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19.01.2023 # 6199
Generazione ILAS: intervista a Stefano Perrotta

Urania Casciello //

Generazione ILAS: intervista a Stefano Perrotta

Dalla progettazione di libri, passando per fotografia e architettura, il designer Stefano Perrotta si racconta in un’intervista per la rubrica Generazione Ilas

Stefano Perrotta studia Architettura presso il Dipartimento di Architettura (DiARC) dell‘Università degli Studi di Napoli Federico II dove ha partecipato, in qualità di assistente, ai corsi di Progettazione Architettonica e Urbana del prof. arch. Giovanni Multari. In seguito ad una collaborazione con la casa editrice Aracne di Roma si specializza in grafica, fotografia, advertising e direzione artistica presso l‘accademia italiana di comunicazione ILAS di Napoli.
Continua la sua formazione conseguendo il diploma di Illustrazione per l‘editoria presso la scuola Ars in Fabula di Macerata, il Master di Illustrazione Digitale alla Genius Academy di Roma, il corso annuale di fotografia analogica e digitale presso il CFI di Napoli e il corso di perfezionamento in Type Design alla Cfp Bauer di Milano. Ha frequentato, poi, un Master ILAS di ricerca fotografica curato da Antonio Biasiucci. È illustratore degli albi “Il mito di Aretusa” e “Il mito di Polifemo” editi da Cirnauti. Ha recentemente curato il progetto grafico della mostra “Comizi per Pier Paolo Pasolini” promossa dal Dipartimento di Studi Umanistici dell‘Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Attualmente lavora come grafico editoriale e illustratore presso la casa editrice LetteraVentidue di Siracusa ed è docente a contratto di “Design per la Comunicazione” presso il Dipartimento di Architettura dell‘Università degli Studi di Napoli Federico II. 
È Creative Director dello studio grafico Cratèra Fucine. 

(Urania Casciello) Come ti descrivi?

(Stefano Perrotta) Coinvolto in riflessioni vagamente distinguibili. 

Qual è stato il momento esatto in cui ti sei appassionato alla fotografia? Cosa ti affascina del mondo della fotografia?

Le immagini, in generale, mi hanno sempre interessato. Il cinema è stata la mia prima passione, ma è forse durante gli studi di Architettura che ho iniziato a coltivare quella per la fotografia. Esperienze personali e workshop mi hanno poi portato a iscrivermi al Master dell‘ILAS, a cui hanno fatto seguito anche il Corso di fotografia analogica e digitale del Centro di Fotografia Indipendente, guidato da Maria Spada, e un Workshop di ricerca fotografica, promosso proprio dall‘ILAS, con Antonio Biasucci. Di questo mondo mi affascina la ricerca, lunga, lenta e solitaria. 

Architettura, Fotografia e Grafica Editoriale, parlaci dei tuoi tre mondi e di come interagiscono tra loro.

Tutto è composizione. Anche in questo caso è probabilmente la mia formazione da architetto a essere il file rouge dei miei interessi. Architettura, fotografia, grafica, ma anche illustrazione, che ho studiato presso la scuola Ars in Fabula di Macerata, e Type Design, presso la Bauer di Milano, confluiscono nel mio lavoro. Oggi sono un grafico editoriale, progetto libri ed è nelle pagine dei volumi che si condensano tutte le esperienze maturate fino a ora. 

Fotografia di architettura di esterni e di interni. Cambia il tuo tipo di approccio? Hai una preferenza?

Non ho una preferenza, ma mi interessa la città. Professionalmente ho avuto importanti occasioni in entrambi i campi, ma la mia attuale ricerca indaga lo spazio pubblico e in particolare le infinite scale della nostra città. In entrambi i casi l‘approccio è analogo, sicuramente la differenza la fa l‘essere o no a contatto con le persone, che sono sempre incuriosite dalla presenza di un cavalletto e un obiettivo. 

C‘è una fotografia che hai fatto che più ti rappresenta? 

Per vari anni ho condotto una ricerca, non proprio sistematica, che ho intitolato “A zonzo. Ovvero la pausa perfetta di un pendolare atipico”. Ho viaggiato in giro per l‘Italia, per i vari corsi di formazione e per lavoro, con la mia attrezzatura, fotografando i luoghi che dopo poco diventavano per me familiari. Sono appunti e sono stati, per me, un pò casa. Forse ero alla ricerca di una domesticità urbana che non era concessa al mio essere pendolare. L‘immagine che segue è stata scattata a Siracusa, nell‘estate del 2018. È una foto rigorosa, scattata in una caldissima giornata, in una pausa da lavoro. 



Qual è la sfida lavorativa più grande che hai dovuto affrontare fino ad oggi?

Lavoro da ormai cinque anni per una casa editrice siciliana, LetteraVentidue, che si occupa di architettura e design. Seguivo sui social network il loro lavoro, che stimavo particolarmente, e ho deciso di rispondere a un annuncio. Oggi la casa editrice è una delle più gettonate a livello nazionale, ma già a quei tempi aveva un‘importante risonanza. Dopo un colloquio e un periodo di prova sono stato assunto. Essere preso in considerazione da validi professionisti, subito dopo la chiusura del Master, è stata una enorme gratificazione. Volevo però continuare a studiare e prendermi cura dei miei affetti, a Napoli. Così per diversi anni ho viaggiato ogni settimana per l‘Italia. Lavoravo a Siracusa e il venerdì e il sabato studiavo, in maniera alternata, illustrazione a Macerata e illustrazione digitale a Roma. La sfida è stata riuscire a dare il meglio nonostante le infinite ore di viaggio e essere presente per la mia compagna e la mia famiglia. Una sfida con me stesso, quindi. Dal punto professionale, invece, credo sia quella che sto ancora affrontando. Dallo scorso settembre sono docente di Design per la Comunicazione presso il Corso di Laurea Triennale in Design per la Comunità del Dipartimento di Architettura dell‘Università degli Studi di Napoli Federico II. Sono quindi tornato tra i banchi in cui ho iniziato i miei studi. Non avevo mai insegnato e i risultati fino ad ora ottenuti sono una grande soddisfazione.

Che ricordi hai del tuo percorso alla ILAS?

La ILAS ha rappresentato per me un‘occasione di consapevolezza. Al momento della mia iscrizione al primo master in grafica editoriale, frequentando le lezioni di Alessandro Cocchia, a cui devo molto della mia formazione, ho capito quale direzione prendere dal punto di vista professionale. Ho frequentato molti corsi poi, dei quali ho un bellissimo ricordo, così come ho conosciuto molte persone che ancora frequento e alle quali sono molto affezionato. 

Che consiglio daresti a chi si approccia alla fotografia di architettura?

La fotografia è progetto, struttura, azione e riflessione, è pausa, è ricerca e soprattutto è errore. Consiglio di studiare a fondo, non solo la tecnica, ma i maestri. Consiglio di non avere fretta, di non farsi affascinare dallo scatto facile e soprattutto di non demordere. 



Ci sono film da guardare o riviste da seguire che consigli a chi intraprende il tuo percorso?

Di guardare tutto! Molto spesso le intuizioni più felici nascono dall‘osservazione delle cose più improbabili. In ambito cinematografico, opere per me insuperabili sono: 2001 Odissea nello spazio, di Stanley Kubrik (1968), Mulholland Drive di David Lynch (2001), Il pasto nudo di David Cronenberg (1992), Paris Texas (1984) e Alice nelle città (1974) di Wim Wenders. In ambito fotografico, gli autori a cui mi riferisco sono Luigi Ghirri, Gabriele Basilico e Wim Wenders. Negli anni ho imparato ad apprezzare lavori più caustici, come quello di Antoine d‘Agata, Roger Ballen, e Joel Peter Witkin.

Se la fotografia fosse un‘opera architettonica, quale sarebbe?

La fotografia è un‘opera architettonica, quindi direi tutte. 
Hai la possibilità di scegliere come guardare il mondo per un giorno? Scegli Bianco e nero o colori? Dipende. Dalla luce del giorno di cui parliamo, dai luoghi che dovrò percorrere. Perché non esiste in assoluto il bianco o il nero o il colore, almeno nel mio lavoro fotografico. La scelte dipende dal soggetto e da ciò che intendo raccontare. 



Tre cose di cui NON si potrebbe fare a meno sulla terra.

Dell‘approccio etico a tutto, dell‘amore per le persone care e della pizza.

Cosa ti tira giù dal letto la mattina?

La voglia di costruire qualcosa di mio e la sveglia, dopo vari posponi. 

Cosa dobbiamo aspettarci da te?

Un progetto in grado di tenere insieme tutte le mie competenze, in cui poter mettere a frutto tutte le esperienze maturate. Qualcosa bolle in pentola, incrociamo le dita.

19.12.2022 # 6188
Generazione ILAS: intervista a Stefano Perrotta

Urania Casciello //

Generazione ILAS: intervista a Maurizio Pagnozzi

Creatività, essenzialità e paternità, le tre parole che racchiudono la nostra intervista al designer Maurizio Pagnozzi.

Maurizio Pagnozzi studia Graphic Design presso “Scuola la Tecnica” di Benevento, dove si diploma con il progetto “Anatomy of the typeface”. Continua i suoi studi alla ILAS di Napoli dove studia Graphic Design, Art Direction e Copywriting. Dal gennaio 2014 comincia la sua carriera come Teacher of Visual Communication. L’insegnamento va di pari passo con la sua attività di designer e fonda lo studio One Design.



Scopri One Design Logo Collection su Behance


I suoi progetti, realizzati per diversi clienti internazionali, vengono apprezzati principalmente per il suo stile diretto, pulito e essenziale, ma non privo di significati e contenuti. Nel 2014 vince il Cread Portfolio Awards e arriva nella Top 5 mondiale di Behance, nel 2015 partecipa al Creative Pro Show e nel 2016 alcuni suoi progetti sono esposti nella galleria di Rich Mix di London. Nel 2017 tiene una serie di seminari e workshop in giro per l’Italia, inoltre prende parte come giurato ad alcuni premi di Design internazionali, tra cui A’ Design Award & Competition, ruolo che ricopre ancora oggi. Dal 2018 collabora con Artigiancassa e BNL per i quali realizza diversi progetti corporate, logo design, web e video promozionali e nel 2019 collabora con loro allo sviluppo della piattaforma Brendity e ne diventa partner. Specializzato in Branding, Corporate Identity e Packaging, il suo fine è realizzare progetti che combinano concetti forti con esecuzioni solide e funzionali. I lavori sono stati pubblicati in diverse gallerie online e blog, riviste e libri del settore. Scrive inoltre la prefazione diversi libri di branding tra cui Logo Talks, Design in the Store e Logo Parade.



(Urania Casciello) A cosa stai lavorando attualmente?
(Maurizio Pagnozzi) Da qualche mese sono diventato papà e ho deciso di prendermi una piccola pausa dal lavoro fino al nuovo anno, per poter godere pienamente questi primi irripetibili momenti. Quindi attualmente è questo il progetto che mi tiene impegnato maggiormente, un’esperienza del tutto nuova tra pappine, ninne nanne, sonaglini e passeggiate nei parchi di Londra, ma altrettanto stimolante.

Da dove viene la tua ispirazione?
Vivo a Londra da ormai 8 anni, questa città è stata da sempre la fonte primaria della mia ispirazione, ricevo continui stimoli visivi grazie ai tanti musei, alla street art, alla sua architettura che è un mix perfetto tra antico e moderno, ma anche grazie ai vari pub e ai tanti eventi live. Amo perdermi nei vari quartieri che sono a loro volta micromondi così diversi gli uni dagli altri. Dopo tanti anni ancora resto meravigliato nello scoprire cose nuove. Quando sono in giro per la città amo scattare foto che poi racchiudo nella mia cartella di ispirazione.

Segui un rituale per trovare idee creative?
Sono principalmente un brand designer, ho ormai sviluppato un mio modo personale per gestire tutta la fase progettuale e creativa, anche per ottimizzare il tempo e arrivare quanto prima all’idea “giusta” da presentare al cliente. Nella fase creativa amo stare completamente solo per poter essere rilassato al massimo e far andare la fantasia, ho bisogno solo di un taccuino e una matita per i miei scarabocchi e un po’ di musica nelle orecchie. Uso la mia personale raccolta di ispirazione che contiene anche foto di nuvole, intagli di mobili e cancellate, solo per fare qualche esempio strambo.

Che ricordi hai del tuo percorso di studi alla ilas?
Sono ormai trascorsi 10 anni, ero lì principalmente per approfondire un percorso formativo iniziato altrove, ma avevo ancora voglia di saperne di più di design e di iniziare un percorso in settori nuovi per me, ma estremamente correlati, come quello in art direction e copywriting. Pensavo che avere un’infarinatura di questi concetti mi sarebbe sicuramente tornata utile in futuro. Ma ero lì anche per un motivo puramente personale, volevo avere la conferma che quello che stavo studiando e approfondendo mi piaceva così tanto da farlo diventare davvero il lavoro della mia vita. L’esperienza fu molto positiva, continui stimoli dati dal confronto con colleghi e docenti e soprattutto ebbi quella conferma che cercavo, ero completamente preso da questo settore. Inoltre, ebbi l’occasione di mostrare per la prima volta i miei progetti e da lì partì quella rivoluzione, inizialmente anche mediatica, che mi ha portato fin qui.

Hai sempre saputo di voler fare questo lavoro?
In realtà sono arrivato al design per caso, studiavo giurisprudenza, ma non ero più motivato come un tempo. Mi sentivo molto frustrato per questo, ero dispiaciuto nel vedere i miei amici amare quello che studiavano, mentre per me non era più così da un po’. Dopo un viaggio di qualche mese all’estero, in cui mi ero appassionato alla fotografia, un amico mi parlò di un corso di design in cui si studiavano anche principi di fotografia e fotoritocco. Ho quindi iniziato solo per curiosità, mai avrei immaginato che quello sarebbe diventato qualcosa di più di un hobby e che mi avrebbe portato a fare quello oggi amo così tanto, un lavoro mai statico, che mi ha portato parecchio in giro e che ben si collega a un’altra mia passione, che è quella di viaggiare.

Tra i tuoi lavori c’è qualcosa che ti rappresenta di più o di cui sei più fiero?
Onestamente non sono uno che si affeziona a un progetto in particolare, sono quasi sempre più soddisfatto di quelli sviluppati per ultimi, ma non posso negare che il mio One Design sia quello che mi ha dato più visibilità e notorietà, inizialmente anche sui social. È stato pubblicato in diversi libri del settore, blog e riviste. Ancora oggi qualche volta capita che i miei clienti lo citino nelle prime email e molto spesso ricevo segnalazioni di plagio. Cominciai a pensarci mentre ero alla Ilas, durante una lezione di storia della grafica nella quale Daria la Ragione ci parlava dei loghi che sfruttano i principi della Gestalt. Mi venne la voglia di cimentarmi e cominciai a lavorarci su. Lo perfezionai una volta terminati i miei studi e finii per usarlo per il mio studio di grafica che aprii qualche mese dopo e posso dire che ha superato anche la prova del tempo dato che lo uso ancora oggi.

Hai ricevuto numerosi riconoscimenti per i tuoi lavori e sei membro di due giurie prestigiose. Cosa si prova a stare dalla parte di chi giudica? Quali sono le caratteristiche che ti colpiscono dei lavori in gara?
È molto stimolante farne parte, perché anno dopo anno si può notare lo sviluppo dello stile grafico e anche la direzione in cui sta andando il nostro settore, mi permette quindi di essere costantemente aggiornato, quello che ricevo in cambio è sicuramente maggiore di quello che do. Amo i progetti in cui vedi ben sintetizzati i principi base del design, in cui il progettista è consapevole di quello che sta facendo, in cui il risultato visivo è frutto di un percorso pensato e di una scelta sensata. Le mode del momento vanno e vengono, ma quei principi restano saldi nel tempo.

Dalla Pratica… alla teoria! Ho letto che stai scrivendo un libro sul Branding! Come è nata questa idea?
Qualche anno fa ho tenuto una serie di workshop e seminari in giro per l’Italia. Dopo quella esperienza ho ricevuto diverse richieste per continuare alcuni discorsi iniziati durante quegli incontri, ho quindi deciso di trascrivere quella che negli anni è stata la mia esperienza come brand designer, analizzando anche il percorso creativo e progettuale di alcuni miei lavori, partire da lì quindi come spunto per parlare delle regole fondamentali del branding.

Che consiglio daresti a chi si approccia adesso al tuo lavoro?
Di essere sempre curiosi, leggere libri del settore e non, visitare mostre, sfruttare al meglio tutti i mezzi attuali per soddisfare questa voglia di saperne di più, cercare stimoli visivi anche attraverso film o video games. Avere un certo bagaglio può di certo fare la differenza. Inoltre, penso che sia fondamentale non smettere mai di studiare, continuare a farlo anche quando si pensa erroneamente di saperne abbastanza.

Un film e un libro che ti hanno cambiato la vita.
Sono da sempre un appassionato di cinema, pur usufruendo delle piattaforme streaming amo collezionare film in bluray, anche perché amo gli extra che contengono approfondimenti sui diversi aspetti di produzione e realizzazione dei film. Non ho limiti di gusto, vedo indistintamente film muti degli anni ‘20 dello scorso secolo, film dell’età d’oro di Hollywood, cinema francese, neorealismo italiano, ma anche blockbuster e b-movies. Per questo motivo non ho un film preferito in particolare, ma è stata in generale la scoperta del cinema a cambiarmi la vita. Però posso citare una serie tv che ho molto amato, si tratta di Med Man, serie sugli albori dell’advertisement nella New York degli anni ‘60 in una certa Madison Avenue, di cui consiglio la visione a tutti quelli che si approcciano al nostro settore. Per quanto riguarda il libro non posso non citare Alice in Wonderland, il libro feticcio di tutte le persone curiose e a cui io e mia moglie ci siamo ispirati per il nome di nostra figlia.

Una parola che ti rappresenta.
Senza dubbio minimal, è qualcosa che da sempre ho cercato di rendere al meglio nei miei progetti. Semplicità e essenzialità per esprimere al meglio un concetto con il minor numero di elementi possibili. Negli anni ho cercato il più possibile di renderlo mio, facendolo diventare anche un modo di pensare e di risolvere i problemi della vita quotidiana. Il cercare di arrivare a una soluzione nel modo più semplice, un po’ come si faceva da bambini, semplificando e mai complicando.

Tre cose a cui non potresti mai rinunciare.
Il mio Ipad, perché vivendo fuori da anni ho la possibilità di portare sempre con me tutti i miei libri e le mie riviste, ma anche per i miei scarabocchi o per appuntare note quando non ho con me fogli di carta, soprattutto nella fase esplorativa e di sviluppo di un concept, poi la musica che da sempre mi aiuta a rilassare la mente e lo smartphone per la fotocamera, dato che mi permette di poter scattare foto che possono poi servire ad ampliare la mia cartella di ispirazioni.

Cosa ti guida?
Il poter fare un lavoro che fortunatamente amo fare, l’essere continuamente stimolato dai nuovi progetti lavorativi, ogni nuovo progetto è sempre una nuova sfida. Sono sempre curioso di scoprire dove il mio lavoro può portarmi.

Progetti futuri?
Prima di tutto ho in programma di aggiornare finalmente il mio portfolio, sono ormai 5 anni che non lo faccio perché collaborando quasi esclusivamente con agenzie non ho più avuto questa esigenza, ma ora ho una gran voglia di far vedere alcuni lavori realizzati negli ultimi anni. Inoltre, ho trovato molto stimolante gli incontri e i seminari fatti in passato, potrebbe essere arrivato il momento di organizzare nuovamente qualcosa, dato che la pandemia ha reso la voglia di incontrare gente ancora più grande. Per quanto riguarda invece il futuro mi auguro davvero di poter continuare a svolgere al meglio il mio lavoro, ad essere stimolato e continuare a non annoiarmi. Ci sono nuove sfide che mi piacerebbe realizzare al meglio, alcune di queste riguardano Londra, altre invece l’Italia. Ma resto pur sempre campano e da buon campano sono molto scaramantico, non ne parlo fino alla completa realizzazione

07.07.2022 # 6096
Generazione ILAS: intervista a Stefano Perrotta

Urania Casciello //

Generazione ILAS: intervista a Marco Civale

Tra mille passioni e un canale Youtube, il fotografo e retoucher Marco Civale si racconta in un‘intervista per Generazione Ilas

Marco Civale è fotografo, fotoritoccatore e creatore di contenuti. Nato in un piccolo paese a pochi passi dal mare, vicino alla Costiera Amalfitana, dopo aver frequentato il Corso di Fotografia a Napoli, vive e lavora a Londra. Artista con tantissime passioni, ha aperto un canale YouTube che gli permette di aiutare con i suoi tutorial chiunque abbia i suoi stessi interessi per la fotografia e il fotoritocco.

Hai sempre saputo di voler diventare fotografo?
Ho tantissime passioni, la fotografia è stata una scelta tra le tante, in quanto non è l‘unica cosa che amo, ma che mi permette di unire tutta la mia creatività. La fotografia è arrivata attraverso un percorso fatto nel tempo.

Che ricordo hai del percorso alla Ilas?
Ricordo con piacere tutti gli shooting fatti con Ugo Pons Salabelle e con Fabio Gordo. Da fotografo dilettante ho acquisito le conoscenze per essere un professionista. Investire in formazione è sempre la scelta giusta da fare ed è la chiave per il successo. Da quando ho iniziato a studiare non ho mai smesso e ancora adesso continuo ad approfondire e studiare.


Dalla Ilas sei finito subito a Londra. Raccontaci un pò.
Subito dopo l’esperienza alla Ilas, con il portfolio realizzato, ho trovato lavoro a Londra in un‘agenzia come fotografo e fotoritoccatore per poi diventare coordinatore della fotografia.La preparazione scolastica e poi aziendale mi hanno dato la possibilità di abbracciare una forma mentis strutturata. Ora lavoro come fotografo freelance e creo contenuti per il mio canale Youtube.



Su quali progetti ti sei concentrato nell’ultimo periodo?
I progetti su cui mi sono concentrato sono diversi, da foto per brand di make up a prodotti naturali o floreali. Tra i brand di abbigliamento troviamo Sister Jane, Marina Rinaldi, Fabrizio Viti tra i tanti.



Come è partito il progetto del canale Youtube?
In passato mi ero già occupato di video recensioni. Diventato fotografo professionista ho iniziato a fare video sulla fotografia per il semplice fatto che ho notato che mancava, soprattutto sul fronte italiano, una sorta di approfondimento su alcune tematiche. Aiutando gli altri, si può poi nel tempo ampliare i propri progetti e ambire ad altro. Durante la pandemia, stando tanto tempo in casa, ho sacrificato il mio tempo per dedicarmi tantissimo al canale.



Che consiglio daresti a chi si sta avvicinando ora al mondo della fotografia e del fotoritocco?
Consiglio di non pretendere troppo da se stessi, la fotografia è una cosa che arriva con il tempo. Consiglio di sperimentare tanto e di non avere paura del giudizio degli altri, perché iniziamo tutti da zero. Consiglio inoltre di seguire il proprio istinto, tutti mi dicevano di non andare via e invece ora sono a Londra e sono fiero della scelta che ho fatto.



Chi è il tuo fotografo preferito, perché?
Andrò contro corrente e piuttosto che guardare al passato guarderò al presente. 
https://www.instagram.com/ianhippo è una grande! Penso sia la mia fonte di ispirazione e dietro ogni sua fotografia si riesce a distinguere la ricerca fotografica ed il lavoro di squadra. Anche lui in quel di Londra, chissà se un giorno avrò la possibilità di collaborare con lui. Ha un canale YouTube dove mostra alcuni retroscena dei suoi shooting, seguitelo!



Tre persone che vorresti fotografare? 
1) HoYeon Jung - quando l‘ho vista recitare in Squid Game mi hanno colpito i suoi tratti. Super espressiva e penso possa essere una modella molto interessante proprio per le espressioni ed i tratti delicati che ha.
2) Lorde - adoro le sue canzoni e rispecchiano molto il mio carattere, è quasi sempre presente in sottofondo mentre scatto o ritocco. Si è capito che mi piacciono i volti delicati. 
3) Jennifer Lawrence - innamorato follemente di lei in Hunger Games, Passenger, the Avengers ed altri. Le farei delle foto perché è pazzesca!



Per un mese puoi scattare o a colori o bianco e nero?
Il bianco e nero lo userei per i ritratti. Ma la mia risposta è 100% colori.



Come ti vedi tra 10 anni?
Spero di avere un mio studio a Londra e insegnare fotografia in giro per il mondo.


27.06.2022 # 6084
Generazione ILAS: intervista a Stefano Perrotta

Urania Casciello //

Generazione ILAS: intervista a Anna Ventrella

Tra diari d’infanzia e libri che hanno cambiato la sua vita, la Content Manager Anna Ventrella si racconta in un’intervista per Generazione Ilas

Anna Ventrella, classe ‘86, inizia a capire che la scrittura sarebbe stata la sua migliore amica nella vita all’età di 10 anni. Durante gli anni del liceo sperimenta la sua passione componendo poesie, monologhi teatrali e racconti. Un suo monologo teatrale lo recita anche in uno spettacolo a cui prende parte come attrice. Per diversi anni il suo grandissimo amore è stato il teatro, accumulando ben 15 anni di “divertimento” nella nobile arte della recitazione. All’università si avvicina al mondo del cinema, passione da sempre presente nella sua vita e decide di partire per Roma, facendo la sua primissima esperienza lavorativa come assistente alla regia per la Taodue. Per un anno lavora come assistente alla regia, avendo anche la fortuna di conoscere da vicino il set cinematografico di Gomorra - produzione della Cattleya. Si accorge, in realtà, presto che quella non era la sua strada. Trascorre un due anni a fare esperienze lavorative ancora differenti, che l’avvicinano sempre più al mondo della vendita. Il master in Social Media Marketing all’ILAS diviene determinante per la sua carriera, perché è lì che inizia a capire qual è veramente la sua strada, ovvero il web copywriting. La collaborazione dapprima con una web agency sul territorio napoletano e poi in un e-commerce di moda, in qualità di web copywriter, le fanno capire che la sua strada è il mondo della scrittura per l’online. Fonda la sua azienda ANSELU’, creando un gruppo di lavoro di 10 persone, tutte appassionate di comunicazione e content marketing con le quali segue progetti di digital marketing.


(Urania Casciello) Come mai hai deciso di fare questo lavoro?
(Anna Ventrella) Ho sempre amato la scrittura, fin da piccola scrivevo poesie, avevo i miei diari. Uno dei primi regali a cui tengo di più è proprio un diario che ho riempito tutto e oggi qualche volta lo rileggo, questa cosa mi fa tanto sorridere. Poi, una mia cara cugina mi ha spinto verso la scrittura e da lì ho capito che scrivere sarebbe potuto essere un lavoro. Quando poi sono andata alla Ilas, ho avuto due docenti che sono stati determinanti: Fulvio Iannucci e Mariya (Mascia) Zakhryalova.

Abbiamo già voglia di leggere qualcosa di tuo, dove possiamo farlo?
Tra le realtà con cui collaboro c’è Studio Samo per il quale mi occupo di scrittura di articoli di blog, un lavoro che mi da modo di studiare costantemente e conoscere e approfondire tanti nuovi argomenti. QUI tutti gli articoli realizzati per Studio Samo. Tra gli altri lavori realizzati nell’ultimo periodo troviamo https://www.mobydicktoken.net/ e per Arkys, agenzia con cui collaboro, https://iquadro.energy. 

C’è qualche progetto che ti ha appassionato ultimamente?
Scelgo sempre progetti che mi appassionano, tutto quello che faccio lo faccio con amore e dedizione, in particolare da dicembre ho iniziato a seguire un progetto sulle criptovalute e blockchain. È un progetto molto sfidante che mi da la possibilità di sperimentare in un settore nascente che sarà il nostro futuro.

C’è stata qualche esperienza lavorativa “difficile”?
Questo è un settore dove le cose “strane” sono all’ordine del giorno. Anche le incomprensioni, soprattutto adesso che si lavora da casa e ci si incontra meno dal vivo. Ed è facile non capirsi. Quindi quando si fa un lavoro come il mio devi diventare molto bravo ad entrare nella testa del cliente e capire le sue esigenze. Avere qualche “scontro” fa bene, sia a te stesso che agli altri, perché si cresce insieme. 

Cosa consigli a chi vuole intraprendere un percorso lavorativo come il tuo?
Creare contenuti è un lavoro molto impegnativo che richiede tantissimo studio e tantissime ore iniziali in cui devi metterti lì e capire l’obiettivo che vuoi raggiungere. Consiglio di fare tanti corsi di formazione, studiare tanto e fare networking. Per iniziare consiglio di lavorare proprio sulla scrittura del proprio blog personale.

Cosa fai per essere sempre aggiornata?
Seguo Alessio Beltrami, Luca Orlandini, Fabio Antichi.
Ma anche scrivere per Studio Samo mi dà la possibilità di studiare tantissimo! Diciamo che lavorare con tematiche diverse mi mette sempre nella condizione di imparare. Più fai, meglio è. Inoltre, proprio con Fabio Antichi e con il format di interviste Aperiweb ho avuto la possibilità di parlare e conoscere diversi esperti di settore e quindi è sempre stato facile rimanere aggiornata su un sacco di tematiche interessanti. 

Tre cose di cui non potresti fare a meno sulla terra.
I propri affetti, la musica e lo sport.

C’è un libro che ti ha cambiato la vita?
Ce ne sono due: Padre ricco, padre povero di Robert T. Kiyosaki e Le Armi della Persuasione di Robert Cialdini. Il primo mi ha cambiato la vita perché dopo averlo letto sono passata da dipendente a libera professionista. Il libro parla di investimenti ma si può leggere da tutti i punti di vista, quello più importante: investire su se stessi. Il secondo mi ha aiutato tantissimo perché si concentra molto sulle tecniche che possono essere utilizzate per influenzare il nostro interlocutore. Poi c’è Lettera a un bambino mai nato scritto da Oriana Fallaci che porto sempre nel cuore, soprattutto la parte sulla Polvere di Luna.

E invece un film?
Non c’è un film in particolare ma amo tantissimo la filmografia di Robin Williams e Tom Hanks.  La figura cinematografica che invece ha influenzato di più il mio percorso di vita è Charlie Chaplin.

Che cosa ti tira giù dal letto la mattina?
La voglia di fare meglio e di più.

Come descriveresti il tuo lavoro ad una persona del 1800?
Scrivo per le persone.

Come ti vedi tra 10 anni?
Spero di vivere in Toscana in un bel casale dove apro la finestra e vedo il verde. Spero di lavorare ma non troppo e di avere una famiglia.

16.05.2022 # 6059
Generazione ILAS: intervista a Stefano Perrotta

Urania Casciello //

Generazione ILAS: intervista a Simona Falco

Tra comunicazione, social nel presente e nel futuro (Metaverso), passando per creatività e razionalità, Simona Falco si racconta in un'intervista per Generazione Ilas.

Simona Falco si occupa di comunicazione digitale.
Da due anni lavora presso l'Università Ca' Foscari di Venezia come "Communication Manager e supporto all'organizzazione e al coordinamento degli eventi" per un progetto europeo che mira a trovare nuove forme di collaborazione tra le imprese culturali e creative (CCI) e le imprese manifatturiere avanzate (AVM) che abbiano innestato un processo di innovazione nell'ambito delle nuove tecnologie e della comunicazione innovativa. Dal 2016 collabora come social media manager freelance con varie agenzie di comunicazione e pubblicità italiane e con aziende italiane in maniera autonoma. Ha esplorato l'ambito pubblicitario in senso stretto realizzando alcune sceneggiature per spot pubblicitari e ha approfondito l’ambito della scrittura per la televisione prendendo parte ad un gruppo autoriale di un piccolo format tv tutto al femminile.




Come ti descriveresti?
Se dovessi pensare a quattro aggettivi adatti a descrivere la mia personalità direi: curiosa, tenace, creativa e con una buona dose di intelligenza emotiva.Da sempre mi affascina la comunicazione in tutte le sue forme, convivono in me due parti diverse in un equilibrio personalissimo: l'amore per la creatività e l'esigenza di razionalità e concretezza. Non ho voluto rinunciare a nessuna delle due parti bensì le ho coltivate entrambe. Ho conseguito la laurea in economia aziendale, con tesi in marketing: “gli eventi quali strumenti di comunicazione commerciale per lo sviluppo del territorio”, e nel contempo ho preso il diploma in recitazione e regia teatrale, che ho approfondito recensendo spettacoli teatrali come apprendista giornalista nel settore cultura e spettacolo presso una testata giornalistica.Ho esplorato quindi cosa vuol dire comunicare con il corpo, con le parole, con le luci, con i silenzi, come l'altro risponde agli stimoli esterni e nel frattempo ho studiato i metodi e i processi di comunicazione e pubblicità aziendali. La mia vera curiosità è scoprire come funziona l'essere umano e grazie a questo tipo di formazione ho cominciato a capire e sperimentare come l'uomo processa le informazioni, le sue emozioni, per riuscire a trovare modelli comunicativi adeguati.

Qual è stato il momento esatto in cui hai deciso che il tuo percorso lavorativo sarebbe stato nel mondo dei social?
In realtà non l'ho deciso ma sta accadendo da quando mi sono iscritta alla Ilas. Mentre seguivo il Corso di Social Media Marketing già facevo pratica per un'azienda. Pian piano ho costruito un portfolio clienti in vari settori, come fashion, il food ad enti di formazione. Negli ultimi anni sto dando priorità a progetti culturali innovativi, come quello che seguo per l'Università Ca' Foscari di Venezia e la collaborazione con il Palazzo Reale di Napoli per il "Summer Fest". La comunicazione degli eventi culturali mi appassiona molto, sono un ottimo strumento per lo sviluppo del territorio e una grande attrazione per il turismo.

Cosa ti affascina del mondo della comunicazione e nello specifico dei social?
La ricerca e la creatività. Mi piace molto sperimentare. Di certo c’è un gran lavoro di analisi per elaborare una strategia di comunicazione da cui scaturisce una campagna pubblicitaria ma non è una scienza esatta. Non saprai mai in anticipo se l'idea funziona. Che sia un post, uno spot o un evento bisogna agire in maniera creativa in linea con la strategia, raccogliere i risultati, controllare i dati e su questi riassestare le idee. Lo stesso vale per uno spettacolo teatrale o un'opera d'arte, in quanto, ci si rivolge alla sensibilità delle persone e la mente umana è spesso un'incognita. Il Neuromarketing, su questo ci viene in soccorso. Bisogna conoscere bene i processi che sono alla base della comunicazione per colpire il bersaglio. L'incognita è il rischio più grande che c'è in questo lavoro e chi opera con successo la percepisce come una sfida.

Che ricordi hai del tuo percorso alla ilas?
Nel 2015 mi resi conto che i social incominciavano ad occupare uno spazio importante nella vita delle persone e delle aziende, così decisi di approfondire. All'epoca mi occupavo di teatro, avevo appena firmato la mia prima regia teatrale per uno spettacolo al piccolo Teatro Bellini di Napoli e lavoravo come direttore casting. Un giorno, un mio collega mi incaricò di organizzare un casting per la ricerca di due attori per uno spot pubblicitario da realizzare all'interno di un corso della Ilas. Così scoprii l'esistenza di ciò che cercavo, un istituto di grande professionalità con docenti che esercitavano il mestiere che insegnavano, cosa fondamentale e non sempre scontata. Me ne innamorai e decisi di iscrivermi a due corsi: “social media manager e web marketing” e “comunicazione e pubblicità 2.0” frequentando anche il laboratorio di pubblicità. Mi aprí la mente! Un anno meraviglioso in cui imparai tantissimo. I percorsi della Ilas offrono una formazione completa nell’ ambito della comunicazione digitale con professionisti disponibili e aperti al dialogo. Partivo da zero sui new media ed ora il Business Manager è il mio amico fidato, ma la cosa più importante è stata acquisire il mindset giusto.

Parlaci un po' del tuo lavoro alla Ca' Foscari. Come è iniziata questa avventura? In che modo sta procedendo?
Due anni fa ho vinto un bando presso l'università Ca Foscari di Venezia per occuparmi di un progetto Interreg Central Europe "COCO4CCI" nel quale sono coinvolti sei paesi europei, Italia (con l'Università Ca’ Foscari e Confindustria Veneto Siav), Germania, Austria, Slovenia, Polonia e Slovacchia. I ricercatori stanno sviluppando una roadmap per implementare collaborazioni lavorative fruttevoli tra (CCI) e (AVM) dell'Europa centrale, che abbiano innestato un processo di innovazione, attraverso il lancio di diverse "Challenge" concrete. L'ambito di intervento riguarda l'innesto di nuove tecnologie, l’intelligenza artificiale, la sostenibilità, la digital transformation, la comunicazione innovativa per la crescita economica e sociale dei paesi coinvolti.All’interno di questo meraviglioso progetto, mi occupo sia della comunicazione online e offline delle attività interne ed esterne che dell'organizzazione e coordinamento delle"challenge" in tutte le sue fasi, partendo dalla divulgazione delle sfide (in qualità di ufficio stampa e social media manager) al reclutamento dei creativi professionisti all'organizzazione delle visite aziendali, dei webinar di formazione, fino al pitch finale, nel quale i creativi sviluppano l'idea innovativa per risolvere il problema aziendale precedentemente definito dalle imprese italiane scelte per il progetto. Un contesto innovativo e dal respiro europeo. Sono molto orgogliosa di far farte.

Strategia e Piani editoriali, raccontaci una giornata tipo di una social media manager.
Già da 5 anni, gran parte del mio lavoro lo svolgo in smart working. Questo ha aumentato lamia produttività permettendomi di creare una rete di contatti con i vari professionisti di questo settore creando collaborazioni fruttevoli e consolidatesi ne tempo.Negli orari lavorativi sono sempre reperibile e a disposizione dell' agenzia con la quale collaboro e/o con i clienti che gestisco autonomamente.Quindi in genere, la mattina la dedico ad allinearmi sull' ordine del giorno e poi si parte!Un piano di comunicazione scaturisce da un’analisi approfondita del brand, dei competitor e del mercato di riferimento. Si passa poi all’identificazione del target di riferimento e degli obiettivi a breve e lungo termine. Su questi elementi si elabora una strategia di comunicazione dalla quale scaturisce il piano editoriale, che è l'insieme delle azioni da intraprendere per espletare la strategia comunicativa.L’art director e il copywriter traducono in immagini e parole ciò che si vuole comunicare.Essendo freelance mi occupo di tutte queste fasi, ad oggi più a livello strategico collaborando con ottimi professionisti del settore, nei vari ambiti diversi in base alle esigenze specifiche del cliente.Dopo una lunga gavetta di lavoro operativo sui social, che mi ha permesso di comprendere bene come funzionano le campagne pubblicitarie (soprattutto su Facebook, Instagram e linkedin) oggi do molto spazio ed importanza all'elaborazione della strategia e alla definizione degli obiettivi. Qualsiasi post, campagna pubblicitaria, spot pubblicitario, evento osito ecommerce deve essere funzionale alla strategia. L'improvvisazione non porta da nessuna parte. 

Qual è la sfida più grande (lavorativa) che hai dovuto affrontare fino ad oggi?
Di sicuro il lavoro con l'università Cà Foscari di Venezia. Lavorare fianco a fianco con ricercatori universitari, direttori scientifici di progetto, Confindustria Veneto, dirigenti di alcune tra le più grandi aziende italiane è stato molto formativo. Inoltre interagire con le rispettive realtà nei vari paesi europei partner di progetto mi ha dato una visione più ampia di cosa accade in Europa in questo ambito.Molto formativo è stato anche l'approfondimento del settore delle nuove tecnologie innovative applicate sia alle aziende manifatturiere che alla aziende creative. C'è da dire che anche la collaborazione con diverse agenzie di comunicazione e pubblicità mi ha formato molto. Ho capito quali erano i miei limiti e i miei punti di forza e ci ho lavorato affinando il "metodo di lavoro". Di fondamentale importanza in un'agenzia è il lavoro di squadra, il rispetto per il lavoro altrui e lo scambio di idee. Il brainstorming, che è una delle tecniche di gruppo per far emergere idee creative, è un strumento che mi piace molto.

Essere aggiornati è alla base del lavoro di un Social Media Manager. Cosa fai per tenerti al passo coi tempi? 
Segui qualche sito/rivista/guruin particolare?Seguo ciclicamente corsi di aggiornamento, cosa fondamentale in quanto nel settore dei social media le cose cambiano molto velocemente. L’aggiornamento è fondamentale e la creatività è l'elemento di successo di una campagna pubblicitaria ma va costantemente allenata, infatti seguo ciclicamente dei laboratori per svilupparla sia in termini pratici che di mindset. Ad esempio, ultimamente, ho approfondito l’impiego del Design Thinking, un approccio all’innovazione basato sulla capacità di risolvere problemi complessi utilizzando una visione e una gestione creativa. Sono specializzata nella promozione di eventi culturali e creativi, in questo periodo, sto proprio effettuando uno studio su cosa accade in Italia e in Europa in questo ambito con uno sguardo particolare alle comunicazione innovativa.

Che consiglio daresti a chi si approccia adesso al tuo lavoro?
Di formarsi e studiare in centri accreditati e/o con professionisti del settore come la Ilas avere tanta costanza e ambizione, lasciare un occhio aperto sulle nuove tecnologie e sviluppare skill creative. Le tecnologie evolveranno ma il fattore umano non potrà mai essere sostituito, nella fattispecie, la sua capacità di trovare soluzioni creative.

Come pensi che evolveranno i social tra qualche anno?
Da un lato c'è la questione della sicurezza dei dati, dall' altro c'è un gran parlare su cosa diventerà il Metaverso. Secondo un rapporto della banca d’affari JP Morgan, diventerà un mercato da 1 trilione di dollari di revenue annuali.In linea generale si pensa che il Metaverso rivoluzionerà internet trasformandolo in una rete non di pagine web, ma di luoghi immersivi, interconnessi . Un'altra ipotesi lo definisce non come realtà sintetica ma come il mondo che vediamo arricchito da oggetti e informazioni digitali che si sovrappongo alla nostra visione. Accadrà quindi che gradualmente sempre più persone lasceranno i social media per immergersi in mondi più coinvolgenti e i brand, gli influencer e anche le istituzioni, dovranno interrogarsi su come poter essere parte di questo nuovo web. Le piattaforme di gioco e di intrattenimento, ad esempio, si stanno trasformando sempre più in luoghi di socializzazione, molti grandi brand li stanno già sperimentando. Balenciaga, Nike, Moncler, hanno scelto "Fortnite" per mettere in vendita i loro capi iconici per vestire gli avatar dei giocatori.

Ci sono degli account social che segui con interesse e che ti piacciono come vengono gestiti?
Mi viene subito in mente Taffo, che ha fatto dell’ironia e del real time la chiave del suo successo per i social con slogan spesso provocatori e decisi, sdoganado il black humour inItalia. una scelta coraggiosa rivelatasi vincente. Oreo e Kitkat hanno fatto storia con la mossa partita da un tweet di un utente che scrisse: “Posso dire che mi piace un po' troppo il cioccolato quando seguo @KITKAT e @Oreo.Dopo poco arrivò la risposta di Kit Kat che sfidava Oreo al gioco del "Tris" offrendo al rivale la possibilità di risposta. Oreo rispose rifiutando con educazione e complimentandosi con KitKat.McDonald's, quando si aprì al settore caffetteria nel 2015, milioni di persone in molti paesidel mondo aderirono alla campagna fortemente social presentandosi nei punti vendita vestitiin pigiama in cambio di una colazione gratis, facendo entrare il tweet #ImLovinIt nei trendtopic mondiali già al mattino.In ambito culturale il MoMA è il museo più seguito al mondo sui social media, molto attento ai trend della comunicazione digitale e veloce ad approdare per primo sulle nuove piattaforme, sulle quali costruisce la maggior parte del suo seguito proprio nelle fasi iniziali del processo. All’inizio del lockdown, ad esempio, realizzò una serie di contenuti per fornire consigli sui film da guardare a casa e offrí suggerimenti per far disegnare i bambini.Ancora Ceres, Fanpage, Freeda, the Jackal, Lego. Questi sono esempi a cui ispirarsi.Da non sottovalutare è l'Influencer marketing, soprattutto nell'ambito del makeup e del fashion nei quali è diventato una risorsa indispensabile.Tre cose di cui NON si potrebbe fare a meno sulla terra.Me ne viene in mente solo una ed è l'amore, in ogni sua forma. Dopo la salute ovviamente ed infine il buon cibo.

Cosa ti tira giù dal letto la mattina?
La consapevolezza che tutto può cambiare e cambierà. La curiosità di vedere in che modo.

Come descriveresti il tuo lavoro ad una persona del 1800?
Gli direi che faccio conoscere i prodotti, che le fabbriche producono, alle persone che ne sono interessate attraverso un meccanismo magico.

Come ti vedi tra 10 anni?
Inutile fare piani e previsioni, la mia vita cambia ogni 5 anni. Vediamo cosa accade.

26.04.2022 # 6032
Generazione ILAS: intervista a Stefano Perrotta

Urania Casciello //

Generazione ILAS: intervista a Vanda Petrella

Tra musica, città Europee, sogni, magie, fotografia e graphic design, Vanda Petrella si racconta in un'intervista per Generazione Ilas.

Vanda Petrella, nasce nel Sud Italia, a Capua, nel 1990. Laureata in Giurisprudenza, ha studiato Fotografia, Graphic Design e Social Media Marketing. Dopo aver trascorso gli ultimi anni tra Roma e Londra, attualmente vive e lavora a Berlino.

Come ti descriveresti?
Complessa e mutevole. Una curiosa esploratrice. 

Qual è stato il momento esatto in cui hai deciso che volevi diventare fotografa? 
In realtà non c’è stato un momento preciso, lo descriverei più come una graduale presa di coscienza. Un processo che ha radici lontane.
Mio padre che scatta in continuazione fotografie con la sua camera (una Yashica FR2 che ad oggi utilizzo spesso per i miei lavori) e un mobile pieno zeppo di rullini sviluppati e fotografie stampate sono i primi ricordi. Ma il primo approccio reale, consapevole, è avvenuto nel 2012. Vivevo in Spagna, a Granada, e una delle mie coinquiline era una fotografa, Laure. Con lei ho iniziato a scattare foto durante i nostri viaggi e capire davvero come funzionasse una reflex. Dopo quell’anno incredibile in Spagna la fotografia non mi ha mai abbandonata e credo sia stato più o meno nel 2016 il momento in cui ho realizzato che quella era la strada che volevo percorrere. 

Cosa ti affascina del mondo della fotografia?
La fotografia è una porta che ti apre a nuovi mondi, ti consente di navigare attraverso immaginari visivi e di dare nuove possibilità alla realtà. Mi piace vivere in quel piano di sospensione tra il reale e l’immaginato. A differenza di altre arti visive come la pittura o l’illustrazione, la fotografia non è mai astrazione al 100% ma parte sempre e inevitabilmente da un contatto con la realtà. L’interazione che avviene attraverso la macchina fotografica è con elementi reali che esistono nello spazio, a prescindere che siano persone, oggetti o paesaggi. Ciò che poi ne viene fuori è solo una delle possibili e infinite interpretazioni.



Che ricordi hai del tuo percorso alla ilas?
L’anno trascorso all’Ilas, durante il quale ho frequentato contemporaneamente il Corso di Fotografia e di Grafica, è stato un anno di crescita, di stimoli e di nuove prospettive. Ho avuto degli insegnanti che sono stati in grado non solo di darmi delle solide basi tecniche, ma soprattuto di andare al di là del mezzo, insegnandomi il significato di un linguaggio, quello visivo. Ho imparato tanto, ma allo stesso tempo mi sono divertita e ho conosciuto delle persone che ancora oggi fanno parte della mia vita personale e professionale. 

Qual è la sfida più grande (lavorativa) che hai dovuto affrontare fino ad oggi? C’è qualche aneddoto?
La più grande sfida lavorativa è stata proprio riuscire a lavorare con la fotografia e la grafica! È stato molto difficile all’inizio trovare delle opportunità che non solo mi consentissero di mettere in pratica tutto ciò che avevo imparato, ma che allo stesso tempo fossero sufficientemente remunerative. Guardando indietro, i primi shooting sono stati delle vere e proprie avventure! Il lavoro era tanto ed il budget serviva solo a coprire le spese. Ma avevo bisogno di fare esperienza, di mettermi alla prova. Quindi ho accettato lavori per i quali mi trovavo a scattare su set diciamo “non convenzionali”, nel salone di casa o nel giardino. Quando si dice fare di necessità virtù!

C'è una fotografia che hai fatto che più ti rappresenta?

Questa foto è tratta da “Blooming”, uno degli ultimi progetti che ho realizzato qui a Berlino, pubblicato sulla rivista PurpleHaze Magazine. Mi interessa molto raccontare la femminilità da un prospettiva femminile, restituendole autenticità e superando le mille narrazioni maschili che da sempre sono state dominanti. L’idea è quella di ritrarre delle Muse, in grado di ispirare se stesse e altre donne, in uno spazio sacro che appartiene solo a sé stesse e nel quale sono libere di esplorare la femminilità al di là delle banali etichette che ne sono state date. 




Sul tuo sito c'è una sezione dedicata a ResistDance, una serie di foto analogiche scattate a Berlino che ritraggono gli ingressi dei più importanti Club della città. Raccontaci come è nato il progetto e se hai qualche aneddoto da raccontarci. 

RestistDance è una serie di foto a cui sono legatissima, non solo perché è stato il primo progetto realizzato a Berlino, ma anche perché ha coinciso con un grande momento di cambiamento nella mia vita.

 
Berlino non è una città d’impatto, come Londra o Parigi, è un luogo che va scoperto lentamente. Contiene molti angoli nascosti e magici, ma bisogna addentrarsi, sapere dove andare. I club berlinesi, più di tutti, sono i luoghi nei quali si può cogliere l'energia della città. Sono delle vere e proprie istituzioni ed io non volevo assolutamente perdermeli. Purtroppo il tempismo non è stato dalla mia perché dopo solo una settimana dal mio arrivo hanno chiuso di nuovo tutto. Ma non ho desistito, ho deciso di andare comunque a vedere tutti i principali club. Sapevo che in ogni caso, sarebbero stati dei luoghi interessanti. E a quel punto è iniziato un viaggio nel viaggio, scandito da porte chiuse, dietro le quali si nascondeva un mondo temporaneamente inaccessibile. Più scattavo e più il progetto svelava il suo duplice significato: da un lato la testimonianza di una mia personalissima esperienza, dall’altro il racconto di un momento storico di transizione che aveva coinvolto le vite di tutti. 

 
Il Berghain è stato il più difficile. Quando sono arrivata davanti a questo maestoso edificio ho trovato moltissime persone impegnate a scattare foto, come normalmente succede solo davanti a un monumento. All’improvviso un uomo con il suo carrello della spesa si ferma a contemplare l’enorme scritta che si trova sull’edificio:  “Morgen ist die frage” - “Domani è la domanda”. E in effetti il domani era la domanda che tutti ci stavamo ponendo. Poco dopo, girato l’angolo il mio sguardo si posa su una grossa scritta su un muretto: RESISTDANCE. In quel momento di riflessione e di incertezza, quella scritta mi è sembrata un messaggio rassicurante, ed è lì che è nato il nome del progetto. Non solo la resistenza della musica e della club culture, ma una resistenza collettiva che non lasciava fuori nessuno.


Berlino, Londra, Roma? Cosa hai amato di queste tre città? In quale altro luogo vorresti vivere?
Roma è maestosa e caciarona.
Londra è spettacolare e piena di stile.  
Berlino è folle e creativa. 
 
Mi piacerebbe vivere a Parigi o Barcellona. C’è un richiamo crescente verso luoghi che mi ricordano casa. Non solo per il clima o la lingua, ma soprattutto per il modo di vivere la città. A Berlino tutto avviene all’interno, nei luoghi chiusi. Bar, ristoranti, club. Le strade sono sempre poco affollate e silenziose. Mi piacerebbe in futuro spostarmi in una città dove si vive di più all’esterno, dove la strada è viva e fa rumore. 

C'è un fotografo che ami più di altri? 

Carlota Guerrero. 
È una fotografa, donna. Il suo sguardo è rivolto tutto all’universo femminile ed è davvero rivoluzionario. Scatta in analogico ed ha definito l’estetica di alcune delle mie artiste preferite, come Solange o la poeta Rupi Kaur. 

Che consiglio daresti a chi si approccia adesso al tuo lavoro?
Di darsi tempo e di essere fedele al proprio sguardo. Ah e poi evitare di confrontarsi con gli altri aiuta molto! Siamo talmente bombardati da immagini e da gente che fa cose, che spesso perdiamo il focus. Bisogna concentrarsi su se stessi e sul proprio percorso. 

Ci sono film da guardare, riviste da seguire, che consigli a chi vuole percorrere la carriera di fotografo?
Consiglio di nutrirsi di contenuti di qualità e soprattutto selezionati, seguendo una propria ricerca. Chiunque voglia intraprendere la carriera di fotografo dovrebbe avere un po’ di conoscenza del cinema, seguendo i propri gusti. Tra i miei preferiti Fellini, Lina Wertmüller Spike Lee, e Iñárritu. 
Le riviste sono bellissime e piene di spunti e stimoli. Io seguo moltissimo riviste come Crack Magazine, Wip Magazine e Brick Magazine.

Se la fotografia fosse un brano musicale, quale sarebbe e perchè?
Troppo difficile trovare un brano solo! Però quando ho iniziato a scattare ascoltavo moltissimo i Buena Vista Social Club, e quell’unione di vitalità e nostalgia, tipico della musica latina, la ritrovo e la ricerco spesso nella fotografia. 

Hai la possibilità di scegliere come guardare il mondo per un giorno? Scegli Bianco e nero o colori? 
Bianco e nero. Normalmente vedo e immagino tutto a colori, uso poco il bianco e nero.  Sarebbe interessante cambiare sguardo per un giorno.

Tre cose di cui NON si potrebbe fare a meno sulla terra.
Il cibo
La musica 
Le persone 
 
Cosa ti tira giù dal letto la mattina? 
L’ansia.
Per quanto ami dormire, il lavoro, e le tante cose da fare mi fanno attivare abbastanza presto la mattina. 
 
Cosa dobbiamo aspettarci da te?
Bellezza e magie. 

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