Vanda Petrella, nasce nel Sud Italia, a Capua, nel 1990. Laureata in Giurisprudenza, ha studiato Fotografia, Graphic Design e Social Media Marketing. Dopo aver trascorso gli ultimi anni tra Roma e Londra, attualmente vive e lavora a Berlino.
Come ti descriveresti?
Complessa e mutevole. Una curiosa esploratrice.
Qual è stato il momento esatto in cui hai deciso che volevi diventare fotografa?
In realtà non c’è stato un momento preciso, lo descriverei più come una graduale presa di coscienza. Un processo che ha radici lontane.
Mio padre che scatta in continuazione fotografie con la sua camera (una Yashica FR2 che ad oggi utilizzo spesso per i miei lavori) e un mobile pieno zeppo di rullini sviluppati e fotografie stampate sono i primi ricordi. Ma il primo approccio reale, consapevole, è avvenuto nel 2012. Vivevo in Spagna, a Granada, e una delle mie coinquiline era una fotografa, Laure. Con lei ho iniziato a scattare foto durante i nostri viaggi e capire davvero come funzionasse una reflex. Dopo quell’anno incredibile in Spagna la fotografia non mi ha mai abbandonata e credo sia stato più o meno nel 2016 il momento in cui ho realizzato che quella era la strada che volevo percorrere.
Cosa ti affascina del mondo della fotografia?
La fotografia è una porta che ti apre a nuovi mondi, ti consente di navigare attraverso immaginari visivi e di dare nuove possibilità alla realtà. Mi piace vivere in quel piano di sospensione tra il reale e l’immaginato. A differenza di altre arti visive come la pittura o l’illustrazione, la fotografia non è mai astrazione al 100% ma parte sempre e inevitabilmente da un contatto con la realtà. L’interazione che avviene attraverso la macchina fotografica è con elementi reali che esistono nello spazio, a prescindere che siano persone, oggetti o paesaggi. Ciò che poi ne viene fuori è solo una delle possibili e infinite interpretazioni.
Che ricordi hai del tuo percorso alla ilas?
L’anno trascorso all’Ilas, durante il quale ho frequentato contemporaneamente il
Corso di Fotografia e di Grafica, è stato un anno di crescita, di stimoli e di nuove prospettive. Ho avuto degli insegnanti che sono stati in grado non solo di darmi delle solide basi tecniche, ma soprattuto di andare al di là del mezzo, insegnandomi il significato di un linguaggio, quello visivo. Ho imparato tanto, ma allo stesso tempo mi sono divertita e ho conosciuto delle persone che ancora oggi fanno parte della mia vita personale e professionale.
Qual è la sfida più grande (lavorativa) che hai dovuto affrontare fino ad oggi? C’è qualche aneddoto?
La più grande sfida lavorativa è stata proprio riuscire a lavorare con la fotografia e la grafica! È stato molto difficile all’inizio trovare delle opportunità che non solo mi consentissero di mettere in pratica tutto ciò che avevo imparato, ma che allo stesso tempo fossero sufficientemente remunerative. Guardando indietro, i primi shooting sono stati delle vere e proprie avventure! Il lavoro era tanto ed il budget serviva solo a coprire le spese. Ma avevo bisogno di fare esperienza, di mettermi alla prova. Quindi ho accettato lavori per i quali mi trovavo a scattare su set diciamo “non convenzionali”, nel salone di casa o nel giardino. Quando si dice fare di necessità virtù!
C'è una fotografia che hai fatto che più ti rappresenta?
Questa foto è tratta da “Blooming”, uno degli ultimi progetti che ho realizzato qui a Berlino, pubblicato sulla rivista PurpleHaze Magazine. Mi interessa molto raccontare la femminilità da un prospettiva femminile, restituendole autenticità e superando le mille narrazioni maschili che da sempre sono state dominanti. L’idea è quella di ritrarre delle Muse, in grado di ispirare se stesse e altre donne, in uno spazio sacro che appartiene solo a sé stesse e nel quale sono libere di esplorare la femminilità al di là delle banali etichette che ne sono state date.
Sul tuo sito c'è una sezione dedicata a ResistDance, una serie di foto analogiche scattate a Berlino che ritraggono gli ingressi dei più importanti Club della città. Raccontaci come è nato il progetto e se hai qualche aneddoto da raccontarci.
RestistDance è una serie di foto a cui sono legatissima, non solo perché è stato il primo progetto realizzato a Berlino, ma anche perché ha coinciso con un grande momento di cambiamento nella mia vita.

Berlino non è una città d’impatto, come Londra o Parigi, è un luogo che va scoperto lentamente. Contiene molti angoli nascosti e magici, ma bisogna addentrarsi, sapere dove andare. I club berlinesi, più di tutti, sono i luoghi nei quali si può cogliere l'energia della città. Sono delle vere e proprie istituzioni ed io non volevo assolutamente perdermeli. Purtroppo il tempismo non è stato dalla mia perché dopo solo una settimana dal mio arrivo hanno chiuso di nuovo tutto. Ma non ho desistito, ho deciso di andare comunque a vedere tutti i principali club. Sapevo che in ogni caso, sarebbero stati dei luoghi interessanti. E a quel punto è iniziato un viaggio nel viaggio, scandito da porte chiuse, dietro le quali si nascondeva un mondo temporaneamente inaccessibile. Più scattavo e più il progetto svelava il suo duplice significato: da un lato la testimonianza di una mia personalissima esperienza, dall’altro il racconto di un momento storico di transizione che aveva coinvolto le vite di tutti.

Il Berghain è stato il più difficile. Quando sono arrivata davanti a questo maestoso edificio ho trovato moltissime persone impegnate a scattare foto, come normalmente succede solo davanti a un monumento. All’improvviso un uomo con il suo carrello della spesa si ferma a contemplare l’enorme scritta che si trova sull’edificio: “Morgen ist die frage” - “Domani è la domanda”. E in effetti il domani era la domanda che tutti ci stavamo ponendo. Poco dopo, girato l’angolo il mio sguardo si posa su una grossa scritta su un muretto: RESISTDANCE. In quel momento di riflessione e di incertezza, quella scritta mi è sembrata un messaggio rassicurante, ed è lì che è nato il nome del progetto. Non solo la resistenza della musica e della club culture, ma una resistenza collettiva che non lasciava fuori nessuno.
Berlino, Londra, Roma? Cosa hai amato di queste tre città? In quale altro luogo vorresti vivere?
Roma è maestosa e caciarona.
Londra è spettacolare e piena di stile.
Berlino è folle e creativa.
Mi piacerebbe vivere a Parigi o Barcellona. C’è un richiamo crescente verso luoghi che mi ricordano casa. Non solo per il clima o la lingua, ma soprattutto per il modo di vivere la città. A Berlino tutto avviene all’interno, nei luoghi chiusi. Bar, ristoranti, club. Le strade sono sempre poco affollate e silenziose. Mi piacerebbe in futuro spostarmi in una città dove si vive di più all’esterno, dove la strada è viva e fa rumore.
C'è un fotografo che ami più di altri?
Carlota Guerrero.
È una fotografa, donna. Il suo sguardo è rivolto tutto all’universo femminile ed è davvero rivoluzionario. Scatta in analogico ed ha definito l’estetica di alcune delle mie artiste preferite, come Solange o la poeta Rupi Kaur.
Che consiglio daresti a chi si approccia adesso al tuo lavoro?
Di darsi tempo e di essere fedele al proprio sguardo. Ah e poi evitare di confrontarsi con gli altri aiuta molto! Siamo talmente bombardati da immagini e da gente che fa cose, che spesso perdiamo il focus. Bisogna concentrarsi su se stessi e sul proprio percorso.
Ci sono film da guardare, riviste da seguire, che consigli a chi vuole percorrere la carriera di fotografo?
Consiglio di nutrirsi di contenuti di qualità e soprattutto selezionati, seguendo una propria ricerca. Chiunque voglia intraprendere la carriera di fotografo dovrebbe avere un po’ di conoscenza del cinema, seguendo i propri gusti. Tra i miei preferiti Fellini, Lina Wertmüller Spike Lee, e Iñárritu.
Le riviste sono bellissime e piene di spunti e stimoli. Io seguo moltissimo riviste come Crack Magazine, Wip Magazine e Brick Magazine.
Se la fotografia fosse un brano musicale, quale sarebbe e perchè?
Troppo difficile trovare un brano solo! Però quando ho iniziato a scattare ascoltavo moltissimo i Buena Vista Social Club, e quell’unione di vitalità e nostalgia, tipico della musica latina, la ritrovo e la ricerco spesso nella fotografia.
Hai la possibilità di scegliere come guardare il mondo per un giorno? Scegli Bianco e nero o colori?
Bianco e nero. Normalmente vedo e immagino tutto a colori, uso poco il bianco e nero. Sarebbe interessante cambiare sguardo per un giorno.
Tre cose di cui NON si potrebbe fare a meno sulla terra.
Il cibo
La musica
Le persone
Cosa ti tira giù dal letto la mattina?
L’ansia.
Per quanto ami dormire, il lavoro, e le tante cose da fare mi fanno attivare abbastanza presto la mattina.
Cosa dobbiamo aspettarci da te?
Bellezza e magie.