica dell‘arte e curatrice Maria Savarese.

Il collezionista vive un po‘ nell‘ombra. Alle inaugurazioni gran parte del pubblico non lo conosce e a volte non si rende nemmeno conto che l‘evento ha luogo grazie al suo lavoro di ricerca e accumulazione che dura per anni. Il collezionista in fondo è il protagonista di alcune mostre. Senza di lui molte opere non sarebbero custodite e fruibili.

La collezione Ernesto Esposito nasce nel 1971, quando acquistò la sua prima opera dal gallerista Lucio Amelio: Electric chair (1964), una serigrafia di Andy Warhol.

Da lì non si è più fermato aggiungendo al proprio patrimonio opere di altri artisti contemporanei. Non in maniera compulsiva ma seguendo il tempo che caratterizzava le opere, appassionandosi agli artisti che via via conosceva personalmente e vantando amicizie con Cy Twombly, Joseph Beuys, Andy Warhol, Helmut Newton. Solo per citarne alcuni.

 

Per Ernesto Esposito il collezionismo non è ostentare ma è una forma di mecenatismo. Sostenere gli artisti e l‘arte rendendola pubblica, fruibile attraverso i prestiti.

 

Stilista di fama internazionale, che ha da sempre collezionato opere dei più grandi artisti contemporanei spaziando dalla fotografia all‘installazione, dalla pittura al video fino a opere monumentali, con una grande poliedricità e intuito anticipatore.

 

Per la prima volta a Milano sono esposte alcune opere della collezione Esposito. Diciotto fotografie di fotografi contemporanei e due serigrafie di Andy Warhol.

David Bailey, Matthew Barney, Larry Clark, Luis Gispert, Robert Mapplethorpe, Helmut Newton, Jack Pierson, Richard Prince, Herb Ritts, Ugo Rondinone, Sterling Ruby, Francesco Scavullo, Cindy Sherman, Hank Willis Thomas, Qingsong Wang, Andy Warhol, Bruce Weber, Joel Peter Witkin, la mostra racconta e analizza l‘arte dei giorni nostri, da un punto preciso di rottura degli schemi sociali, sessuali e di identità di genere.

Sono opere che sembrano non avere un nesso tra loro ma il cui filo che le lega è invece caratterizzato dai diversi linguaggi dell‘arte contemporanea che Ernesto Esposito ha intercettato negli anni.

 

Come in un‘antica quadreria di una dimora del passato, le venti opere esposte raccontano, attraverso i personaggi ritratti, le contraddizioni e le inquietudini del nostro tempo, permettendo di individuare una serie di tematiche aggreganti, come la quotidianità e la sua parodia, l‘erotismo e il sesso, l‘identità e la non identificazione di genere, l‘alienazione sociale, i miti immortalati in eterno, mediante un vocabolario di parrucche, cosmetici, tinture per capelli, chirurgie plastiche, piercing, tatuaggi, corpi scolpiti e manipolati.

 

 

Mappa descrittiva delle opere esposte a cura di Maria Savarese:

 

Matthew Barney con Cremaster 2: The Ballad of Gary Gilmore incentra la sua allucinata struttura narrativo – estetica sulla vita e sulla mitologia che caratterizza la figura di Gary Gilmore, interpretato dall‘artista stesso e sull‘ipotesi affascinante che Gilmore possa essere il nipote illegittimo di Harry Houdini.

Larry Clark, fra i più importanti e influenti fotografi della sua generazione, con la serie Tusla, fa di questa provincia degli States in cui è nato, il simbolo per raccontare le frustrazioni, le devianze, gli abusi e le repressioni di ragazzi disadattati, di giovani adolescenti borderline, disillusi e vulnerabili.

Luis Gispert, focalizzandosi sulla cultura giovanile cubano - americana e sull‘hip hop, con Wrestling Girls attualizza la statuaria antica dell‘Ercole e Anteo del Pollaiolo, riproponendone la posa ed il dinamismo nelle due ragazze ritratte.

La fotografia di Robert Mapplethorpe, Ken Moody, è fra le sue opere più conosciute e rappresentative. Il soggetto, come nella statuaria classica, grazie al carattere formale della composizione ed all‘utilizzo magistrale delle luci e delle ombre, perde qualsiasi riferimento identificativo di natura sessuale o temporale.

Don‘t interrupt the sorrow di Jack Pierson, fra i massimi esponenti con Nan Goldin della cosiddetta Scuola di Boston, rientra nella straordinaria produzione fotografica dell‘artista, in cui elementi della vita quotidiana, frammenti di paesaggi urbani, nature morte ed oggetti ordinari, ritratti di persone incontrate anche per strada, sono fra i suoi temi prediletti.

Con New Portraits Richard Prince mette in evidenza l‘elemento chiave della sua poetica, ovvero il riappropriarsi di immagini tratte dal mondo dei mass media e della pubblicità, ridefinendo, così, il concetto di autorialità. Il soggetto dell‘opera, infatti, è un‘immagine scaricata da internet nella sua totalità: le didascalie, i likes, tutto portato al grado zero dell‘informazione.

Herb Ritts, fra i più grandi ed importanti fotografi del secolo scorso, è autore di opere di grande eleganza formale che ritraggono spesso famose personalità del mondo del cinema, della moda, della musica e della società contemporanea. Come nel caso di Mick Jagger, dove è sufficiente il nome ricamato sulla pettorina argentata per evocare il volto assente e il mito del leader dei Rolling Stones.

Ugo Rondinone, che utilizza diversi media, dalla pittura, al disegno, dalla scultura, al video ed alla fotografia, mostrando particolare attenzione e sensibilità verso tematiche di identità sessuale ed emancipazione delle categorie LGBT in rapporto alla società contemporanea, in I don‘t live here anymore altera ironicamente l‘immagine di una modella alla quale sostituisce il volto con il proprio.

Sterling Ruby in Physicalism the Recombine 1 ritrae una donna con il corpo scolpito dai muscoli ed il volto nascosto che si sovrappone ad un‘altra immagine riferita ad un interno, con cui non c‘è alcun rapporto o possibilità di comunicazione.

Storico fotografo di “Vogue”, “Harper‘s Bazaar”, “Rolling Stone”, Francesco Scavullo ha ritratto nei lunghi decenni della sua attività, celebrità come questo Harnold Schwarzenegger agli esordi della sua carriera.

L‘opera di Cindy Sherman, Untitled #334, unendo performance e fotografia, attraverso l‘autoritratto ed il travestimento, ironizza sugli stereotipi imposti alle donne dalla società e dalla cultura, generando un forte senso di turbamento ed impatto emotivo in chi osserva.

Con Requesting Buddha, Wang Qingsong analizza il rapido cambiamento che la società cinese sta vivendo ormai da decenni, come attestano i marchi Coca Cola e Marlboro presenti nell‘opera, evidenti riferimenti ai beni di consumo occidentali diffusi nel suo paese.

Le due serigrafie di Andy Warhol Mark Leibowitz e Nico Williams, sono fra le opere più importanti e conosciute del grande artista pop, così come l‘Olimpic Games di Bruce Weber, il quale, sin dagli anni Ottanta, ha proposto un‘immagine di uomo americano bello, sano, sportivo e giovane, come il ginnasta Marc Caso protagonista della foto.

In Who can say no to a Gorgeous Brunette? H. Willis Thomas affronta il tema del pregiudizio razziale e politico, fotografando Angela Davis, attivista politica, femminista appartenente al movimento Black Panters degli anni Sessanta.

L‘uomo travestito e mascherato in indumenti intimi e bendaggi, che Joel P. Witkin ritrae nella fotografia Woman, ribalta il concetto stesso di femminilità, rientrando nella moltitudine dei suoi personaggi macabri, figure di nani, transessuali, deformi, che popolano il mondo dei freak show e che lui sapientemente rende icone di una bellezza altra, spesso in rapporto all‘arte del passato, in special modo quella rinascimentale.

I ritratti di Ernesto di David Bailey ed Helmut Newton, sono soltanto alcuni fra i numerosi realizzati.

 

 

Bio

Designer di scarpe ed accessori, Esposito vanta una lunga e prestigiosa carriera con le griffe ed i brands del lusso a livello internazionale. Ha esordito negli anni Settanta con Thierry Mugler by Linea Lidia ed ha affiancato per i successivi quindici Sergio Rossi, il più importante produttore di scarpe del mondo. I decenni seguenti lo hanno visto accanto a Marc Jacobs durante la direzione creativa di Louis Vuitton a Parigi, città dove lui già collaborava con i marchi Sonia Rykiel, Chloè, Missoni, Alessandro dell‘Acqua. Nel 2004, per ben undici anni, inizia il suo rapporto con Karl Lagerfeld, come shoes designer da Fendi. Premiato nel 1998 come Designer of the Year dalla rivista americana “Footwear New”, è entrato nel 2006 nella HALL OF FAME per le calzature.

 

 

Some People. Fotografia dalla collezione Ernesto Esposito

dal 5 aprile al 10 giugno 2024

a cura di Maria Savarese

Other Size Gallery, presso lo spazio polifunzionale Workness Club

Via Andrea Maffei, 1 – Milano

ingresso gratuito

Lunedì - venerdì dalle 10.00 alle 18.00

                                  

Contatti:

info@workness.it

+39 02 70006800

 

Foto di copertina: © Robert Mapplethorpe

Foto sotto: © Cindy Sherman



15.04.2024 # 6410

Ilas Web Editor //

19 APRILE - SEMINARIO GRATUITO / GAETANO GRIZZANTI ALLA ILAS

Evento gratuito in esclusiva per gli studenti Ilas di Grafica, Social Media e Pubblicità

Un grande evento ILAS, un seminario gratuito con
GAETANO GRIZZANTI
IL 19 APRILE ALLE 17:30


Elementi di Brand Identity


Durante il seminario, Gaetano Grizzanti enuncerà i concetti e le strategie essenziali per sviluppare una brand identity moderna. Il seminario mira a trasmettere agli studenti le basi necessarie per orientarsi nel complesso mondo del branding, offrendo insight pratici e applicabili.

Gli studenti avranno la possibilità di imparare direttamente da un esperto di fama, attraverso una proposizione sintetica dei modelli cognitivi.


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RELATORE
GAETANO GRIZZANTI

ORARIO
DALLE 17,30 alle 19,00

LOCATION

Ilas Academy - Via Alcide De Gasperi 45, Napoli

EVENTO GRATUITO CON PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA
L’evento è gratuito e a numero programmato. Verranno accettate le prime 30 prenotazioni all’evento. Per prenotare occorre compilare il form al seguente indirizzo:



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Gaetano Grizzanti è l‘autore di "Brand Identikit", libro di testo degli studenti Ilas



GAETANO GRIZZANTI

Identity Designer e Brand Advisor, progettista di marchi e immagine coordinata. Vive e lavora a Milano. Dal 1988 si dedica alla didattica, insegnando in diversi istituti e università. In affiancamento svolge corsi, conferenze e seminari per convegni e aziende.

Dal 1986 avvia Univisual, studio professionale specializzato nella strategia di marca e nello sviluppo di sistemi d’identità, svolgendo consulenze e progetti per industrie, imprese di servizi e istituzioni, come Aruba, Bancomat, Comune di Milano, Gruppo Banco BPM, Grandi Navi Veloci, Imetec, Menarini, Mondadori, Pampers, Perini Navi, Rcs, Regione Liguria, Salmoiraghi & Viganò, Telethon, UniCredit.

Il design di Univisual è premiato da numerosi riconoscimenti italiani e internazionali.

Grizzanti è Perito del Tribunale di Milano in materia di Trademark e nel periodo 2009/12 è membro del Consiglio Direttivo Nazionale di Aiap (Associazione italiana design per la comunicazione visiva).

Nel 2013 costituisce l’Associazione Campo Grafico, omonima della storica rivista pubblicata dal 1933 al 1939, con lo scopo di preservarne la memoria culturale e documentale.

Nel 2011 pubblica il libro “Brand Identikit - Trasformare un marchio in una marca" (Fausto Lupetti Editore), giunto nel 2020 alla quinta edizione.




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